Lorenzo Arruga era “un critico musicale che scriveva per la gente, diverso da tutti”

«La sua penna non era mai autoreferenziale e scriveva per la gente». Così il giornalista e conduttore televisivo Massimo Bernardini ha voluto ricordare Lorenzo Arruga nel corso della presentazione del libro “Accordi#, 40 personaggi della mia vita” (pubblicato postumo da Archinto), che si è tenuta al PalabancaEventi, nell’ambito dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza. «Una caratteristica, quella di scrivere per il pubblico – ha proseguito il giornalista della Rai – che lo differenziava da tutti gli altri critici musicali italiani. Era un musicista e un artista con una solidissima formazione culturale. Ma era anche un divulgatore che abbiamo spesso visto in Tv. Amava profondamente la musica e l’arte e voleva raccontarla al pubblico in genere e non solo a quello degli iniziati, come spesso accade». Bernardini ha poi sottolineato un altro aspetto del collega (Arruga aveva lavorato per il Giorno, Panorama e Musica Viva, mensile che aveva fondato e diretto per quasi vent’anni) mancato due anni fa all’età di 83 anni: «Era nato dentro un preciso nucleo creativo molto sottovalutato e oggi dimenticato: Il Giorno di Italo Pietra, che negli Anni Cinquanta rivoluzionò il modo di fare critica cinematografica, musicale, teatrale. Fu quella la prima modernità nel campo dell’informazione culturale, non tanto quella della Repubblica di Scalfari. Ecco, Lorenzo arrivava dalla scuola di Italo Pietra».

L’autore e conduttore del programma di Rai 3 Tv Talk ha infine regalato al pubblico di Sala Panini un ricordo personale: «Abbiamo frequentato insieme molti eventi. La mia mente non può non riandare alle tante prime di Riccardo Muti che spesso si concludevano a cena con il maestro. Sono forse i momenti più belli che ricordo vissuti insieme a Lorenzo».

La moglie di Arruga, la piacentina Franca Cella, ha invece mostrato (e commentato) un video tracciante un identikit del marito, milanese di nascita e amico del nostro territorio, dove è stato spesso protagonista di rassegne e serate. Un breve filmato diviso in tre momenti: il primo, con un giovane Arruga (1975) che suona un pezzetto di un concerto di Mozart e poi racconta per la Tv Svizzera la storia della musica; il secondo, mentre da comunicatore convincente spiega al pubblico della Rai la Traviata alla Scala; e il terzo, quale dimostrazione dell’amore per il teatro, quando nel 1993 a Villa Arconati a Milano, Arruga propone un singspiel (uno spettacolo teatrale che alterna parte cantate a pari recitate) di Mozart, “Zaide”, un’opera poco rappresentata e incompleta (a Italo Calvino era stato chiesto di creare un testo che legasse la varie parti). «Oltre alla regia lavorando con giovani artisti – ha raccontato Franca Cella – mio marito recitò le parti di Calvino; ne venne fuori uno spettacolo molto ben riuscito».

Venendo al libro – che propone 40 ritratti di musicisti, scrittori, direttori, solisti, regine del canto e della danza, letterati e maestri del pensiero (ma anche calciatori come Nordahl), tra i quali Franco Zeffirelli, Claudio Abbado, Carla Fracci, Lucio Dalla, Placido Domingo, Giorgio Gaber, Riccardo Muti, Gigi Proietti, Giorgio Strehler, Umberto Veronesi, Luchino Visconti – la moglie ha letto frasi tratte da alcuni dialoghi proposti nel volume. «Diceva sempre che i personaggi che aveva incontrato nella sua vita – ha osservato Franca Cella – gli avevano insegnato molto. Per questo, i ritratti raccolti nel volume sono sempre legati a qualcosa che è accaduto».

 




Confedilizia: al via l’operazione rimborsi per l’Imu prima casa dopo la sentenza della Corte Costituzionale

La sentenza della Corte costituzionale sulla questione dell’Imu prima casa relativa ai nuclei familiari – ottenuta anche grazie all’intervento in giudizio della Confedilizia – apre la strada alla possibilità, per i proprietari interessati, di richiedere il rimborso delle imposte versate negli ultimi cinque anni e ora dichiarate non dovute.

Come noto, la Consulta ha stabilito che, indipendentemente dal nucleo familiare, l’esenzione Imu per l’abitazione principale spetta sempre al possessore che risieda nell’immobile e vi dimori abitualmente. Per tutte le situazioni nelle quali questa regola non sia stata applicata, dunque, sorge il diritto alla restituzione delle somme pagate nell’ultimo quinquennio.

 Presso la sede dell’Associazione Proprietari Casa-Confedilizia di Piacenza (Via Del Tempio 27-29 – Piazzetta della Prefettura, tel. 0523.327273. Uffici aperti tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00, lunedì, mercoledì e venerdì anche dalle 16.00 alle 18.00; e-mail: info@confediliziapiacenza.it; sito Internet: www.confediliziapiacenza.it) è stato costituito un apposito “Sportello Imu” per fornire consulenza e assistenza ai proprietari interessati, anche per la verifica della sussistenza dei requisiti (residenza anagrafica e dimora abituale) necessari per avere diritto all’esenzione. Naturalmente, le attività da svolgere saranno diverse in funzione della situazione concreta in cui si trova il contribuente, considerato – ad esempio – che alcuni Comuni avevano avviato attività di accertamento.

 




La crisi energetica al centro dell’incontro in municipio a Piacenza con i vertici Iren

In Municipio si è svolto oggi un incontro fra il sindaco di Piacenza, Katia Tarasconi – affiancata dal vice sindaco Marco Perini e dall’assessore alla Manutenzione Matteo Bongiorni – ed i vertici del Gruppo Iren, rappresentati dal presidente Luca Dal Fabbro, dall’Amministratore Delegato Gianni Vittorio Armani e dal vicepresidente Moris Ferretti.

