Teatro Duse di Cortemaggiore. Serata dedicata a Gian Luca Vialli “Le cose importanti”

La figura non solo sportiva, ma soprattutto umana di Gianluca Vialli è la protagonista dell’appuntamento previsto domenica 12 gennaio alle ore 21 al Teatro Duse di Cortemaggiore con il regista Marco Ponti e lo scrittore Pierdomenico Baccalario che presentano Gian Luca Vialli “Le cose importanti”. Un appuntamento letterario nell’ambito della stagione del Duse in collaborazione con Fedro Cooperativa e grazie al sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

Marco Ponti, il regista di “Santa Maradona” ha avuto la fortuna di poter raccogliere le parole del calciatore durante le riprese del docufilm “La bella stagione”.  «Ci sono un po’ di cose in più che vorrei raccontarvi. Cose importanti, per me, che voglio che voi ascoltiate e che restino. Ci tengo molto.» Le cose importanti che Gianluca Vialli ha voluto dire durante la registrazione del docufilm La bella stagione sono racchiuse nel libro che verrà presentato a Cortemaggiore. E sono importanti perché sono proprio le sue e sprigionano la magica energia delle parole definitive. Dopo la clamorosa e vincente carriera da calciatore professionista, Gianluca Vialli si è reinventato molte volte: prima come commentatore televisivo, poi public speaker, quindi capo delegazione della Nazionale italiana di calcio, quella che sollevò il trofeo nel 2021. L’ultima reinvenzione è stata quella di condivisione pubblica della sua personalissima esperienza di resilienza di fronte alla malattia incurabile. In questo libro Vialli parla di sé, delle persone che ha incontrato, delle esperienze che lo hanno migliorato, dei valori che ha incarnato, della consapevolezza della propria fragilità, della forza delle relazioni vere, del rigore nel fare le cose ben fatte, della serietà e dell’impegno con cui ci si deve offrire al mondo. Parte dei proventi del libro vanno a sostenere la ricerca sulla SLA tramite la Fondazione Vialli e Mauro.

Davide Rossi, Presidente Fedro Cooperativa: “Sono davvero felice di poter ospitare il regista Marco Ponti e lo scrittore Pierdomenico Baccalario che ci guideranno alla scoperta di alcuni aneddoti tratti dal libro “Gianluca Vialli, le cose importanti”. Un omaggio alla figura umana di un grande leader del calcio venuto a mancare proprio il 6 gennaio 2023. Sarà l’occasione per scoprire le tante sfumature di un uomo che è diventato un esempio per molti”.

PROSSIMO APPUNTAMENTO

12 gennaio ore 21 –  Marco Ponti e Pierdomenico Baccalario

“Gianluca Vialli – Le cose importanti”

Incontro letterario

BIGLIETTERIA

Biglietteria locale presso Associazione turistica, via Boni Brighenti 2/a – Cortemaggiore

Info +39 366 3065722 e dusecortemaggiore@gmail.com

Biglietto intero 20€




Atlas Maior. Mostra prorogata fino al 19 gennaio

È stata prorogata fino a domenica 19 gennaio la mostra dedicata all’Atlas Maior – il capolavoro della cartografia del ‘600 realizzato da Joan Blaeu – in corso al PalabancaEventi (già Palazzo Galli) di via Mazzini. La decisione è stata presa dal Consiglio di amministrazione della Banca di Piacenza valutato il successo crescente della rassegna allestita in modalità multimediale da NEO (Narrative Environments Operas), la società di Milano che aveva già curato con successo la scorsa estate “Icônes”, il viaggio immersivo nei tre capolavori di Piacenza (Ecce Homo, Tondo di Botticelli e Signora di Klimt).

La mostra – rientrante nelle iniziative di Rete Cultura Piacenza e promossa dal popolare Istituto di credito su progetto scientifico di Antonio Iommelli, direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese – è incentrata sui dieci volumi (con 594 incisioni) dell’Atlas Maior di proprietà della Banca, dopo la donazione avvenuta nel 2010 da parte di Annarosa Mars.

L’evento ha già offerto a centinaia di visitatori l’opportunità di esplorare il mondo della cartografia storica attraverso un percorso suddiviso in quattro sezioni tematiche, in cui si sono potute (e si potranno) ammirare mappe dettagliate, dipinti e strumenti scientifici dell’epoca.

Quattro le sale del PalabancaEventi coinvolte: Sala Corrado Sforza Fogliani, il Cuore dell’Atlas, con al centro una sfera luminosa, un mappamondo tridimensionale ispirato ai disegni originali di Willem Blaeu, padre di Joan; Sala Carnovali (Abissi senza fine); Sala Raineri (Tra pennello e compasso) e Sala Douglas Scotti (Farnese Mundi); la curatela di quest’ultimo ambiente è affidata a Graziano Tonelli, già direttore dell’Archivio di Stato di Parma, che sui Farnese e sui viaggiatori stranieri tra ‘600 e ‘700 ha tenuto una manifestazione collaterale alla mostra.

E a proposito di eventi collaterali, ricordiamo che – dopo quelli che hanno visto protagonisti Luigi Rizzi e Graziano Tonelli – domani, giovedì 9 gennaio, Valeria Poli terrà al PalabancaEventi (ore 18) una conferenza sulla “Cartografia tra scienza e politica”; mentre Antonio Iommelli giovedì 16 gennaio (sempre alle 18 al PalabancaEventi) interverrà sul tema “Tra pennello e compasso. Arte e scienza nel XVII secolo”.

ORARI DELLA MOSTRA

Orari e giorni d’accesso alla Mostra “Atlas Maior – Un universo senza confini – La cartografia, il viaggio e l’arte”

Da martedì a venerdì: 16 – 19

Sabato e domenica: 10 – 13 / 16 – 19

Giorno di chiusura: lunedì

L’ingresso alla mostra è libero.

 




Farnesiana. Al Circolo Quartiere 4 pranzo dell’inclusione con Aism e Radio Shock

È stato un pranzo all’insegna dell’allegria, della solidarietà e dell’inclusione quello che si è tenuto venerdì 13 dicembre presso il Circolo ricreativo Quartiere 4 della Farnesiana.

A tavola, insieme agli animatori del Circolo, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e il Dipartimento di Salute Mentale con Radio Shock. Tutte realtà piacentine accomunate dal piacere dello stare insieme, dalla voglia di “contaminarsi” e, soprattutto, da una spiccata sensibilità e attenzione alle persone e alla loro cura.

Al pranzo hanno preso parte anche il vicesindaco Matteo Bongiorni e l’assessore al Commercio Simone Fornasari che hanno voluto essere presenti e hanno portato i saluti dell’amministrazione comunale.

Vista anche l’occasione di Santa Lucia, non poteva mancare un dono: una targa raffigurante l’albero della vita che il Circolo Quartiere 4 e l’AISM hanno voluto consegnare a Valter Bulla, quale sostenitore storico delle loro iniziative benefiche e come segno di riconoscenza e affetto.

Il Circolo opera da anni nel quartiere della Farnesiana, ed è indubbiamente diventato un punto di riferimento per la socialità, il tempo libero e lo sport (nel periodo primaverile ed estivo sono infatti attivi due campi da bocce all’aperto). Attività che spesso coincidono con iniziative di valore sociale, e che tendono a costruire reti di relazione e di collaborazione.

Proprio per questo, anche la disponibilità a collaborare di più realtà tra loro in occasione di un semplice pranzo per lo scambio degli auguri può rappresentare il modo per aumentare la conoscenza reciproca e promuovere inclusione.




