Luca Baldino lascia la direzione regionale della sanità e “trasloca” all’azienda ospedaliera di Modena

L’ex direttore generale dell’Ausl di Piacenza Luca Baldino lascia la guida operativa della sanità emiliana romagnola. Nel 2022 era stato chiamato dall’allora assessore regionale Raffaele Donini a ricoprire il ruolo di direttore generale pro-tempore dell’assessorato Cura della Persona, Salute e Welfare dell’Emilia Romagna.

Il manager della salute pubblica aveva dunque lasciato la nostra città per prendere il posto di Licia Petropulacos che si era duramente scontrata con l’assessore Donini sul tema dei tamponi Covid ai sanitari.

Donini non è stato confermato nel suo ruolo e nella nuova giunta è stato sostituito da Massimo Fabi, medico e direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Nell’ambito del giro di valzer delle poltrone della sanità regionale, annunciato oggi, il neo assessore Fabi ha evidentemente fatto una netta scelta di discontinuità ed ha optato per spostare Baldino dalla tolda di comando della salute regionale alla direzione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena. Resta ora da capire chi prenderà il suo posto in viale Aldo Moro a Bologna.

Le nomine non hanno riguardato invece l’Ausl di Piacenza e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna (guidate rispettivamente da Paola Bardasi e da Chiara Gibertoni) le cui direzioni erano già state rinnovate.




“L’Ospedale di Bobbio: una risorsa indispensabile per la sopravvivenza della Valtrebbia”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera firmata da due nostri lettori, Patrizia Sartori e Paolo Olivieri, relativa all’ospedale di Bobbio, una missiva in cui viene espresso il forte attaccamento verso il nosocomio della Val Trebbia.

«Con spirito costruttivo scriviamo per associarci alle considerazioni critiche fatte lo scorso 15 gennaio dal Coordinamento Provinciale sulla Sanità in merito alle troppe incertezze sul destino dell’Ospedale di Bobbio dopo anni di promesse disattese sul suo rilancio e potenziamento.
Durante la sua attività più che centenaria l’Ospedale è stato il punto di riferimento socio-sanitario per migliaia di persone ed ha permesso all’intera vallata di avere pieno supporto alle sue principali esigenze: nel reparto di ostetricia sono nate tutte le generazioni almeno fino a fine anni ’70, nelle sue sale operatorie si sono avvicendati molti chirurghi per intervenire e risolvere numerose problematiche (appendiciti, ossa rotte e suture, ma anche infarti e problemi altrettanto seri), il reparto di medicina era una confortante sicurezza per la competenza di dottori ed infermieri, il Pronto Soccorso era l’ angelo custode di tutti, la presenza della radiologia e del laboratorio di analisi consentivano alla struttura di essere pienamente autonoma.
La sicurezza che l’Ospedale infondeva in Valtrebbia era una spinta per rimanere a vivere in zone penalizzate sia da collegamenti complicati non solo nella parte collinare e montuosa ma anche verso la città, sia da aree agricole e rese produttive ben distanti da quelle della pianura, sia dalla difficoltà di impiantare e trattenere stabili attività manifatturiere.
Nel tempo è però cambiato tutto e le esigenze sanitarie sono state sempre più sacrificate a favore di una visione puramente finanziaria: la sanità non ha più guardato alle Persone ma solo ai soldi, e lasciamo che ogni lettore giudichi da sé quale delle due cose sia più importante.
Man mano che i tagli venivano portati avanti, la vallata si spopolava: non vogliamo dire che il primo fenomeno abbia scatenato il secondo, ma è evidente che l’assenza di servizi rappresenta un ulteriore disagio che si somma a quelli già citati e mai risolti, accentuati da una popolazione via via sempre più anziana e bisognosa di cure ed assistenza.
Da qui è iniziata una spirale senza fine: il calo demografico rendeva più “costoso” il mantenimento della struttura, su cui si interveniva con nuovi tagli che disincentivavano a restare, e così via.
Siamo tutti consapevoli che il rapporto tra le spese per mantenere efficiente l’Ospedale di Bobbio e la popolazione residente è (forse?) superiore a quello di altre strutture dove l’utenza è più numerosa, ma non dobbiamo mai dimenticare che questa presenza è a servizio di BAMBINI, ADULTI ed ANZIANI, DONNE e UOMINI che tengono viva (ma ancora per quanto?) una parte fondamentale, se non indispensabile, del territorio Piacentino.
Nonostante tutti i tagli economici e funzionali, apportati a nostro avviso con il probabile intento di arrivare a chiudere definitivamente la struttura, l’Ospedale è ancora ben vivo e vegeto e mantiene il suo ruolo di “perla” della Valtrebbia seppur fortemente rimaneggiato nelle sue mansioni e nelle sue attività.
Sicuramente il fatto che sia ancora aperto è merito di decisioni “politiche” della dirigenza ASL, ma siamo convinti che queste decisioni siano state fortemente condizionate dalla presenza di medici e di personale che si sono spesi fortemente e costantemente per mantenere la struttura vivace ed efficiente, facendosi apprezzare dalla gente del posto non solo per competenza e professionalità ma anche per l’ascolto dei bisogni e l’attenzione per il paziente non visto come un numero o un budget di spesa ma come amico da aiutare e guarire più in fretta possibile: come sempre, sono le Persone a fare grande una realtà.
Più volte abbiamo pubblicamente espresso i nostri apprezzamenti a tutte le persone che operano nella struttura retta dal Dottor Manucra, instancabile primario testardamente attaccato a Bobbio, ma sentiamo il bisogno di rivolgere nuovamente il nostro elogio a tutti i dipendenti ed i medici che stabilmente si occupano dei reparti di Medicina e Lungodegenza, Dialisi e CAU e che periodicamente presidiano gli ambulatori di Cardiologia, Pneumologia, Oculistica, Terapia del Dolore, Oncologia, Diabetologia, Osteoporosi, Fisiatria, Otorino: il loro lavoro è silenzioso e spesso poco apparente ma paziente, costante ed essenziale.
Ci sembra utile mettere in evidenza anche una funzione poco citata ma insostituibile come il Day Service, che prende in carico i pazienti bisognosi di assistenza continuativa e li accompagna con passione e dedizione nei vari percorsi terapeutici, programmando le visite ed i trattamenti di cui ogni paziente ha bisogno grazie ad un’organizzazione perfetta ed un efficiente coordinamento di tutti gli ambulatori che assicurano tempi di attesa ridotti al minimo.
La certezza di poter contare su un affidabile punto di riferimento a cui rivolgersi per ricevere cure immediate è una tranquillità di cui tutti hanno bisogno, specialmente chi abita in Valtrebbia: la distanza dall’Ospedale della città, peggiorata dalla presenza di lavori sulla Statale 45, spaventa chiunque ed in particolare le persone anziane sempre più numerose e bisognose».




