Domenica, in centro a Piacenza, arriva il Duathlon. Le limitazioni al traffico

Si è svolta questa mattina in Municipio, la conferenza stampa di presentazione del Duathlon Sprint “La Primogenita”, competizione che alternerà corsa podistica e bicicletta per circa 200 atleti attesi alla partenza.

A presentare il programma della manifestazione, in calendario domenica 15 ottobre, sono intervenuti l’assessore allo Sport Massimo Polledri, Robert Gionelli delegato provinciale Coni e l’organizzatore Stefano Bettini. Erano inoltre presenti, Chiara Gemmati in rappresentanza del Consorzio di Bonifica di Piacenza e Sandro Maloberti, presidente del Gruppo Protezione civile “Placentia”.

“Per il secondo anno consecutivo – ha sottolineato l’assessore allo Sport Massimo Polledri – il duathlon “La Primogenita“ si preannuncia quale appuntamento di grande spettacolarità, in pieno centro storico. Un evento unico, che porterà gli atleti a visitare alcune delle bellezze della nostra Piacenza. Per l’occasione, inoltre, per i partecipanti alla manifestazione l’ingresso ai Musei di Palazzo Farnese sarà garantito al prezzo agevolato di 1 euro”.
Robert Gionelli, dal canto suo, ha dato rilievo “alle capacità organizzative che anche quest’anno Piacenza Triathlon ha dimostrato, riuscendo a organizzare sotto il profilo logistico una manifestazione già di grande richiamo”.

“La gara – ha aggiunto Stefano Bettini – prevede tre frazioni: 5,2 km di corsa, 19 km in bicicletta e il tratto conclusivo di 2,6 km ancora di corsa. Gli iscritti quest’anno sono oltre 200, in crescita rispetto ai 170 del 2016. La partenza – poco dopo le 13 – e l’arrivo, così come la zona cambio, saranno in piazza Cittadella, davanti a palazzo Farnese, per una visione completa dell’evento da parte del pubblico. Le premiazioni sono previste alle ore 17. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito web https://piacenzasport.it/triathlon-diga/duathlon-la-primogenita”.

Il percorso della corsa
Il percorso della seconda frazione

Per consentire lo svolgimento in sicurezza del Duathlon “La Primogenita”, sono previste alcune limitazioni al traffico nella stessa giornata.

Dalle ore 13 di sabato 14 ottobre sino alle ore 20 di domenica 15 ottobre, sarà istituito il divieto di sosta con rimozione forzata in piazza Casali e nell’area antistante palazzo Farnese.

Nella giornata di domenica 15 ottobre, dalle ore 7 e sino al termine del passaggio degli atleti, sarà vietata la sosta con rimozione forzata in piazza Cittadella, via Bacciocchi, viale Risorgimento, in via Maculani (compresa l’area adibita a parcheggio), nel piazzale di Porta Borghetto, in via Tramello, in via Balsamo, via Ercole (tra via Balsamo e la scalinata di San Sisto), via San Sisto e via Angilberga. L’area di parcheggio di via XXI Aprile sarà adibita a uso esclusivo dei partecipanti all’evento, che dovranno esporre l’idoneo contrassegno identificativo sul parabrezza.

Infine, sempre domenica 15 ottobre, dalle ore 8 alle ore 17 la circolazione sarà vietata in piazza Cittadella e in via Bacciocchi, mentre dalle 13.30 alle 17 sarà vietata in via Balsamo, via Ercole, via San Sisto, via Angilberga, viale Risorgimento, via Maculani (inclusa l’area di parcheggio), via Legione Zanardi Landi, via XXI Aprile (nel tratto tra via Legione Zanardi Landi e via Trebbia), nel piazzale di Porta Borghetto e in via Tramello.

Dall’osservanza dei provvedimenti saranno esonerati unicamente i mezzi di soccorso e delle forze dell’ordine, nonché i veicoli a servizio dell’organizzazione.




I trent’anni del programma Erasmus

Venerdì 13 ottobre, con inizio alle 14.30, il Centro aggregativo comunale Spazio 2 ospiterà un evento a cura dello Sportello Europe Direct di Piacenza, per celebrare le giornate europee dedicate al programma Erasmus+, nel trentesimo anniversario dalla nascita dello storico programma formativo internazionale.
L’incontro, rivolto ai giovani ma anche alle organizzazioni interessate a progetti di sviluppo europeo, si aprirà con una presentazione delle opportunità in tema di mobilità europea, a cura di Valentina Bruzzi del Consorzio Sol.Co, mentre Gessica Monticelli – operatrice di Europe Direct – illustrerà le attività e i servizi forniti dallo sportello, aperto presso il Punto Quinfo di piazzetta Pescheria il lunedì, martedì e giovedì dalle 15 alle 18, il mercoledì e venerdì dalle 9 alle 12.30. La prima parte si chiuderà, entro le 16.15, con l’intervento di Marianna Ragazzi, di Ifoa Reggio Emilia, sul progamma I-Move Orienta.
Si riprenderà, dalle 16.30 alle 18.30, con le testimonianze dell’associazione Sciara Progetti Teatro e di alcuni giovani che hanno partecipato a programmi Erasmus+ . Seguirà un aperitivo per tutti i presenti.




