“Storia dell’arte a Piacenza” dal Seicento all’Ottocento”. Presentato il libro strenna della Banca di Piacenza

Comprendere appieno la valenza culturale della nostra città. Un ambizioso obiettivo raggiunto in due step: il primo lo scorso anno – con il Volume I della “Storia dell’arte a Piacenza” (libro strenna 2023 della Banca di Piacenza), che aveva trattato l’arco temporale che andava dal Medioevo al Rinascimento; il secondo con il Volume II della “Storia dell’arte a Piacenza” dal Seicento all’Ottocento, strenna 2024 dell’Istituto di credito di via Mazzini, illustrata alle Autorità, oltre a numerosi ospiti e alle prime file della Banca, come tradizione dei primi di dicembre, nella Sala convegni della Veggioletta.

Il curatore Stefano Pronti (che ha ringraziato la Edizioni Tip.Le.Co per il sapiente lavoro di impaginazione e stampa della pubblicazione) ha ricordato come il progetto sia nato quattro anni fa con l’intento «di creare uno strumento utile al fine di rendere più percepibile il nostro patrimonio storico e artistico, rivolgendosi anche ai giovani». Il testo è organizzato in generi (architettura, pittura e scultura) e contiene un’ampia bibliografia, oltre all’indice dei nomi e dei luoghi. Il dott. Pronti ha dato merito alla Banca per il suo «mecenatismo sublime» che prosegue «l’azione portata avanti da Corrado Sforza Fogliani», che ha prodotto in trent’anni il finanziamento di oltre 300 interventi di restauri, 250 dei quali in edifici religiosi. E tornando al contenuto del libro, il curatore ha dato un po’ di numeri. Nella sezione architettura, sono stati presi in esame 14 chiese e 20 palazzi – per il periodo del ‘600 -; solo 2 (San Raimondo e San Bartolomeo) quelle del ‘700 (del periodo anche il Collegio Alberoni con la chiesa di San Lazzaro); 17 i palazzi (tra i quali Palazzo Galli della Banca di Piacenza) e 9 le ville. Tra i pittori, sotto la lente della strenna Malosso, Procaccini, Carracci, Guercino, G.E. Draghi, De Longe (‘600), lo Spolverini con i fasti farnesiani (nel ‘700). Per la scultura citati i Cavalli del Mochi e una serie di cantorie, cornici, consolle; e poi le decorazioni in stucco («c’erano le botteghe di stuccatori ticinesi»). L’Ottocento è stato trattato a grandi linee, ha precisato il dott. Pronti, soprattutto per ragioni di spazio. Attenzione quindi alle grandi opere pubbliche con le realizzazioni dell’architetto di Lotario Tomba (ad esempio il Teatro Municipale) e all’edilizia urbana dopo il Regno d’Italia. In quell’epoca, per la pittura e la scultura, il punto di riferimento era l’Istituto d’arte Gazzola.

Il direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese Antonio Iommelli (sua la Prefazione) ha ringraziato gli autori e la Banca per «il regalo che hanno fatto ai piacentini e agli storici dell’arte: quello di realizzare un’opera che colma una lacuna. Piacenza, infatti, non aveva un “atlante” che documentasse quello che Piacenza è stata nella storia dell’arte». E per dimostrare l’importanza della nostra città, il dott. Iommelli ha citato Luigi Scaramuccia (artista da lui studiato durante il dottorato), allievo di bottega di Guercino, Guido Reni e Lanfranco che nel 1672 venne a Piacenza lasciando ai posteri una bella descrizione della città. «Nel ‘600 Piacenza era una città ricca di tesori che vanno scoperti, anche oggi», ha concluso il direttore dei Musei Civici.

Anna Còccioli Mastroviti (co-autrice dei testi della strenna 2024) ha dal canto suo illustrato la parte dell’architettura, che ha definito «straordinaria in questa città, non a caso il volume si apre con la chiesa dei Teatini di San Vincenzo, che dà avvio al grande capitolo dell’architettura religiosa, che ha modificato la forma urbis di Piacenza, città anche di palazzi, con 120 e oltre residenze nobiliari; per l’architettura patrizia possiamo paragonarci a Bologna».