In pensione “storici” medici di famiglia di Piacenza: Michele Argenti, Francesco Cavanna, Filiberto Putzu e Paolo Vecchia

Alcuni fra loro avevano chiesto di poter prolungare l’attività di altri due anni ma questa volta l’Ausl di Piacenza non ha ritenuto di accogliere la domanda presentata dai medici di famiglia e dunque, con molto dispiacere dei professionisti e soprattutto dei loro pazienti, si chiudono ultra decennali rapporti di fiducia.

La normativa nazionale prevede infatti che i medici, raggiunti i 70 anni di età, possano proseguire l’attività fino i 70. L’azienda sanitaria ha però deciso di imboccare una strada diversa ed ha fatto inserire Piacenza nelle cosiddette zone carenti. Sono quindi stati emanati i relativi bandi regionali ed alcuni giovani medici hanno accettato gli incarichi.

Dunque dal 1 febbraio 2025, come ha ufficializzato l’Azienda Usl di Piacenza,  saranno in pensione i medici di famiglia Michele Argenti, Francesco Cavanna, Filiberto Putzu e Paolo Vecchia di Piacenza e Anna Buonaditta di Carpaneto.

La comunicazione normalmente inviata agli assistiti via SMS, con le istruzioni e l’invito a scegliere un nuovo professionista, non ha raggiunto i cittadini per problemi tecnici della piattaforma informatica dedicata. L’avviso è stato invece regolarmente pubblicato sul Fascicolo sanitario elettronico delle persone interessate.

L’Azienda ricorda che è già possibile richiedere un nuovo medico attraverso:

– il portale dedicato Cambio medico (https://gp.ausl.pc.it/pratica-selmd) che permette di fare la scelta comodamente da casa, dal pc o dal cellulare, senza spostarsi né fare code agli sportelli. La pratica può essere gestita anche per un familiare, per favorire il più possibile le persone che non hanno specifiche competenze digitali. Qui https://www.ausl.pc.it/it/evidenza/cambio-medico sono indicate le modalità di accesso e di compilazione della richiesta on line. La pratica viene presa in carico nella giornata stessa di inoltro.

Tutte le informazioni utili sono consultabili qui: https://www.ausl.pc.it/it/come-fare-per/scelta-cambio-medico-o-pediatra.

I Servizi per l’accesso e relazioni con l’utenza hanno intanto potenziato il personale in servizio negli sportelli di Piacenza e dei comuni limitrofi al capoluogo e quelli della Casa della Comunità di Carpaneto.

Non appena il problema tecnico sarà risolto, gli assistiti dei medici Argenti, Francesco Cavanna, Putzu, Vecchia e Buonaditta riceveranno anche l’SMS sul numero di cellulare rilasciato all’Azienda.

Si ricorda che i cittadini possono scegliere un medico di famiglia nel proprio comune di residenza o in uno dei comuni confinanti; solo in quest’ultimo caso, previa accettazione scritta del professionista da caricare sul portale insieme al resto della documentazione. In questa pagina dedicata (https://www.ausl.pc.it/it/strutture-e-territorio/medici-famiglia/medici-di-famiglia-per-comune) è possibile trovare l’elenco dei medici di famiglia suddivisi per comune.

Il pensionamento comporta la fine della convenzione con l’azienda Usl di Piacenza come medici di famiglia ma non necessariamente la cessazione dell’attività. Per fare un esempio il dottor Francesco Cavanna, che è specializzato in urologia ed andrologia ed ha uno studio dotato di svariate apparecchiature (Moc, Eco color doppler carotideo TSA etc.), continuerà ad esercitare come libero professionista nel suo ambulatorio.

Il dottor Filiberto Putzu a sua volta proseguirà la libera professione (in medicina e chirurgia estetica) e continuerà a prestare la sua attività presso il CAU al Polichirurgico.

 




Anche a Piacenza da martedì 21 gennaio sarà attivo il 112, il Numero Unico Europeo per le emergenze

Seconda tappa per il Numero Unico Europeo di Emergenza 112: da martedì 21 gennaio sarà attivo nei distretti telefonici di Parma, Fidenza, Fornovo di Taro (PR) e Piacenza.

Dopo l’avvio, lo scorso 3 dicembre, per i distretti telefonici con prefisso 051, che coinvolge prevalentemente la parte settentrionale della Città metropolitana di Bologna e il comune di Cento (FE), e 0534, che interessa per lo più l’area di Porretta Terme, sempre nel bolognese, prosegue il percorso di attivazione del Numero Unico Europeo di Emergenza 112, che sarà completato in tutta l’Emilia-Romagna entro il 1° aprile 2025.

Nei primi 40 giorni di operatività, nei due distretti telefonici dove è già attivo sono quasi 62mila, esattamente 61.950, le telefonate complessive ricevute, con una media giornaliera di 1.549, e un tempo medio di risposta al cittadino di 2,6 secondi.  Il 37% (23.220), hanno riguardato attività ed eventi non inerenti ad emergenze: gli operatori hanno così liberato le centrali di secondo livello da chiamate che non richiedevano interventi urgenti. 38.735 telefonate, invece, sono state inoltrate alle centrali di secondo livello: di queste, 17.521 riguardavano emergenze sanitarie, 11.337 i Carabinieri, 7.224 la Polizia e 2.653 i Vigili del Fuoco.

Il NUE, infatti, è il numero di telefono che permette, componendo il 112, di richiedere l’intervento della Polizia, dei Carabinieri, dei Vigili del fuoco, del Soccorso sanitario e del Soccorso in mare. La sua introduzione, con tempi diversi sull’intero territorio nazionale, recepisce la direttiva dell’Unione europea finalizzata ad armonizzare i servizi di emergenza e a permettere a chiunque si trovi sul suolo europeo di effettuare chiamate di emergenza componendo un unico numero di telefono valido in tutti gli Stati membri.

“Per il complesso sistema dell’emergenza- sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Massimo Fabi- il Numero Unico Europeo 112 è un passo avanti a servizio dei cittadini. L’attivazione in Emilia-Romagna sta procedendo secondo il cronoprogramma previsto, e i primi risultati sono positivi: le risposte sono ancora più veloci e precise e il sistema permette di migliorare il lavoro degli operatori. Ciò grazie all’ottimo lavoro di squadra portato avanti da tutte le istituzioni coinvolte nel progetto: Regione, Prefettura di Bologna, Prefetture e Questure regionali, articolazioni regionali e provinciali dei Carabinieri, dei Vigili del Fuoco, della Polizia Stradale, della Capitaneria di Porto e il Servizio 118, che ringraziamo”.

I primi risultati del Numero Unico Europeo di Emergenza 112

Esaminando ulteriormente i numeri dei primi 40 giorni di attività nei due distretti telefonici dove è attivo – che contano circa un milione di persone presenti sul territorio nelle ventiquattro ore tra residenti, lavoratori e persone di passaggio – nei momenti di picco, tra le 18 e le 19, il 112 ha ricevuto mediamente 110 chiamate all’ora, mentre tra le 3 e le 4 di notte, fascia oraria con meno richieste, le telefonate sono state 30 all’ora. Dati che generano circa 1.600 chiamate al giorno: quando il numero sarà a regime su tutto il territorio regionale, saranno circa 7mila le telefonate giornaliere, come era stato preventivato in fase di progettazione.