Al centro dell’appuntamento la difficile situazione energetica che sta mettendo a dura prova territori, famiglie e imprese. Durante il confronto, il Gruppo Iren ha posto in evidenza le difficoltà causate dall’onda dei rincari energetici provocati dalla guerra in Ucraina e ha sottolineato come stia operando come un ammortizzatore a favore dei suoi clienti, garantendo sconti rispetto alla tariffa del mercato tutelato dell’ordine del 30%. Inoltre, per sostenere i propri clienti nel pagamento delle bollette, il Gruppo Iren ha confermato la possibilità di continuare a beneficiare di modalità di pagamento rateali.

In merito al teleriscaldamento, il sindaco Tarasconi si farà portavoce presso il Governo della necessità di ridurre le imposte sul teleriscaldamento, come già fatto per il gas, chiedendo la riduzione dell’IVA al 5%.

Il gruppo, in mancanza di provvedimenti normativi, ha attivato per il 2022 e confermato anche per la prossima stagione invernale uno specifico bonus, che prevede un contributo fino a 747 euro e che è stata esteso ad una più ampia platea di beneficiari, grazie all’innalzamento delle soglie ISEE per accedervi.

È stata condivisa la necessità di un tavolo di confronto permanente con l’azienda per monitorare l’evoluzione della situazione del caro energia, con particolare attenzione alle problematiche relative alle fasce disagiate o più fragili, coinvolgendo ove necessario anche i servizi di assistenza sociale.

Il sindaco Tarasconi ha accolto positivamente la spinta di Iren verso collaborazioni sulle rinnovabili, che possono costituire un’ulteriore soluzione a disposizione degli enti pubblici, delle famiglie e delle imprese contro i rincari, grazie anche alle comunità energetiche, cui Iren, in sinergia con gli enti pubblici, può dare grande spinta e diretto sostegno. Attraverso l’autoproduzione di energia elettrica con pannelli fotovoltaici e la condivisione dell’energia in eccedenza con edifici in prossimità, si possono generare risparmi che, uniti a una riduzione dei consumi, fornirebbero un grosso contributo in questo periodo.

Nel corso dell’incontro i vertici Iren hanno inoltre confermato gli investimenti previsti a Piano Industriale 2030 riferiti a Piacenza e alla sua provincia, che possono rappresentare una strada, per Iren e per il territorio, per guardare oltre la crisi.




Corso di ciclomeccanica per ciclisti urbani

Un corso gratuito di ciclomeccanica nella nuovissima Ciclofficina Pignone di Spazio4.0, per chi vuole imparare i trucchi per tenere in salute la propria bici e allungarle la vita: è la proposta che fa la nuova ciclofficina sociale di Piacenza a cittadine e cittadini di ogni età, grazie al progetto C’ero due volte – nato per dare una seconda vita ad oggetti destinati allo scarto – sostenuto dal bando AmbientAzioni di Iren Comitato Territoriale di Piacenza e gestito dalla cooperativa sociale Des Tacum, Energetica APS, Fabbrica&Nuvole e Confcooperative Piacenza.

Il corso sarà della durata di 32 ore: il primo appuntamento è previsto per lunedì 17 ottobre, dalle 16 alle 19, per proseguire il lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio in orari concordati con i partecipanti.

L’obiettivo è quello di apprendere le basi della manutenzione della bicicletta, e anche qualcosa di più. Si partirà infatti da una panoramica sull’attrezzatura della ciclomeccanica, accenni storici e tipologie di bicicletta, passando per la manutenzione ordinaria e quella straordinaria: regolazione freni, trasmissione, ruote e raggi, fino ad arrivare ai movimenti a sfera, gli ingranaggi, la serie-sterzo, i mozzi delle ruote e il loro serraggio, il pacco pignoni e la ruota libera, concludendo con la costruzione di una bici a partire dal solo telaio.

A condurre il corso, Andrea Freschi, ciclomeccanico di La Gare Des Gars, ciclofficina sociale di Cremona, e Ilija Shopov di Ciclofficina Pignone, nata da un gruppo di ragazze e ragazzi di Piacenza  – a partire dal bando Mappe di ANCI, a cura del Comune di Piacenza – per educare alla mobilità sostenibile e incentivare la riparazione e la manutenzione della bici attraverso pezzi di riuso.

Al termine del corso è previsto un attestato. I posti sono limitati, per iscrizioni: Paola 339 8827811 – ceroduevolte@gmail.com




Nel parcheggio un’auto usata come abitazione. Sara Soresi: “occorre porre fine a questa situazione”

“E’ necessario intervenire per mettere fine a situazioni di bivacco nel parcheggio della stazione (Viale Sant’Ambrogio), dove da diversi mesi è presente un veicolo utilizzato a modi abitazione”.

Per questo Sara Soresi – Capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio Comunale – ha depositato un’interrogazione rappresentando la necessità di un intervento dell’Amministrazione volto a riparare una situazione di grande disagio per chi la vive, ma anche per qualsivoglia cittadino che transiti nei paraggi.

“Nelle ore serali e notturne – continua Soresi – il veicolo, che di giorno è solitamente avvolto in un grande telo grigio, viene utilizzato, da una o più persone, per trascorrere la notte anche mediante l’apertura di una sorta di “tendalino” sul fianco della vettura, invadendo così il posteggio che si trova alla sua sinistra. La o le persone che si trovano all’interno della vettura, sono altresì solite utilizzare il porfido del parcheggio per la creazione di alcuni “comodini” sui quali, all’occorrenza, vengono appoggiate le più disparate bevande. I conseguenti rifiuti sono poi abbandonati nelle vicinanze o posti ai lati del veicolo o sotto lo stesso”.

“E’ chiaro – conclude la Capogruppo – come la predetta situazione rappresenti un disagio non solo per chi la vive ma anche per chi si possa trovare a transitare nelle vicinanze, considerando che l’area di sosta è ubicata in una zona che, già di per sé, evidenzia diversi problemi in materia di decoro urbano e sicurezza”

Per questo Soresi, citando il Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Piacenza che espressamente prevede che nei luoghi pubblici, aperti alla cittadinanza o destinati alla fruizione collettiva è vietato: “campeggiare o dimorare in tende, veicoli, baracche o ripari di fortuna, su terreni pubblici, privati o in qualsiasi luogo non espressamente destinato a tale uso” e “bivaccare, mangiare, bere o dormire in forma palesemente indecente sul suolo pubblico, nonché occupare indebitamente con apparecchiature private spazi e luoghi pubblici, ad eccezione delle manifestazioni pubbliche autorizzate”, mediante l’interrogazione chiede se l’Amministrazione in carica intenda dar corso al rispetto ed alla conseguente applicazione del citato Regolamento, anche mediante l’applicazione delle sanzioni ivi previste e – in ogni caso – se e quali iniziative la stessa Amministrazione voglia assumere al riguardo della situazione descritta.