Susanna Pighi (autrice di una parte dei testi sia dell’edizione 2023, sia di quella di quest’anno) si è invece occupata dei pittori e scultori che hanno lavorato a Piacenza dal ‘600 al ‘700 ed ha in particolare riferito dell’attenzione dedicata agli stucchi («tanti gli esempi di altari decorati a stucco»), citando ad esempio l’oratorio di San Giuseppe a Cortemaggiore («un gioiello che vi invito a visitare»), restaurato dalla Banca di Piacenza. Ultima citazione per la scultura lignea, di cui Piacenza è ricca e di cui la studiosa è particolarmente appassionata.

Portando i saluti iniziali agli intervenuti, il presidente della Banca Giuseppe Nenna ha assicurato «il massimo impegno» nel promuovere e sostenere iniziative culturali «perché quando serve, la Banca c’è», e fatto una riflessone: «Il presidente Sforza Fogliani avrebbe gradito questi due volumi».

Al termine, a tutti i presenti è stata consegnata copia della strenna 2024 della Banca di Piacenza.




Massimo Popolizio al teatro Duse di Cortemaggiore

Fedro Cooperativa inaugura la stagione teatrale 2024/25 di Cortemaggiore al Teatro Duse allestita grazie al sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano con lo spettacolo di Massimo Popolizio. Nonostante la nebbia il piccolo Teatro Duse era sold out per la prima sabato 16 novembre alle ore 21.00 con lo spettacolo  Un Racconto del Nostro Tempo, un inedito su e di Matteotti tratto da “M” di Antonio Scurati con musiche eseguite dal vivo al violoncello da Giovanna Famulari.

Spettacolo intenso e crudo che racconta quello che è avvenuto alle 16,30 del 10 giugno 1924, a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, dove Giacomo Matteotti, indomito avversario del fascismo e di Benito Mussolini, viene caricato a forza su un’automobile e il cui corpo verrà ritrovato solo due mesi dopo in un afoso 16 agosto. Il ‘delitto Matteotti’, di cui quest’anno ricorrono i cento anni, è stato senza dubbio il più grande ‘caso’ della storia italiana e a raccontarlo è un Massimo Popolizio che inchioda alla poltrona gli spettatori per un’ora e mezza di tensione: dal rapimento fino all’omicidio. Il climax è ben descritto anche dalla voce del violoncello di Giovanna Famulari che sottolinea la narrazione con note cupe e vibranti.  Popolizio, dunque, incanta e lascia attonito il pubblico che per 3 intensi minuti applaude gli artisti.

A presentare l’intera stagione Luca Tacchini, assessore alla cultura e Luigi Merli, sindaco del Comune di Cortemaggiore: “Siamo orgogliosi di tornare ad aprire questo teatro. Questo è solo l’inizio per il teatro Duse: una stagione di grandi cambiamenti e novità, di grandi ospiti e grandi nomi, di prosa e di musica, di letteratura e concerti. Un nuovo punto di riferimento per la cultura piacentina. E’ stato un impegno importante per l’amministrazione comunale e siamo certi che investire in cultura sia un’opportunità per tutti.”

Lo spettacolo è stato introdotto da Mino Manni, curatore della stagione di prosa: “La stagione di prosa è stata allestita pensando di presentare quattro grandi personaggi della storia attraverso quattro tra le più autorevoli voci del teatro italiano. Iniziamo con uno dei più grandi attori del nostro tempo: Massimo Popolizio. L’attore è un amico che ha accettato di venire a Cortemaggiore dopo aver fatto tappa nei più prestigiosi teatri italiani. Un onore e un piacere averlo nel nostro cartellone”.

Anche per Davide Rossi, Presidente Fedro Cooperativa la serata è stata un successo: “Massimo Popolizio ha portato al Duse il Mussolini di Scurati in un racconto spietato e serrato che descrive il terrore di quella parte di storia che ha caratterizzato l’Italia del primo novecento. Un racconto intenso e drammatico che ci ha lasciato senza fiato. Il prossimo appuntamento  sarà dedicato alla musica di un’artista indimenticabile come Mia Martini, interpretata dalla bellissima voce di Stephanie Ocean Ghizzoni. Vi aspettiamo il 24 novembre alle 21”.