Il calendario delle prossime attivazioni

Entro il 1°^ aprile 2025 il Numero Unico Europeo di Emergenza sarà attivo su tutto il territorio regionale. Dal 4 febbraio 2025 sarà attivato nei distretti telefonici di Rimini, Forlì e Cesena; dal 18 febbraio 2025 nel distretto telefonico di Reggio Emilia; dal 4 marzo 2025 nei distretti telefonici di Ferrara, Comacchio (FE) e Lugo (RA); dal 18 marzo 2025 nei distretti telefonici di Modena, Mirandola e Sassuolo (MO); infine, a partire dal 1° aprile 2025 il servizio sarà attivo nei distretti telefonici di Imola (BO), Ravenna e Faenza (RA).

Cos’è il NUE

Il NUE 112 non sostituisce, ma si affianca e si integra con gli attuali numeri di emergenza nazionali (112, 113, 115, 118 e 1530), che continuano a restare attivi: i cittadini possono chiamare il 112 per qualsiasi tipo di emergenza, oppure continuare a comporre i diversi numeri abituali.

La centralizzazione delle chiamate assicura, dal punto di vista organizzativo e operativo, una gestione coordinata e integrata tra le diverse forze coinvolte, la tracciabilità della chiamata, la risposta multilingue e l’accesso alle persone con disabilità, anche dell’udito.

Il modello organizzativo messo a punto dalla Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con il Ministero dell’Interno e i vertici delle Forze dell’ordine e dei Servizi di emergenza coinvolti, prevede che tutte le chiamate effettuate ai tradizionali numeri di emergenza nazionali (112, 113, 115, 118 e 1530) siano convogliate e prese in carico dalle due Centrali Uniche di Risposta (CUR), collocate una a Bologna e una a Parma, a seconda della provenienza della chiamata. Ogni CUR prevede 24 postazioni di lavoro, più 8 di riserva, sulle quali si alterneranno in più turni un totale di 90 operatori tecnici.

Il nuovo sistema di gestione delle chiamate permette alle CUR di ricevere in tempo reale l’identificativo e di localizzare in maniera rapida ed immediata la posizione geografica dell’utente, riducendo il tempo di intervista di chi chiama.




Il presidente de Pascale conferma l’impegno della Regione per il nuovo ospedale di Piacenza

“L’ospedale di Piacenza si farà e sarà un’eccellenza, per la città e per l’Emilia-Romagna. Chi nutre ancora dubbi stia certo: siamo impegnati al massimo perché il ‘quando’ sia il prima possibile, non è più in discussione il ‘se’”.

Il presidente Michele de Pascale, in visita ieri nella nostra città, ha confermato, alla presenza del sindaco, Katia Tarasconi, l’impegno della Regione ad affiancare il Comune per realizzare la nuova struttura ospedaliera. Durante la mattinata, al fianco dell’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi, ha anche incontrato gli operatori sanitari: il primo di una serie di appuntamenti previsti nelle strutture sanitarie del territorio per rafforzare la rete di relazioni con le realtà locali.

“La decisione sulla costruzione dell’ospedale è già stata presa, non è un tema di dibattito, c’è l’impegno di Regione e Comune- ha rassicurato de Pascale-. Negli anni scorsi si è giustamente discusso tanto, poi si è fatta una scelta. Tutti i costi saranno coperti”.

Per realizzare il nuovo polo ospedaliero si investiranno complessivamente 296 milioni di euro: 129 di risorse statali, 6,7 di risorse regionali e 160,3 milioni derivanti dal partenariato pubblico privato. De Pascale ha motivato la decisione di coinvolgere i privati nel progetto da un lato con l’esigenza di individuare i finanziamenti necessari a realizzare una struttura all’avanguardia, integrando le risorse pubbliche, dall’altro con la possibilità di responsabilizzare i costruttori. L’operazione economica prevede infatti che chi si aggiudicherà il Ppi realizzi la struttura impiegando anche proprie risorse; il pubblico si impegna ad affidargli la manutenzione della stessa, in modo da retribuire l’investimento iniziale. Nel caso in questione, l’impegno durerà trent’anni.

Chiuso intanto l’avviso pubblico per raccogliere le candidature dei soggetti interessati a partecipare al percorso: il partner sarà individuato entro l’anno, poi si procederà alla progettazione per iniziare i lavori entro il 2029 e concluderli entro il 2032.

Il nuovo ospedale di Piacenza: un’eccellenza per tutta la regione

Il presidente ha chiarito anche le ragioni che hanno portato la Giunta Tarasconi, sostenuta dalla Regione, a modificare il progetto iniziale cambiando anche l’area dove verrà costruito l’immobile: “La pandemia ha indotto a rivedere i modelli di costruzione degli ospedali, preferendo lo sviluppo orizzontale, su più padiglioni, rispetto alle strutture a più piani cui eravamo abituati. Questo semplifica la divisione in compartimenti e l’eventuale isolamento dei reparti. È stato necessario rivedere il progetto anche per l’aumento dei costi delle materie prime, causato dalla pandemia e dai conflitti bellici. Questa logica non vale solo per Piacenza, ma anche per i nuovi ospedali che costruiremo a Cesena e Carpi e per quelli che verranno dopo”.

La Regione ha l’obiettivo di consentire che il 95% delle cure dei cittadini avvenga all’interno di strutture presenti nel territorio provinciale di residenza: tuttavia, ha dichiarato de Pascale, “per il restante 5% di interventi molto specialistici, occorre fare gioco di squadra: perciò ci saranno ambiti in cui Piacenza sarà il centro di riferimento per tutta l’area vasta, così come ci saranno ambiti per i quali saranno specializzati Parma o altri ospedali emiliani”.

Il presidente ha infine evidenziato come sia più facile costruire nuovi ospedali che modernizzare quelli vecchi per ragioni di sicurezza sismica e di efficienza energetica. Per quanto si possa investire, infatti, le strutture con più anni difficilmente potranno essere rese completamente sicure ed efficienti. Le nuove tecnologie con cui si realizzano i nuovi immobili, invece, a fronte di un cospicuo investimento iniziale prevedono risparmi nel lungo periodo sulle spese di gestione.

“I nuovi ospedali sono investimento di lungo periodo per rendere sostenibile e sicuro il sistema sanitario” ha concluso de Pascale.




Influenza aviaria: risultato positivo un gatto a Valsamoggia (Bo)

A Valsamoggia (Bo) è stato riscontrato un caso di influenza aviaria in un gatto. L’animale viveva a stretto contatto con il pollame di un piccolo allevamento familiare in cui era già stata individuata l’infezione aviaria che aveva comportato, come previsto dalla normativa, la soppressione di tutto il pollame presente.