 




“Gli aforismi di Einaudi, suggerimenti patriottici ai risparmiatori”

L’ormai tradizionale appuntamento settimanale con i “Giovedì della Basilica” – nell’ambito delle Celebrazioni dei 500 anni di Santa Maria di Campagna, promosse dalla Comunità francescana e dalla Banca di Piacenza – ha proposto questa sera un incontro sulla pubblicazione “Elogio del rigore. Aforismi per la patria e i risparmiatori”, con l’intervento dell’autore Corrado Sforza Fogliani e di Nando Rabaglia, che ha letto alcuni brani tratti dal volume edito da Rubbettino.

L’avv. Sforza Fogliani ha ricordato come sono nati i 263 aforismi, «scritti per il Corriere della Sera da Einaudi, tra il 1915 e il 1920, per invitare gli italiani a sottoscrivere i sei prestiti volontari che erano stati lanciati dallo Stato italiano per sovvenzionare l’Esercito».

«Questi tweet del passato – ha proseguito l’Autore – sono rimasti finora inediti perché sfuggiti ai bibliografi, in quanto pubblicati sul quotidiano milanese anonimi». Ma cosa sono di preciso questi aforismi di Einaudi? «Si tratta – ha spiegato l’avv. Sforza – di un misto di suggerimenti ai risparmiatori, ma nello stesso tempo pieni di patriottismo per lo sforzo bellico che l’Italia stava compiendo al fine di raggiungere i suoi confini naturali».

Nando Rabaglia ha quindi letto a favore del pubblico presente 15 aforismi presenti nel libro: Il risparmio è un dovere assoluto verso la patria, L’estero non ci può dare il frumento che vorremmo, Seminate più frumento possibile, Ridurre i consumi alle quantità di una volta, Ogni risparmio contribuirà alla vittoria, E’ l’ora della prova, ho fatto il mio dovere?, Ridurre al minimo le pretese, Risparmiare il più possibile, La domenica non vergognarsi di lavorare, Non mettere tutte le tue uova nello stesso paniere, Il governo non ha un pozzo di San Patrizio, Lo stato siamo noi, Il dovere di risparmiare non è mai stato così urgente, Orario unico a Roma, Quell’orda di burocrati che esalta l’economia associata e socialistica.

Questi scritti di Einaudi aumentarono progressivamente di lunghezza, diventando dei veri e propri “trattatelli” di economia. Come quello intitolato “Non mettere tutte le tue uova nello stesso paniere” del 27 gennaio 1918, pubblicato a pag. 63. Eccone alcuni passaggi: I grandi ed i medi proprietari agricoli hanno già da tempo l’abitudine di investire i loro risparmi in titoli di Stato. La rendita pubblica è il titolo più popolare in questo ceto. In Francia è altresì il titolo principe tra i piccoli proprietari, i mezzadri, i piccoli fittabili e persino tra i contadini veri e propri. Il territorio francese fu riscattato nel 1871 dalla occupazione prussiana grazie ai denari che i contadini tirarono fuori dalle loro calze di lana. Così deve avvenire anche in Italia. I contadini si devono persuadere che i risparmi si possono impiegare anche diversamente che nell’acquisto di terra. Comprar terreni è certamente l’impiego ideale per il contadino; ma questi deve anch’egli ricordare l’aureo precetto: non mettere tutte le uova nello stesso paniere (…) Meglio pochi campi ben coltivati che molti trascurati e poco produttivi (…) Il risparmio impiegatelo nel sottoscrivere al prestito nazionale. Ne avrete un ottimo reddito, superiore al reddito netto della terra nel presente momento (…).

Agli intervenuti è stata distribuita, al termine della serata, una copia del volume.

 




I trapper piacentini BWA: fra il sogno di sfondare con la musica e la vita di provincia

Doveva essere un’intervista su un gruppo trap piacentino ed  invece si è trasformata in una riflessione su cosa significhi essere ventenni a Piacenza in quest’epoca a cavallo fra la pandemia, la guerra e la normalità.

Dopo alcuni scambi di email e messaggi WhatsApp l’incontro con due dei tre componenti della BWA (Black White Alien) viene fissato davanti all’ex stazione delle corriere di piazza Cittadella: una scelta, la nostra, non casuale ma dettata dalla curiosità di vederli e fotografarli davanti a quell’edificio vergognosamente cadente che è un po’ il simbolo delle scelte sbagliate di questa città. Lì i BWA hanno ambientato parte del video di uno dei loro ultimi brani, Drip Lacoste, mentre l’altro set è stato il tetto dell’ex Motel K2, anch’esso stabile fatiscente ed abbandonato da anni, trasformato in “palco” estemporaneo per la loro musica.

Scattata qualche foto di rito, vista la mancanza di panchine dove accomodarci, ci trasferiamo sui tavolini di un vicino bar per parlare più comodamente di musica certo, ma anche di vita e quotidianità sulle strade di questa città. Una Piacenza che, stando al loro racconto, sotto una coltre di apparente operosità contadina e di sonnacchiosa vita padana, nasconde ben altro. Un lato grigio per non dire oscuro della città che ovviamente una musica come il rap non poteva esimersi dal raccontare, seppure a modo suo.

A proposito di celare qualcosa, mentre uno dei tre componenti dei BWA, Sir Thief , si presenta mostrandosi a volto scoperto, gli due altri preferiscono – forse per esigenze sceniche o per avvolgersi in coltre di mistero – non mostrare il volto. Ed infatti FROSTIE, durante gran parte dell’incontro, mantiene il volto coperto da uno scaldacollo che toglie solo quando la macchina fotografica è posata sul tavolo ed il gestore del locale serve i tè al limone che i ragazzi hanno ordinato. Davanti alla necessità di bere, giocoforza, “cade la maschera” e l’intervista si arricchisce di espressioni, smorfie, sorrisi che a volte dicono più delle parole.  Il terzo componente della band, SLECKP, è invece assente per altri impegni.