BIGLIETTERIA
Biglietteria locale presso Associazione turistica, via Boni Brighenti 2/a – Cortemaggiore
Info +39 366 3065722 e dusecortemaggiore@gmail.com
Biglietto intero 20€




La storia di Piacenza raccontata attraverso le targhe pubbliche del centro storico

Pubblico delle grandi occasioni al PalabancaEventi (Sala Corrado Sforza Fogliani), per la presentazione del libro “SCRIPTA MANENT. La storia di Piacenza raccontata dalle targhe pubbliche della città”. Il testo, curato dall’arch. Manrico Bissi e pubblicato dalla Banca di Piacenza, offre una puntuale rassegna di tutte le iscrizioni affisse dall’età romana fino ad oggi sui muri e sui monumenti onorari della nostra città. La descrizione delle targhe, fotografate da Maria Paola Sforza Fogliani, non è soltanto tecnico-materica, ma soprattutto storica: il libro, ampiamente documentato, restituisce infatti l’inquadramento delle epoche e delle soglie culturali nelle quali fiorirono i personaggi celebrati nelle diverse iscrizioni. Di fatto, il libro di Bissi si configura come una vera e propria “Storia di Piacenza”, raccontata tuttavia in modo originale e inedito: quasi una sorta di “Spoon River”, nella quale la narrazione della comunità è affidata alla voce di lapidi, targhe e iscrizioni ancora oggi visibili nelle vie della città.

Testimonianze concrete, che tuttavia – ha sottolineato l’autore – subiscono ogni giorno silenziose minacce alla loro integrità. Tra queste si deve considerare in primis l’esposizione secolare alle intemperie, che lentamente corrodono le pietre rendendone illeggibili le iscrizioni: è questo il caso, ad esempio, di una data medievale originariamente incisa sulle pietre cantonali di Palazzo Landi (Tribunale), ormai illeggibile ma di cui Bissi ha recuperato e pubblicato una fotografia risalente agli anni Sessanta, nella quale il testo era ancora distinguibile.

Altro nemico delle memorie epigrafiche – ha osservato il relatore, presentato da Emanuele Galba dell’Ufficio Relazioni esterne della Banca – è il deficit di conoscenza della lingua latina (ormai dilagante anche nelle scuole liceali), dal quale dipende l’incapacità di leggere anche solo sommariamente la quasi totalità delle epigrafi onorarie realizzate dall’età romana fino al pieno Settecento: si pensi, nel merito, alla grande lapide napoleonica sotto al Palazzo del Governatore, oppure alle iscrizioni poste alla base delle statue equestri farnesiane di piazza Cavalli.

Il libro di Manrico Bissi costituisce una sorta di antidoto culturale alle minacce di oblio: grazie alla sua pubblicazione, le future generazioni potranno infatti leggere i testi delle oltre cento iscrizioni che vi sono catalogate, anche se queste fossero state nel frattempo aggredite dal passare del tempo. L’obbiettivo di fondo di questo libro è quindi la costruzione di una memoria civica condivisa, che sappia indicare alla comunità del presente gli esempi positivi dei predecessori divenuti celebri per i loro meriti culturali, sociali e patriottici. Il tutto in piena coerenza con la famosa lezione ciceroniana, secondo la quale la “Storia è maestra di vita”.

«Non è quindi un caso – ha concluso l’arch. Bissi – che il promotore e ispiratore di questo libro sia stato proprio l’indimenticato presidente Corrado Sforza Fogliani, che per primo ebbe l’idea di una rassegna storica di tutte le targhe onorarie di Piacenza: città che egli amava dal profondo del cuore, e verso la quale sentiva un fortissimo impegno e senso di responsabilità culturale. Salvaguardare la memoria storica di Piacenza era, per il Presidente, un dovere irrinunciabile al quale non si è mai sottratto, e questo libro è stato il suo ennesimo contributo al patrimonio della nostra città».

In apertura di serata il giornalista Emanuele Galba ha ricostruito la genesi del volume. «Un giorno – ha raccontato – il presidente Sforza mi chiamò nel suo ufficio e mi mostrò la stampa di una serie di fotografie delle iscrizioni che ancora oggi possiamo leggere sui muri del nostro centro storico scattate dalla figlia Maria Paola. “Si potrebbe fare un libro”, mi disse. Chi ha collaborato con lui sapeva che il ‘potrebbe’ corrispondeva a ‘dobbiamo’. Convenimmo che la persone più indicata per realizzare un volume di quel genere fosse appunto l’arch. Bissi, a cui affidammo il compito. Il presidente di Archistorica accettò con entusiasmo che si è tradotto in questo che è un vero e proprio libro di storia di Piacenza raccontata in modo inedito, con l’ambizioso obiettivo – raggiunto – di scongiurare il rischio della perdita della memoria storica collettiva rendendo molto più agevoli e immediate la conoscenza e la trasmissione di quei ricordi che sono patrimonio dell’intera comunità».

