I 25 anni della Pellegrina raccontati in un libro

Quando qualcosa ci fa paura, istintivamente distogliamo lo sguardo. Anzi: se possibile ci allontaniamo a passo svelto. Soprattutto se crediamo che la paura si possa trasformare in un pericolo concreto. Sorta un quarto di secolo fa, la casa accoglienza Don Venturini è il luogo dove questo non accade. Anzi, accade proprio il contrario.

E così subito fuori da Piacenza – in località La Pellegrina, nome favoloso che è divenuto il suo soprannome – la struttura accoglie pazienti fragili, affetti da Hiv o Aids, per garantire loro una vita piena. Fondata dalla volontà della Caritas Diocesana, gestita dall’Associazione La Ricerca, ha attraversato gli anni in cui di quel contagio silenzioso non si voleva neppure parlare cercando non solo di fare il bene dei propri ospiti, ma anche di organizzare manifestazioni che “contagiassero” la città di consapevolezza e voglia di condividere il percorso.

Il giovane giornalista Thomas Trenchi ha accolto storie che sono insieme di consapevolezza e di rinascita, di amore per la vita e di piccole vicende quotidiane. È bello scoprirle pagina dopo pagina. Nato a Fiorenzuola nel 1998 Trenchi è stato regista del documentario Avevamo paura. Memorie di guerra di Bruna Bongiorni ed insieme a Enzo Latronico ha curato per Papero Editore l’appendice documentaria di #TorreSindaco. Storia dell’uomo che promise un vulcano a Piacenza (2017).

Volume: pp. 90, euro 12 – Collana; eXtra omnes – Edizioni: Papero Editore




Un convegno per ricordare che l’Aids è ancora un grosso pericolo

Contrariamente a quello che i pensail virus dell’HIV non è affatto scomparso, anzi! La diffusione dell’aids è aumentata con il dilagare dell’indifferenza il più delle volte dettata dall’ignoranza e dalla scarsa consapevolezza del rischio  di contagio con la conseguente mancata adozione di idonee misure di prevenzione: i più giovani, i ragazzini di ultima generazione – viene purtroppo ancora confermato – non sanno che cos’è l’aids, perché non se parla quasi più come invece avveniva quando si era manifestato il fenomeno e fino ad una ventina d’anni fa. Gli adulti, da parte loro, tendono a ritenersi immuni dal contagio, basandosi sull’errata convinzione che il pericolo riguardi solo categorie specifiche, un’illusione dettata dallo stigma sull’omosessualità e sulla tossicodipendenza. Ma non esistono categorie esenti dal rischio di contrarre l’infezione.

Domani giovedì 15 marzo, nell’ambito delle celebrazioni per i 25 anni di fondazione della casa accoglienza per malati di aids “Don Venturini”, l’associazione “La Ricerca” e la Caritas diocesana chiamano a convegno la comunità piacentina, in particolare i giovani – studenti delle Superiori e universitari – e operatori del mondo sociosanitario, per tenere sempre viva l’attenzione su questo fenomeno.

Un evento mirato a far luce su tutto questo per riflettere e agire insieme; si svolgerà per l’intera mattinata nell’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano di via Sant’Eufemia 12: sarà aperto alle 9 con i saluti del presidente dell’associazione “La Ricerca”, Gian Luigi Rubini e del direttore della Caritas diocesana Giuseppe Chiodaroli.

Alla proiezione del cortometraggio, “Una casa che ti in-vita – racconto della storia di ieri, oggi e domani della Casa Accoglienza”, seguirà l’intervento della  dott.ssa Caterina Valdatta del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale di Piacenza,  quindi Giampiero Bonetti,  operatore della “Pellegrina” ripercorrendo la “messa in scena” di Hiv/Aids sui media con l’ausilio di filmati, fornirà uno spaccato su potenzialità e rischi del “fare comunicazione” sull’aids, poi spazio all’ascolto sul significato di “fare casa”, su quanto si può dare e ricevere nella relazione con reading di testi e scritture di persone di persone colpite dal virus hiv e di persone che si sono ammalate di aids, e testimonianze di giovani volontari che hanno svolto e stanno svolgendo attività di volontariato al fianco di operatori e ospiti della Casa Accoglienza.