Quando siete nati come band?

«Siamo nati fra fine 2018 ed inizio 2019. Il primo pezzo è uscito nel 2019. E’ passato musicalmente tanto tempo. Eravamo un po’ inesperti ma allo stesso tempo eravamo già in hype. La gente qui già ci conosceva. Con il tempo le cose sono diventate un po’ più serie, nel senso adesso abbiamo obiettivi ben precisi, abbiamo preparato diversi pezzi, con i relativi video, ed abbiamo in programma diverse feat (collaborazioni musicali ndr), sia in zona Milano sia in giro per l’Italia. Abbiamo già chiuso feat con dei ragazzi inglesi (365 e VITO). Siamo molto aperti alle collaborazioni internazionali; la nostra musica è compatibile anche con voci estere, molto compatibile. Però a differenza di altri rapper del momento stiamo seguendo una wave personale. Per quanto sembri simile alle altre, noi la riteniamo diversa. Siamo sempre rimasti trap, abbiamo qualche diramazione drill, ovvero ci siamo fatti un po’ influenzare dalla drill, però il nostro suono rimane sempre trap. Nonostante tutte le ondate che ci sono adesso, rimaniamo noi stessi. Il nostro marchio di fabbrica si riconosce all’interno delle nostre pubblicazioni».

Quale sarebbe questo marchio di fabbrica ma soprattutto cosa vuol dire questo essere gang, una parola che abbiamo notato comparire spesso nei testi delle vostre canzoni?

«Essere gang non è solamente un rapporto d’amicizia. Siamo legati da tante altre cose. Noi prima della musica già eravamo già soci, eravamo già insieme. Ben prima della musica. Boh, come dire, è proprio un viaggio che stiamo facendo insieme, che abbiamo sempre fatto insieme, fin da piccoli, prima della musica prima di tutto.  Non siamo partiti dallo stereotipo del faccio musica … devo avere una gang. Siamo cominciati come gang e moriremo da gang, sia dentro che fuori dalla musica».

Questo vale per tutti e tre?

«Assolutamente. Adesso abbiamo anche formato un team. Abbiamo qualcuno che ci aiuta a livello manageriale, abbiamo un videomaker di riferimento, un producer ed uno studio dove andare regolarmente ad esercitarci per chiudere i pezzi. Infine abbiamo uno studio più professionale dove c’è un esterno che ci registra e ci chiude i pezzi, mixati e finiti».

Siete tutti e tre di Piacenza?

«Si viviamo a Piacenza. Il terzo ragazzo ha in realtà origini senegalesi. Siamo i BWA, Black White Alien, perché vogliamo rappresentare questa unione di diversi colori.  Io sono italiano, FROSTIE è mezzo nigeriano e mezzo italiano e l’altro ragazzo, invece, è totalmente senegalese. Black White Alien».

Ascoltando i vostri brani emerge prepotente questo aspetto della “gang”. Ci sono poi alcuni temi ricorrenti, che appartengono in generale al rap. Nel vostro brano Drip Lacoste, ad esempio, compaiono il concetto di paura, quello della violenza, della morte, della droga; si parla appunto del drip (il modo di vestire con capi costosi e gioielli dei giovani ndr) che è anche un segnale di appartenenza. Perché?   

«Perché rappresentano quello che viviamo».

Nella vita, oltre a far parte del gruppo, oltre a fare musica, cosa fate? Lavorate?

«Al momento nessuno di noi due sta lavorando, però abbiamo lavorato. Cerchiamo dei modi per riuscire a far musica ed a portare avanti i nostri progetti.  Ovviamente fare musica richiede del tempo e purtroppo anche soldi, tanti, tanti soldi. Quindi i soldi, in qualche modo, c’è da tirarli fuori».

Volete fare della musica il vostro unico obiettivo e la vostra attività principale?

«E’ l’unica cosa che secondo noi può salvarci dallo stare qua, in mezzo a queste strade. Abbiamo provato a lavorare. Abbiamo fatto diversi lavori. Un botto. Abbiamo lavorato in fabbrica, al McDonald’s, in carrozzeria. Qualsiasi cosa l’abbiamo fatta: pizzaiolo, postino. Ogni cosa ci ha portato a pensare che la nostra unica skills è fare musica. L’unica cosa che può salvarci da una vita che non vogliamo fare …. è sicuramente stare in musica. Il problema non è andare a lavorare in fabbrica. Il mio pensiero non cambia né a lavorare in fabbrica né a fare il dottore. Non è non è questione di difficoltà o di fatica che fai nel tuo impiego ma di che vita vuoi fare. Ci vediamo solo nel fare musica».

Cosa vuol dire che solo la musica può salvarvi?

«Per noi è un po’ così e non solo per noi. Questa città non ci dà tante opportunità di esprimerci, di esprimere al meglio le qualità che ciascuna persona ha. Non è poi nemmeno questione solo di questa città nello specifico. E questione del mondo che c’è oggi. La città però non aiuta.  Non c’è da pensare che solamente Piacenza sia così. Assolutamente no. Però è una cosa che noi abbiamo vissuto sulla nostra pelle in questa città, perché è la città che in cui siamo nati, in cui abbiamo vissuto le nostre esperienze più significative. Nessuno parla di questa città. Nel rap game questa citta non esiste. Molti di Milano non sanno neanche che Piacenza esiste ed è a 30 minuti da Milano».

Cosa vuol dire esattamente vivere la strada, vivere in strada?

«Passare del tempo in giro, in un quartiere, in una città, in una periferia, in una metropoli. Se passi del tempo in strada sicuramente ti accorgi che non è tutto rose e fiori, assolutamente, anzi il contrario. Anche se vediamo tutte queste persone che sono felici, che si beccano così in giro, ognuno con il sorriso, gli occhiali da sole, vestiti bene. Sappiamo benissimo che, in realtà, per molti di noi che sono su queste strade tutti i santi giorni non c’è il sole. Che poi lo stare in strada non è solo effettivamente … stare in strada a non far niente. La strada è tutto un mondo suo; ci sono certe regole in strada. Ci sono regole. Non sono scritte ma ci sono».