Inaugurata “Atlas Maior”, la mostra di Natale della Banca di Piacenza

È partito nel tardo pomeriggio di oggi, venerdì 13 dicembre, il simbolico viaggio che la Banca di Piacenza offre alla comunità piacentina in occasione delle festività natalizie. Destinazione, quell’universo senza confini rappresentato dall’Atlas Maior, il capolavoro cartografico realizzato nel ‘600 da Joan Bleau e al centro della mostra del PalabancaEventi inaugurata alla presenza delle autorità e dei rappresentanti di “Rete Cultura Piacenza”: il sindaco del Comune di Piacenza Katia Tarasconi (con l’assessore alla Cultura Christian Fiazza), il vicepresidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Mario Magnelli (accompagnato dal consigliere di amministrazione Robert Gionelli), il vicepresidente della Camera di Commercio dell’Emilia Filippo Cella, il direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Piacenza-Bobbio Manuel Ferrari. Presenti, tra gli altri, il comandante del 2° Reggimento Genio Pontieri col. Daniele Paradiso accompagnato dal ten. col. Massimo Moreni e Daniela Morsia della Biblioteca Passerini Landi (tra i prestatori). La Banca di Piacenza era rappresentata dal presidente Giuseppe Nenna, dal vicepresidente Domenico Capra, dal direttore generale Angelo Antoniazzi, dal vicedirettore generale Pietro Boselli e da componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale.

«Siamo orgogliosi di mantenere la tradizione di offrire alla città la mostra di Natale, quest’anno un po’ diversa dal solito e per questo ancora più interessante, nata per dare lustro all’Atlas Maior, dono di una cliente che ha riconosciuto nella Banca un posto sicuro dove le cose vengono custodite e valorizzate», ha sottolineato il presidente Nenna nel suo intervento di saluto, a cui è seguito quello del sindaco: «Il vostro Istituto di credito – ha affermato Katia Tarasconi – credo che interpreti davvero la visione della banca di territorio dimostrando di esserla quotidianamente con iniziative culturali e non solo. E l’iniziativa di questa mostra è speciale. So dal dott. Iommelli che avete messo tanto impegno per realizzarla. Grazie per l’opportunità che date ai nostri cittadini. State portando avanti i valori che rappresentava Corrado Sforza Fogliani nel migliore dei modi e oggi sarebbe orgoglioso di essere qui con noi».

Il direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese Antonio Iommelli, curatore della mostra, ha confessato di «aver ricevuto per Santa Lucia il regalo più bello chiedendogli di curare questa mostra. Sono esperto del ‘600, ma non di cartografia; quindi per me è stata una sfida far dialogare questo tesoro di atlante con altri oggetti d’arte presenti a Piacenza». Il direttore dei Musei Civici ha poi invitato in Sala Corrado Sforza Fogliani gli intervenuti, accolti da una scenografia d’impatto, illustrata dallo stesso curatore. Al centro della stanza, in un grande tavolo rotondo, si trovano esposti i dieci volumi dell’Atlas Maior di Blaeu. Al centro del tavolo, una sfera luminosa cattura immediatamente l’attenzione: si tratta di un globo alto cinque metri realizzato ad hoc, basato sui disegni originali di Blaeu, che per la prima volta vengono trasformati in un mappamondo tridimensionale. Questa creazione unica illumina delicatamente i volumi e simboleggia la visione del mondo offerta dal celebre cartografo.

Il globo rappresenta un punto focale di grande impatto visivo, evocando il desiderio di esplorazione e la precisione scientifica che hanno caratterizzato l’opera di Blaeu. L’installazione crea un’atmosfera suggestiva e invita i visitatori a riflettere sulla bellezza della cartografia antica e sulla sua capacità di modellare la nostra comprensione del mondo.

“Atlas Maior – Un universo senza confini – La cartografia, il viaggio e l’arte” è allestita in modalità multimediale da NEO (Narrative Environments Operas), la società di Milano che ha già curato con successo la scorsa estate Icônes, e rientra tra le iniziative di Rete Cultura Piacenza. L’apertura al pubblico è prevista per domani, sabato 14 dicembre (e fino al 12 gennaio), a partire dalle 10. La mostra è incentrata sui dieci volumi (con 594 incisioni) dell’Atlas Maior di Joan Blaeu, di proprietà dell’Istituto di credito di via Mazzini dopo la donazione avvenuta nel 2010 da parte di Annarosa Mars (vedova del compianto ing. Bruno Torretta e socia benemerita dell’Istituto mancata nel 2020 all’età di 97 anni) con questa dedica: “La Banca di Piacenza rappresenta al meglio i valori del territorio piacentino, con spirito autonomo e indipendente”.

L’evento – al quale è stato dedicato un catalogo (stampa, Kréati) con contributi di Giuseppe Nenna, Antonio Iommelli, Graziano Tonelli, Giulia Mazzocchi – offre l’opportunità di esplorare il mondo della cartografia storica attraverso un percorso suddiviso in quattro sezioni tematiche, in cui i visitatori potranno ammirare mappe dettagliate, dipinti e strumenti scientifici dell’epoca.

ALLESTIMENTO

L’esposizione, caratterizzata da un allestimento immersivo, inviterà a scoprire le tecniche cartografiche, l’evoluzione delle rappresentazioni geografiche e il contesto storico-culturale in cui prese forma lo straordinario progetto di Blaeu.

Quattro le sale del PalabancaEventi coinvolte.

Sala Corrado Sforza Fogliani: Il Cuore dell’Atlas – Al centro della mostra saranno esposti i dieci volumi dell’Atlas Maior le cui pagine, ricche di dettagli e informazioni, invitano a esplorare luoghi lontani e a scoprire culture e dinamiche politiche di un’epoca. La sfera luminosa del mappamondo tridimensionale, ispirato ai disegni originali di Willem Blaeu, padre di Joan, proietterà i visitatori in un’epoca in cui il desiderio di esplorare il mondo era un motore potentissimo.

Sala Carnovali: Abissi senza fine – Le due tele provenienti da Palazzo Farnese di Piacenza (Francesco Monti detto il Brescianino, Mare in burrasca con navi alla deriva; Pieter Mulier detto il Tempesta, Mare in burrasca con naufragio), racconteranno le pericolose avventure dei navigatori.

Raffiguranti tempeste marine in tutta la loro furia, queste opere ricordano i rischi affrontati da coloro che, spinti dalla sete di scoperta, si avventuravano in mari sconosciuti e ci aiuteranno a comprendere il ruolo fondamentale della cartografia nella navigazione. Si ammirerà, infine, una ricca collezione di strumenti scientifici, tra cui un’armilla e un cannocchiale provenienti dall’Opera Pia Alberoni di Piacenza, a testimonianza dell’intreccio tra esplorazioni celesti e marittime, un connubio che guidò le ambiziose imprese della Compagnia olandese delle Indie orientali, per la quale i Blaeu lavoravano.

Sala Raineri: Tra pennello e compasso – In questa sala, le immagini dei dipinti di Jan Vermeer (che ritraggono interni borghesi adornati da mappamondi e carte geografiche) dialogheranno con le tavole cartografiche dell’Atlas Maior in una suggestiva videoinstallazione sincronizzata. Le proiezioni sulle pareti creeranno un’atmosfera magica, dove arte e cartografia si fonderanno in un’unica esperienza sensoriale. La presenza di due globi antichi, uno celeste e uno terrestre, provenienti dall’Opera Pia Alberoni di Piacenza, confermerà la diffusa passione per questi oggetti, che rappresentavano non solo strumenti di conoscenza, ma anche e soprattutto simboli di status e raffinatezza.