La positività nel gatto è stata diagnosticata dalla sede di Forlì dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e confermata dal Centro di Referenza Nazionale per l’influenza aviaria.

“Nessuna novità e nessun allarme- ha commentato Pierluigi Viale, professore di Malattie Infettive del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università degli studi di Bologna e direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive del Policlinico Sant’Orsola-. La circolazione dell’influenza aviaria è nota. I gatti sono già descritti dalla letteratura scientifica come animali abbastanza proni a contrarre la ‘bird flu’ e sono diversi i casi registrati di gatti deceduti per l’influenza aviaria negli Usa, in Canada e in Europa. Ma si tratta di gatti soprattutto randagi, da strada, che vivono in contesti rurali e che possono entrare in contatto con materiale organico infetto. Una situazione che non riguarda quindi i nostri gatti domestici che vivono in città o in appartamento”.

Il dott. Giovanni Tosi, direttore della sede dello Zooprofilattico di Forlì, conferma che esistono virus influenzali aviari che possono adattarsi anche ai mammiferi (uomo compreso), ma il rischio di contrarre l’infezione è molto basso ed è legato ad uno stretto e prolungato contatto con volatili infetti. Una situazione che non riguarda quindi gli animali domestici che vivono in città o in appartamento.

Anche per quanto riguarda la sicurezza alimentare, non vi è alcun rischio collegato al consumo di carni avicole e non vi è rischio di infezione per l’uomo, se non in condizioni di stretto contatto con gli animali infetti.

Vista l’eccezionalità dei casi la normativa comunitaria non prevede misure di controllo specifiche per i gatti positivi all’influenza aviaria, ma per la tutela degli animali stessi è raccomandato che siano tenuti isolati sotto il controllo del servizio veterinario della Ausl che effettua la sorveglianza per valutare l’andamento clinico della malattia e seguire il decorso dell’infezione.

Per circoscrivere il virus e impedirne la diffusione sono quindi in corso da parte del servizio veterinario della Azienda Usl di Bologna esami preliminari su prelievi di sangue e tamponi su un altro gatto che conviveva con quello risultato positivo.




Castaldini e Vignali (Forza Italia) interrogano la giunta regionale sui Cau

Due consiglieri regionali di Forza Italia Valentina Castaldini e Pietro Vignali interrogano la nuova giunta regionale per capire quale futuro stia pianificando per i Cau, i pronto soccorsi versione light messi in pista dal precedente assessore Donini.

«Al momento dell’istituzione dei centri – scrive Valentina Castaldini (FI)  – l’allora assessore alla Sanità Raffaele Donini aveva dichiarato che si voleva raggiungere l’obiettivo di un riduzione pari all’80% degli accessi in codice bianco e verde ai pronto soccorso regionali. Negli ultimi mesi i numeri fornitimi dalla Regione attraverso accessi agli atti hanno dimostrato che l’obiettivo prefissato è stato disatteso, la pressione sui pronto soccorso è rimasta pressochè immutata, con riduzioni dell’accesso nell’ordine del 3-5% e nell’odierna edizione del Resto del Carlino l’attuale assessore alle Politiche per la salute Massimo Fabi ha dichiarato, in merito ai Cau: “Chiuderli tutti e investire sui pronto soccorso”».

«Il quadro era chiaro ben prima delle ultime dichiarazioni dell’assessore Fabi – dichiara la consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini -. Ormai sono diversi mesi che cerchiamo di mostrare, numeri alla mano, i risultati infelici dei Cau. Gli ultimi dati usciti relativi agli ingressi ai Cau dicono che nei primi otto mesi del 2024 ci sono stati 55.045 accessi ai Cau dell’area bolognese, mentre gli accessi ai pronto soccorso nello stesso periodo sono stati 189.912, per cui gli ingressi complessivi alle strutture di emergenza e urgenza nei primi otto mesi del 2024 sono stati 244.957, quando in tutto il 2023 gli accessi ai pronto soccorso si sono fermati a 200.522. Circa 45mila accessi in più alle strutture pubbliche nel 2024, persone che prima non entravano in ospedale ma si rivolgevano al medico curante, e che per effetto di questa riforma fallimentare si trovano ad affollare gli ospedali. Questi dati mostrano chiaramente che è aumentato il carico sul servizio pubblico, ma per i motivi sbagliati. Troppi pazienti evitano il medico di famiglia e si riversano nei Cau saturando il sistema. Ora però bisogna chiarire alcuni aspetti. Il primo: quale sarà la sorte dei pronto soccorso che erano stati trasformati in Cau, il cui destino occorre definire il prima possibile, in quanto parliamo di territori – quelli montani – molto complessi che chiedono una rapida risposta. Il secondo aspetto da chiarire subito riguarda la strada che la politica intende percorrere in questa regione nel breve e nel lungo periodo, e quali passi fare per raggiungere questo obiettivo: l’amministrazione vuole davvero sostituire i Cau con le aggregazioni funzionali territoriali costituite dai medici di famiglia? In tal caso, il percorso da fare prevede una contrattazione e un dialogo con i medici di base che possono essere anche molto lunghi. Se non fosse già stato intrapreso un lavoro rigoroso, l’uscita dell’assessore Fabi rischia di essere una boutade. Il terzo punto che mi preme sottolineare è la necessità di rimodulare il lavoro che è stato fatto sui Cau. Per esempio, il 116 e il 117 che sarebbero serviti per smistare gli utenti tra Cau e pronto soccorso necessitano di una revisione profonda.

La situazione attuale è il risultato di una gestione che non ha saputo tenere conto delle reali esigenze dei cittadini e delle complessità del sistema sanitario regionale. Serve un cambio di passo deciso e un confronto costruttivo con tutti gli attori coinvolti per evitare che il servizio pubblico si trovi ulteriormente in affanno».

Vignali (FI): Esperienza CAU bocciata anche dalla Giunta

«È necessario – annuncia Pietro Vignali, capogruppo di FI in Regione – lanciare una grande operazione ‘verità’ sui CAU, soprattutto dopo l’uscita pubblica del neo assessore alla salute e della Giunta De Pascale che, platealmente, affossano la riforma Bonaccini sui Pronto Soccorso. A luglio 2023, la Regione, per alleggerire i PS dai pazienti meno gravi, si è “inventata” i CAU, strutture che forniscono assistenza per urgenze di bassa complessità. Già dagli esordi è emerso un macro errore: i primi centri sono stati aperti per sostituire i “piccoli”, ma preziosi, punti di primo soccorso sparsi nelle province e poi, solo dopo mesi, sono stati realizzati nei pressi dei grandi PS».