L’ambasciatore Domenico Giorgi racconta “il suo Giappone”

Interessante appuntamento questo venerdì, 13 ottobre, nella Sala Panini di Palazzo Galli della Banca di Piacenza. Un piacentino doc, l’Ambasciatore Domenico Giorgi, racconterà da vicino l’Ambasciata d’Italia a Tokyo. Parlerà della storia della rappresentanza diplomatica (iniziata 1866)e delle profonda e duratura amicizia che lega l’Italia al Sol Levante.
Domenico Giorgi, si è laureato al Cesare Alfieri di Firenze ed ha frequentato il “Bologna Center della Johns Hopkins University”.
E’ entrato in carriera diplomatica nel 1980. Ha prestato servizio nell’Ambasciata di Pechino e nelle rappresentanze permanenti presso l’Unione Europea a Bruxelles e presso l’ONU a Ginevra. E’ stato Ambasciatore a Tokyo dal 2012, dopo aver svolto le stesse funzioni in Afghanistan nel triennio 2002/2004.
Nel 2016 – nel 150° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone, Giorgi ha promosso la pubblicazione di un volume che ripercorre la storia della sede diplomatica a Tokyo, ne illustra le caratteristiche architettoniche e ambientali, con contributi originali e con un ricco e vasto apparato fotografico.
La partecipazione è libera. Per motivi organizzativi si invita a preannunciare la presenza (relaz.esterne@bancadipiacenza.it 0523-542357)




Confedilizia: incontro sui lavori per il cablaggio in fibra ottica a Piacenza

L’Associazione Proprietari Casa-Confedilizia di Piacenza organizza una riunione per i proprietari e gli amministratori di condominio interessati al problema del cablaggio in fibra ottica per la città di Piacenza. L’appuntamento è fissato per domani giovedì 12 ottobre 2017 alle ore 18,00 presso la Sala Panini della Banca di Piacenza – Palazzo Galli – via Mazzini n. 14
Fra gli argomenti la convenzione con il Comune di Piacenza, l’accesso agli edifici privati, la facoltà ed i compiti di chi ha la cura dei singoli immobili, gli aspetti economici e legali per proprietari e singoli condòmini. I posti sono limitati e l’ingresso è riservato ai soci. I non soci potranno partecipare solo previa prenotazione all’indirizzo: info@confediliziapiacenza.it




L’avventura di Chiara Oltolini, studentessa in Honduras per un anno

Sono ormai trascorsi due mesi da quando sono partiti i primi studenti di Piacenza che hanno deciso di affrontare un’esperienza di studio all’estero. Superate le inevitabili difficoltà iniziali di ambientamento molti di loro si stanno abituando alla nuova casa, alla “famiglia adottiva”, ai compagni di scuola. Sono ragazzi di diciassette anni che si sono lasciati volontariamente alle spalle tante certezze, quella bambagia in cui sono cresciuti. Ragazzi che sfidano sé stessi il luoghi lontani, talvolta agli antipodi, imparando lingue magari del tutto sconosciute.

Fra loro c’è Chiara Oltolini, di Podenzano. La contattiamo telefonicamente attraverso WhatsApp l’unico vero strumento che mantiene questi ragazzi vicini a casa pur essendo a migliaia di chilometri di distanza. Chiara si trova a Tegucigalpa, la capitale dell’Honduras.

Chiara come stai? Ci anticipavi via messaggio che hai la febbre.
«Al momento così e così. Mia “sorella” mi ha attaccato un virus. Sono a casa da scuola con febbre, mal di testa e mal di gola, Capita!».

Che scuola frequentavi in Italia?
«Il Romagnosi ad indirizzo turistico. Ho frequentato il terzo anno ed ora sarei in quarta».

Con che organizzazione sei e quando hai deciso di affrontare questa esperienza?
«Sono partita con Intercultura. Ho deciso esattamente un anno fa, ad ottobre. In realtà già quando ero al secondo anno ero andata alla riunione che c’era stata a scuola. Però tutti mi hanno consigliato di aspettare l’anno successivo ad iscrivermi, per fare poi la quarta all’estero. Mi era piaciuta l’idea ma ho ascoltato il consiglio».

Come avevi saputo di questi programmi all’estero? Te ne aveva parlato qualcuno o li avevi scoperti a scuola?
«A scuola grazie alla nostra prof di inglese. E’ la coordinatrice ed è molto interessata a queste esperienze. Ce ne ha parlato ed ha organizzato la riunione dove ho parlato con i volontari. Mi è piaciuto molto».

Che paesi avevi scelto? L’Honduras era ai primi posti?
«L’avevo messo come prima scelta. Ma anche tutte le altre opzioni erano in Centro-Sudamerica. Avevo messo Honduras, Messico, Repubblica Domenicana, Colombia, Bolivia, Argentina, Paraguay, Equador, Brasile. Come ultimo paese, non essendocene altri in Sudamerica, avevo messo gli Stati Uniti».

Contenta dunque che ti abbiano mandato proprio in Honduras?
«Assolutamente. Però, in realtà, mi è arrivato il risultato in febbraio ed ero una riserva. Non mi avevano preso subito come vincitrice. Ho pianto tutto il giorno! Il sette di marzo, dopo circa due settimane, mi è arrivata la mail in cui annunciavano che c’era posto e che avevo vinto la borsa di studio al sessanta percento».

Hai fatto festa a quel punto?
«Festa grande!».

Come mai avevi scelto tutti paesi Sudamericani? Studi spagnolo o per qualche altro motivo?
«Studio anche spagnolo, ma non era questo il motivo principale.  La lingua mi piace tantissimo. In generale mi piacciono tutte le lingue e lo spagnolo in particolare. All’inizio mi ero iscritta per fare sei mesi in Nuova Zelanda perché era un paese che mi … incantava. Durante la prima riunione tutti mi hanno sconsigliato i sei mesi ed allora ho optato per l’anno. Soltanto che in Nuova Zelanda l’anno non c’era. Ho pensato un po’ ed ho deciso per l’America del Sud. I ragazzi che erano venuti presentare l’associazione al Romagnosi erano stati a Panama e in Costarica e ne avevano parlato molto bene. Io poi sono, almeno all’inizio, un po’ timida.  In Sudamerica la gente è molto accogliente … feste, abbracci. Ho pensato che mi sarebbe stato più facile ambientarmi rispetto ad un paese del Nord dove sono più freddi».