Sala Douglas Scotti: Farnese Mundi – L’esposizione culminerà con un omaggio a Piacenza, luogo di nascita di illustri esploratori come il missionario Dionigi de Carli. Una mappa del ducato farnesiano, realizzata da Blaeu e inserita dal cartografo nell’VIII volume dedicato interamente all’Italia, offre un’istantanea preziosa del territorio in un momento storico cruciale, evidenziando il legame tra la città e i grandi viaggiatori dell’epoca, come Alessandro Farnese. La presenza, infine, di oggetti esotici e animali tassidermizzati, come un vaso con decorazioni cinesi e le collezioni del Museo di Storia Naturale di Piacenza, sottolineerà l’eterna curiosità dell’uomo di esplorare e comprendere il mondo che lo circonda, facendo rivivere lo stupore e la meraviglia che i viaggiatori provavano alla vista di nuove e straordinarie creature.

MANIFESTAZIONI COLLATERALI

Affiancheranno la mostra alcune manifestazioni collaterali che si terranno al PalabancaEventi con inizio alle 18. Ecco il calendario (che si arricchirà strada facendo):

– Lunedì 16 dicembre: Atlas Maior, 360 anni di un capolavoro cartografico, relatore l’ing. Luigi Rizzi.

– Giovedì 19 dicembre: Piacenza e il viaggio in Italia tra Seicento e Settecento, conferenza con il dott. Graziano Tonelli.

– Giovedì 9 gennaio: La cartografia tra scienza e politica, con intervento della prof. Valeria Poli.

VISITE GUIDATE AL COLLEGIO ALBERONI

L’Opera Pia Alberoni, tra i prestatori, ha programmato – in occasione della mostra – due visite guidate al Collegio secondo questo calendario:

– Domenica 29 dicembre e lunedì 6 gennaio, ore 16: Il mondo sulla carta. I tesori della Biblioteca Alberoni. Antichi atlanti e preziose mappe dal fondo Mars Torretta e dagli altri fondi librari Alberoni. Visita guidata speciale. Ingresso ridotto 6,00 euro.

ORARI

Orari e giorni d’accesso alla Mostra “Atlas Maior – Un universo senza confini – La cartografia, il viaggio e l’arte”

Da martedì a venerdì: 16 – 19

Sabato e domenica: 10 – 13 / 16 – 19

Giorno di chiusura: lunedì

Giorno di Natale: chiuso

Aperture straordinarie:

Lunedì 16 dicembre: 16-19

Giovedì 26 dicembre: 10 – 13 / 16 – 19

Lunedì 30 dicembre: 16 – 19

Lunedì 6 gennaio: 10 – 13 / 16 – 19\

L’ingresso alla mostra è libero.




14.000 euro a Casa di Iris e Casa del Fanciullo, grazie alla cena benefica organizzata da Piacenza Expo

Un’iniziativa benefica giunta quest’anno alla sua quarta edizione, in grado di toccare il cuore dei piacentini e di portare aiuti concreti a meritorie realtà assistenziali del nostro territorio.
E’ “Iris, il fiore di Natale”, la tradizionale cena benefica organizzata da Piacenza Expo, che ieri sera ha messo a tavola nel Padiglione 3 del quartiere fieristico di Le Mose più di quattrocento persone – tra cui la Sindaca Katia Tarasconi con alcuni assessori comunali, ma anche rappresentanti di enti, istituzioni e associazioni di categoria del territorio – e che ha permesso di raccogliere complessivamente 14.000 euro. Una cifra consistente frutto non solo della generosità dei tanti piacentini che hanno partecipato all’iniziativa, ma anche della famiglia Squeri, titolare dell’azienda Steriltom, che replicando il gesto generoso dello scorso anno ha contribuito ad aumentare la somma raccolta. Cifra che, equamente divisa in due parti, è stata destinata all’Hospice “La Casa di Iris” e alla “Casa del Fanciullo”.
“Un sentito ringraziamento a tutti i presenti e in particolare ai soci di Piacenza Expo, che ancora una volta hanno voluto dimostrarci la loro sensibilità – ha commentato il Presidente della società fieristica piacentina, Giuseppe Cavalli – ma anche alla famiglia Squeri e alla Steriltom che ha da sempre nel cuore i bisogni del nostro territorio. Un grazie anche a Valter Bulla e ai soci del Rotaract Piacenza, che quest’anno hanno collaborato attivamente all’organizzazione di questo evento capace di diventare ogni anno sempre più grande e partecipato”.
Già identificati alla vigilia dell’evento i progetti cui saranno destinate le donazioni: lavori di manutenzione della sede di Via Bubba per “La Casa di Iris”, e istituzione di borse di studio per minori in situazioni di difficoltà alla “Casa del Fanciullo”.
La consegna simbolica degli assegni è stata effettuata dai componenti del Consiglio di amministrazione di Piacenza Expo – il Presidente Cavalli, la Vicepresidente Elisabetta Montesissa e il Consigliere Davide Villa – e da Alberto Squeri alla Sindaca Tarasconi per “La Casa di Iris” e alla  Presidente della “Casa del Fanciullo”, Maria Scagnelli, che hanno rivolto un sentito e caloroso ringraziamento agli organizzatori e a tutti i presenti per la sensibilità dimostrata e per la generosità.

 




«Dialettica critica e costruttiva che sposava alla concretezza dei principi del diritto»

«Ha avuto una vita piena, vissuta con grande impegno ed entusiasmo. Un’esistenza coerente ai suoi principi di uomo libero e liberale, mai miope ed egoista, con una visione sociale di ampio respiro e con uno spirito critico ma costruttivo». Al presidente dell’ABI-Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli il compito, svolto mirabilmente, di aprire – al PalabancaEventi (Sala Panini, con Sala Verdi videocollegata) – l’album dei ricordi nella Giornata (seconda edizione) dedicata alla memoria di Corrado Sforza Fogliani, il presidente esecutivo della Banca di Piacenza (oltre che presidente di Assopopolari, vicepresidente ABI e presidente del Centro Studi Confedilizia) mancato nel dicembre di due anni fa. Con il presidente Patuelli, Beppe Ghisolfi (banchiere, scrittore e giornalista) e Giuseppe De Lucia Lumeno, segretario generale dell’Associazione fra le Banche Popolari. «Tre grandi banchieri», li ha definiti il presidente della Banca di Piacenza Giuseppe Nenna (presenti anche il vicepresidente Domenico Capra, il direttore generale Angelo Antoniazzi, il vicedirettore generale Pietro Boselli e componenti del Cda) nel suo intervento di saluto: «Siamo felici di ospitare – ha aggiunto – il gotha bancario italiano, di cui anche l’avv. Sforza Fogliani faceva parte. Relatori illustri, tutti e tre molto amici del nostro Presidente, uomo di valore e di valori che ci manca tanto».

«La prima emozione arrivando qui a Piacenza – ha esordito il presidente ABI – è non trovare Corrado sul portone in giacca e cravatta, senza cappotto, capello e quanto serve in questa stagione. Non aveva mai freddo. È bello ritrovarsi come se lui ci fosse e sono convinto che Corrado sia ancora qui con noi».