«Nel libro dei sogni dalla sinistra, – ricorda l’azzurro – il paziente doveva rivolgersi ad un triage telefonico con il “mitico” numero 116117 (annunciato, ma mai attivato) e poi essere smistato al Cau o al PS a seconda della gravità. Invece non è andata così. Se uno si presenta al Pronto Soccorso, ma non è grave non può essere invitato a recarsi al CAU e se un paziente arriva al CAU, ma è grave bisogna impegnare un’ambulanza del 118 per riportarlo nel luogo di cura appropriato. Un vero e proprio giro dell’oca che ha portato alla duplicazione di servizi e, di fatto, non ha alleggerito i pronto soccorsi, ma impiegato molto più personale e ridotto l’emergenza-urgenza nei territori più distanti dai grandi centri».

«Credo – attacca Vignali – che la Giunta De Pascale non abbia bisogno, come dichiarato, di dover aspettare altri 3 mesi per decretare il fallimento di questa esperienza. Bisogna fare retromarcia e dare nuove linee guida. Di soldi spesi a vanvera, ne sono stati sprecati già abbastanza. I Cau funzionano solo dove sono adiacenti ad un PS e diventano una sorta di appendice, un ambulatorio aggiuntivo per gestire i casi meno gravi. Altrove va ricalibrata l’emergenza-urgenza e creato strutture, come auspicato anche dai medici di famiglia, di vera integrazione con i servizi di prossimità e del territorio. Infine, non va dimenticata un’altra grave perversione che questo sistema, creato dalla giunta Bonaccini, ha alimentato. Da un lato la Regione paga molto di più i medici in servizio al CAU rispetto a quelli del PS e dall’altro le Aziende sanitarie inseguono il personale in fuga».

«I professionisti dell’Emergenza-Urgenza – sottolinea il forzista – stanno svolgendo turni massacranti per ridurre al minimo i tagli alle ambulanze ed alcune Ausl, come quelle di Modena e Reggio Emilia, stanno ricorrendo ancora alle cooperative private nei PS, pagando i dottori quasi 2mila euro per singolo turno. Anche per questa ragione, chiederò conto di tutte le spese sostenute per creare e mantenere questi 43 CAU in Regione. Le risorse per la sanità non sono infinite ed è compito di Forza Italia monitorare e vigilare perché non siano più sciupate. Sul caso – conclude Vignali – depositerò una dettagliata interrogazione in Assemblea legislativa».

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Sulla sanità in Val Trebbia “tante promesse ma nulla di concreto”

Il Coordinamento provinciale su sanità e medicina territoriale – Associazione “Terme e Val Trebbia” – “Le radici del sindacato”, area congressuale CGIL Piacenza intervengono  attraverso un documento di riflessione sullo stato della sanità in Val Trebbia “alla luce di incertezza tutt’ora presenti sulla sua organizzazione e che non trovano nelle recenti azioni risposte significative”.

Una riflessione che nell’intento dei suoi estensori si spera possa contribuire, da parte dei livelli amministrativi responsabili (Ausl e Regione) “a rendere evidenti e quindi comprensibili alla popolazione della valle  quale assetto dovrà assumere l’organizzazione della sanità sia per quanto riguarda il presidio ospedaliero  che la rete di medicina territoriale”.

Secondo il coordinamento infatti “Negli anni e nei mesi precedenti tante sono state le promesse ma ancora nulla di concreto si riesce a vedere”.

Questo il testo del documento:

«Nell’ottobre 22 (dopo le proteste per l’eliminazione della presenza del medico sull’auto medica e del medico di emergenza al PPI) Bardasi per  Ausl e Donini la Regione garantirono che la funzione del PPI non sarebbe venuta meno. Invece già a dicembre 22 Bardasi conferma la riduzione del PPI alle sole cure primarie. Per l’emergenza-urgenza si va a Piacenza. Il PPI è stato eliminato, spiega Bardasi, perché gli accessi sono pochi e i casi gravi al 5-6%. I casi gravi devono sperare di esser riconosciuti come tali dal “protocollo 118” perché l’auto medica non ha medici a bordo,e sperare di arrivare in tempo giù a Piaceenza.  Per rassicurare la popolazione viene promessa la costruzione della Casa di Comunità nel 2024 e deliberato che l’Osco di Bobbio si sarebbe elevato ad “ospedale di montagna” con un potenziamento delle prestazioni a cominciare dalla disponibilità di una TAC.
Nella recente campagna elettorale per le regionali, molta attenzione è stata dichiarata dai candidati sul potenziamento dei servizi in montagna. Abbiamo sentito annunci e promesse sulla riapertura dei punti nascite, sulla riapertura dei servizi di emergenza/urgenza, su urgenti investimenti nella medicina territoriale.
Nel piano di programma, presentato in questi giorni dalla nuova giunta regionale di parla di potenziare i servizi nelle zone marginali di montagna, puntando su adeguate strutture ospedaliere e su reti di medicina territoriale.
 

Per ora quello che la sanità pubblica offre è ben lontano dai bisogni:

A Bobbio per tutta la valle c’è un CAU che (come da protocollo regionale) ha compiti di assistenza ambulatoriale gestiti da MMG. Della TAC non si parla più, l’unico pediatra non ha disponibilità sufficiente per tutti i minori e   preoccupano le ulteriori fragilità nel garantire le presenze dei servizi ambulatoriali.
La Casa di Comunità (con i servizi previsti dal DM 77/2022) perno della medicina territoriale non c’è Si sa solo che verrà allocata all’interno dell’OsCo di Bobbio, soprattutto manca un piano d investimenti che chiarisca personale e dotazioni. Nel frattempo, parte dei servizi che Ausl dovrebbe organizzare nella medicina territoriali sono stati assunti in carico (a spese loro) dei comuni. Ottone (pediatria e punto prelievi), Marsaglia (punto prelievi).
Il CAU che nell’obiettivo della regione veniva presentato come servizio interno alle Case di Comunità (come si sta facendo correttamente in Toscana) è l’unico presidio, con presenza medica dichiarata h24, in realtà limitata ad ore diurne e con eventuale reperibilità di un medico. Più che di un investimento stiamo quindi parlando di una razionalizzazione, come anche i sindacati medici a livello regionale hanno recentemente denunciato rivendicando il ripristino di un  corretto rapporto tra organizzazione ospedaliera e medicina territoriale.

Allo stato attuale, non si capisce quale futuro, su quali servizi Ausl intenda organizzare la sanità per l’alta val Trebbia,al di là di impegni generici, mai realizzati, e carenze che aumentano.

Da qui il bivio: cosa sceglie Ausl tra obiettivi di bilancio e un’organizzazione della sanità pubblica in val Trebbia coerente coi bisogni della popolazione?».




Piacenza nella Top 5 italiana per rapidità dei soccorsi: 13 minuti dalla chiamata al 118

Tredici. Sono questi i minuti in media che passano tra il primo squillo alla centrale operativa Emilia Ovest 118 e l’arrivo di un mezzo di primo soccorso. Tredici minuti che mettono Piacenza ben al di sotto della media standard della Regione e tra le cinque migliori realtà italiane insieme a Vercelli, Parma, Imola e genovese.