E’ stato così?
«Si è stato assolutamente come me l’aspettavo».

Quando sei partita dall’Italia e che viaggio hai fatto?
«Il 15 di agosto, a Ferragosto. Sono andata a Roma con i miei genitori e i miei fratelli (ho due fratelli gemelli di 14 anni). Abbiamo trascorso una notte lì. Il mattino dopo ci siamo trovati, in albergo, con tutti i ragazzi in partenza.  Il giorno successivo abbiamo preso l’aereo per Amsterdam, poi per Atlanta dove abbiamo dormito in albergo. Infine abbiamo preso il volo per Tegucigalpa, la capitale dell’Honduras dove mi trovo ora».

Con destinazione Honduras c’erano altri italiani?
«Siamo in trentotto qui. Inoltre c’è un ragazzo finlandese, uno della Groenlandia ed una ragazza dalla Turchia».

Da chi è composta la famiglia che ti ospita?
«Una mamma, un papà, una nonna e una figlia che ha un anno meno di me. Ma siccome qui il sistema scolastico è diverso siamo in classe assieme, all’ultimo anno. Hanno anche una figlia di 30 anni (sposata con figli) ed un figlio anche lui già sposato. I due grandi vivono per conto loro ma vengono qui spesso con la nipotina. Si fa molta vita di famiglia».

E’ una famiglia in stile italiano o totalmente diversa?
«Vengono dalla Costarica. Si sono trasferiti qui per lavoro molti anni fa. Sono molto attaccati alla loro patria, non sono la classica famiglia honduregna ma mi trovo davvero bene, come fossi a casa mia; sono bravissimi. Già prima di venire si parlavano con i miei genitori italiani su un gruppo di WhatsApp. Si contattano, si mandano foto. Sono stata fortunata».

A scuola come va?
«Benissimo. Siamo in una classe di quarantadue persone. Io vengo dal Romagnosi dove eravamo in sedici. Mi piace molto di più una classe con così tanti compagni. Avevo scelto l’Honduras anche per un altro motivo. E’ l’unico paese con scuole bilingue. Le lezioni sono in spagnolo ed in inglese.  In realtà capisco molto meglio le materie in spagnolo. Parlano inglese americano … si mangiano molto le parole».

Ti sembra più facile o più difficile rispetto alla scuola italiana?
«Mi sembra più facile. Però andiamo a scuola dalle 7,20 di mattina alle 15. Le ore sono di 45 minuti e funziona come all’Università; sono gli alunni a cambiare classe, non ci fermiamo sempre nella stessa aula. Quindi il tempo passa meglio. Cambiamo compagni di banco, ambiente. Risulta più leggero».

Fate anche attività sportive o di altro tipo all’interno della scuola o si studia e basta?
«Fanno tantissime attività. Al sabato facciamo una sorta di alternanza scuola lavoro. Andiamo in un parco con un bosco a pulire le erbacce a curare l’ambiente.  Ci sono tantissime festività. Ad esempio c’è stato il giorno del niño, del bambino.  Sono venuti settanta bambini a scuola. Abbiamo preparato da mangiare e dei giochi. C’è stato il giorno del maestro e abbiamo cucinato per i nostri professori. La scuola è enorme. C’è anche la piscina ed il campo da calcetto, da pallavolo con gli spalti, da basket, un giardino immenso.  Per quanto riguarda lo sport sono nella squadra di calcio e di pallavolo. In Italia gioco a pallavolo (da quando ho sei anni). Giochiamo ma … non è che i miei compagni siano molto sportivi. Dipende un po’ dalle scuole. Quelli della mia scuola non lo sono per niente. Infatti mi sto informando per andare a giocare in una società seria … perché per me la pallavolo è uno sfogo».

Come ti hanno accolto i compagni? Hai fatto amicizia con i ragazzi del posto o stai con studenti stranieri?
«Con gli altri italiani e stranieri ci siamo visti soltanto una volta, ad un incontro di Intercultura. Ci dovremmo vedere sabato per la prima volta, fra noi amici italiani. Ho fatto amicizia con quelli della classe, con un gruppetto di una decina di compagni con cui mi trovo super-bene. Mi hanno già incluso. Anche gli altri sono tutti gentilissimi. Mi chiedono sempre come va, se ho capito le lezioni, se ho bisogno di qualche spiegazione. Adesso ci hanno anche dato un compito di arte. Dobbiamo fare un cortometraggio di 15 minuti. Dobbiamo scrivere il copione, girarlo. Lo sto facendo con il gruppetto di amici a cui sono più legata. E’ divertente incontrarci, registrare».

Sembri assolutamente entusiasta. Il cibo come è?
«Il cibo … il cibo mi piace … (a parte due o tre cose che proprio non riesco a mangiare). Mi dà qualche problema di stomaco. Ho avuto mal di stomaco, mal di pancia, cistite …».

Mangiano molto piccante?
«Si ma non sono obbligata mangiarlo. Lo mangio perché m piace abbastanza. Ma si può scegliere.  Ci sono anche piatti non piccanti. Mangiano, in generale, poca frutta e verdura e molta carne e uova. Anche alla mattina. In questa famiglia abbiamo l’abitudine di fare la colazione sempre assieme. E’ l’unico momento in cui ci siamo tutti. Si prepara a turno, una settimana a testa. Non è come in Italia che tiri fuori due biscotti, li mangi e vai. Qui si cucina … l’uovo, il riso, i panini». 