NITIDA IDENTITÀ CULTURALE. «Pensare a Corrado – ha osservato il presidente Patuelli – mi riporta alla sua nitida identità culturale basata, innanzitutto, su metodo di analisi e coerente comportamento, alto senso di responsabilità civile e sociale fondate sulla forte volontà di partecipazione all’associazionismo. Aveva in sé la concretizzazione di quello che scrisse due secoli fa Alexis de Tocqueville in La Democrazia in America: “Una democrazia ben funzionante e solida deve avere vitalità nel libero associazionismo”. Corrado ha dedicato molto del suo tempo a questo, con metodo dialettico, in modo critico e costruttivo: questo è un metodo scientifico applicato alla vita comunitaria pubblica e alle relazioni sociali». L’oratore ha quindi ricordato i mondi dove l’avv. Sforza è stato un protagonista «di grande prestigio»: quello della Confedilizia, quello delle banche popolari e, più in generale, delle banche italiane. «La sua cultura liberaldemocratica – ha argomentato il dott. Patuelli – si basava su profondità di studi, profonda coerenza tra ragionamenti, metodo della ragione, ideali, letture continue, diritto, professione di avvocato e comportamenti tutti».

METODO SCIENTIFICO. «Il metodo scientifico della dialettica critica e costruttiva appena ricordato, si sposava con la concretezza dei principi del diritto, quei principi che lo portavano a impugnare provvedimenti di dubbia costituzionalità. In questo era invincibile». Il presidente ABI ha poi fatto cenno all’importanza che l’avv. Sforza ha avuto nelle istituzioni, soprattutto nella sua Piacenza: «In Consiglio comunale, luogo di concretezza per doveri e diritti di cittadinanza, era un mattatore e i suoi interventi erano attesi e temuti. Considerava la civitas della sua città il luogo principale delle sue chance di vita».

OCCHIO LASER DELL’ABI. Il relatore ha quindi ricordato «il grande» l’impegno in Banca di Piacenza, quello in ABI («era un occhio laser sulle tematiche che esaminiamo – noi ci occupiamo di regole – e un giurista raffinato, fortemente idealista e civilmente responsabile come lui era per noi di forte preziosità»), in Confedilizia a Roma («per le libertà economiche e sociali, ispirandosi a Einaudi, con l’immobile visto come frutto del risparmio»), condiviso con il segretario generale Marco Bertoncini, mancato anche lui di recente («formavano un grande sodalizio, anche Marco ci manca molto»).

Dopo aver sottolineato che l’impegno che lo divertiva di più era quello di scrivere articoli per i giornali, il presidente Patuelli ha così concluso il suo ricordo rivolgendosi alla moglie Maria Antonietta e alla figlia Maria Paola, sedute in prima fila: «Corrado rimane tra noi e la sua famiglia potrà sempre contare sul nostro sostegno attraverso la fortissima memoria che di lui portiamo nel cuore e nel cervello».

Il prof. Ghisolfi (già presidente della Cassa di Risparmio di Fossano) ha raccontato di aver conosciuto l’avv. Sforza in ABI: «Diventammo subito amicissimi; quando interveniva restavano tutti a bocca aperta: conosceva gli argomenti e proponeva soluzioni».

AUTOBIOGRAFIA. Lo scrittore e giornalista ha in seguito fatto cenno ad alcuni passaggi dell’autobiografia del compianto Presidente pubblicata sul volume (curato dallo stesso prof. Ghisolfi, ndr), Banchieri (2018, Aragno Editore, Prefazione di Antonio Patuelli). Dove confidava di come si avvicinò, giovanissimo, alla Banca di Piacenza: aveva avallato una cambiale di un amico di scuola che aveva deciso di aprire un negozio. All’amico andò male e la Banca chiamò Sforza a onorare il debito. In quell’occasione gli proposero di diventare azionista e la cosa si concretizzò. Dove, ancora, si parla di una lettera da lui scritta alla Stampa di Torino per replicare a un articolo di Pansa che elogiava la Cassa di Risparmio di Piacenza. Gli amministratori della Banca di Piacenza ne apprezzarono i contenuti e iniziarono a “tenere d’occhio” il Nostro, che di lì a poco entrò nel Consiglio dell’Istituto di credito. E dove raccontava di quando fece togliere il correttore ortografico ai programmi dei computer della Banca perché si era accorto che storpiava in automatico alcune parole, compreso il suo cognome che diventava Fogliari.

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA. Il dott. De Lucia (Assopopolari ha dedicato alla memoria di Sforza ben sei pubblicazioni in due anni) – oltre al personale ricordo del “suo” Presidente («per il nostro cuore e la nostra mente è difficile immaginare che non ci sia più un “guerriero medievale che si aggirava nella modernità”») – ha invece spostato l’attenzione sull’importanza della memoria: «Per una società che voglia guardare al futuro – ha sostenuto – è bene ricordare la storia come maestra di vita, perché la memoria significa conoscenza delle proprie radici, significa comunità. La memoria personale, quella universale e quella sociale (che rischia di essere oscurata dal modernismo) danno senso alla vita dell’uomo. Abbiamo dunque il dovere di lasciare memoria del passato come ha fatto Corrado Sforza Fogliani, con la forza delle proprie idee».

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Castello di Gambaro, un restauro che ha riportato alla luce la sua storia

Una Sala Corrado Sforza Fogliani del PalabancaEventi gremita ha fatto da cornice alla cerimonia di consegna del “Premio Gazzola 2024”, giunto alla sua diciannovesima edizione, assegnato al restauro del Castello di Gambaro di Ferriere e dedicato ad uno dei fondatori del riconoscimento, mancato di recente: Carlo Emanuele Manfredi. «Era il nostro pilastro – lo ha ricordato Domenico Ferrari Cesena, che insieme al dott. Manfredi e a Marco Horak istituì nel 2006 il Premio intitolandolo alla memoria di Piero Gazzola, architetto piacentino -, un grande protagonista della vita culturale della nostra città che ci mancherà».

Dopo i saluti del presidente della Banca di Piacenza Giuseppe Nenna («Fin dalla sua istituzione la Banca ha sostenuto questo premio, che abbiamo vinto anche noi nel 2020 con il restauro di questo palazzo, un sostegno sempre condotto in tandem con la Fondazione di Piacenza e Vigevano»), il prof. Ferrari Cesena, che ha coordinato l’incontro, ha annunciato per l’anno prossimo un «programma speciale per festeggiare l’edizione numero 20».

La 19 ͣ  ha dunque scelto di valorizzare il restauro del maniero del minuscolo borgo dell’Alta Valnure “per i radicali e straordinari lavori – si legge nella motivazione del Comitato del Premio Gazzola – compiuti dai suoi proprietari (i coniugi Clara Mezzadri e Valentino Alberoni, ndr) nell’ultimo decennio”. Un complesso intervento di recupero seguito dagli architetti Massimo Ferrari e Marco Jacopini.

La parola è quindi passata agli autori dei contributi raccolti nel consueto “Quaderno” dedicato all’edificio premiato (distribuito a fine serata a tutti gli intervenuti), che hanno riassunto quanto si trova nella pubblicazione curata dal prof. Ferrari Cesena e dal prof. Horak.

Giorgio Eremo ha ripercorso la storia del castello, la cui costruzione iniziò negli ultimi decenni del 1500 su iniziativa di Pier Francesco Malaspina (il borgo era sede del marchesato di Gambaro e degli Edifizi); nel 1624, alla morte del marchese Malaspina, la Camera ducale farnesiana avocò a sé tutti i suoi beni. Ranuccio II concesse poi il feudo ai Landi di Rivalta, che a fine ‘700 lo vendettero ai Bacigalupi (famiglia di notai liguri); in epoca napoleonica il castello fu sede comunale. «Fino all’immediato dopoguerra – ha spiegato il dott. Eremo – l’edificio era in discrete condizioni, che divennero critiche dal momento che non fu più abitato. Nel 1970 il primo crollo, con la Sovrintendenza che diede la disposizione di abbattere le strutture pericolanti. Per 25 anni il castello fu abbandonato e depredato, i crolli si susseguirono fino ad arrivare ad un ammasso di ruderi». Nel 1995 fu avviato un progetto di recupero (curato dall’architetto Benito Dodi e dal geom. Polo Negri) per iniziativa dei fratelli Lando e Lanfranco Tagliaferri; progetto che fu realizzato solo parzialmente. «Fortuna volle – ha concluso il dott. Eremo – che nel 2006 il castello venisse acquistato dagli attuali proprietari i quali, con un considerevole sforzo economico e sacrificio personale, animati da tanto amore per lo storico edificio, ne hanno portato a termine il recupero, secondo le indicazioni della Sovrintendenza, compiendo un vero miracolo grazie agli architetti Ferrari e Iacopini».

