Mercatone Uno: autorizzata la trattativa diretta

Nessun vincitore per la gara d’asta che avrebbe dovuto assegnare le attività del Mercatone uno ad una delle tre aziende che avevano presentato una offerta vincolante. I commissari straordinari Stefano Coen, Ermanno Sgaravato e Vincenzo Tassinari informano infatti che, dopo attenta valutazione delle tre offerte vincolanti pervenute, relative anche all’intero compendio aziendale, nessuna offerta è risultata conforme alle prescrizioni del bando e/o non in linea con gli obiettivi della procedura

Pertanto i commissari sono stati autorizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico, con provvedimento dell’11 luglio 2017, ad avviare una procedura di cessione dei complessi aziendali mediante trattativa privata con i soggetti interessati.

La trattativa diretta consentirà ai commissari una maggiore flessibilità e una più efficace e rapida valutazione economica delle offerte, in funzione della miglior tutela degli interessi dei dipendenti e dei creditori.

A supporto di questa nuova fase, i Commissari Straordinari hanno già sottoposto agli organi di Vigilanza un nuovo piano economico-finanziario a tutela della continuità aziendale, che verrà presentato alle organizzazioni Sindacali ed agli enti locali nella riunione fissata dal Ministero dello Sviluppo Economico per il 19 luglio.

Nella nostra provincia, dopo la chiusura del negozio di Fiorenzuola, il Mercatone continua ad operare con un il punto vendita di Rottofreno.




Fiorenzuola per tre giorni capitale del blues

Ad un mese e mezzo dal primo appuntamento, dopo una dozzina di concerti tra Piacenza, Brescia, Travo e Monticelli d’Ongina, due rassegne iniziate e finite, mostri sacri come Guy Davis e Luther Dickinson, una carrellata di musicisti e band della scena blues italiana… ecco che Dal Mississippi al Po si appresta a coronare la tredicesima edizione con la tre giorni di appuntamenti letterari e musicali internazionali che andrà in scena nel week end centrale di luglio a Fiorenzuola d’Arda (PC).

Nato e cresciuto a Piacenza, il festival di Fedro negli ultimi anni ha assunto sempre più la forma di un festival diffuso, con appuntamenti che si tengono in locaton diverse, tra Piacenza, la sua provincia e anche “oltre confine”, per diverse settimane di programmazione. Quest’anno la sezione internazionale di Dal Mississippi al Po si terrà, come già detto, a Fiorenzuola, grazie ad un’importante sinergia che si è venuta a creare con il comune e che si concretizza per il terzo anno consecutivo: già nelle ultime due edizioni, infatti, il cuore pulsante del centro storico della cittadina della Val d’Arda, aveva ospitato importanti rassegne legate al festival. L’edizione 2013 corona questa collaborazione e, se tante sono le novità, una inevitabile conferma sta nella scelta della location: Piazza Molinari, con una quinta d’eccezione a far da sfondo agli apuntamenti serali,il sagrato della Collegiata di San Fiorenzo. Oltre alla collaborazione con il Comune di Fiorenzuola, già da alcuni anni Dal Mississippi al Po si avvale dell’indispensabile supporto della Regione Emilia Romagna, che ha incluso il festival nella rosa delle manifestazioni più importanti sovvenzionate attraverso i finanziamenti triennali previsti dalle Legge 13.

Il festival aprirà le porte venerdì 14 luglio alle ore 19 con il primo degli incontri letterari ad “orario aperitivo”, che si terranno anche sabato e domenica alla stessa ora. Dopo un breve stacco, il programma riprenderà alle 21, con un nuovo appuntemento con autori e giornalisti a cui seguirà la musica dal vivo.

LA LETTERATURA

Qualche ritorno e tanti volti nuovi nel calendario degli appuntamenti letterari della tredicesima edizione del festival: autori e giornalisti a chiacchierare di libri e di musica, letteratura noir ma anche poesia.

La formula di questi eventi resterà quella classica di Dal Mississippi al Po, che fin dalla sua prima edizione si propone di creare una sinergia costante tra autori e pubblico: incontri informali in un fluire reciproco di idee e vibrazioni.

Musica e letteratura, si diceva e con i primi ospiti del cartellone non si potrebbe partire meglio: Tony Face Baciocchi e Daniela Amenta apriranno ufficialmente il festival nel tardo pomeriggio di venerdì 14. Tony Face non ha certo bisogno di presentazioni, specialmente dalle nostre parti. Giornalista, autore, musicista, dj radiofonico… in questo caso conduttore dell’incontro con una collega che in quanto a curriculum ha più di un’affinità con lui: Daniela Amenta, giornalista romana che ha scritto di musica per Frigidaire, Il Mucchio Selvaggio, Fare Musica, D di Repubblica, Urban, Rockstar, Thank Girl. E’ stata al desk centrale dei 19 quotidiani della free press Epolis. Molta radio, anche in Rai (da Stereonotte al Notturno Italiano), ex direttore di Radio Città Futura e caporedattore de “L’Unità”. Insieme a Tony Face presenterà il suo ultimo libro “Freak Out – Freak Antoni psicofisiologia di un genio” uscito quest’anno per Compagnia Nuova Indye.

Enzo Fileno Carabba, autore di racconti e romanzi fantastici e noir, come Jakob Pesciolini (Einaudi, 1992), con il quale ha vinto il premio Calvino, ma anche di reportage su giri a piedi e sott’acqua, racconterà a Seba Pezzani, padrone di casa del festival e direttore artistico letterario della rassegna, di tutte le sue passioni nell’incontro dal titolo “Attila, la Zia Subacquea e altre storie”.

E ancora musica e letteratura, o meglio: musica e poesia nell’incontro della prima serata: Gioachino Lanotte, docente universitario, musicista e autore di numerosi saggi dedicati alla musica cantautorale italiana e alla rilettura in chiave musicale della storia recente del nostro paese, chiacchiererà con Marco Ferradini. Noto al grande pubblico per la sua eterna “Teorema”, Ferradini è un catautore  prolifico, sulle scene da oltre trent’anni, uno degli autori più sensibili e ispirati del panorama della musica italiana, che ha collaborato e scritto per decine di artisti.

Un gradito ritorno, quello del giornalista Luca Ponzi, giornalista Rai, inviato del Tg3 per l’Emilia-Romagna e autore di romanzi e saggi, come ‘Mostri normali’ (Mursia) e ‘Cibo criminale’ (con Mara Monti, per Newton&Compton), che quest’anno a Fiorenzuola dialogherà con Divier Nelli, scrittore viareggino che ha pubblicato numerosi romanzi e ha curato progetti di scrittura creativa. Nel 2005 ha dato vita, assieme ad altri nove scrittori, a un laboratorio di scrittura all’interno della comunità di accoglienza del Ceis di Lucca, al termine del quale è stato pubblicato La vita addosso, 9 scrittori raccontano 9 vite estreme (Fernandel, 2006). Molto legato a tematiche sociali e attento alle dinamiche deviate che derivano dall’utilizzo della rete, nel suo ultimo romanzo “Il giorno degli Orchi” (Guanda, 2017) parla dei pericoli che in cui i giovani possono incappare con l’uso spensierato dei social network.