Hai avuto dei momenti di sconforto, nostalgia, tristezza?
«Particolarmente no. Mia mamma italiana (la mia mamma vera insomma)  l’ho sentita una sola volta via Skype e ormai sono trascorsi quasi due mesi. Ci scriviamo sul gruppo di famiglia. Una volta mi sono anche sentita con le mie due migliori amiche italiane. Non sento la mancanza. Qui sto bene. L’unico momento di sconforto l’ho avuto ieri quando mi è salita questa febbre alta (39). Mi è venuta voglia del mio letto, del mio divano, della mia coperta … della mia mamma».

Insomma, virus a parte, tutto perfetto?
«Se proprio devo trovare un aspetto negativo è che, vivendo in città, non posso uscire quando mi va. Bisogna aspettare di avere un passaggio in macchina … quando nel mio paese, a Podenzano, giro in bicicletta, esco quando voglio».

Questo perché è una città grande e c’è qualche pericolo?
«Io vivo in un complesso residenziale con le guardie. E’ molto sicuro. Non ho visto niente di preoccupante. Soltanto una volta ho sentito degli spari … mi sono chiesta cosa fossero, ma non ho visto niente».

Meglio così probabilmente …
«Si. Appena si va un fuori o nei paesi bisogna stare attenti. Ti dicono che non puoi girare da sola, con il telefono in mano. Niente bicicletta. A scuola vado con un il pulmino della scuola che si ferma davanti a casa».

Esci con i tuoi amici, con compagni di scuola, con tua sorella?
«Mia sorella qui è davvero brava. Mi trovo benissimo con lei e andiamo molto d’accordo. Più della musica sudamericana le piace quella coreana. … Come tutti i ragazzi non esce molto, nel weekend, anche perchè ci sommergono di compiti.  Ogni tanto io mi organizzo anche con gli amici. Al sabato, a volte, andiamo a mangiare fuori. Nella mia classe, come succede in Italia, ci sono tanti gruppetti.  C’è un gruppo che va spesso a ballare latino-americano. Mi sarebbe piaciuto andarci, una volta, ma mi hanno sconsigliato di uscire con loro perché bevono troppo. Comuque una mia amica, che è molto simpatica, ha promesso che mi porterà lei a ballare. Visto che abitiamo in città in generale tutti escono meno rispetto all’Italia».

Come è questa città. Raccontacela. Ha colori vividi, vivaci, come ci immaginiamo il Sudamerica?
«Qua in città nemmeno tanto. C’è invece molto verde. Non è una città come in Italia, sembra quasi di essere in campagna, è tutto montagna, collina, roccia. Mi piace molto. Quando vai nei paesi o nei quartieri residenziali è tutto colorato. Anche qui, dove vivo io, ogni casa ha un colore diverso: rosa, giallo, azzurro. Molto bello.  Nei paesi si percepisce anche la povertà. In città magari le strade non sono curate come in Italia ma non vedi altro. Invece nei paesi ti accorgi di tante persone povere».

Mentre la famiglia che ti ospita è benestante?
«Si è normale. La casa è comoda. Io ho la mia stanza. Prima avevano tre figli, ognuno con la sua stanza. E’ abbastanza grande. Condivido il bagno con mia sorella mentre i genitori hanno il bagno in camera. Viaggiano, vanno in Costarica, a Panama. Hanno abbastanza comodità».

Tu li segui quando viaggiano?
«Per adesso, insieme non abbiamo ancora viaggiato tanto. Mi hanno fatto vedere dei paesi. Siamo andati a fare canoa in un lago. Però stiamo progettando di andare al mare durante le vacanze di Natale ed in Costarica a Pasqua».

Tante avventure all’orizzonte. Tornerai a casa o la tentazione di restare in Honduras è forte?
«Ho voglia di restare qua, ma mi sa che dovrò tornare!!!».

Carlandrea Triscornia

 




La ricetta dell’amministratore Cavalli per Piacenza Expo

‘+ Piacenza + Fiera = sviluppo economico. Con questa formula l’amministratore unico di Expo Giuseppe Cavalli ha aperto ieri pomeriggio l’Assemblea dei Soci di Expo (la cui maggioranza è detenuta dal Comune) con soci rilevanti – nell’ordine – la Camera di Commercio, la Banca di Piacenza e il Crédit Agricole, oltre all’Amministrazione provinciale. Cavalli, lo ricordiamo è il primo Amministratore unico di Expo per decisione della nuova Amministrazione comunale. In passato la fiera era retta da un consiglio d’amministrazione.

Giuseppe Cavalli ha illustrato un ampio programma di iniziative, annunciandone anche i particolari organizzativi ma soprattutto tematici, tesi alla valorizzazione dei prodotti tipici, delle nostre tradizioni, delle nostre eccellenze.

Nel programma anche la possibilità di costruire un eliporto (l’Amministratore unico ha esposto due soluzioni: una circolare e un’altra ellittica) ed una sinergia con il Palabanca: iniziative tutte – negli intenti dell’Amministratore unico – che si autofinanzierebbero.

La relazione programmatica è stata accolta con favore dai soci di Expo presenti, in rappresentanza pressoché dell’intera compagine sociale.

Sulla situazione amministrativa dell’Ente, è stata distribuita un’ampia documentazione dalla quale risulta che nell’esercizio 2015 si è avuta una perdita di 440mila euro e, nel 2016, un risultato d’esercizio positivo di 111mila euro.

Per il 2017, si prevede una perdita di 397mila euro e, per il 2018, un risultato positivo di 177mila euro. Per il 2019 (in funzione delle nuove iniziative programmate ed in particolare, della organizzazione di una nuova Fiera del colore (idea e progetto organizzativo sono dello stesso Cavalli) è previsto di contenere il risultato negativo (abitualmente superiore ai 300-400mila euro) in 72mila euro.