Cose che vanno rispettate …

«Cose che vanno rispettate, cose che vanno fatte, cose che fai e che poi ti possono portare conseguenze. Per riuscire a stare in strada devi essere “un imprenditore”, un imprenditore senza aver studiato. Impari a vendere qualsiasi cosa. Impari ad investire. La strada ti insegna tante cose. Ti insegna e ti toglie tante cose. Devi solamente essere tu intelligente. Devi avere la testa per capire cosa va fatto e cosa non va fatto, nel bene o nel male, legale o illegale».

Sentendovi raccontare le vostre esperienze vien spontaneo chiedersi quale ruolo abbiano giocato, in tutto questo, la scuola e la famiglia.

«Io – risponde Riccardo Marchetta – vengo da una buona famiglia ma, fin da piccolo, ho sempre frequentato amici e persone che stavano in strada. Questo mi ha portato a crescere in strada. Sono andato a scuola, ho finito due anni fa».  

Quindi sei diplomato. Che scuola hai fatto?

«Si sono diplomato. Ho fatto ragioneria. Anche il diploma non è stata una carta di valore per me. Non mi ha portato praticamente nulla. Si, posso lavorare, forse sono la prima scelta delle agenzie di lavoro. Cercano prima me rispetto a qualcuno che magari non ce l’ha. Però non mi porta a dire ok ho il diploma, ora posso trovarmi il lavoro che voglio. Quello che voglio intraprendere non c’entra niente con il lavoro che potrei trovarmi grazie al diploma. Intendiamoci è importante studiare e questo al di fuori del pezzo di carta. Credo che studiare ti apra la mente, ti insegna tante cose».

«Però – aggiunge FROSTIE – apprendere non significa solamente stare davanti a un libro a leggere cosa è successo cento anni fa. Non è solo quello studiare e sono anch’io diplomato. Sono andato al Colombini.  Il mondo, la realtà in cui vivi, però lo impari solamente con l’esperienza non con i libri».

«Come aveva cantato Marracash in XDVRMX “Se servisse la scuola, piuttosto che droga, avrei venduto enciclopedie (Ahah)”. La scuola è importante anche perché ti insegna a stare in un certo ambiente. Ci sta ad essere un attimino … diciamo colto. Anche nella musica aiuta un sacco per scrivere i testi. Il più grande insegnamento della scuola non è essere colti o sapere la Divina Commedia ma imparare a stare in un ambiente comunque ostile. Ostile perché la scuola porta ansia, stress».

Forse anche perché la scuola in Italia non è esattamente come dovrebbe essere ai giorni nostri. Una scuola fatta più di esperienza e meno di nozionismo sarebbe diversa.

«La scuola è così da duemila anni è difficile cambiare, rifarla dalle fondamenta, ripartire da zero, soprattutto per quanto riguarda le scuole superiori perché poi uno va all’università e sceglie l’indirizzo che vuole. Alle superiori si ha comunque un programma da seguire. Dovrebbe essere uno dei periodi più belli della vita di un ragazzo perché gli anni nelle superiori sono gli anni in cui cresci. Però la scuola ti insegna a diventare quello che il mondo vuole che diventi, ovvero una persona come tutte le altre, magari che eccelle in un mestiere, sì, ma come tutte le altre. Ti insegna a stare nel sistema, a stare al tuo posto.

Cosa che voi non volete fare?

Esattamente. Che nessuno di noi giovani penso voglia fare, perché abbiamo tutti ambizioni più grandi. Siamo stati sempre abituati a vedere cose più grandi sia dalla tv fin da piccolini. Cartoni, qualsiasi cosa, ti ispira e ti spinge a pensare di voler andare oltre il sistema».

Non avete pensato voi nel vostro percorso di fare l’università?

«Ci ho pensato – risponde Marchetta – ci ho pensato, ma non credo di essere in grado di sostenerla anche perché mi richiederebbe troppo tempo. Non voglio, come ho già detto, fare un lavoro normale nella mia vita».

«Nel mio caso – interviene FROSTIE –  lo vedo un po’ come un perdere tempo, ma non perdere tempo facendo qualcosa di sbagliato, però perdere tempo per gli obiettivi che ho in testa. Sono giovane e per i miei obiettivi ho bisogno di guadagnare, di investire su quello che voglio ottenere. Frequentando l’università non riuscirei a fare quello che serve, anche perché per fare musica occorrono molte energie. Non solo psicologiche, come abbiamo già detto, ma anche economiche. Bisogna vivere, muoversi».

Non rischiate però di perdere tempo nell’inseguire un sogno, la musica, senza avere garanzia di successo?

«Non penso sia un sogno – ribatte FROSTIE – per me sono solo obiettivi».

«Se hai troppi piani per la testa, finisce che non riesci a raggiungerne nemmeno uno o magari li raggiungi tutti ma a livello mediocre. Noi vogliamo raggiungere un obiettivo e vogliamo raggiungerlo al 100%.  Qualsiasi calciatore che ce l’ha fatta o rapper famoso che ce l’ha fatta penso posso dire la stessa cosa. Se prendiamo esempi, persone che adesso sono molto significative per questo mondo, le maggior parte delle persone diventate  ricche o che sono riuscite a raggiungere i propri sogni, i propri obiettivi … difficilmente sono riusciti a finire la scuola o sono andati all’università. Questo è un dato di fatto».

La musica che avete prodotto fino ad ora cosa vi ha portato in termini di successo, di ascolti, di visualizzazioni?

«A Piacenza sanno chi siamo. Tutti sanno chi siamo».