E sempre di un ritorno si tratta con la scrittrice Giada Trebeschi, che però torna a Dal Mississippi al Po non più nella veste di conduttrice, com’era stato lo scorso anno, ma saranno lei ed i suoi romanzi ad essere presentati a Fiorenzuola.

Storica e docente universitaria, con un importante palmares di collaborazioni accademiche in Italia ed Europa, autrice di teatro ed attrice lei stessa, Giada, bolognese di nascita, vive attualmente in Germania  ed ha appena dato alle stampe il suo ultimo romanzo storico, “Il vampiro di Venezia” (Oakmond Publishing, 2017), che segue il fenomeno “La Dama Rossa” uscito tre anni fa per Mondadori e tradotto in numerose lingue. Insieme a lei ci sarà il fidentino Gianluigi Negri, giornalista e critico cinematografico della Gazzetta di Parma ed ideatore della rassegna “gastro-letteraria-pittorica” Mangia come Scrivi.

E sarà ancora una giornalista emiliano, peraltro amico e collega alla Gazzetta, di Gianluigi Negri, con il quale ha curato tre volumi dedicati al cinema, una delle sue passioni insieme alla storia e alla cultura gastronomica, a condurre l’incontro successivo: Roberto Tanzi presenterà al pubblico di Piazza Molinari gli autori di “Gulasch di cervo. Caccia al tesoro nel cuore della Baviera” (Emons Edizioni, 2015) Lisa Graf e Ottmar Neuburger un romanzo che, con intelligenza ed ironia tocca alcune delle pagine più dolorose della storia del Novecentro, dal Terzo Reich (il “tesoro nel cuore della Baviera” sarebbe proprio il tesoro nascosto di Hitler), all’esplosione del reattore nucleare della centrale di Chernobyl, regalando un’immagine ben diversa da stereotipi e luoghi comuni della provincia tedesca.

Gli ultimi due ospiti di Seba Pezzani, che interverranno a Fiorenzuola nella serata di domenica sono Gigi Montali e Roberto Caselli.

Fotografo di viaggio, parmigiano di nascita, Gigi Montali ha scattato in paesi lontani ed esotici, senza mai trascurare la sua terra d’origine, passando dal Mali alla Pianura Padana, dalle miniere di rubini ai caseifici del parmense, ha dedicato molta attenzione al nostro fiume. Il Po e le terre emiliane sono stati protagonisti di numerosi progetti curati da Gigi, non solo mostre fotografiche, ma anche il bel volume illustrato (e come sarebbe potuto essere altrimenti?) “Po. Lungo il fiume paesaggio di sapori” (Sometti, 2015), un viaggio attraverso la gastronomia e l’agricoltura del Grande Fiume, dalle pendici del Monviso con le sorgenti di Pian del Re fino al paesaggio incantato del Delta veneto-ferrarese: una lunga striscia di 652 km in cui le dolci acque del Po fanno da scenario a una varietà eterogenea di eccellenze gastronomiche e secolari tradizioni agricole.

Chiude la sezione letteraria un vecchio amico di Dal Mississippi al Po, un giornalista musicale che torna ancora una volta al festival e che ha sempre qualosa di nuovo da raccontare: Roberto Caselli. Giornalista, critico musicale e storica voce di Radio Popolare ha al suo attivo lunghe collaborazioni con quotidiani, giornali specializzati, enciclopedie e siti web. È stato direttore della rivista Hi Folks! e per oltre vent’anni del mensile musicale Jam. Tra i suoi numerosi libri che spaziano tra rock, blues e musica d’autore si ricordano i 100 dischi per capire il blues (Editori Riuniti, 2001), le monografie su Paolo Conte (Editori Riuniti, 2002) e Joan Baez (Editori Riuniti, 2005), il saggio Hallelujah (Arcana, 2014) sui testi commentati di Leonard Cohen, arrivato alla seconda edizione, e La storia del blues (Hoepli, 2015). Quest’anno a Fiorenzuola presenterà il suo “Jim Morrison”, volume monografico uscito lo scorso anno per Hoepli.

LA MUSICA

Il calendario musicale si apre con una serata eccezionale: venerdì 14 luglio, infatti, Dal Mississippi al Po ospiterà la semifinale dell’Italian Blues Challenge per l’area nord-est. Sul palco -ovvero sul sagrato della Collegiata di San Fiorenzo- si susseguiranno quattro band, per quasi tre ore di musica dal vivo, in un grande spettacolo live da cui uscirà  un solo vincitore, che andrà dritto alla finale del Challenge. Le quattro band che si esibiranno a Fiorenzuola, di fronte ai membri della giuria dell’Italian Blues Union, sono: Francesco Garolfi trio, Groove City, The Crowsroads e Turrini-Guidi-Veronesi.

Francesco Garolfi, che gli appassionati di Dal Mississippi al Po conoscono molto bene, è un chitarrista, compositore, arrangiatore e produttore tra i più apprezzati della scena emergente. Conosciuto per la sua eleganza e la sua duttilità, ha diviso il palco e registrato in Italia e all’estero con artisti di fama internazionale, interpretando svariati generi musicali, dal blues al rock, dall’indie al prog, dalla world music alla musica d’autore, dalla musica popolare alla classica contemporanea, con sensibilità e personalità distintive. Dopo cinque album, di cui i più recenti “Un Posto Nel Mondo” e “Wild – Musiche per Jack London rivisitato da Davide Sapienza” interamente composti, suonati, registrati e prodotti artisticamente da lui solo, a Fiorenzuola si presenta con un progetto indedito in trio: insieme a lui, Roberto Dragonetti al basso e Teo Marchese alla batteria.

Groove City è il progetto nato dall’idea di tre amici musicisti bolognesi, accomunati dalla passione per soul, R&B e blues. Negli corso degli anni i Groove City hanno collaborato con tantissimi artisti molti dei quali provenienti da Sud degli USA : Rick Hutton, lo storico presentatore di Videomusic, Charlie Wood, grandissimo cantante ed hammondista di Memphis, la grandissima cantante di Memphis Toni Green (cantante di Isaac Hayes). Alla line up, composta da Fabio Ziveri – pianoforte e tastiere, Andrea Scorzoni – tenor sax, Pier Martinetti – chitarra, Giancarlo Ferrari – basso, Gianluca Schiavon – batteria e Franco Venturi – tromba, si è aggiunta da qualche tempo Daria Biancardi, esplosiva cantante palermitana con la qualche i Groove City hanno partecipato al Porretta Soul Festival 2016 e al Castefranco Soul Festival 2016.

Turrini-Guidi-Veronesi (ovvero Gloria-voce, Mecco-tastiere e Lele-batteria) sono tre musicisti “solisti”, ognuno con una spiccata personalità, con backgrounds diversi, tre percorsi musicali che si uniscono e si fondono creando un sound unico. L’interplay e le emozioni la fanno da padroni durante ogni loro spettacolo. Il repertorio che propongono è vario e a tratti sorprendente, brani originali che profumano di blues e jazz, rivisitazioni di brani della tradizione di New Orleans e del profondo Mississippi sempre però in maniera ricercata e personale, perché ogni loro concerto è imprevedibile e mai uguale. L’improvvisazione è la chiave che Turrini-Guidi-Veronesi usano per aprire la porta che vi farà viaggiare verso l’arte, la dinamica, l’interpretazione e l’interazione con il pubblico.