Marco Horak ha dal canto suo evidenziato «l’imponenza del maniero» che contrasta con il nostro comune sentire nei confronti di questi paesini del nostro Appennino. «Oggi Gambaro ha una ventina di abitanti – ha osservato il prof. Horak – ma un tempo questi centri pullulavano di vita e basavano la loro economia sull’agricoltura e la silvicoltura; in Alta Valnure rilevante era anche l’attività mineraria. E l’importanza di Gambaro è testimoniata da un dipinto che fino a 25 anni fa era collocato in un salone del castello». Si tratta del ritratto, probabilmente, di Ippolito Landi, studioso erudito che faceva parte del Collegio dei dottori e giudici di Piacenza. La famiglia Landi è una delle quattro casate che reggevano le sorti della città di Piacenza (insieme agli Anguissola, agli Scotti e ai Fontana). Difficile, invece, formulare ipotesi su chi possa averlo eseguito.

Fabio Obertelli ha offerto un approfondimento su una pala d’altare presente nella chiesa parrocchiale di Gambaro fino al 1711 (fu poi “rapita” da Francesco Farnese che la volle nella sua collezione d’arte e ora è esposta nel Museo di Capodimonte a Napoli, come tutti gli altri tesori dei Farnese). Simon Mago – questo il titolo dell’opera definita dall’oratore «strepitosa» – divide gli storici rispetto all’attribuzione: quando entrò nella collezione Farnese si pensava realizzata da Giovanni Lanfranco; quando venne portata a Napoli, però, già si ritenne realizzata da Ludovico Carracci ma portata a termine da qualche suo allievo, stante la differente qualità pittorica dello sfondo.

Lorenzo Bocciarelli ha raccontato la storia della famiglia Bacigalupi, che subentrò nella proprietà del castello di Gambaro verso la fine del ‘700, quando il dott. Angelo Giuseppe Bacigalupi, notaio di Santo Stefano d’Aveto dal 1785 al 1801, acquistò l’intero feudo dai Landi. Fu anche Podestà e fu l’ultimo Commissario ducale della giurisdizione feudale di Gambaro. Il castello fu sede del Comune nei secoli XVIII-XIX (e dal 1930 ospitò la scuola di Ferriere). I Bacigalupi si estinsero nel 1955 e il castello venne trasformato in un’azienda agricola: fu l’inizio del suo declino.

Gli architetti Ferrari e Icopini hanno quindi illustrato i lavori durati quasi 10 anni, sottolineando come il restauro sia stato impostato con l’intento di «riportare alla luce la storia del manufatto attraverso antiche tecniche di ricostruzione concordate con la Sovrintendenza». Sono stati utilizzati materiali di recupero ed è stata ridata all’edificio la forma geometrica originaria, riportando i locali alle dimensioni preesistenti. Dai professionisti una lode alle maestranze dell’Alta Valnure utilizzate nel cantiere.

È seguita la cerimonia di premiazione dei proprietari del castello da parte del prof. Horak, mentre Gian Paolo Bulla, già direttore dell’Archivio di Stato, ha consegnato il riconoscimento agli architetti Ferrari e Iacopini.

Clara Mezzadri ha infine ringraziato il Comitato del Premio («per aver acceso un faro sulla montagna piacentina»), la Banca di Piacenza, la Fondazione e «i tantissimi amici che in questi anni ci hanno sostenuto moralmente aiutandoci a raggiungere un obiettivo che sembrava impossibile».




Successo per la Festa delle Matricole all’ex chiesa del Carmine

Debutto in grande stile per l’ex chiesa del Carmine come location della Festa delle Matricole, la cui edizione 2024 si è svolta ieri sera nell’inedita cornice del Laboratorio Aperto di piazza Casali. Un appuntamento ormai tradizionale, rivolto agli studenti iscritti al primo anno dei percorsi accademici locali, promosso dall’Amministrazione comunale in collaborazione con il Conservatorio Nicolini e le sedi cittadine del Politecnico di Milano, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Università degli Studi di Parma, con il fondamentale contributo dell’Azienda regionale per il Diritto allo Studio Er.Go. nell’ambito della convenzione che, insieme all’Amministrazione, vede l’ente impegnato nella valorizzazione della dimensione universitaria di Piacenza.

Tra buffet, intrattenimento musicale e saluti istituzionali – accanto al sindaco Katia Tarasconi, all’assessore a Università e Ricerca Francesco Brianzi e alla dirigente di Er.Go Patrizia Mondin, docenti e coordinatori in rappresentanza dei diversi atenei – la serata ha visto la partecipazione di oltre 350 giovani che hanno avuto anche l’opportunità di conoscere più da vicino i servizi loro dedicati, come TuoBus, nonché l’attività di numerose realtà del territorio, presenti con il proprio stand informativo: la Fondazione Teatri, il centro di aggregazione Zona Holden, Pc Radio Cult, Csv Emilia per la promozione della YoungER card, Orientagiovani, Piacenza Student Society, Rathaus, Otp-Gea Orienteering, Arcigay Piacenza Lambda, Luci&Ombre e la scuola di capoeira Senzala.

“Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile l’ottima riuscita di questo evento, che come sempre è un’occasione importante di socializzazione e di incontro tra gli studenti, ma anche per presentare loro la città e tutto ciò che può offrire al loro cammino di crescita formativa e personale”. Così l’assessore Brianzi, che aggiunge: “Mi fa piacere sottolineare il ruolo prezioso dei componenti del Tavolo che riunisce i rappresentanti degli studenti universitari: non solo hanno garantito un supporto operativo e organizzativo fondamentale, insieme alla rete di gestione di Giardini Sonori, per gli artisti che si sono esibiti sul palco (Nilo Band, Neve’s Hammond Trio, Dj Nick e il visual artist Davide Morelli), ma hanno anche prestato servizio come staff della serata, durante la quale hanno inoltre presentato il contest per la creazione del logo che simboleggi il Tavolo Universitari”.

“Credo che questo momento di festa e condivisione – rimarca Francesco Brianzi – sia un elemento importante di quell’impegno, formalizzato con il Protocollo Atenei all’inizio dell’anno, che vede l’Amministrazione comunale sempre più orientata, in sinergia con tutte le componenti del tessuto accademico locale, a promuovere e rafforzare l’identità e la vocazione universitaria di Piacenza”.