All’esposizione dell’Amministratore unico sono seguiti diversi interventi, fra cui quello dell’assessore del Comune di Piacenza avv. Passoni che ha espresso apprezzamento per la nuova gestione di Expo.

Nel corso della discussione è emerso che la Regione ha già deliberato di uscire da Piacenza Expo nella quale è presente con una minima percentuale, e cioè con l’1%. Regione che, peraltro, non ha mai concesso contributi alle fiere piacentine.

Relazione programmatica e conto economico sono stati approvati entrambi all’unanimità, con peraltro l’astensione del Crédit Agricole. Nel corso dell’assemblea è stata approvata all’unanimità la proposta di incaricare DFK Italia come società di revisione.




Claudia Cassinari, mamma, manager, cittadina del mondo ma soprattutto nata (a Piacenza) per cantare

Cinquant’anni fa non era ancora stata coniata la definizione di “cervelli in fuga” eppure erano tanti i professionisti italiani che decidevano di cogliere opportunità di lavoro all’estero. Imprese pubbliche come l’Eni, l’Agip o private come la Lodigiani o l’Impregilo erano impegnate su cantieri importanti ed inviavano ingegneri e tecnici negli angoli più remoti del mondo. A spingerli verso questa scelta erano le possibilità di carriera, gli ottimi guadagni, la voglia di avventura e conoscenza.

L’estremismo islamico, l’Isis erano del tutto sconosciuti e paesi ora infrequentabili erano all’epoca tanto affascinanti quanto sicuri.

Così anche svariati piacentini si trasferirono in continenti lontani, quasi sempre accompagnati dalle famiglie. Fra loro c’era anche Claudia Cassinari. Al seguito del padre, geologo, dalla seconda elementare della scuola Giordani, a sette anni, si trovò proiettata in Zambia, nel cuore dell’Africa. L’inizio di una vita nomade che in seguito la portò, in prima media (dopo una parentesi di un mese al Faustini) dall’altra parte del mondo ossia in Bolivia, dove frequentò una scuola americana.

«L’Italia per me e mia sorella era diventato solo un luogo dove trascorrere le vacanze estive» ci racconta davanti ad un fumante espresso, durante una delle periodiche visite piacentine ai genitori.

Alle porte della terza liceo arrivò il terzo spostamento di questo Risiko abitativo: Pointe Noire, nel Congo francese. Nuovo paese, nuova scuola, nuova lingua di insegnamento, il francese.

«Per me fu tragico – ricorda Claudia Cassinari  -perché venivo da una scuola americana e dovetti reinserirmi in un istituto con una impostazione latina».

Quella del Congo sarà anche l’ultima tappa della loro vita all’estero per uno di quei curiosi casi della vita: la puntura di un insetto. La mamma di Claudia venne pizzicata, in spiaggia, da un ragno velenoso, riportando una paresi temporanea ad una gamba. Nulla di realmente grave ma tanto bastò al capofamiglia per decidere che era giunta l’ora di dire basta e chiudere definitivamente questa lunga parentesi.

«Non dico che siamo scappati ma quasi. Mio padre … è come se si fosse fatto prendere dal panico. Abbiamo aspettato la fine dell’anno scolastico e poi siamo rientrati alla base, a Piacenza. Papà decise di mettere una pietra sopra all’esperienza estera, il che è stato un peccato …».

Claudia però in Africa stava frequentando una scuola per l’ottenimento del Bac (il baccalaureato) e quindi si vide costretta a terminare il quarto (e ultimo anno) a Milano, in un istituto francese, vivendo, dal lunedì al venerdì, in convitto dalle suore e rientrando in via Vitali nel fine settimana.

«E’ stato un orrore perché quando si è all’estero si vive sempre un’esperienza molto legata alla famiglia; vivi tutto quanto, le nuove esperienze, come gruppo, come unione. Mi sono trovata da sola … a Milano … dalle suore».  

L’università fu probabilmente il suo unico scampolo di “normalità”: economia e commercio a Parma, amici a Piacenza.

«Mi resta sono il rammarico di non aver frequentato la Bocconi ma avevo avuto una esperienza così traumatica in quell’anno di vita al convitto che mi dissi … Milano mai più».

Invece con la preparazione e la laurea ottenuta a Parma trovò subito lavoro in una società di leasing … proprio nel capoluogo lombardo. Rimarrà a lavorare cinque anni per la stessa compagnia … ma il tarlo del nomadismo la continuava a rodere, pian piano. Così dopo un corso di formazione organizzato dalla sua azienda a Bruxelles decise che Milano le stava stretta e si mise a cercare una nuova opportunità lì, nel cuore dell’Europa.

«La città mi era piaciuta. Sentivo la necessità di crescere come persona. Ero estremamente attaccata ai miei, avendo vissuto sempre all’estero. Mi son detta vediamo, facciamo un’esperienza breve. Mi sono messa a cercare lavoro e l’ho trovato».

Claudia Cassinari venne assunta dalla SWIFT, l’azienda che si occupa, a livello mondiale, del trasferimento sicuro di fondi da una banca all’altra. Il codice di comunicazione SWIFT, a fine anni settanta, prese il posto della tecnologia telex, fin lì usata per le comunicazioni fra gli istituti di credito.

Ventisei anni dopo lavora per lo stesso gruppo. Il che non significa che nel frattempo se ne sia rimasta ferma nella capitale del Belgio. Nei primi cinque anni ha continuato a viaggiare, per conto dell’azienda, in Europa, da Parigi alla Svizzera, dall’Italia alla Spagna. Poi ha conosciuto suo marito, David, inglese. Con l’arrivo dei figli ha dovuto, giocoforza, diventare stanziale, anche se, in verità, per due anni tutta la famiglia si è spostata a vivere a New York, dove il marito David si era trasferito per motivi di lavoro .