A tutti gli intervenuti è stata riservata copia del volume.

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La poesia strumento fondamentale nel Risorgimento per la formazione di una coscienza nazionale

Il contributo della poesia per il risveglio patriottico degli italiani. Questo il tema affrontato nel corso della conferenza organizzata dall’Associazione Piacenza Città Primogenita in collaborazione con Banca di Piacenza, Famiglia Piasinteina e Archistorica e tenutasi al PalabancaEventi (Sala Panini). Tra i presenti – oltre al presidente della Banca Giuseppe Nenna, al direttore generale Angelo Antoniazzi e al vicedirettore generale Pietro Boselli – l’assessore alla Cultura del Comune di Piacenza Christian Fiazza, intervenuto per un saluto.

Il presidente dell’Associazione Piacenza Città Primogenita, Danilo Anelli – dopo aver ricordato che il sodalizio venne tenuto a battesimo esattamente un anno fa con un incontro dedicato a don Raffaele Sforza Fogliani – ha sottolineato come la poesia nel processo risorgimentale abbia avuto «un ruolo molto importante, contribuendo alla realizzazione di una coscienza nazionale, a differenza della carta stampata, imbavagliata dalla censura. In questo modo – ha concluso Anelli – si favorì la propagazione delle idee di patria, indipendenza e libertà, cardini del Risorgimento italiano».

Andrea Bergonzi (relatore insieme a Roberto Laurenzano) si è concentrato sul contributo dato al Risorgimento, pur nel piccolo della città di Piacenza, dalla letteratura dialettale locale. Dopo aver richiamato i cenni biografici dei tre principali verseggiatori piacentini che sono stati parte attiva nello sviluppo del tema risorgimentale (ossia Vincenzo Capra, Agostino Marchesotti e Valente Faustini), sono state presentate quattro poesie sull’argomento dei rispettivi autori. Tema dominante, l’esaltazione della figura di Giuseppe Garibaldi decantata dalle liriche Garibâld a Piaseinza (di Vincenzo Capra, letta da Milly Morsia), L’arrêst ad Garibâld (ancora di Capra, letta da Fabrizio Solenghi) e La mort ad Garibald (di Agostino Marchesotti, letta da Milly Morsia). Del Faustini è stata invece proposta una lirica (dal titolo “MDCCCLI”, letta da Paola Nicelli) in cui si ricorda – in bilico tra tensione lirica e rigore storico – l’uscita degli austriaci da Piacenza il 10 giugno 1859.

Il dott. Laurenzano si è invece occupato dei vari poeti autori di liriche patriottiche nel corso dell’‘800, correlate all’azione risorgimentale per l’indipendenza, l’Unità d’Italia e per la libertà dal giogo austriaco nel Lombardo-Veneto, e comunque da ogni giogo straniero. Fra i tanti – a prescindere da un Arnaldo Fusinato con “Le ultime ore di Venezia” (ode triste a richiamo di Venezia costretta ad arrendersi, dopo la tentata rivolta contro l’Austria, ai fini della propria libertà, nel 1848: famoso il verso “Sul ponte sventola/bandiera bianca); e di Giovanni Berchet (autore de “Il giuramento di Pontida”, in cui, attraverso il richiamo ad un evento medievale del secolo XII sull’alleanza tra città del Nord, fra cui Piacenza, a formare la “Lega lombarda” contro Federico I° di Svevia, detto il Barbarossa) – sono stati scelti gli autori di quattro “pietre miliari” della poesia patriottica: La spigolatrice di Sapri (di Luigi Mercantini, letta da Paola Nicelli), Il Risorgimento (di Alessandro Poerio, letta da Fabrizio Solenghi), Marzo 1821 (di Alessandro Manzoni, letta da Paola Nicelli), Sant’Ambrogio (di Giuseppe Giusti, letta da Milly Morsia).