Però occorre uscire da Piacenza …

«Non ci interessa essere i capi di niente. Quanto a Piacenza questa è una città morta. Quindi restando in questa città è impossibile riuscire. Ora stiamo provando a espanderci anche fuori da qui, soprattutto, come dicevamo con i feat a livello internazionale che abbiamo già raggiunto. Pur non essendo famosi  comunque c’è gente che non sa cosa stiamo dicendo (per via della lingua) ed è interessata a noi anche fuori dall’Italia. Vuol dire che c’è del potenziale veramente ampio. Vogliamo cambiare le cose. Vogliamo portare l’alienation.

Che sarebbe?

«L’alienazione»

«Il significato letterale ci era chiaro. Ma cosa significa concretamente, visto che in un paio di brani compare questo discorso dell’alienazione (nel loro logo un Ufo sovrasta i tre musicisti ndr)?  

«Perché siamo degli alieni. Siamo strani, non si può spiegare. Se tutte le cose, Inshallah, che dio voglia, andranno come devono andare lo vedrete con i vostri occhi cosa significa alienation. Siamo diversi da qualsiasi altra cosa e ci spiace anche doverlo anche spiegare a parole. Vorremmo dimostrarlo coi fatti ma ci vorrà tempo per dimostrarlo».

Il Covid come ha influito sul vostro percorso?

«Una bella botta. E’ stata una bella botta dal punto di vista emotivo. Abbiamo raggiunto anche delle visualizzazioni importanti attraverso la piattaforma di Spotify però sicuramente ci ha bloccato. Prima della pandemia avevamo programmato un tour per esibirci live in vari posti in Italia. Purtroppo è saltato tutto. Come ogni persona una volta finita l’emergenza abbiamo dovuto incominciare da capo. Per fortuna noi eravamo già grandi, avevamo già vissuto le nostre esperienze. Ci dispiace per la maggior parte dei ragazzi della nuova generazione che si sono ritrovati nel passaggio fra medie e superiori dovendo restare quasi due anni in casa. Sono anni molto importanti ed è brutto perderli restando davanti ad uno schermo».

Più si chiacchiera con voi e più cresce l’impressione che vi siate costruiti, fra virgolette, un’immagine più dura, più cattiva di quanto in realtà non siate.

«Chi ci conosce sa che quello che diciamo e quello che vogliamo rappresentare l’abbiamo fatto e vissuto.  Però comunque siamo gentleman, siamo educati. L’educazione non ci manca. Per fortuna e grazie a Dio l’abbiamo avuta».

Visto che raccontate di aver vissuto in strada e di conoscere bene la strada in tutti i suoi aspetti avete visto che anche recentemente vi sono stati una serie di fatti di cronaca preoccupanti: risse, accoltellamenti, un tentativo di stupro in centro.  Come vedete questa città? Cosa sta succedendo?

«E’ sempre stato così. Forse è un momento in cui certi fatti vengono messi più in mostra. Ci sono stati fatti e periodi peggiori. C’è stato il periodo delle risse fra giovani che ben ci ricordiamo perchè riguardava la nostra generazione.  E’ difficile sorprenderci. Abbiamo visto tante cose nella nostra vita che la gente magari nemmeno sa e che preferiamo anche non dire. E’ brutto da dire ma sono cose che succedono. Sicuramente non devono essere ignorate e vanno denunciate. Alla fine cosa puoi fare della stupidità di una persona? Non è colpa tua se una persona è stupida».

Questo discorso che facevate prima della presa di coscienza rispetto a determinati fenomeni, come per esempio la droga o il dire no alla violenza, trasparirà ancora più esplicitamente nei testi delle vostre canzoni future?

«Noi parleremo sempre di queste cose con leggerezza perché sono comunque cose che fanno parte del nostro quotidiano. Però cercheremo sempre di più di far capire un messaggio: le viviamo, le abbiamo viste ma non vogliamo riviverle. Noi cerchiamo solamente di spiegare cos’è stato, chi. Non possiamo negare la realtà. Non lo diciamo per fare fighi, per sfoggiarlo. Assolutamente no, anche se può sembrare. Noi lo diciamo perché è quello che abbiamo vissuto. Noi siamo contro la droga, siamo contro le armi, siamo contro tutto. Però a volte nella vita si è costretti ad usarle queste cose, anche la violenza, quando è estremamente necessario. Però sì, assolutamente, cercheremo sempre di più di far passare il messaggio che comunque alcune cose non vanno fatte. Anche se le ascolti, non significa che tu debba farle. Ognuno deve sapersi gestire mentalmente. Quando è nato il rap, la trap, negli anni quando è uscito Sfera, intorno al 2015, era una cosa più presente nel genere musicale di allora far capire il messaggio che ciò che i rapper raccontavano era ciò che vivevano ma era una cosa che non condividevano. Adesso invece sembra quasi che la condividano, sembra una promozione. E’ sbagliato. Sotto questo aspetto la musica in Italia è molto degenerata. Finchè si parlava di fumarsi due canne o di vestirsi bene con un certo drip poteva al limita anche andare bene. Però adesso ti inducono quasi ad usare la violenza».  




Il piacentino Valter Alberici ed il riminese Maurizio Focchi nuovi Cavalieri del Lavoro

Orgoglio e soddisfazione: sono i sentimenti che in questi giorni hanno accompagnato l’imprenditore e presidente del Gruppo Emiliano Romagnolo dei Cavalieri del Lavoro, Fabio Storchi, nell’accompagnare i due nuovi Cavalieri, celebrati durante la cerimonia svoltasi, di recente, al Quirinale: Valter Alberici, piacentino, fondatore e amministratore delegato del Gruppo Allied International, specializzato nella commercializzazione di raccordi forgiati per il settore energetico; Maurizio Focchi, riminese, presidente di Focchi, azienda internazionale impegnata nella progettazione, produzione e posa in opera di facciate continue in vetro per grandi edifici e grattacieli.

«I Cavalieri del Lavoro – ha detto in questa circostanza il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – sono protagonisti di un impegno che accresce le possibilità di tutti. Una forza positiva che avverte l’urgenza di trasmettere i propri valori».