The Crowsroads sono un duo folk/blues italiano dal sound essenziale, ruvido e coinvolgente, formato dai fratelli Matteo (chitarra e voce) e Andrea Corvaglia (armonica e voce). Il loro repertorio è costituito, oltre che da brani originali, anche da un grande numero di reinterpretazioni di canzoni di artisti americani e inglesi, prevalentemente di genere folk, blues e affini (nella selezione, cantautori come Bruce Springsteen, Tom Waits, Jimi Hendrix e band come The Band, Blues Traveler, CSN&Y).

 La seconda serata di festival a Fiorenzuola vedrà esibirsi dal vivo quella che ad oggi è una delle superstar del rock blues internazionale, nata e cresciuta in Serbia, ma ora di stanza a Los Angeles: Ana Popovic. Dopo aver speso una decina d’anni avanti e indietro tra Europa ed America, ora Ana vive stabilmente in California, o per lo meno lo fa per quelle poche settimane all’anno in cui non sia in giro a fare musica da qualche parte nel mondo. I nomi che si associano a lei sono quelli dei veri pezzi grossi: lo scorso anno, il suo ultimo lavoro da studio, Trilogy, il suo progetto più ambizioso, che raccoglie in tre CD brani blues, jazz e funky, è stato prodotto da Warren Riker, produttore tra gli altri di Lauren Hill e Carlos Santana e da Tom Hambridge, che invece lavora con Buddy Guy. Per il sesto anno consecutivo, anche nel 2017 Ana ha ricevuto l’ennesima nomination ai Blues Music Awards di Memphis.

Ana in pochi anni ha bruciato tappe importanti, ha condiviso il palco ed avuto collaborazioni artistiche con il gota del blues internazionale: BB King, Buddy Guy, Billy Gibbons, Joe Bonamassa, Robben Ford, John Hiatt, Gary Clark Jr, solo per citarne alcuni. Ad oggi, lei e la sublime Bonnie Raitt sono considerata la massime esponenti femminili del rock blues internazionale.

Per quanto non molto elegante, la definizione di “chiusura col botto” descrive in maniera adeguata l’ultimo appuntamento del festival a Fiorenzuola: domenica 16 luglio si edisbirà dal vivo Charlie Musselwhite, indiscusso mito vivente dell’armonica blues.

In cinquant’anni tondi di carriera ha realizzato più di 30 album, tre dei quali: Ace Of Harps (1990), Signature (1991) e In My Time (1993), realizzati per Alligator Records, tuttora rimangono i migliori titoli venduti. Dopo il grande successo di The Well (2010) e le conseguenti nomine come “Album of the year” e “Traditional Blues Album of the year” ai  Blues Music Awards del 2011, il primo lavoro “full band” della sua lunga carriera, la più personale ed emozionale serie di brani che abbia mai creato, arriva, nel 2013, arriva per Charlie il momento in cui il suo nome diventa noto anche a livello mondiale anche a chi, con il blues, aveva poco a che fare.

Get Up! è il titolo di un album nato da una solenne e “troppo rara” collaborazione tra Musselwhite ed un altro grande artista, Ben Harper: un moderno classico blues che guarda al gospel, alla tradizione, al country e al R&B. Il disco vende milioni di copie in tutto il mondo, Charlie e Ben Harper intraprendono insieme un lungo tour internazionale e ad incoronare questo successo strepitoso, arriva anche il Grammy come miglior disco blues del 2013.

Avvezzo ai più prestigiosi palcoscenici internazionali, e a dividere la scena con colleghi ben più “pop”, accanto al già citato Ben Harper, come non nominare, ad esempio, Eddie Vedder e Tom Waits, solo per citarne un paio, Musselwhite ha dimostrato di saper dare il massimo anche in atmosfere più raccolte.

Charlie Musselwhite, che quest’anno celebra cinquant’anni di carriera, spesi per lo più sul palco, dal vivo, è la prova vivente che la buona musica può soltanto migliorare con gli anni. Per quanti e quanto prestigiosi siano i riconoscimenti che si è accaparrato in questi cinque decenni, 24 premi, di cui tre Grammy Awards dovranno pur voler dire qualcosa, forse quello che rende di più l’idea di chi sia Charlie Musselwhite e che cosa rappresenti la sua musica sta tutto nella frase: “Musselwhite è l’unico artista in grado di scatenare l’isteria del pubblico semplicemente aprendo una valigetta” perchè è proprio in quel momento, quando si prepara con la sua armonica, che inizia la magia.

LA FESTA

Per tutte le serate del festival sarà festa grande in Piazza Molinari: a partire dagli aperitivi (non solo letterari) del bar “I tre mori”, alle specialità proposte dalle associazioni del paese, che si occuperanno degli stand gastronomici.

In caso di maltempo, tutti gli appuntamenti saranno sposatati al coperto, all’interno del Teatro Verdi.

 




Reporter tedeschi in visita a Piacenza

Prosegue nel mese di luglio l’azione promozionale dell’offerta turistica dell’Emilia Romagna sul mercato tedesco che ha registrato in Regione, nei primi quattro mesi dell’anno, un buon trend di crescita sia in arrivi (+15,4%) che presenze (15,1%).
Con il coordinamento di Apt Servizi Emilia Romagna la ricca offerta del turismo regionale sarà al centro di due educational tour alla presenza di cinque reporter tedeschi.
Il primo eductour interesserà dal 12 al 15 luglio i territori di Piacenza, Parma e Modena e coinvolgerà i reporter tedeschi Alexander Augustin (che scrive per il quotidiano “Passauer Neue Presse”, 175mila copie di tiratura), Ulrike Katharina Herzog (la rivista trimestrale di viaggi “Holiday & Lifestye”, 65mila copie), Hartmut Adam (la rivista trimestrale d’automobilismo “Cabrio Life”, 69mila copie), Heike Heel (scrive per la rivista femminile bisettimanale “Freundin”, 270.675 copie).
L’educational inizierà nel pomeriggio di mercoledì 12 luglio al Castello di Rivalta (Piacenza) che fa parte del circuito dei “Castelli del Ducato di Parma e Piacenza”. Seguirà la visita al borgo medioevale di Bobbio (che si fregia della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano) e ad un’azienda vitivinicola di Travo (Piacenza) dove saranno degustati vini tipici del territorio.
Il giorno successivo il gruppo farà tappa, in mattinata, nel centro storico di Piacenza con la salita alla cupola del Duomo per ammirare gli affreschi del Guercino. I reporter visiteranno poi il Castello di San Pietro in Cerro (Piacenza) e raggiungeranno Polesine Parmense per visitare delle cantine di stagionatura del Culatello di Zibello e degustarlo.
Il programma di venerdì 14 luglio prevede la sosta, a Coduro di Fidenza, in un caseificio dove si produce Parmigiano Reggiano per poi raggiungere Maranello per la visita al Museo Ferrari e un test drive a bordo di una “Rossa”. Prima di partecipare, in serata, a Castel San Pietro Terme ad un Concerto di Musica Classica che fa parte del “Varignana Music Festival” il gruppo di reporter di lingua tedesca sosterà, per una visita e degustazione, in un’Acetaia di Castelfranco Emilia dove si produce Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Sabato 15 luglio, ultimo giorno del tour, il programma prevede la sosta al “Gelato Museum Carpigiani” ad Anzola Emilia.