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«È mancato un patto tra economia e politica che portasse sviluppo alla nostra montagna»

Tenere accesi i riflettori sui protagonisti della montagna: gli abitanti. Perché, come in ogni cosa, la differenza la fanno le persone. Questa la motivazione che ha spinto il giornalista Filippo Mulazzi a raccogliere ben 70 interviste ai cosiddetti “resistenti” delle alte valli piacentine, gente del posto che decide di rimanere nonostante la mancanza di lavoro e di servizi, o famiglie che vi si trasferiscono provenienti da altre zone d’Italia: quelli che si sono lasciati alle spalle le comodità della città e della pianura preferendo tenere vive piccole comunità disperse del nostro Appennino, una delle zone meno popolate d’Italia dove si lotta per il presente e per il futuro. Storie raccolte tra il 2019 e l’inizio di quest’anno e pubblicate sul quotidiano online “Il Piacenza” (dove Mulazzi è redattore) e ora raccolte nel volume “L’Appennino resistente e i suoi protagonisti” (Officine Gutenberg), presentato dall’autore in dialogo con Emanuele Galba, direttore responsabile di BANCAflash, al PalabancaEventi (Sala Panini) per iniziativa della Banca di Piacenza (presenti il presidente Giuseppe Nenna, il direttore generale Angelo Antoniazzi e il vicedirettore generale Pietro Boselli).

«Volevo mettere in circolo un po’ di energia positiva – ha spiegato il cronista originario di Ferriere – con questo libro che non racconta favole», nel senso che parla di problemi e disagi conosciuti e irrisolti «ma che trasmette l’entusiasmo di chi è rimasto e non vuole arrendersi». L’autore conosce molto bene la nostra montagna («sicuramente poco cool ma per certi versi più autentica e vera») e ha addebitato la sua arretratezza – evidente rispetto ad alcune zone appenniniche dell’Emilia Romagna più forti economicamente – alla mancanza «di un patto tra economia e politica» che avrebbe potuto portare infrastrutture e sviluppo, perché in quelle zone il problema principale è il lavoro: quello impiegatizio è impalpabile, mentre c’è richiesta di boscaioli, muratori, giardinieri, mestieri che quasi più nessuno vuole fare. «C’è assoluta carenza di imprese – ha aggiunto il dott. Mulazzi – e mi fa un po’ rabbia pensare che una delle aziende più importanti del mondo, la Luxottica, abbia sede in un paese grande come Farini, sulle montagne bellunesi». Realtà così fanno naturalmente la differenza, dando modo ai residenti di non abbandonare i loro territori d’origine.

«Con questa pubblicazione avevo un obiettivo facile, già raggiunto – ha argomentato il relatore -: alla gente che legge queste storie vien voglia di conoscere questi “resistenti”. E un obiettivo più ambizioso: che qualcuno, sempre dopo la lettura, decida di ripensare il proprio modo di vivere scegliendo la montagna. So che è un’utopia, ma non escludo possa essere possibile».

Assecondando le domande del direttore di BANCAflash, l’autore ha individuato tra i vantaggi dell’ambiente appenninico l’essere all’interno di una rete sociale stretta («una riserva di relazioni umane») e sottolineato la necessità di recuperare una visione complessiva del territorio: «Spesso parlando con i politici mi accorgo che quelli di città non conoscono i problemi della provincia; viceversa, nella vallate i problemi della città sono meno sentiti».

Ma quali sono le storie che hanno colpito di più? «Per esempio – ha spiegato il giornalista piacentino – quelle che coinvolgono gli ormai pochi allevatori rimasti sulle nostre montagne: si alzano alle 4 del mattino per dare da mangiare agli animali, perché spesso fanno altro come occupazione principale, magari in pianura. Che cosa li spinge? L’amore per la propria terra e il desiderio di dare continuità ad una attività iniziata dai nonni e portata avanti dai genitori». Anche a qualcun altro la sveglia suona all’incirca alle 4: è quella dei fratelli Marco e Paolo Baldini, boscaioli di Pittolo che alle 6 sono già nei boschi della nostra montagna, bisognosi di cure per scongiurare il dissesto idrogeologico: «Un lavoro che non vuol fare più nessuno». Ancora, incuriosisce la piccola realtà di Groppallo, 300 anime con grande senso di appartenenza («si considerano altra cosa rispetto al capoluogo Farini»), un luogo dove resistono, per tradizioni famigliari tramandate da generazioni, attività commerciali e ricettive, nonostante tutto. Altro esempio, i coniugi Valentino Alberoni (di San Giorgio) e Clara Mezzadri (di San Nicolò). Sono i proprietari del Castello di Gambaro, il cui restauro si è meritato il Premio Gazzola 2024, manifestazione da sempre sostenuta dalla Banca locale. Tra i citati, non poteva certo mancare Marco Labirio, uno dei pochi imprenditori che ha scelto di sviluppare la propria attività nel luogo d’origine, Bobbio, dando lavoro con la sua Gamma (produttrice di componenti elettrici) a 200 persone, in maggior parte donne: «Un ammirevole esempio di “resistente”», ha osservato il dott. Mulazzi, che al termine della serata si è volentieri prestato al rito del firma-copia.

In apertura d’incontro, Emanuele Galba ha compiuto un salto indietro nel tempo (febbraio 1998) per portare i presenti a riflettere sul fatto che i problemi dello spopolamento della montagna non sono certo nati oggi, anzi. Ha quindi dato lettura di un articolo (“Vi racconto Farini con Gioia”) scritto quando era redattore di “Libertà” e successivamente pubblicato anche nel volume di Paolo Labati e Dina Bergamini “Orme su monti”. Un’intervista al cav. Lino Gioia, allora brillante novantenne (mancherà cinque anni dopo) memoria storica di Farini, decano dei componenti dei Comitati di credito della Banca e papà di Giuseppe, ex dipendente dello stesso Istituto di credito che a Farini inaugurò la propria filiale il 29 giugno del 1960. «Qui gli abitanti – osservava il cav. Lino – si sciolgono come neve al sole». Un fenomeno che non si è mai fermato. Non certo per colpa del surriscaldamento del pianeta ma – forse – di una politica un po’ distratta.




La festa dei mugnai al Mulino Lentino

La tradizionale festa dei Mugnai, che si è tenuta domenica nella pittoresca e affascinante atmosfera del Borgo di Mulino Lentino, è stata l’occasione per lanciare il progetto di Turismo delle Radici per il quale il Comune di Alta Val Tidone ha ottenuto nei mesi scorsi uno specifico contributo grazie al bando promosso dal Ministero degli Affari Esteri e legato alla ripresa del settore del turismo nell’Italia Post Covid 19 finanziato da Next Generation EU.
“La nostra terra di Alta Val Tidone – ricorda il Sindaco Franco Albertini – terra di confine e di passaggio per eccellenza nella storia, anche se poco se ne è parlato e se ne parla, ha conosciuto l’emigrazione verso l’America, in particolare il Sud America, la Francia, la Germania e la stessa Svizzera per lavori stagionali. Con questo progetto, compiamo un primo passo per codificare e mappare una realtà nascosta, quanto ramificata sul territorio, soprattutto tra fine Ottocento e Novecento e per promuovere quello che viene definito il Turismo delle Radici, cioè il turismo di ritorno nei luoghi d’origine”.
Ad intervenire sul tema, nel corso del convegno organizzato presso il Mulino Lentino, è stata la dottoressa Silvia Magistrali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza: “Il solo Comune di Alta Val Tidone – ha ricordato – conta oggi il 7.7% di residenti iscritti all’anagrafe italiani all’estero, su una media del territorio piacentino del 6.5%. I discendenti di seconda e terza generazione degli emigrati decidono sempre più spesso di fare ritorno nei territori d’origine, anche solo per turismo oppure per reinsediarsi nelle terre degli avi. Si tratta di un riappropriarsi della propria identità”.