«I Cavalieri del Lavoro»   ha detto nel suo intervento il vicepresidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Lorenzo Sassoli de Bianchi, past president, prima di Storchi,  «rappresentano una parte importante dell’economia del Paese. Da una recente ricerca emerge come le aziende dei Cavalieri del Lavoro hanno fatto registrare nel 2021 una significativa propensione agli investimenti: oltre il 3,5% del fatturato, rispetto a una media nazionale dell’1%. Essere un’eccellenza comporta grandi responsabilità e noi le assumiamo con consapevolezza».

Particolare soddisfazione è stata espressa dai neo Cavalieri per essere stati insigniti dell’onorificenza insieme a 25 giovani «Alfieri del Lavoro», ragazzi che hanno ottenuto una media del 10 alle scuole superiori e 110 e lode all’esame di maturità.  «Il futuro del nostro Paese dipende anche dalla capacità di tenere saldo il rapporto tra generazioni – ha commentato Sassoli de Bianchi -. I giovani ci spingono al cambiamento e noi dobbiamo attuarlo con immediatezza».

«L’imprenditoria emiliano romagnola fa grande questa terra – spiega Storchi – insignire di queste onorificenze grandi imprenditori, conferma, l’altissimo valore della nostra Emilia Romagna».




Villa Verdi. Il presidente Bonaccini: “La Regione è pronta a fare la propria parte”

Per ben cinquant’anni è stata la residenza del Maestro, che eseguì di persona gli schizzi del progetto di ampliamento e diede indicazioni precise per la scelta dei materiali da utilizzare.

Un luogo unico, nel verde della campagna piacentina, dove il più celebre compositore italiano, Giuseppe Verdi, visse e scrisse la sua musica.

Ora, per scongiurare che il museo-abitazione di Sant’Agata di Villanova d’Arda (Pc) – con il suo patrimonio di mobili, suppellettili, libri e oggetti – chiuda definitivamente battenti e venga venduto, il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e l’assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori, ribadiscono la volontà e l’impegno a fare la propria parte.

“Confermiamo il canale aperto con il Ministero e la Soprintendenza competente, per arrivare all’acquisto da parte dello Stato. Siamo pronti- sottolineano presidente e assessore-, come Regione, a fare la nostra parte, in modo da garantire il più alto livello di collaborazione istituzionale possibile per Villa Verdi, tanto più in questa fase, così delicata. Siamo perfettamente consapevoli dell’inestimabile valore storico, architettonico e culturale che questo complessa porta con sé”.

Villa Verdi è stata inserita nel censimento delle “Case e studi delle persone illustri dell’Emilia-Romagna”, con una scheda dedicata a cura del Settore Patrimonio culturale della Regione Emilia-Romagna.

Settore che, peraltro, si era attivato tempestivamente presso la Soprintendenza competente, in modo da monitorare possibili evoluzioni riguardanti la Villa, la cui situazione conservativa – così come è emersa dal sopralluogo effettuato – è preoccupante, a causa della mancanza di interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria.

A oggi, purtroppo, non ci sono neppure i presupposti per consentire ai proprietari e agli eredi di partecipare al processo di riconoscimento del marchio “Case e studi delle persone illustri dell’Emilia-Romagna” che si attiverà a partire dal 24 ottobre 2022, in base a quanto previsto dalla legge regionale 2/2022. Infatti, la complessa situazione ereditaria, aggravata da quanto emerso sulla stampa locale ai primi di ottobre (e precisamente dalla sentenza della Corte di Cassazione in riferimento ai contenziosi in essere tra gli eredi e all’ipotesi di una vendita all’asta dell’interno complesso, comprendente anche la parte museale), impone in questa fase alla Regione di attendere di conoscere la pubblicazione dell’annuncio di vendita all’asta: poiché è un bene di proprietà privata, fino ad allora rimane prematuro e non esercitabile l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato, della Regione o di altri enti territoriali, secondo quanto previsto dalla normativa in atto.

“Allo stato attuale- proseguono Bonaccini e Felicori-, e soprattutto a causa dell’imminente intervento del Tribunale con una custodia giudiziaria, la Regione intende assicurare prioritariamente, in accordo con il Ministero, un percorso efficace, che porti all’acquisizione del complesso alla proprietà pubblica, auspicando che possa concretizzarsi con l’acquisto da parte dello Stato”.

“In ogni caso- concludono presidente e assessore- come Regione siamo pronti a collaborare con il Ministero per una soluzione definitiva, in accordo anche con i comuni”.




L’Ambulanza donata dall’Ausl arriverà in Senegal grazie al contributo della Banca di Piacenza

Vive da 27 anni a Piacenza dove ha avviato una propria attività nel settore delle pulizie. Macodou Diop, senegalese, ha però mantenuto salde radici nel suo paese d’origine e quando può cerca di portare aiuti concreti a favore della popolazione rurale, molto povera e servita da poche infrastrutture. Ha così fondato l’associazione MPM Emergency Senegal ODV e da circa cinque anni stava cercando di coronare un sogno, quello di portare in Africa un’ambulanza che in quelle terre rappresenta una ricchezza incredibile. Nella cittadina di Koul-Diop (dove è nato) non ci sono infatti ospedali ma solo un dispensario. Per raggiungere i nosocomi della capitale Dakar occorre percorrere 120 chilometri.

L’Ausl di Piacenza, lo scorso settembre ha ceduto gratuitamente all’associazione senegalese un Wolkswagen Transporter 4×4  con motore di 2.500 centimetri cubici, che ha percorso 180mila chilometri e che fino a poco tempo fa era in servizio presso l’ospedale di Bobbio. “Questo mezzo – aveva spiegato allora l’Ausl – pur essendo perfettamente funzionante e funzionale, essendo immatricolato nel 2009, per le normative italiane è considerato desueto e quindi non utilizzabile”.

Mancava però l’ultimo step, quello di trasportare il mezzo fino in Senegal, un viaggio decisamente costoso.

Per fortuna a completare il quadro e rendere possibile la realizzazione del progetto è arrivata la Banca di Piacenza, che da banca locale ancora una volta si è dimostrata pronta a sostenere le iniziative nate sul proprio territorio. L’istituto di via Mazzini ha così deciso di staccare un assegno di 5mila euro che serviranno a coprire i costi per trasportare l’ambulanza ad oltre 5 mila chilometri di distanza. In quella località è già operativo un dispensario messo in piedi dai piacentini Valter Bulla e Gianni Bonadè.