Appartamento in comodato cercasi per progetto educativo

Casa in comodato cercasi per progetto educativo. Suona più o meno così l’annuncio comparso oggi su Facebook e firmato da Tice, la cooperativa sociale che da qualche anno si occupa di ragazzi con difficoltà di apprendimento (dsa, dislessici ecc.) o di comportamento.  L’appello è rivolto a tutti i proprietari di case sfitte che magari non hanno ancora deciso esattamente cosa fare dei loro immobili o che non vogliono affittarli per evitarsi grattacapi. Per capire meglio come funziona questa proposta abbiamo interpellato Francesca Cavallini, presidente della cooperativa.

Innanzitutto ci può spiegare meglio cosa è Tice e come funziona?

Ci piace definire Tice come una clinica del comportamento che agisce in particolare sulla fascia 0-13 anni. E’ aperta a tutti i ragazzi, sia a sviluppo tipico, sia con difficoltà, che devono imparare a comportarsi nella attuale società civile (o quasi). Quindi sono ragazzi con varie problematiche comportamentali.

Questo del comodato è un progetto aggiuntivo rispetto al lavoro tradizionale che fate in Tice durante l’anno scolastico, quando ad esempio insegnate ai ragazzi i metodi per studiare, li assistete nel fare i compiti e nel superare le difficoltà quotidiane?

Assolutamente si. Ci siamo accorti che, nei ragazzi con gravi problemi,  c’era una carenza soprattutto nell’acquisizione delle “life skill” cioè delle autonomie di vita e personali. Siamo quindi partiti, questa estate, con un progetto che si chiama Learn AirBnB in cui gruppi di ragazzi con bisogni educativi speciali, di settimana in settimana, cambiano casa per imparare a utilizzare le abitazioni stesse; quindi fare la lavatrice in un appartamento, poi in un altro, stendere i panni, rifare i letti (quindi diversi tipi di letti) utilizzando case della piattaforma di AirBnB. Abbiamo affittato degli immobili e questi ragazzini, seguiti da professionisti, da psicologi, che conoscono i principi della scienza del comportamento, stanno andando in queste case e imparano ad utilizzarle, a fare lavoretti. Poi cambiano immobile.

I ragazzi vivono in queste case per un certo periodo di tempo?

Si. Tranne che per la notte. Vivono lì di giorno e alla sera tornano in famiglia. Una sorta di scuola per imparare ad usare una casa. Adesso, nel periodo estivo, lo fanno dal mattino alla sera. Potremmo chiamarla Università dell’autonomia. Imparano ad usare una casa molto bene. Abbiamo delle volontarie casalinghe che spiegano come fare, oltre al personale tecnico impiegato.

Ma questi “studenti della casa” che tipo di ragazzi sono? Quali problemi hanno?

Sono tipicamente ragazzi con un ritardo mentale che vengono accompagnati da tutor, cioè da altri ragazzi a sviluppo tipico (ragazzi senza problemi ndr). Quindi ci sono ragazzi con disabilità, ragazzi con sviluppo tipico, volontarie, casalinghe e psicologi che governano questo complesso processo psicoeducativo.

Questi ragazzi a sviluppo tipico, i tutor, chi sono esattamente?

Sono ragazzi degli ultimi anni delle superiori che seguono un progetto di alternanza scuola lavoro.

I ragazzi assistiti invece che età hanno?

Vanno dai 15 anni ai 24 anni. Vogliamo in qualche modo replicare, per loro, un’istruzione superiore.

Da dove nasce l’idea di chiedere le case in comodato?

Questo progetto è partito con l’idea di utilizzare la piattaforma internet di affitto casa AirBnB. Ma non è sempre facile trovare la casa giusta per le nostre esigenze e riuscire anche a rimanere entro le risorse che sono disponibili.

Camminando in tante strade della nostra città, magari in zone abbandonate dai piacentini, vediamo numerose case sfitte, vuote. Sappiamo che questi ragazzi, accompagnati dalle casalinghe e dai volontari potrebbero trasformarli in luoghi vivi, frequentati da educazione ed innovazione. Ci è sembrata una idea tanto semplice quanto geniale. Quindi speriamo che qualcuno sia disponibile a cederci la casa in comodato d’uso. Abiteremmo la casa solo per sei mesi. Perché poi, per lo scopo del progetto, la dobbiamo cambiare.

Al di là della nobiltà del gesto che vantaggio avrebbe il proprietario di casa a cedervela in comodato, visto che il comodato è sempre gratuito, non prevede la corresponsione di un affitto?

Il proprietario avrebbe la casa abitata. Noi ci facciamo carico del costo dell’Imu, la ripitturiamo, sistemiamo, rimoderniamo i mobili; diventa una casa attuale, la rendiamo viva. Ci facciamo carico ovviamente anche dei costi delle utenze elettriche e del riscaldamento. Riportiamo vita in quella casa. Secondo me mettere i ragazzi, giovani psicologi in un condominio porta gente nel   condominio.

L’iniziativa quando l’avete lanciata.

Oggi. Il progetto è piaciuto tantissimo. I ragazzi hanno avuto degli ottimi risultati. Quindi non vogliamo più portarli in una stanza. Li vogliamo sempre in una casa. Vogliamo che imparino, prima degli altri, a viverla.

Di quante case avreste bisogno per il progetto?

Per partire, al momento, ce ne basterebbe una. Il progetto è sperimentale quindi non possiamo prendere troppi allievi.

Quanti allievi sono quelli coinvolti al momento?

Due gruppi di tre allievi a giorni alterni. Quindi sei allievi in totale ma a gruppi di tre per volta.

Chi fosse interessato a sostenere il progetto può contattare il Tice al numero 0523 652109 oppure tramite la pagina Facebook https://www.facebook.com/centrotice/.

Carlandrea Triscornia




Gli studenti della Cattolica faranno pratica dai notai di Piacenza

E’ stata siglata una Convenzione per i tirocini tra i notai e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Consentirà agli studenti iscritti all’ultimo anno di corso di Laurea Magistrale di accedere alla pratica negli studi dei notai, condizione indispensabile per la partecipazione al concorso notarile.

A siglarla il notaio Mariarosaria Fiengo, Presidente del Consiglio Notarile di Piacenza, alla presenza del sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri, del Presidente del Tribunale Italo Ghitti, del notaio Massimo Toscani, Presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, oltre a un pubblico di docenti, tutors e studenti.

La Convenzione consentirà ora agli studenti di fare pratica anche prima del conseguimento del diploma di laurea, e per un periodo massimo di 6 mesi.

“Si tratta della prima Convenzione – ha sottolineato Mariarosaria Fiengo – che viene sottoscritta tra un Consiglio Notarile Distrettuale e una Università, in attuazione dell’art.5 co.5 L.89/13 e del DPR 7 agosto 2012 n.137, in conformità alla Convenzione Quadro sottoscritta dal CNN con i Ministeri competenti”.

“Il Notariato – ha rimarcato Mariarosaria Fiengo – è consapevole dell’importanza del suo ruolo nel contribuire alla formazione delle nuove generazioni di Notai ed intende fare la sua parte nel trasfondere ed esaltare nei giovani che desiderano avvicinarsi alla professione la funzione pubblica del Notariato e la sua costante presenza e vicinanza accanto ai cittadini nello svolgere della loro vita familiare e sociale”.