È quanto emerso dalla presentazione delle attività svolte nel 2024 da Emergenza territoriale 118 presentate dal direttore generale Paola Bardasi affiancata da Enrica Rossi, direttore Emergenza territoriale 118, Stefano Nani, dirigente delle professioni sanitarie – Area Emergenza territoriale 118 Pronto soccorso e Cau alla presenza di Paolo Rebecchi, responsabile Anpas Piacenza, Giuseppe Colla, presidente Croce Rossa, dal direttore del Distretto di Ponente Giuseppe Magistrali e i rappresentanti delle amministrazioni comunali di Travo, Bobbio, Coli, Cortebrugnatella, Zerba, Cerignale e Ottone. Durante l’incontro, che ha messo in luce i numeri delle azioni svolte e i notevoli traguardi raggiunti negli ultimi 12 mesi, sono stati anche presentati i risultati del progetto sperimentale dell’auto infermieristica itinerante in Val Trebbia.

“Ancora una volta siamo qui a presentare il lavoro svolto da Emergenza territoriale 118, servizio che ritengo essere il cuore della nostra Azienda – ha esordito il direttore generale Paola Bardasi, sottolineando la peculiarità e le eccellenze della realtà piacentina – e ancora una volta mi voglio complimentare con tutti i professionisti e i volontari che operano in questo importante settore. La nostra capacità di riposta alle emergenze è il nostro fiore all’occhiello con tempi di azione: la media di arrivo del primo mezzo di soccorso dal momento della chiamata è di 13 minuti, siamo al 75esimo percentile del tempo soccorso: ben al di sotto della media standard della Regione. La vostra forza, che è anche la nostra, è la forte compenetrazione tra mondo del volontariato e della componente professionale con un forte input alla formazione di altissimo livello, sia del personale medico e infermieristico, sia dei volontari. Da qui nascono i risultati che presentiamo oggi che ricalcano la nostra storia di obiettivi raggiunti e la vocazione di essere al fianco dei cittadini”.

I numeri del 2024
Nel 2024 sono state attivate 34.231 segnalazione che si sono tradotte in 32.304 le persone soccorse e, quando necessario, trasportate in una struttura sanitaria con un impiego di circa 40.742 mezzi intervenuti: 226 interventi dell’elisoccorso, 9.470 interventi con mezzi di soccorso avanzati (otto mezzi per un totale di 8.736 ore all’anno) e 30.887 interventi con Basic Life Support Defibrillation, ovvero le manovre di primo soccorso con l’impiego, se necessario, di defibrillatore, con un monte ore all’anno di 161.876.

Progetto Telecamere su ambulanze
Essere sempre più performanti e operativi è il primo obiettivo del team di Emergenza territoriale 118 che, tra le sue attività annovera il costante aggiornamento della rete cartografica piacentina indispensabile al fine della corretta individuazione del luogo dell’evento durante una chiamata 118.
Prosegue in linea con gli obiettivi dati dalla Regione il progetto di videosorveglianza integrato con telecamere in diretto collegamento con il Pronto soccorso di Piacenza e la Centrale Operativa Emilia ovest 118. I dispositivi, già testati in base agli obiettivi di telemedicina aziendale funzionano trasmettendo le immagini dall’ambulanza all’area ospedaliera consentendo un canale di comunicazione visivo oltre che vocale. Grazie al sistema di telecamere, infermiere e medico che operano sul mezzo di soccorso, infatti, sono in contatto video diretto e costante con lo specialista ospedaliero. Questa connessione si affianca e potenzia la trasmissione in tempo reale di parametri vitali, tracciato dell’elettrocardiogramma e messaggistica bidirezionale che già è in essere sui mezzi del 118. Con le immagini in diretta, lo specialista di Emergenza urgenza presente in Pronto soccorso può visionare l’aspetto del paziente per una più puntuale e tempestiva diagnosi, elemento fondamentale sia in caso di politraumi sia di complicazioni neurologiche, cardiache o respiratorie.

Progetto Dae
A Emergenza territoriale 118 compete il monitoraggio dei dispositivi Dae presenti sul territorio. Il controllo avviene attraverso un software di censimento e gestione degli strumenti che identifica la tipologia di tecnologia, la localizzazione e la disponibilità (se il Dae si trova in un’area pubblica con completo accesso o se è inserito all’interno di un contesto privato – aziende, circoli sportivi, locali – accessibili solo in determinati orari). Attraverso questo software gli operatori sono in grado, in caso di chiamata al 118, di indirizzare i soccorritori al dispositivo più vicino anche attraverso l’app RespondER collegata e guidare i presenti in attesa dell’arrivo del personale 118.
Piacenza mantiene il suo primato di città del cuore con circa 1.259 con un incremento del 10,9 per cento nell’ultimo anno. Nei centri pubblici sono 104, nelle farmacie 2, in dotazione alle forze dell’ordine 116, negli impianti sportivi 156, nelle imprese private 307, negli istituti scolastici 83, nei luoghi di svago 38, nei luoghi classificati come privati 4, nei luoghi pubblici 438, nelle strutture ricettive 5 e negli studi medici 6.
Sono invece 2.024 i volontari sul territorio (in aumento del 13 per cento rispetto al 2023) che hanno dato la disponibilità a rispondere a una chiamata di emergenza per arresto cardiaco tramite l’applicazione Dae responder. In linea con gli indirizzi regionali, entro giugno 2025 verranno installati e registrati altri 53 defibrillatori per garantire la copertura anche alle aree più periferiche. Il progetto rientra nel novero del progetto che la Regione ha finanziato con 1,5 milioni di euro per l’acquisto da parte delle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna di circa mille nuovi strumenti salvavita. Nella nostra provincia i defibrillatori si stanno installando nelle zone più decentrate, dove i soccorsi hanno tempi di percorrenza necessariamente più lunghi e dove non ne sono già non sono presenti altri. A Piacenza sono stati assegnati 98 mila euro.

Progetto sperimentale delle auto infermieristiche itineranti in Val Trebbia
Enrico Lucenti, infermiere del 118, ha illustrato i risultati ottenuti dal progetto sperimentale che si è svolto dal 1 giugno al 30 settembre 2024 con auto infermieristiche itineranti per migliorare la risposta dei soccorsi alla cittadinanza e ridurre ulteriormente i già ottimi tempi di intervento nella media e alta Val Trebbia, da Travo a Ottone.
Il progetto si è fondato su una stima puntuale dei tempi di permanenza dei mezzi calcolando la probabilità di intercettare una chiamata di emergenza zona per zona. In base a queste stime si è predisposto che una delle due auto infermieristiche 118 in partenza da Bobbio svolgesse la sua attività in maniera itinerante muovendosi sulla SS45 secondo un algoritmo specifico, con tappe a Marsaglia e Ottone a servizio dei comuni di Ottone, Zerba, Cerignale, Corte Brugnetalla, Coli e Bobbio. In 62 casi (totale di 78 interventi ) i dati hanno dimostrato che l’auto infermieristica al momento della chiamata era localizzato o nel comune di riferimento o nelle immediate vicinanze riducendo considerevolmente i tempi di arrivo del mezzo di soccorso.