 




Respighi e Colombini. Sulle aule spostate nei container la Provincia “non si confronta con gli insegnanti”

Continua a far discutere la questione del trasloco temporaneo di parte delle aule dei licei Respighi e Colombini che per due anni, causa lavori di ristrutturazione, traslocheranno per 2 anni in “moduli didattici temporanei”. I sindacati degli insegnanti avevano chiesto di poter dire la loro riguardo questa scelta ma la Provincia di Piacenza, ha messo per iscritto attraverso una lettera (qui il testo) che non si confronterà con le rappresentanze di docenti e personale scolastico essendo “i dirigenti scolastici unici interlocutori per la provincia di Piacenza nell’ambito della gestione dei propri immobili”.

A renderlo noto, in un comunicato è il sindacato Gilda Insegnanti.

«La Provincia di Piacenza in merito al trasloco temporaneo dei Licei Colombini e Respighi, i cui edifici dovranno essere ristrutturati, ha dato una risposta che lascia perplessi in merito alla quale certamente non rimarremo impassibili. La Gilda degli Insegnanti (Gilda Unams) nelle scorse settimane aveva lamentato un modo di procedere pesantemente irrispettoso politicamente e probabilmente viziato da profili legali che, se permarranno, ci riserviamo di sottoporre alla magistratura. La vicenda del trasloco era divenuta di dominio pubblico senza che i rappresentanti delle centinaia di insegnanti e operatori scolastici coinvolti ne sapessero nulla: solo da poche ore e dopo varie rimostranze formalizzate nelle scorse settimane, la Gilda ha ricevuto un atto ufficiale della Provincia in cui viene riferito testualmente che le due scuole saranno trasferite per 2 anni in “moduli didattici temporanei” e si scrive senza remore che per l’ente locale gli interlocutori saranno solo gli appartenenti all’assai minoritaria categoria dei dirigenti scolastici. Secondo la provincia di Piacenza le rappresentanze (democraticamente elette) di centinaia di docenti e operatori scolastici tutti non hanno titolo ad essere interessate da una vicenda di questo tipo. Una posizione politica che dimostra quale sia il rispetto che gli esponenti locali hanno per i docenti, cambiano i rappresentanti politici e partitici ma anche a Piacenza l’atteggiamento irriguardoso verso una parte così importante e consistente della collettività sembra essere sempre lo stesso».

Salvatore Pizzo, coordinatore della Gilda degli Insegnanti di Piacenza e Parma, così commenta: «Ricordo ai politici che governano la provincia e ai loro funzionari, che se qualcuno dovesse permettersi di prendere impegni a nome e per conto dei docenti né risponderà nelle sedi competenti, la categoria ha eletto sei soggetti rappresentativi tra cui anche la Gilda Unams e non altri, inoltre l’organizzazione del lavoro e le questioni afferenti alla sicurezza nei luoghi di lavoro comprese le scuole sono materie di relazioni sindacali, lo dice un contratto sottoscritto con l’Aran (l’agenzia governativa preposta alle contrattazioni) che impegna tutte le pubbliche amministrazioni italiane, Piacenza non fa parte di un’altra nazione – “prossimamente indiremo delle assemblee nei due licei durante le ore di lezione, solleciteremo un formale confronto con il Presidente della Provincia e agli altri interlocutori istituzionali e inviteremo il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale dott. Di Palma ad agire per i profili riguardanti i dipendenti del suo ufficio (i dirigenti scolastici)».

 




Davide Rosati (Canottieri Ongina): “Carichi per l’esordio casalingo, ogni sabato possiamo ambire a far risultato”

All’esordio ufficiale in maglia giallonera, ha risposto con una grande prestazione individuale, dando sicurezza alla seconda linea. Tra i protagonisti del debutto stagionale in serie B maschile della Canottieri Ongina, seppur battuta 3-1 ad Acqui Terme dalla Negrini Cte (una delle pretendenti all’A3), c’è Davide Rosati. Il libero classe 2000 ha giocato la sua prima partita con il sodalizio monticellese dopo la precedente esperienza nella stessa categoria al Valtrompia.
“Il rammarico – commenta Davide, fresco di laurea in Scienze Linguistiche con 110 e lode – è non aver raccolto punti in una partita combattuta ed equilibrata. Acqui è una squadra forte ed è un peccato averla incontrata alla prima giornata quando non si è ancora al top. Le occasioni, però, le abbiamo avute e non siamo riusciti a sfruttarle”. Quindi aggiunge. “Dopo aver vinto il primo set, siamo ripartiti malissimo nel secondo, andando sotto 13-4 per poi recuperare un po’ di terreno. Magari se fossimo rimasti punto a punto dall’inizio parleremmo di un’altra partita”.
“Nel complesso – osserva Rosati –  abbiamo espresso un buon gioco, seppur a tratti; abbiamo avuto qualche passaggio a vuoto che abbiamo analizzato in questi primi giorni della nuova settimana di lavoro. C’ è molto su cui lavorare, ma stiamo facendo passi avanti nel gioco di squadra. La mia prestazione? Sono soddisfatto, ma baratterei volentieri una brutta prestazione individuale con almeno un punto o la vittoria. La ricezione funziona bene in tre, tra di noi parliamo e comunichiamo tanto”.
Sabato alle 18 la Canottieri Ongina farà l’esordio stagionale interno ospitando la Fas Albisola, ko all’esordio contro il Parella Torino (0-3). “Sfideremo – conclude il libero giallonero – una squadra che come noi ha perso all’esordio e avrà voglia di riscatto. Siamo carichi, sappiamo di aver fatto cose belle ad Acqui e vogliamo replicarle in casa. Servirà una Canottieri Ongina carica, determinata, consapevole delle proprie potenzialità, sopperendo alle difficoltà e giocando senza ansia e pressioni esagerate. Giocando la nostra pallavolo possiamo ambire a far risultato ogni sabato”.

Nella foto di Deborah Frittoli, il libero Davide Rosati (Canottieri Ongina) in campo ad Acqui Terme