La dottoressa Fiengo ha poi posto l’accento sull’importanza della pratica “che rappresenta un importante raccordo fra vita universitaria e realtà degli studi notarili, ancor più importante se ciò avviene nell’ultimo anno di corso di laurea, consentendo così al giovane laureando di indirizzare le proprie scelte secondo le proprie aspirazioni, propensioni attitudini”.

“I notai di Piacenza – ha concluso Mariarosa Fiengo –  sono pronti ad accogliere nei propri studi i giovani laureandi e laureati cui trasmettere, con passione ed entusiasmo, il valore della pubblica funzione ad essi demandata, e del ruolo sociale che il Notaio svolge accanto ai cittadini, nello svolgere della loro vita familiare, economica e sociale”.




Zilocchi: “i nuovi voucher sono uno schiaffo alla democrazia”

C’erano una volta i voucher, strumento usato ed a volte abusato per pagare le prestazioni occasionali. Il governo, lo scorso marzo, con un colpo di mano, li tolse di mezzo lasciando spiazzati un po’ tutti. I sindacati ed anche quelle piccole imprese che i buoni lavoro li avevano usati onestamente. La paura principale di Palazzo Chigi, probabilmente, era quella di dover affrontare il referendum promosso dalla Cgil.

Usciti alla chetichella dalla finestra ora i voucher rientrano dalla porta con un nuovo nome e nuove regole. Si chiamano “contratto di prestazione occasionale” per le imprese e “libretti famiglia per i privati”. Questi ultimi servono per pagare piccoli lavori domestici, come giardinaggio, pulizia e manutenzione, assistenza domiciliare, lezioni private. Il compenso, per il lavoratore sarà di 8 euro mentre due euro copriranno i contributi e l’Inail. Un po’ più complicato il meccanismo del  contratto di prestazione occasionale riservato  professionisti, aziende ed  enti pubblici. Il datore di lavoro effettuerà il pagamento attraverso F24 mentre il lavoratore riceverà un bonifico direttamente dall’Inps entro il 15 del mese successivo.

E’ stato introdotto un compenso minimo giornaliero di 36 euro, corrispondenti al pagamento di quattro ore lavorative. Per le ore successive il compenso non potrà essere inferiore ai  9 euro l’ora. I tetti annui di compenso sono 5.000 euro per ciascun lavoratore e di 280 ore annue.

Non mancano le critiche a questi nuovi strumenti, da un lato per le complicazioni burocratiche introdotte, dall’altro perché c’è chi sul fronte sindacale si sente decisamente preso in giro. E’ il caso della Cgil come ci ha confermato Gianluca Zilocchi, segretario generale Cgil di Piacenza.

Zilocchi come vi sembrano questi nuovi strumenti, PrestO e Libretto di Famiglia?

Ancora prima dei contenuti c’è una questione di metodo rispetto al fatto che la reintroduzione di uno strumento di questo tipo, rivolto anche al mondo dell’impresa, per noi è stato uno schiaffo molto pesante. Non tanto nei confronti della Cgil e delle nostre idee ma al concetto stesso di democrazia.

Cosa intende con schiaffo alla democrazia?

Abbiamo presentato un referendum supportato da un milione e trecentomila firme che chiedeva l’abrogazione dei voucher. Non voglio nemmeno discutere se la nostra proposta fosse giusta o meno. Ma se c’è un referendum e tu cancelli la norma per evitarlo e poi la reintroduci sotto una nuova forma …. beh questa è una violazione palese di un principio di democrazia.

Infatti avete protestato a Roma nelle scorse settimane.

Si. Abbiamo fatto una manifestazione nazionale a Roma molto partecipata e riuscita per chiedere un intervento del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale a cui faremo un ricorso perché secondo noi quanto successo è anticostituzionale. Vedremo gli esiti di questi ricorsi. Nel frattempo il governo è intervenuto con queste norme che sono contraddittorie fra di loro. Noi non siamo contrari al lavoro occasionale, anzi. Insieme al referendum abrogativo avevamo raccolto le firme anche su una legge di iniziativa popolare che era  la Carta dei Diritti Universali. Una proposta molto complessa di 97 articoli che parlava dei diritti sui licenziamenti che sono stati cancellati, l’articolo 18 e quant’altro. Parlava di nuove forme del mercato del lavoro. Fra queste forme c’è una nostra proposta su come normare il lavoro occasionale nel nostro paese.

Quindi riconoscete anche voi che per certe situazioni c’è la necessità di poter gestire il lavoro occasionale?

Certo, c’è una necessità vera che è rivolta soprattutto alle famiglie per lavoretti come il giardinaggio, l’assistenza saltuaria domestica, eccetera. Situazioni che possono essere normate. Noi avevamo una proposta in questo senso che si limitava alle famiglie, alle associazioni ricreative, sportive e culturali che potevano usare questi strumenti per manifestazioni, eventi particolari. Questo non ha nulla a che vedere con il resto del lavoro delle imprese dove, secondo noi, non c’è necessità di avere uno strumento di lavoro occasionale.

Perché non c’è bisogno? Le imprese in realtà chiedono di poter usare strumenti semplici e flessibili

L’occasionalità nel mondo delle imprese è già governata, gestita  con strumenti come il lavoro ad intermittenza, i contratti di somministrazione,  le agenzie interinali. Se un’impresa ha bisogno gli strumenti ci sono. Magari costano un po’ di più … ma il lavoro costa. Se diventa la variabile su cui scaricare la competizione con le altre imprese … allora questo va a discapito dei lavoratori di quelle imprese.

Insomma questi nuovi voucher non le piacciono proprio?

Il governo è intervienuto in una maniera anche peggiorativa rispetto a prima per alcuni aspetti. Ci sono due strumenti che sono pensati in maniera diversa. Da un lato per le famiglie, con questo libretto … su cui potremmo discutere. Certo non è un contratto di lavoro come noi chiedevamo.  Pensavamo che, anche nel caso di somministrazione del lavoro occasionale per le famiglie, si venisse a costituire un vero e proprio rapporto di lavoro, seppure occasionale e saltuario. Un contratto da cui derivassero tutele e diritti quali permessi, ferie, giorni di riposo.

Di fatto invece è la riproposizione del vecchio voucher sottoposto ad un leggero restyling?

Si. Cambia la forma. Non saranno più dei buoni come prima perché verranno liquidati direttamente dall’Inps sul conto corrente della persona.

E i PrestO invece?

Analogamente viene istituita una seconda forma di lavoro occasionale per le imprese fino ai cinque dipendenti. Stiamo parlando, in Italia, della stragrande maggioranza delle imprese.

L’impresa di quattro dipendenti che ha bisogno di un saldatore meccanico invece di utilizzare gli strumenti corretti (agenzie per il lavoro, contratto a termine etc.) potrà usare questo strumento  che noi pensiamo sia sbagliato nel principio e nelle forme con cui viene riproposto.