“Un sistema che funziona – conclude il direttore generale Bardasi – grazie a una commistione di elementi: in primis la professionalità del personale aziendale che va di pari passo con la stretta collaborazione con il mondo del volontariato. È questa sinergia che permette alla cittadinanza di avere un servizio attivo 24ore su 24, 365 giorni all’anno. Un servizio altamente qualificato fondato sulla formazione di volontari e professionisti e sulla rapidità dell’intervento che, come detto all’inizio ci mette tra i migliori a livello nazionale come risposta al cittadino: una risposta importante perché spesso si tratta di momenti in cui si salva una vita. Proprio per questo è importante, soprattutto in certi casi, rivolgersi ai professionisti. Penso alle le patologie tempodipendenti, le cosiddette First Hour Quintet (FHQ), in cui è fondamentale intervenire entro la prima ora dalla comparsa dai sintomi quindi infarto acuto del miocardio, arresto cardio circolatorio, insufficienza respiratoria, ictus e traumi maggiori. Non aspettare e chiamare il 118 fa la differenza”.




Stefano Fugazzi direttore dei Servizi per l’accesso e relazioni con l’utenza dell’Azienda Usl di Piacenza

Il direttore generale dell’Azienda Usl di Piacenza Paola Bardasi ha nominato ufficialmente Stefano Fugazzi direttore dei Servizi per l’accesso e relazioni con l’utenza dell’Azienda Usl di Piacenza.

“I servizi per l’accesso e le relazioni con l’utenza – evidenzia Bardasi – rappresentano una colonna portante del nostro sistema sanitario, poiché garantiscono ai cittadini un contatto diretto, equo e moderno con le prestazioni sanitarie. L’esperienza, la visione innovativa e la profonda conoscenza delle necessità del territorio permetteranno al dottor Fugazzi di continuare a svolgere la sua attività, così strategica per l’Azienda, con competenza e affidabilità. A lui va il mio più sentito augurio di buon lavoro in questo incarico importante per la nostra comunità”.

“L’area di cui mi occupo, in estrema sintesi, è quella dell’accesso alle prestazioni sanitarie. Un’area che ho visto cambiare nel tempo”, afferma Fugazzi. “Da anni, ma ancora oggi, l’obiettivo principale è quello di un accesso più equo e facile per tutti i cittadini. Un obiettivo che la tragica esperienza della pandemia – ribaltando tutti i paradigmi classici di accesso; la gente non poteva muoversi ma aveva bisogno di usufruire comunque di determinati servizi – ha reso più raggiungibile. La filosofia che sta dietro a tutti i processi di innovazione dell’accesso è quella di decentrare il più possibile quelle operazioni che un utente può fare da solo (grazie alle nuove tecnologie digitali) o appoggiandosi alle farmacie. Sebbene le fasce più deboli siano sempre al centro della nostra attenzione, va sottolineato che oggi la popolazione ha innumerevoli modi per accedere alle prestazioni. Ciò che intendiamo continuare a portare avanti è il decentramento di tutte le attività a bassa complessità (il pagamento di un ticket, per esempio), la specializzazione degli operatori per quanto riguarda le attività più complesse e il rafforzamento della multi-canalità degli accessi”.

Innovazione nell’ottica di un’utenza sempre più varia, insomma. “Il grande lavoro – in parte già fatto dai miei predecessori – è quello di omogeneizzare le procedure sull’intero territorio, in modo che il cittadino di Lugagnano abbia le stesse agevolazioni e lo stesso trattamento di quello di Piacenza”, ha sottolineato Fugazzi.
“La sfida definitiva, poi, resta quella legata alle fasce più deboli. Come il Covid ha dimostrato, quando l’esigenza è reale e urgente la gente trova il modo di fare un accesso a un servizio senza per forza presentarsi allo sportello. Gli anziani dei prossimi vent’anni avranno una capacità digitale maggiore rispetto a quelli di oggi e questo sarà anche il frutto di tutti questi processi di innovazione, tuttora in atto, che non sono solo più veloci, ma anche più sicuri (pensiamo, ad esempio, a quanto possa semplificare la nostra vita di cittadini, in modo peraltro più che sicuro, il Fascicolo sanitario elettronico)”.

Il dottor Fugazzi è arrivato all’Azienda Usl di Piacenza nel 2008, dopo un master in Management sanitario all’università Bocconi di Milano. Dopo poco è andato all’Azienda Usl di Bologna, dove si è fermato per otto anni, nei quali ha ricoperto diversi ruoli: dal supporto alla Direzione generale per la pianificazione strategica al controllo di gestione. Per due anni è stato anche responsabile amministrativo del distretto di Pianura est, il secondo per popolazione della provincia. Quindi, è rientrato nella Direzione generale per occuparsi dell’Area vasta Emilia centro (integrazione metropolitana dei servizi, processi di unificazione dei procedimenti amministrativi).
L’ultima esperienza bolognese è stata la direzione amministrativa del Centro regionale sangue, la banca del sangue della regione Emilia-Romagna. Nel capoluogo emiliano ha conseguito anche un secondo master in Politiche sanitarie.




Ruggero Massimo Corso nominato direttore di terapie intensive, anestesiologia e terapia del dolore

Ruggero Massimo Corso, già responsabile di Anestesia aziendale, è stato nominato direttore di Terapie intensive, anestesiologia e terapia del dolore.

“L’innovazione, la qualità delle cure e l’accessibilità rappresentano le colonne portanti della nostra missione – sottolinea il direttore generale Paola Bardasi – Il dipartimento rappresenta un punto di riferimento per tutte le componenti ospedaliere nella gestione del paziente critico con insufficienza d’organo, il trattamento del dolore cronico e acuto e l’ottimizzazione del percorso perioperatorio. Intendiamo affrontare le sfide della sanità contemporanea con soluzioni innovative, integrate e sostenibili e siamo certi che, il dottor Corso, saprà dirigere il dipartimento con professionalità”.

Risposte concrete ai bisogni dei pazienti e assistenza di prossimità

“Con una struttura articolata in tre aree principali, ovvero Anestesia, Terapia intensiva e Terapia del dolore – evidenzia il dottor Corso – il dipartimento si impegna a fornire risposte concrete e tempestive ai bisogni sanitari più complessi e rappresenta un riferimento per le componenti territoriali nello sviluppo della rete territoriale della Terapia del dolore e per la formazione delle competenze di tutti gli operatori dedicati alla gestione dei pazienti con dolore cronico o con patologie altamente invalidanti. La nostra attenzione non si limita all’ospedale, ma si estende al territorio con un modello di salute di prossimità per garantire una presa in carico globale e integrata, soprattutto per i pazienti più fragili. Attraverso l’innovazione organizzativa e gestionale integrata e lo sviluppo della ricerca, nel rispetto della qualità del servizio erogato ai cittadini, puntiamo a un servizio di eccellenza. Senza dimenticare la formazione costante dei nostri professionisti nel rispetto delle convenzioni stipulate con le Università di Parma e Pavia”.