A darne concreta testimonianza sono stati gli interventi di Carina Fiocchi, nata in Argentina ma che ha voluto ripercorrere a ritroso le orme del padre Roberto Fiocchi, emigrato dall’Alta Val Tidone con la famiglia di mugnai negli anni ’50 e rientrato in Patria in età adulta. Carina l’ha seguito negli anni 90, tornando “in queste terre, che ho capito essere casa. Da allora vivo qui, dove ancora c’è mio padre. Amo l’Argentina ma anche la Val Tidone”.  L’Assessore Giovanni Dotti ha invece ripercorso l’esperienza di Aldo Savini, emigrato in Venezuela ma poi ritornato in Val Tidone dove è stato per un periodo anche Sindaco di Nibbiano.
“Il Comune di Alta Val Tidone – ha detto Franco Albertini – ha in animo di fare una mappatura di queste esperienze e di tutte quelle che affiorassero. Da quando abbiamo dato annuncio di questo progetto, già diversi concittadini si sono palesati per raccontare la propria storia e quella di emigrazione della propria famiglia. Il turismo delle radici è un progetto di sviluppo ma anche di comunità a cui teniamo molto e l’abbiamo legato ai mulini che sono uno dei nostri luoghi identitari”.

Attorno al Mulino e ai suoi prodotti la giornata è proseguita, sempre nell’ambito del progetto Turismo delle Radici, con lo show cooking di De Smart Kitchen che ha proposto il classico Batarò in una veste gourmet in cui non è mancato il Nero di Pecorara, il tartufo de.co. che è oggetto di un ambizioso progetto di promocommercializzazione che vede il Comune di Alta Val Tidone in prima fila. Oltre alla visita al Mulino, alla benedizione dei prodotti e alla premiazione del mugnaio Bertolo, erede di una tradizione di arte molitoria che affonda le sue radici fin nel 1742, la giornata è trascorsa tra assaggi di prodotti tipici, i piatti preparati dalla maestria della famiglia Borghi che gestisce il Borgo di Mulino Lentino e degli artigiani locali. Il tutto con la partecipazione organizzativa dell’Associazione Sentiero del Tidone, presente con il presidente Daniele Razza, mentre la manifestazione si è conclusa con l’intervento musicale di Maddalena Scagnelli e gli Enerbia, che insieme al coro della Val Curiasca hanno ripercorso nei canti le storie di emigrazione.
“Rivolgo un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di questo evento, a partire dalla famiglia Borghi e l’associazione Sentiero del Tidone, che sono partner importanti del Comune di Alta Val Tidone nella cura e promozione del nostro territorio  ha sottolineato in chiusura il Sindaco Franco Albertini – Così come ringrazio chi ha permesso di unire a questa festa dei Mugnai l’avvio del progetto Turismo delle Radici che sono certo saprà essere un altro strumento per riscoprire la nostra identità e per guardare a un futuro di sviluppo per questa terra”.

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“Russia, Ucraina, Medio Oriente, Cina: abbiamo davanti a noi anni non facili e l’Europa in politica estera fa troppo poco”

Visti i temi trattati, la presentazione al PalabancaEventi di via Mazzini (Sala Panini) del volume “Operazione Pig” (Europea Edizioni) di Albert De Bonnet (un libro dove fantasia e realtà si intrecciano: la sparizione di un uomo dei servizi segreti italiani dà inizio a una serie di eventi, dall’Albania alla Corsica, dalla Francia al Belgio, fino in Cina, con un susseguirsi di colpi di scena) è stata l’occasione per far cenno, da parte dei due relatori (l’on. Cristiana Muscardini, analista politico e scrittrice e Andrea Vento, saggista e giornalista), degli scottanti problemi che l’attualità ci propone nello scenario nazionale e, soprattutto, internazionale.

«Abbiamo di recente assistito – è stata la riflessione dell’on. Muscardini – a fatti di cronaca inquietanti: i giovani uccisi a Napoli; la tredicenne lanciata da un terrazzo a Piacenza, la ragazza morta per un intervento di rinoplastica in una struttura scelta su TikTok. Occorre imparare a decifrare i messaggi che stanno dietro a questi fatti: non c’è più valore della vita umana. Ditemi voi quale altra razza al mondo oltre la nostra sperpera la vita altrui senza tenere conto delle conseguenze. “Operazione Pig” è una sequela di cose reali e possibili e tocca un tema: quasi mai quello che appare è quello che è».

Sollecitata dalle domande di Andrea Vento (esperto di temi relativi a sicurezza internazionale, conflitti in Medio Oriente ed Asia Centrale, relazioni transatlantiche, dialogo euromediterraneo e flussi migratori), la scrittrice (che si è definita una “portavoce” di de Bonnet, col quale ha avuto diverse occasioni di confronto scrivendo entrambi per il settimanale on line “Il Patto Sociale-Informazione Europa”, e che preferisce non presentarsi in pubblico vista l’attività che svolge come analista di delicati problemi legati a terrorismo, geopolitica e difesa dell’ecosistema) ha compiuto una rapida incursione negli interrogativi che la stessa geopolitica pone in queste fasi di grande incertezza legata ai conflitti aperti a livello internazionale, partendo dall’esito delle elezioni negli States: porteranno la pace o a un inasprimento della situazione? «Credo che ci troviamo di fronte a grandi cambiamenti – ha osservato l’on. Muscardini -. Russia e Cina nel 2021, quindi prima della guerra in Ucraina, hanno stretto un accordo (prodromo ad uno più ampio) con il quale la prima ha raddoppiato l’approvvigionamento di petrolio alla seconda. Putin vuole un nuovo ordine mondiale e sente la minaccia dell’espansione dell’India; per questo ha bisogno di trovare alleati. È da lì che ha poi creato un’alleanza di offesa con il presidente della Corea del Nord. Sugli equilibri internazionali, molto dipenderà da quello che succederà in Medio Oriente. Per quanto riguarda l’Ucraina, sono preoccupata per le decisioni che potrebbe prendere Trump. Non vedo anni facili e vedo sicuramente l’insipienza dell’Europa in politica estera. E questo non aiuta. Attenzione però, perché il nuovo ordine mondiale che vuole la Cina è un pericolo per la democrazia».

Il giornalista Vento ha quindi ricordato «la lunga e veloce corsa che il libro fa attraverso l’Europa» e spiegato come l’autore si prenda delle pause per «riflessioni quasi filosofiche sulle condizioni del mondo».




“Perché non segnare con pietre d’inciampo il percorso della Via Francigena piacentina?”

«La nostra Via Francigena era un po’ ammalata ma la stiamo curando con dei ricostituenti; tra questi ricostituenti, c’è senz’altro il Comitato Tratta Piacenza presieduto dal dott. Comolli. Dobbiamo lavorare in squadra per fare in modo che i pellegrini si sentano accolti. Cosa occorre? Ostelli, acqua, ombra, indicazioni chiare con una cartellonistica adeguata, passaggi in sicurezza. Un obiettivo sul quale convergere le azioni di Amministrazione comunale e provinciale, Banca, Associazioni per guardare al futuro con maggiore speranza». Questo il pensiero espresso dall’assessore alla Cultura del Comune di Piacenza, Christian Fiazza, intervenuto per un saluto alla presentazione del volume “Via Francigena Italia e Vie Romee nella Tratta Piacenza” (Edizioni Banca di Piacenza, stampa La Grafica), a cura del Comitato Tratta Piacenza delle Vie Romee e Francigena Italia, che si è tenuta in un’affollata Sala Corrado Sforza Fogliani del PalabancaEventi di via Mazzini.