Non è un contratto, siamo nuovamente a una forma che slega ogni forma di subordinazione del lavoratore con l’impresa. Noi pensiamo che questa sia una patologia del mercato del lavoro italiano. E’ una via di uscita per scaricare costi (e non per una funzionalità organizzativa). Si dice che i voucher servivano per i bar e i ristoranti ma sono già previste forme molto flessibili  di part time, di lavoro nei week-end. Così anche nei supermercati, nei centri commerciali.  Le formule ci sono tutte. Questo è un escamotage su cui non siamo assolutamente d’accordo. Faremo di tutto per continuare la nostra battaglia. L’abbiamo chiamata sfida per i diritti. Lo ripeto è stato uno schiaffo alla democrazia. Al di là della valutazione negativa su questi nuovi strumenti c’è quella su un’operazione politica spregiudicata che per me è un allarme democratico. Tecnicamente poi pensiamo siani addirittura peggiorativi rispetto ai vecchi voucher?

Perché peggiorativi?

Perché c’è una norma pericolosa che vedremo nell’attuazione concreta. In pratica l’impresa ora comunica la volontà d utilizzare questo lavoro occasionale ma entro tre giorni questa comunicazione può essere revocata. E’ una istigazione all’abuso. Se io oggi utilizzo, voglio utilizzare, un lavoratore in quel modo lo faccio, lo comunico e se non mi arriva nessuna ispezione il giorno dopo posso anche revocare tutto. Una cosa che fa a pugni con il buon senso. Per risolvere i problemi del lavoro in Italia ci vorrebbero ben altre cose.

Cosa esattamente?

Strumenti di politica industriale importanti, che pensino a come si sviluppa il nostro paese e dove vanno le nostre risorse. Basti pensare che noi, in pochi anni, abbiamo dato più di 20 miliardi alle imprese – con gli incentivi del Job Act – con le assunzioni a tutele crescenti che non hanno prodotto la minima occupazione aggiuntiva

Ma il Governo ha ripetutamente dichiarato che il Job act ha funzionato per creare nuova occupazione.

La verità è che hanno semplicemente trasferito lavoratori che avevano già un contratto ad una nuova forma. Una volta finiti gli incentivi, come avevamo detto noi, si è bloccato tutto il motore. Incentivi che sono serviti solo a fare un po’ di risparmio su lavoratori che già si avevano in casa. Non si è creato lavoro aggiuntivo.

Non mi dica che è contrario agli incentivi …

Vanno bene gli incentivi ma per le imprese che creano lavoro vero, lavoro nuovo, aggiuntivo che fanno investimenti non per gli imprenditori, come è successo in Emilia che sono indagati, sotto processo (nel processo Emilia sula ndangheta) per infiltrazioni negli appalti e che magari sono gli stessi che hanno usufruito degli incentivi dello Stato.

Quindi che incentivi servono allora?

Ci vogliono incentivi alle imprese serie che creano lavoro aggiuntivo e fanno e che hanno in testa un modello di lavoro che è quello che può servire per questo paese.

Tornando ai buoni lavoro potremmo dire che più che l’abolizione dei voucher c’è stata quella del referendum.

Esatto. Non si sono abrogati i voucher ma il referendum. Un principio pericolosissimo per qualsiasi futuro referendum. Se passa l’idea che cancello la legge e dopo un mese la rimetto …

Non si ha avuto il coraggio di far votare i cittadini italiani su questa materia perché probabilmente si sapeva che il referendum avrebbe avuto un esito molto netto.

Noi andremo avanti con la nostra battaglia, anche sul referendum che non ci hanno fatto fare. Faremo anche un ricorso alla corte di Giustizia Europea.

Carlandrea Triscornia




Arriva il carburante per l’agricoltura

Dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi, arriva una buona notizi per gli agricoltori. La regione ha infatti deciso  di riaprire le assegnazioni di gasolio per le aziende agricole. Coldiretti Emilia Romagna esprime soddisfazione per la decisione dell’assessorato regionale all’Agricoltura di dare la possibilità agli imprenditori agricoli di richiedere quote aggiuntive di carburante agricolo a prezzi agevolati per far fronte alle maggiori esigenze di irrigazione. Coldiretti regionale apprezza la sollecitudine con cui la Regione ha risposto alla richiesta che la Coldiretti aveva inoltrato la settimana scorsa all’assessorato Agricoltura.

In questo modo – afferma Coldiretti – verrà garantita la possibilità di irrigare, un intervento fondamentale in questo periodo di grande caldo per salvare le colture nei campi che diversamente rischiano di essere “bruciate”.

 

 

 




A Pontenure torna Concorto Film Festival

Dal 19 al 26 agosto torna, a Pontenure, Concorto Film Festival, una tra le rassegne di cortometraggi più importanti d’Italia, con un’ampia proposta di opere cinematografiche e un ricco programma di workshop, retrospettive e incontri.

Giunto alla sua XVI edizion è tra le più longeve e importanti rassegne italiane dedicate esclusivamente al cortometraggio, realizzata grazie al patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Comune di Piacenza, Comune di Pontenure.

Più di 50 film, provenienti da 20 diversi Paesi, sono stati selezionati per partecipare al festival e si contenderanno l’Asino d’oro, ovvero il premio per il vincitore, che sarà assegnato da una giuria composta da Yorgos Arvanitis, celebre direttore della fotografia greco, Anna Budanova, regista e autrice di corti d’animazione, Laurent Crouzeix, membro del comitato organizzatore del Festival Internazionale del Cortometraggio di Clermont Ferrand e responsabile del progetto Shortfilmdepot, Massimo Lechi, critico cinematografico e saggista, Sven Schwarz, Direttore del Festival Internazionale di cortometraggi di Amburgo.

Tra le novità di Concorto 2017 è da segnalare Borders, un concorso, organizzato in collaborazione con Lago Film Fest, dedicato a film che tratteranno di migrazioni e confini. Le opere di questa particolare sezione saranno valutate da un’apposita giuria che assegnerà un premio al migliore corto.

Paesi ospiti di questa edizione saranno l’Argentina e la Romania; un ampio programma di retrospettive e incontri analizzeranno le produzioni e le scuole cinematografiche di quelle nazioni.

Non vanno dimenticate le sezioni fuori concorso, Ubik, con cortometraggi dal linguaggio sperimentale e Deep Night, programmazione notturna di film di genere che si svolgerà nella suggestiva cornice della serra di Parco Raggio a Pontenure.

Prosegue la collaborazione con altri festival europei dedicati al cortometraggio: in quest’ottica, anche quest’anno si tiene The Summer Connection, in programma a Piacenza, presso Palazzo Ghizzoni Nasalli, il 22 e il 23 agosto. Si tratta di una due giorni di incontri e dibattiti dedicati a professionisti del settore, direttori di festival, programmatori, addetti ai lavori, chiamati a discutere del ruolo dei festival come motori di promozione culturale.

Oltre al cinema, Concorto propone incursioni nel mondo della musica di ricerca. Per il 2017, saranno protagonisti due compositori di fama internazionale: l’italiano Teho Teardo, che inaugurerà il festival con un suo concerto e l’austriaco Christian Fennesz, che porterà sul palco di Concorto la sua opera “Mahler Remixed”, ideata insieme all’artista visivo Lillevan.