Sfide e obiettivi per il prossimo triennio

Per il prossimo triennio, il dipartimento si propone di affrontare le principali sfide del sistema sanitario attraverso progetti mirati e innovativi a cominciare dall’ottimizzazione del percorso chirurgico con interventi mirati a centralizzare le liste operatorie e migliorare l’efficienza delle sale chirurgiche e dei percorsi post-operatori per ridurre le liste di attesa. “L’obiettivo è implementare i protocolli Enhanced recovery after surgery, ovvero miglior recupero dopo un intervento chirurgico, per un ritorno precoce e sicuro alle attività quotidiane” spiega il dottor Corso.

Efficienza e centralità del paziente

L’introduzione di sistemi di triage avanzati e ambulatori dedicati al follow-up consentirà un monitoraggio più efficace e un’assistenza continuativa dei pazienti, in collaborazione con i medici di famiglia. “Il miglioramento non sarà solo organizzativo, ma anche umano. Grande importanza verrà attribuita all’umanizzazione delle cure, con l’adozione di modelli di Terapie Intensive aperte che favoriscano il coinvolgimento dei familiari nel percorso di cura. Questa visione, oltre a migliorare gli esiti clinici, promuove una maggiore vicinanza emotiva, essenziale per il benessere del paziente – aggiunge il dottor Corso – Puntiamo a ottimizzare ogni fase del percorso chirurgico, con un focus sulla soddisfazione del paziente e sulla qualità della vita. Per farlo puntiamo a investire su ricerca e innovazione grazie alla stretta collaborazione con le Università di Parma e Pavia, unita alla promozione di progetti innovativi, che garantiranno una crescita continua in termini di competenze e qualità dei servizi offerti.

 




Pronto Soccorso di Piacenza: stretta sugli accompagnatori

Dal 12 dicembre cambia la modalità di accesso degli accompagnatori al Pronto soccorso di Piacenza. L’obiettivo della riorganizzazione è duplice: da un lato salvaguardare l’attività del triage, snodo cruciale per la presa in carico dei pazienti; dall’altro garantire il più possibile la sicurezza dei pazienti e dei professionisti sanitari, sia nelle ore diurne sia notturne.

La prima novità riguarda l’accesso: la porta di ingresso sarà presidiata, durante il giorno, da un operatore di pre triage che accoglierà le persone. Durante la notte sarà invece attivo un campanello con un video citofono.

Ogni paziente potrà essere quindi accompagnato al triage da un solo parente o familiare. Gli altri dovranno eventualmente aspettare nella nuova sala d’attesa dedicata, posta all’ingresso del Pronto soccorso.

Dopo aver assegnato il codice colore di accesso, l’infermiere di triage valuterà se la persona rientri nelle categorie che hanno sempre diritto ad avere accanto un accompagnatore: minori, gravide e puerpere, utenti con disabilità motorie o disturbi dello spettro autistico, con disabilità intellettive o sensoriali, con problematiche psichiatriche o comportamentali, non autosufficienti e fragili (quindi con necessità di supporto) e utenti con evidente barriera linguistica.

Altri familiari dei pazienti saranno invece invitati ad accomodarsi nella sala d’attesa dedicata e potranno seguire le fasi di presa in carico attraverso due monitor installati nell’area. Sul tabellone sarà infatti indicato se la persona è in attesa di esami ematici o radiografie o se sta aspettando una visita medica o i risultati delle diverse valutazioni. La privacy dei pazienti sarà garantita da codici numerici che permetteranno il riconoscimento della persona senza indicarne il nome.

“Abbiamo previsto un primo periodo di rodaggio del nuovo sistema – evidenzia Andrea Vercelli, direttore del Pronto soccorso dell’ospedale di Piacenza – per poi andare a regime nelle prossime settimane. La presenza dei volontari del Gruppo assistenza accoglienza in Pronto soccorso (GAPS) sarà, come sempre, importante per supportare il cambiamento. Gli accompagnatori ammessi accanto ai pazienti saranno riconoscibili grazie a un braccialetto colorato. Speriamo che questa riorganizzazione ci consenta di migliorare la sicurezza di tutti e anche di far lavorare in condizioni ottimali i professionisti del triage, che hanno il compito delicatissimo di assegnare le priorità di accesso”.

“Questa innovazione – commenta Stefano Nani, dirigente Professioni sanitarie area emergenza territoriale 118, Pronto soccorso e Cau – ha molti aspetti favorevoli sia per i pazienti, sia per i professionisti. Con questo nuovo approccio all’ingresso dei parenti nelle aree del Pronto soccorso garantiamo un alto livello di assistenza ai pazienti, innalzando contemporaneamente la qualità e l’immediatezza della comunicazione ai parenti che, grazie al sistema alfanumerico, possono seguire passo passo il percorso del congiunto. A questi importanti aspetti rivolti prettamente ai cittadini c’è quello altrettanto sostanziale che coinvolge i professionisti che vengono messi nella condizione di lavorare al meglio in piena sicurezza. Eredito questo progetto da chi mi ha preceduto in questo ruolo e non posso fare altro che apprezzarne i contenuti e ringraziare tutti coloro che hanno lavorato per avviarlo”.

“Le nuove modalità di accesso degli accompagnatori al Pronto soccorso sono frutto di un lavoro di equipe che ha coinvolto diversi servizi aziendali – sottolinea il direttore di Prevenzione e protezione Giampietro Scaglione – una sinergia di intenti e di azioni che mette al centro due elementi per noi imprescindibili: la cura dei pazienti nella piena tutela della privacy dei pazienti e la sicurezza dei nostri operatori. In collaborazione con il servizio Lavori su strutture esistenti e impianti, Valerio Tagliaferri, sono stati predisposi spazi di accoglienza perfettamente idonei, igienicamente sicuri, riscaldati e ampi per garantire una confortevole attesa dei propri congiunti”.

“La road map del paziente – aggiunge Anna Maria Greco, direttore del dipartimento della Sicurezza  e  Risk manager aziendale  – descrive l’esperienza del paziente, compresi i compiti all’interno degli incontri, il viaggio emotivo, il viaggio fisico e i vari punti di contatto. Accompagnarlo sin dall’inizio è il nostro compito. Nel corso della sua permanenza in Pronto soccorso, il paziente entra in contatto con sistemi di lavoro differenti. La sequenza delle interazioni e l’integrazione dei sistemi di lavoro, determina la percezione di soddisfazione che sperimentano pazienti e famiglie, ma anche operatori e organizzazioni. Partendo da questi presupposti è necessario abbracciare nuovi strumenti, modelli e metodi per sostenere la qualità e la sicurezza dell’assistenza del paziente”.

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