Il curatore della pubblicazione (distribuita al termine dell’evento a tutti i partecipanti) Giampietro Comolli – che ha coordinato la serata – ha ringraziato l’Istituto di credito piacentino (presenti il presidente Giuseppe Nenna, il direttore generale Angelo Antoniazzi e il vicedirettore generale Pietro Boselli) per il rinnovato sostegno a un’iniziativa dell’Associazione, dopo quello assicurato per la realizzazione, lo scorso anno, della cartoguida della Via Francigena che attraversa il territorio provinciale. «La centralità del crocevia piacentino è nota da 2500 anni – ha sottolineato il dott. Comolli -. Cinque infatti sono le strade che confluiscono nel nostro territorio riconosciute punti strategici dove tutti sono passati: da Annibale a Napoleone, con in mezzo papi, re, regine, imperatori, vescovi cristiani e naturalmente pellegrini». Percorrere la Francigena significa camminare sulla nostra storia. Ecco allora l’idea di questo almanacco – agile nel formato – che riporta a galla un bagaglio culturale del passato «come fattore utile per i pellegrini moderni» che saranno accompagnati dal Po all’Appennino Emiliano. Il moderatore ha quindi ricordato la nascita del Comitato, nel 2020, per sostenere la candidatura a patrimonio dell’umanità del percorso italiano della Via Francigena-Romea: «Non c’era più interesse verso questi cammini e avevamo constatato come Piacenza non sempre figurasse nelle cartine ufficiali della Via Francigena, che spesso saltavano da Orio Litta a Fidenza. Ci siamo fatti sentire e abbiamo iniziato a studiare le criticità di questi tragitti un tempo sicuri ma ora utilizzati da mezzi di trasporto diversi (camion, ferrovie, automobili). Ecco allora la necessità di individuare le pecche dei tracciati e le modifiche possibili per arrivare a percorsi agevolati, comodi, sicuri. Cosa che abbiamo fatto con la realizzazione della già citata cartoguida».

Venendo al Taccuino, il dott. Comolli – dopo aver precisato che nella cartina della copertina curata da Manrico Bissi è rappresentata non la provincia di Piacenza ma il distretto diocesano più ampio dei confini provinciali – ha evidenziato come «il pellegrinaggio oggi sia un modo per conoscere il territorio, il paesaggio, la cultura, anche nei piccoli dettagli e questa pubblicazione ha cercato di mettere insieme i temi, dando un taglio che fosse anche il risultato di uno spessore di alto profilo del nostro territorio».

Annamaria Carini, archeologa e ricercatrice, ha riassunto quanto trattato nel volume: le condizioni antropologiche e viabili prima e dopo i Romani. «Le strade – ha spiegato la studiosa – favoriscono i rapporti, veicolano idee e modelli culturali, rendono possibile lo scambio di materie prime e manufatti. Nella Preistoria queste strade erano “invisibili” perché essendo tracciati naturali non erano fissati al terreno. Ma la lavorazione a Piovesello di Cassimoreno, in comune di Ferriere, insieme al diaspro del Monte Lama, di un blocco di selce raccolto in Provenza, è indizio di una sorprendente mobilità degli Homo sapiens sapiens. Col Neolitico si registra un insediamento diffuso in Valtrebbia con contatti precoci tra Pianura Padana e costa ligure. In epoca romana le strade sono invece progettate e costruite: nel 187 a.C. il console Emilio Lepido fa realizzare la Via Aemilia, di cui Piacenza è il capolinea occidentale, importante nodo viario sia terrestre che fluviale; nel 148 a.C. Piacenza è tappa della via di collegamento tra la Postumia e la Cisalpina».

A Manrico Bissi, presidente di Archistorica, il compito di illustrare lo sviluppo urbano della Piacenza medievale. «Come molte altre città – ha argomentato – anche la nostra visse un profondo regresso economico e culturale. La vitalità logistica di Piacenza, con il suo fitto sistema di arterie stradali, innescò la ripresa della città a partire dal secolo IX. Principale sostegno della crescita economica e sociale, le vie di comunicazione ebbero un peso determinante anche per l’espansione dell’antico castrum romano: la nuova Piacenza medievale nacque infatti in una fascia suburbana di borghi, sorti lungo le principali vie di transito. I quartieri extra-murari sorsero (a nord) in corrispondenza del porto fluviale (borgo Sant’Agense), alla confluenza (a est) tra le antiche vie consolari Aemilia e Postumia (borgo San Savino), in corrispondenza dell’ingresso (nord-ovest) della Via Aemilia da Milano (Borghetto), ma soprattutto a sud, dove si localizzavano l’ingresso della Postumia proveniente da Tortona, l’arrivo della strada per Pavia e l’innesto dei tracciati viari appenninici della Valtrebbia, della Valnure e della Valdarda (borghi di S. Brigida, S. Lorenzo, S. Antonino e S. Paolo). La prevalente crescita a sud (coerente con la presenza del Po sul versante nord della città) innescò lo spontaneo slittamento dei transiti umani e mercantili dall’antico decumano massimo alla nuova tangenziale meridionale esterna la quale, scartando il quadrangolo romano, prese ad attraversare borghi del versante sud raccordandoli con la strada per Pavia e con il lato parmense della Via Aemilia; il tracciato di questa nuova bretella suburbana (attuali vie Garibaldi, S. Antonino e Scalabrini) garantì una più diretta saldatura tra le strade valligiane e le antiche vie consolari ad ovest e ad est della città, e finì per coincidere con il percorso urbano della Via Francigena».

Tiziano Fermi, filologo medievalista dell’Archivio della Cattedrale, ha ricordato il compianto mons. Domenico Ponzini come ispiratore dei suoi studi e spiegato – attraverso la citazione di documenti («testimonianze, anche commoventi, di vita straordinaria con componenti religiose e spirituali molto forti») – per quale ragione nel territorio diocesano di Piacenza e Bobbio rientrino zone di province limitrofe, in particolare Parma (valli Taro e Ceno) e Genova. Nell’Archivio della Cattedrale di Piacenza ci sono 11 chartae private provenienti dalla Val Ceno, in particolare dalla pieve di San Pietro in Varsi, che testimoniano una politica patrimoniale da parte di questo centro episcopale che volle acquisire terreni nelle zone circostanti. Altro esempio citato, il più antico documento pubblico, il diploma del re longobardo Ilprando del 744, che confermava e assicurava al vescovo Tommaso il controllo sui monasteri della diocesi, tra i quali c’erano anche quelli di Tolla e di San Michele di Gravago, in Valtaro.

In chiusura il dott. Comolli ha spezzato una lancia per il turismo escursionistico di cammino («molto diffuso e accettato»), posto l’accento sulla nostra posizione geografica «che ci ha reso persone tradizionalmente ospitali, un’ospitalità verso i pellegrini che si è tradotta in ostelli, alberghi, osterie, fonti di una ricchezza gastronomica che ci è tuttora invidiata» e lanciato un’idea: «Perché non segnare con pietre d’inciampo il percorso piacentino della Via Francigena? Così chi viene, sa dove andare».

GLI AUTORI – Il Taccuino di viaggio delle Vie Romee nella tratta Piacenza è stato scritto a più mani. Ecco l’elenco degli autori: Adelaide Trezzini, Annamaria Carini, Tiziano Fermi, Manrico Bissi, Paolo Buscarini, Marco Corradi, Anna Maria Riva, Carlo Francou, Ettore Cantù, Silvio Barbieri, Mauro Steffenini, Riccardo Rocca, Sergio Efosi, Pietro Chiappelloni, Umberto Battini, Giacomo Nicelli, Domenico Ferrari Cesena, Giuseppe Noroni, Alessandra Toscani, Giampietro Comolli, Confagricoltura Piacenza. Disegni dell’illustratore piacentino Sergio Anelli.