Concorto da anni è impegnato anche sul fronte della formazione, creando occasioni che permettano al suo pubblico di entrare in contatto con registi e artisti, sia con dibattiti e discussioni organizzati prima e dopo le proiezioni, sia con laboratori di cinema e fotografia concepiti come uno strumento, rivolto soprattutto ai più giovani, per sperimentare in prima persona tecniche e ragion d’essere del “fare” arte, che si tengono, per tutto l’anno scolastico, in alcuni istituti del territorio. A questi si affiancano quattro workshop più intensivi di alcuni giorni, durante la settimana del festival: Audiovisiva, curato dal regista scozzese Tomás Sheridan, Virtual Reality – Corso di regia per film a 360°, curato dalla regista americana Emily Cooper, Ritratti istantanei d’artista, curato dal fotografo Massimo Bersani e Linguaggio cinematografico, curato dalla regista Marina Spada. Quest’ultimo sarà destinato ai membri di quella che sarà la Giuria Giovani, selezionata tramite bando aperto a tutti i giovani residenti in Italia, di età compresa tra i 18 e i 21 anni.

Confermata anche quest’anno la tradizione che vuole una firma d’autore per le locandine del festival: a interpretare il tema dell’asino, simbolo della rassegna, è stato Hitnes. Al ritmo di un “andante al galop” l’asino dell’artista romano muta la sua forma come una chimera, da quadrupede si fa pavone, da pavone diventa ippogrifo, in un turbinio di piume e penne di un blu quasi elettrico. Il risultato è un animale mitologico in continuo cambiamento, un fotogramma istantaneo, “segno” perfetto per un festival che si occupa di immagini in costante mutazione.




“Contro la scarsità idrica più delle dighe servirebbe la volontà politica”

In questi giorni si susseguono le notizie legate ai disastri che la siccità rischia di provocare alle nostre terre, in particolare all’agricoltura, ed infatti il governo ha dichiarato lo stato di emergenza per la provincia di Piacenza e Parma. Tra le ipotesi per risolvere la situazione, in una prospettiva di lungo termine, è spuntata anche quella di costruire una nuova diga, la quarta, in Val Trebbia. Se ne è, discusso anche alcune sere fa, a Rivergaro, in una riunione promossa da Legambiente, dal comitato No Tube e dai pescatori di Fipsas.

Il dubbio è che la diga sia interessante non tanto per gli effettivi benefici che potrebbe portare ma perché sarebbe un gigantesco investimento, con posti di lavoro e ricadute sull’economia locale. Per questo l’idea piace a molti, ma non a tutti e certamente non a Legambiente di Piacenza ed alla sua presidente Laura Chiappa. 

Cosa avete concluso durante la riunione? Questa diga serve o no?

La serata è stata preparata per esporre quella che ovviamente è una nostra tesi e cioè che, in specifico per la Val Trebbia, riteniamo che la diga (intesa come gande bacino e non come semplice invaso) fatta in alta montagna non sia assolutamente una soluzione.

Eppure tanti ne hanno parlato favorevolmente.

In effetti sui giornali ci sono stati tantissimi interventi sia di sindaci sia di privati che sponsorizzano, insieme al Consorzio di Bonifica, il tema della diga. E’ molto suggestiva l’idea di un bacino che si riempie di acqua e … poi  questa acqua può essere utilizzata facilmente per qualsiasi tipo di applicazione. A Piacenza la richiesta maggiore è per gli usi irrigui.

Non è così?

Noi da anni stiamo dicendo che alla provincia di Piacenza non serve una grande diga ma servono tanti piccoli interventi per sopperire a quello che è un reale deficit idrico. Deficit che c’è in Val Trebbia ma anche in val Nure, in Val Tidone ed in altre aree.

Ma come facciamo, ci scusi, ad avere un deficit irriguo visto che ci sono già tre dighe che potrebbero darci acqua in abbondanza?

Da tantissimi anni si sa che esiste un deficit idrico. Questo perché l’uso irriguo, cioè l’utilizzo dell’acqua in agricoltura è notevolmente cresciuto rispetto al passato. Si è data particolare importanza alla coltivazione del pomodoro e del mais (mais da trinciato o per biomasse). Coltivazioni che hanno in rilevante interesse economico per gli agricoltori ma che richiedono molta acqua.

L’agricoltura non utilizza materie industriali. Un’azienda può prenotare il ferro o l’acciaio da qualsiasi parte del mondo. In agricoltura questo non avviene. Si usano due beni finiti di cui uno è il terreno e l’altro l’acqua. Il bisogno di acqua è aumentato costantemente.

Da moltissimi anni il tema dell’acqua viene trattato dal punto di vista normativo perché l’acqua ha diverse finalità. La prima e più importante è quella potabile che ha sempre la precedenza sulle altre. Poi ci sono gli usi irrigui ma anche quelli di fruizione dei fiumi.

Quindi i fiumi dovrebbero essere tutelati in sé? Dovrebbero avere acqua anche in estate? 

E’ stato riconosciuto dalla legge un ruolo importante all’acqua anche dal punto di vista ambientale: ci deve essere presenza di acqua nei fiumi. Per questo è stata creata una normativa che dice che deve essere riconosciuta al fiume una minima presenza di acqua che si chiama minimo deflusso vitale,  che non può essere sottratto al fiume per le derivazioni a scopo irriguo. Questo è vincolante da molti anni ed è a pieno regime dal 2015.

Al di là delle poche piogge di quest’anno, ci sembra di capire che la scarsità d’acqua sia un tema ben noto, non esattamente l’emergenza inattesa che in tanti – ad esempio i consorzi di bonifica – ci dipingono.

Noi, da anni, sapevamo che a causa della grossa richiesta di acqua ci sarebbero stati dei problemi a Piacenza. Fin dal 2002/2003 abbiamo chiesto che si facesse un tavolo, insieme alla Regione ed alla Provincia, per capire quali erano le necessità di acqua, soprattutto della Val Trebbia, e come riuscire ad approvvigionarla.

Il famoso tavolo del Trebbia venne fatto e vi parteciparono anche l’Università, gli agricoltori, il Consorzio di Bonifica e le associazioni ambientaliste. Se ne uscì, nel 2007, con una serie di proposte in cui la presenza della diga veniva esclusa.

Perché venne esclusa?

Perché le dighe, si scoprì con vari analisi e studi, sono particolarmente costose, ci vuole moltissimo tempo per farle, creano notevoli problemi ambientali nonché trasporto di sedimenti e soprattutto provocano modifiche all’assetto del fiume.

In provincia di Piacenza poi non ci sono luoghi idonei per costruirle. Allora venne fatta un’analisi su una decina di posti suggeriti dal Consorzio di Bonifica e vennero tutti esclusi.

Erano state invece individuate una serie di possibilità per trovare l’acqua che serviva.

Quali erano?

Fra i punti fondanti innanzitutto la necessità di rimettere in ordine il sistema delle canalizzazioni del trasporto dell’acqua per fini irrigui. Si è scoperto che circa il 50% dell’acqua che viene deviata a questo scopo va persa. Quindi una semi- impermeabilizzazione dei canali (o quanto meno individuare le maggiori perdite) permetterebbe di recuperare circa 18/20 milioni di metri cubi d’acqua che non sono pochi.

Poi si dovrebbe riordinare il sistema di distribuzione che è un sistema feudale basato sulle utenze privilegiate, non a richiesta. Quando l’acqua c’è viene data, anche se non ne hai bisogno. Si dovrebbe invece fare come in quasi tutta l’Emilia Romagna dove l’agricoltore se ha bisogno, a richiesta, riceve l’acqua.