Nel frattempo i “due pargoli” da bambini sono diventati ragazzi e poi adulti ed hanno frequentato l’università. Clarissa 23 anni, psicologa, lavora nel campo delle risorse umane, mentre Alessandro, 21 anni, si è appena laureato in management sportivo. Visto che buon sangue non mente entrambi anziché frequentare l’università a Bruxelles hanno deciso di studiare a Londra. Del resto chi, più di loro, è poliglotta e cittadino del mondo (mamma a parte ovviamente)?

Claudia Cassinari, oggi, è una sorta di pendolare e per almeno tre giorni alla settimana vive a Londra dove segue da vicino il suo più importante cliente, la Banca d’Inghilterra. A casa, in un quartiere residenziale appena fuori Bruxelles, la attende il (paziente) marito.  Sempre che lei non torni a Piacenza a trovare la famiglia, come nei giorni scorsi quando la abbiamo incontrata.

Doveva essere una intervista sulla sua grande passione la musica ma la vita di Claudia meritava di essere brevemente tratteggiata perché, diciamocelo, non capita tutti i giorni di incontrare una piacentina giramondo come lei. Assolto il dovere di cronaca non resta che dedicarsi al canto.

Da dove le viene questa vocazione canora?

Claudia Cassinari cantante nata a Piacenza vive in Belgio«Forse sono nata con il desiderio di cantare. Ho sempre voluto farlo. I miei però non mi immaginavano in quelle vesti … mi vedevano meglio come studente, l’Università … le cose serie.  Quand’ero piccola avevo una venerazione per lo Zecchino d’Oro. L’unica persona che avrebbe voluto veder realizzati i miei desideri era una mia prozia, la zia di mio padre. Avrebbe anche voluto portarmi all’Antoniano di Bologna. Purtroppo poi si è ammalata ed è venuta a mancare. Cantavo tutte le canzoni dello Zecchino. Poi quelle di Sanremo. Quando andavo al Giordani compravo i librettini con i testi e poi … rompevo le scatole alla maestra chiedendole di farmi cantare. La prendevo per sfinimento ed ogni tanto me lo concedeva. Io andavo là, davanti a tutti e cantavo. Ogni occasione era buona. Anche alla Filodrammatici quando c’era la sfilata di Carnevale … volevo cantare. Al Faustini, nell’unico mese in cui l’ho frequentato, ero riuscita ad infilarmi nel coro».

Una volta all’estero come ha fatto?

«Mi ricordo in Bolivia; in casa avevamo un pianoforte. L’ho praticamente distrutto a furia di suonarlo. Ho preso anche qualche lezione. Alla base però c’era il fatto che i miei genitori non volevano che io cantassi. Quindi è sempre stata una passione come dire … molto collaterale».

Quando è cambiato qualcosa?

«In Belgio, nella mia azienda, abbiamo deciso di fondare una band. Io ovviamente mi sono inserita e … da lì in poi ho sempre cantato».

Claudia Cassinari cantante nata a PiacenzaCanta ancora in quel gruppo?

«No, non esiste più. E’ stata una parentesi durata per un po’. Facevamo cover pop, rock. La prima canzone è stata Hotel California. Era il 1999».

Dopo di che, come ha continuato?

«Ho fondato varie band, facendo sempre cover. Poi ho cominciato ad andare in studio, a registrare. Il tecnico del suono di questo studio un giorno mi ha detto “Claudia devi appropriarti di uno stile tuo”. Fino a quel momento scopiazzavo un po’ lo stile dei cantanti che interpretavo. Mi ha talmente rotto le scatole che …».

Immaginiamo che le abbia fatto scattare una molla? Quale?

«Quando ero più giovane scrivevo poesie. Era il modo che avevo per esprimere i miei sentimenti. Ho pensato che non doveva essere così diverso scrivere canzoni. Mi sono cimentata. Un giorno gli ho proposto una canzone che si intitolava “You dont bring me flowers».

Gli è piaciuta?

Claudia Cassinari cantante«Gli son venute le lacrime agli occhi. Non credeva alle sue orecchie. Poco dopo ho iniziato a collaborare con Luca, un ragazzo molto giovane, italiano, che suona magnificamente la chitarra. Purtroppo per me, adesso, è andato all’università in America a Berkley e ho dovuto reinventarmi utilizzando Garage Band (un software per registrare ed elaborare la musica ndr).  E’ nata così la canzone “Vola” che ho presentato al Festival della canzone italiana in Belgio, quest’anno e con cui sono arrivata prima. Grazie a questa vittoria sono anche andata al Festival della Canzone Italiana a New York, a settembre. Non ho vinto ma è stata ugualmente una soddisfazione. Dovrebbero mandarlo in onda su Rai Tre e Rai International».

E’ stata la sua prima esperienza competitiva?

«Avevo già partecipato nel 2016 allo stesso festival con una canzone che si chiama “Dove sei”. In questo caso la base musicale era davvero semplice, solo la chitarra di Luca. Fra il 2016 e il 2017 ho partecipato a tanti festival non competitivi. In Belgio la comunità italiana è davvero grande e ci sono svariate manifestazioni dedicate alla cultura, al cibo, alla musica italiana. Ci sono anche radio che trasmettono solo in italiano. In particolare c’è una radio che si chiama Hitalia. Mi convocano spesso per presentare la musica italiana, anche musica, anni ‘70».

La sua musica invece come è, cosa racconta?

«Racconto esperienze, il mio vissuto. Trovo difficile elevarmi e scrivere di cose astratte che non ho provato personalmente, che non mi rappresentano. Molti trovano che le mie canzoni siano un po’ tristi.  Probabilmente perché mi è difficile scrivere quando sono felice. La felicità la vivo. Invece quando sono triste, la tristezza mi entra nell’animo, non riesco a lasciarla fuori. Prima scrivevo poesie, ora canzoni. E’ il mio modo per esteriorizzare questi momenti, per comunicarli alle altre persone».

In che lingue scrive, fra le tante che padroneggia?

«Scrivo in inglese ed in italiano. Dipende da cosa devo esprimere. Uno degli ultimi brani che ho composto è nato dall’incendio avvenuto alla Grenfell Tower, a Londra, dove sono morti anche due fidanzati italiani. Ero proprio in hotel a Londra in quei giorni (come tutte le settimane ndr). Il ragazzo della reception, un veneto, conosceva, anche se indirettamente le due vittime. Così ne abbiamo parlato. La notizia era ovunque in televisione, in radio, sui giornali. Alla fine quell’angoscia che avevo respirato si è trasformata in una canzone “Paradise Long Gone” che parla delle ultime parole fra questa ragazza e sua madre. Nessun pietismo ma ho voluto parlare di questi giovani che hanno lasciato l’Italia sperando di trovare il paradiso altrove ed invece … Mio marito quando l’ha sentita … beh insomma l’ha trovata davvero triste, forse troppo per i suoi gusti. Invece Luca, il mio chitarrista, l’ha giudicata bella e ne abbiamo fatto una seconda versione in studio. Anche a me piace molto».

A proposito di marito, cosa ne pensano in famiglia di questa sua passione?

«Mia figlia è molto fiera. Non lo ammetterà mai ma di nascosto fa il download delle mie canzoni e poi le fa sentire alle sue amiche dicendo “questa è la mia mamma”. Morire che me lo venga a dire! Mio figlio è venuto con mio marito al Festival di New York. Aveva finito gli esami universitari proprio due giorni prima. Quando ero sul palco e cantavo la mia canzone “Vola” ha catturato una clip e l’ha pubblicata sui social e ha scritto “quando tua mamma è famosa”. Claudia Cassinari con PoviaAnche lui insomma è orgoglioso. Mio marito mi segue sempre quando faccio i concerti.  Anche sabato scorso ero in un locale con la mia nuova band che si chiama “Back on track”. Una cover band che questa volta fa rock duro e puro. Eseguiamo canzoni dei Kiss, Deep Purple, Led Zeppelin, Bryan Adams. Solid rock. Abbiamo cantato per due ore, venti canzoni. David, mio marito era lì, in prima fila con i suoi amici. Si diverte molto».

Nessun figlio ha seguito le sue orme?

«No. Mia figlia canta molto bene però non le interessa. Peccato, …. mi piacerebbe facesse la mia corista quando registro ma non riesco a convincerla.  Ad Alessandro proprio non piace cantare. Sono io che, in realtà, ho seguito le orme di mia mamma. Lei cantava in gruppi scolastici ed ha una bellissima voce.».

Restando in tema figli, i suoi di che nazionalità si sentono?

«Diciamo che al momento, dopo aver frequentato lì l’università, hanno detto basta a Londra. Mia figlia ha detto “basta” ed ha deciso di trovarsi un posto di lavoro in Belgio. Poi chissà magari cambierà idea.  Mio figlio anche lui, appena ha finito è scappato via. Ha detto “no, no la mentalità britannica non fa per me”.  E dire che il papà è inglese».

Si vede che la parte italiana prevale.

«Più che italiana direi latina. Italiani … italiani, forse no. Si sentono più europei. Visto che gli inglesi hanno sentimenti poco europei … loro, al momento, è come se prendessero un po’ le distanze dalla Gran Bretagna».

Tornando alla musica un disco non lo ha mai prodotto?

«Non ancora. Però mia madre mi ha appena chiesto di farle un CD. Ci ragionavo ed alle fine ne ho scelto diciassette. Quindi un disco potrei anche pubblicarlo. Secondo me sono belle. Che poi siano commerciali o meno è un altro discorso».

Anche perché il successo non è la priorità della sua vita, immaginiamo.

«La priorità no. Però … capitasse … sarei ipocrita se dicessi che non mi piacerebbe. Ora come ora mi basterebbe avere qualche canzone pubblicata su I-tunes. Comunque ho partecipato all’edizione belga di The Voice, nel 2016. Dopo “duemila” audizioni sono arrivata in televisione, alle “blind edition”. Purtroppo nessuno dei giudici si è girato. Avevo scelto una canzone   molto, molto difficile con un beat sincopato … e ho perso un beat … dannazione! Mea culpa».

Un’occasione sprecata.

«Si ma non del tutto perché durante le audizioni ho conosciuto un italiano che mi ha chiesto se volevo far parte di “Rockin’1000” (la più grande rock band del mondo, composta da mille musicisti che suonano all’unisono, live ndr). Abbiamo cantato Rebel Rebel in un grande teatro a Bruxelles. Quest’estate ho fatto con loro il Summer Camp in Val Veny. Mi sono divertita tantissimo ed ora faccio parte del gruppo. Sono pronta per l’evento dell’anno prossimo. Mi vengono ancora i brividi al ricordo di quest’estate. In quella magnifica vallata intonavamo Because dei Beatles: 250 batterie, 250 bassi, 250 cantanti più le tastiere ed altri strumenti, tutti assieme. Lo ammetto … mi è scappata la lacrima».