Si era anche individuato come sistema prioritario, l’utilizzo dei bacini ricavati nelle cave. Abbiamo tantissime cave lungo il Trebbia ma anche lungo il Po. Bisognerebbe riempire questi bacini di approvvigionamento durante l’inverno per poi usare l’acqua d’estate.

Altra possibilità era quella di fare dei bacini semi-naturali realizzando piccolissimi sbarramenti in bacini naturali, senza fare grandi opere. Oppure utilizzare le casse di espansone riducendo il rischio di inondazione. Questo poteva servire a un duplice scopo; d’inverno si riempiono (in funzione anti inondazione) e poi vengono utilizzate durante l’estate.

Quale di queste misure è stata attuata?

Dal 2007 nessuno di questi elementi è stato realizzato perché non c’è stata alcuna volontà politica di creare entro uno, due o tre anni (c’era anche una scaletta) questi piccoli bacini di accumulo, rivedere il sistema dei pozzi, più un’altra serie di elementi.

Volontà politica da parte di chi? Chi avrebbe potuto concretamente finanziare tutto ciò?

In primis la Regione e poi la Provincia, quando c’era ancora. Non hanno svolto un ruolo forte da questo punto di vista. C’è stata una grandissima opposizione soprattutto alla soluzione dei laghi di cava da parte delle associazioni agricole e del Consorzio di bonifica. Sempre in una prospettiva da una parte di arrivare a derogare il flusso vitale dei fiumi e quindi approvvigionarsi con l’acqua dei fiumi con regole diverse rispetto a quelle disciplinate dalla normativa; dall’altra … questo “Moloch” della risoluzione finale del problema attraverso una diga.

Dighe che peraltro sono, in parte, vuote in questo momento

Si esatto, che sono vuote perché quest’anno non è piovuto da ottobre. C’è un deficit idrico gravissimo nelle provincie di Parma e Piacenza. Sentivo un esperto recentemente che mi diceva come – per ripristinare la situazione delle falde dovrebbe piovere quasi per due mesi di seguito (pioggia fine ovviamente). E’ una situazione grave e le dighe sono vuote perché, come è logico … le dighe si riempiono solo se piove.

Come abbiamo detto durante la serata di Rivergaro, sono quindici anni di ritardi, non si sono volute approntare quelle misure che sarebbero costate molto meno e che avrebbero potuto, ogni anno, trovare acqua a scopi irrigui e lasciare i fiumi per gli scopi fruitivi che comunque hanno un indotto economico forte anche quelli. Il Trebbia attira gente, fa guadagnare. Attività economiche intorno alla vallata. E questo potrebbe avvenire anche per il Nure.

Su tutto questo ragionamento si innesta poi il Brugneto.

La Val Trebbia ha già tre bacini, tre dighe. Una è appunto il Brugneto (anche se la diga è in Liguria ma utilizza l’acqua del Brugneto che è stato deviato). C’è la diga di Boschi che è una diga dell’Enel e quella della Val Boreca che ora è stata declassata e non è più nemmeno diga.

Il Brugneto rilascia ogni anno solo due milioni e mezzo di metri cubi di acqua per un accordo che è stato fatto negli anni Cinquanta ed applicato negli anni Sessanta. Prima dovevano essere dieci milioni, poi sono diventati cinque e ora sono rimasti due e mezzo. Per tre anni, fino allo scorso, è stato fatto un accordo per una ulteriore aggiunta di un milione e mezzo   di metri cubi. Viene richiesto di solito a luglio o agosto, su istanza del consorzio, per sopperire ad un deficit idrico. Quest’anno c’è una situazione molto grave.

La Provincia di Genova non ha dato il milione e mezzo in più degli scorsi anni. Ci rimangono – ad oggi – due milioni e mezzo che il consorzio non ha ancora attivato. In compenso ha chiesto alla Regione una deroga del minimo flusso vitale del fiume che gli è stata concessa, a determinate condizioni.

Cosa si può fare per riappropriarsi dell’acqua del Brugneto e non dover prosciugare il “povero” Trebbia?

Occorre rinegoziare radicalmente il disciplinare della diga del Brugneto. Soltanto il 60% dell’acqua presente nella diga (che è sempre stata piena in questi anni tra l’altro) viene utilizzato per fini idropotabili da Genova. Nessuno vuole toccare questa quota che è prioritaria.

Il resto, in realtà, viene utilizzato per altro: viene “turbinato” da Mediterranea delle Acque, società proprietaria del gruppo Iren. Si produce energia idroelettrica nelle due centrali che ci sono ai piedi della diga, in territorio genovese, e l’acqua di risulta viene lasciata nel bacino di Genova. Abbiamo scoperto che circa un 20% addirittura non viene utilizzata ma viene lasciata andare per sfioramento, sempre in Liguria.

Tanta acqua che potrebbe tornare a Piacenza.

Ci sarebbero secondo noi almeno altri dieci milioni di metri cubi d’acqua, ma anche di più, che –  come dovrebbe essere –  si potrebbero deviare verso il versante piacentino quindi in Trebbia e sopperire parzialmente o totalmente a quello che è il deficit idrico della valle.

Come ci si può riuscire?

Una volontà politica forte da parte della Regione è quello che ci vorrebbe per andare veramente verso una modifica ed una rinegoziazione. Una volontà che, fino ad adesso, non c’è stata.

Carlandrea Triscornia




Con la siccità i trattori rischiano di restare senza gasolio

La siccità sta mettendo sempre più in ginocchio l’agricoltura della nostra provincia e della regione. L’ultimo rischio, in ordine di tempo, è quello di uno stop per i mezzi ed i trattori agricoli con la conseguenza di non poter più svolgere le normali attività in campagna perché diventa impossibile irrigare e raccogliere i prodotti.

L’allarme per la mancanza di gasolio a causa della siccità è stato lanciato da Coldiretti Emilia Romagna, che ha già chiesto all’assessorato regionale all’Agricoltura un’assegnazione supplementare di gasolio agricolo.

Il maggiore impiego dei mezzi per l’irrigazione dei campi a causa del caldo al di sopra della media del periodo e del calo del piogge del 50% negli ultimi nove mesi – spiega Coldiretti regionale – ha ridotto fortemente la disponibilità di gasolio agricolo delle aziende, che rischiano, da un lato, di non poter più irrigare e quindi di non poter ottenere una produzione e una qualità adeguata per prodotti come le angurie, i meloni, il pomodoro, la barbabietola da zucchero e l’uva ma anche per il mais e il foraggio per alimentare bestiame, e, dall’altro, di non poter far funzionare i mezzi per la raccolta e il trasporto della frutta.

Le temperature e le minori piogge – afferma Coldiretti Emilia Romagna – stanno mettendo a dura prova tutti gli impianti di irrigazione messi sotto sforzo per riuscire ad evitare che il caldo eccessivo “bruci” il raccolto. La conseguenza è un forte aumento dei costi di produzione e soprattutto un calo sostanzioso delle riserve di carburante agricolo che bisogna ripristinare al più presto.

E’ fondamentale perciò – afferma Coldiretti regionale – che ci sia una assegnazione supplementare di gasolio per permettere i normali lavori di campagna per ottenere i prodotti di qualità che contraddistinguono l’agricoltura regionale.