Carlandrea Triscornia




Check-up gratuito dei reni in piazza Cavalli

Come stanno i tuoi reni? Giovedì 12 ottobre la prevenzione scende in piazza. Medici e infermieri del reparto di Nefrologia e dialisi dell’ospedale saranno in piazza Cavalli dalle 9 alle 17.30 per incontrare e informare i cittadini: si recupera in questa occasione la giornata di sensibilizzazione, prevista lo scorso maggio maggio ma annullata per il brutto tempo.

In una tenda messa a disposizione da Croce Rossa, sarà possibile confrontarsi con gli specialisti per conoscere i segni delle malattie renali, misurare la pressione arteriosa, eseguire un esame gratuito delle urine e fare accertamenti preliminari di diagnosi.

“Spesso – fa notare il primario Roberto Scarpioni – non ci si accorge dell’insorgere della patologia renale, perché non ha sintomi importanti. Addirittura un italiano su sei potrebbe avere una compromissione di grado medio della funzione renale e addirittura il 3 per cento di livello medio-avanzato. Negli USA, per esempio, a causa di una minor attenzione alla dieta e a stili di vita a volte inadeguati, l’incidenza di malattie renali può toccare addirittura il 20 per cento della popolazione”.

Quest’anno la giornata di sensibilizzazione è dedicata in particolare ai rischi di sviluppare malattie renali correlate a stili di vita dietetici alterati, con focus sull’obesità. “Il nostro evento in piazza, a contatto con le persone – evidenzia l’esperto – ha lo scopo di porre l’attenzione sull’importanza della prevenzione nonché sulla necessità di rallentarne l’evoluzione e soprattutto di evitare le gravi e devastanti complicazioni cardiovascolari innescate dalla insufficienza renale avanzata”. Il reparto di Nefrologia e Dialisi di Piacenza segue un migliaio di pazienti con malattia renale a vari stadi negli ambulatori, mentre un numero maggiore è gestito nelle fasi iniziali della malattia insieme ai medici di famiglia, che hanno ruolo importante nel riconoscere le persone a rischio.

“La malattia renale cronica è una patologia in costante crescita ed è ormai un problema clinico, sociale e anche economico importante. È realistica la stima che nella popolazione adulta in Italia il 10-12 per cento della popolazione abbia un iniziale danno renale, ma il problema rimane ancora poco conosciuto e sottovalutato perché spesso clinicamente senza sintomi, almeno nei primi stadi della malattia”. Con esami semplici e poco costosi, del sangue e delle urine, e talvolta con un’ecografia renale, è possibile accertare la presenza di una malattia.




Domani si pagano i contributi Inps per colf e badanti

Scadenza in arrivo per le famiglie italiane: per tutti coloro che in casa si avvalgono dell’aiuto di colf, badanti e baby sitter è arrivato il momento di versare i contributi previdenziali all’Inps. Il termine ultimo è fissato per domani martedì 10 ottobre.
“Nel comparto domestico, – spiega Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico – l’obbligo del versamento contributivo non avviene mensilmente ma ogni 3 mesi, quindi è un’operazione che va svolta 4 volte l’anno. Le quote contributive attualmente in scadenza sono quelle relative ai mesi luglio-settembre 2017. Attenzione, però, che in questo trimestre le settimane di calendario su cui versare i contributi sono 14 e non 13, come invece avviene di norma, quindi nessun allarmismo se l’importo riportato sarà più elevato.
Assindatcolf ricorda, inoltre, alle famiglie che contestualmente dovranno anche essere versati anche i contributi Cas.sa.colf che assicurano prestazioni sanitarie ai lavoratori.
Per informazioni e assistenza è possibile rivolgersi alla locale Sezione di Assindatcolf, presso la sede dell’Associazione Proprietari Casa-Confedilizia, sita in Piacenza, Via del Tempio, 29 (Piazza della Prefettura). Uffici aperti tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00, lunedì, mercoledì e venerdì anche dalle 16.00 alle 18.00 (telefono 0523.327273 – fax 0523.309214); e-mail: assindatcolf@confediliziapiacenza.it.




Marco Bellinazzo svela quali sono “I veri padroni del calcio”

Marco Bellinazzo giornalista e blogger de Il Sole24Ore presenterà a Piacenza il suo ultimo libro  “I veri padroni del calcio” (Feltrinelli). L’incontro è programmato per giovedì 12 ottobre, presso la galleria Biffi Arte di via Chiapponi 39 nell’ambito di L’Arte di Scrivere, incontri con d’autore a cura di Mauro Molinaroli.

Ne “I veri padroni del calcio” (edito da Feltrinelli) l’autore racconta i giochi di potere e i flussi di denaro, la corruzione e gli scandali che si nascondono dietro il calcio globale e ricostruisce i fili rossi di un mercato multimiliardario che coinvolge le potenze politiche ed economiche del pianeta. Racconta i giochi di potere e i flussi di denaro, la corruzione e gli scandali che si nascondono dietro il calcio globale e ricostruisce i fili rossi di un mercato multimiliardario che coinvolge le potenze politiche ed economiche del pianeta. Dagli oligarchi russi agli sceicchi degli Emirati arabi, dalle big company americane alle corporation cinesi, il legame che unisce gli interessi di governi e multinazionali a questo sport è sempre più saldo e, spesso, torbido.
Un libro che svela i nomi degli azionisti, delle società e dei politici che vogliono impossessarsi della Fifa e delle sue squadre, dimostrando che il governo del calcio ormai non riguarda soltanto l’amministrazione di uno sport e dei suoi campionati, ma è soprattutto fonte di ricavi miliardari e di legittimazione politica per gli stati. Perché il calcio trascina le masse, crea consenso sociale e, prima ancora, è un teatro che ospita giochi di potere e guerre finanziarie di portata globale, tanto pervasivi quanto invisibili agli occhi degli spettatori.