L’opera che la “Pellegrina” sta portando avanti – per fare cultura, educando al valore del rispetto di se stessi e degli altri sul piano della sessualità, certo, ma anche più alto e profondo dei sentimenti e dei rapporti – è dunque sempre più improntata al dialogo diretto con il territorio non solo facendosi testimonianza viva della potenza della solidarietà e della vicinanza umana, ma anche coinvolgendo i cittadini, in primis i giovani, informandoli e stimolandoli a diffondere le informazioni ricevute. Tantissimi ragazzi, ad esempio, hanno preso parte negli ultimi tre anni al percorso “Una casa che t’in-vita” portato avanti a livello locale nell’ambito del progetto di prevenzione della Caritas nazionale, e diversi altri sono stati coinvolti in questi mesi nel progetto “VVV-Viral Vs Virus”, con cui l’associazione “La Ricerca” si è aggiudicata il premio del Community Award Program, promosso in Italia dalla società biofarmaceutica Gilead Sciences: una sessantina di ragazzi e giovani, dai 14 ai 25 anni,  si stanno preparando per diventare peer leaders con il compito di creare messaggi di informazione e prevenzione da veicolare attraverso i social media ad una platea di altri 2500 coetanei. A tale scopo stanno sviluppando competenze progettuali e operative necessarie per utilizzare i media digitali e i social network nella costruzione e nella distribuzione di una comunicazione efficace sul tema dell’hiv e delle malattie sessualmente trasmissibili.

 




Un incontro per parlare di Aids

E’ in programma per martedì 5 dicembre, alle ore 21, presso lo Spazio 2 di via XXIV Maggio 42 un appuntamento informativo promosso dall’associazione L’Atomo Arcigay Piacenza, in collaborazione con l’Azienda sanitaria. La serata, moderata da Davide Bastoni, medico specialista in medicina d’urgenza e responsabile salute dell’associazione, vedrà la partecipazione degli infettivologi Alessandro Ruggieri e Maria Grazia Brescia. Sarà l’occasione per fare il punto sulla situazione sulle malattie sessualmente trasmissibili a Piacenza, con particolare focus sull’HIV; si farà inoltre una panoramica sulle relative possibilità vaccinali e preventive.
È prevista anche la testimonianza di una coppia siero-discordante di ragazzi (uno sieropositivo, l’latro no) che racconteranno la loro esperienza nella lotta all’HIV.
“La serata è aperta alla cittadinanza – concludono gli organizzatori – ed è l’occasione per informarsi, fare prevenzione e abbattere alcuni pregiudizi che purtroppo ancora oggi sono presenti nella nostra società in merito alla sessualità e alle malattie sessualmente trasmesse”.




Contro l’Aids non bisogna abbassare la guardia: a Piacenza 20 nuovi sieropositivi ogni anno

La lotta all’Aids non è finita. In occasione della giornata mondiale che si celebra l’1 dicembre, dai professionisti delle Malattie infettive dell’ospedale di Piacenza arriva un messaggio chiaro e forte alla comunità: non si può abbassare la guardia su quella che è stata un’epidemia per molti anni e che oggi è una patologia ben lontana dall’essere oggi debellata.

I numeri parlano chiaro: anche quest’anno nella nostra provincia si registrano una ventina di nuove diagnosi di sieropositività, a fronte di 700 pazienti con Hiv che effettuano almeno un accesso in ospedale ogni anno e di 120 malati di Aids seguiti dal reparto.

Di virus dell’immunodeficienza umana si muore ancora, anche se in misura nettamente minore rispetto al passato grazie ai nuovi farmaci di ultima generazione: quest’anno cinque pazienti con HIV seguiti dalle Malattie infettive sono deceduti per infezioni opportunistiche, per patologie tumorali correlate o per eventi cardiovascolari.
L’identikit di chi contrae l’infezione è mutato rispetto al passato: un tempo appannaggio del giovane maschio tossicodipendente, ora il virus colpisce eterosessuali di età più avanzata e non risparmia le donne. Nella stragrande maggioranza dei casi, quando si effettua una diagnosi, il sistema immunitario è già molto compromesso.

“Questo vuol dire – commenta l’infettivologa Giovanna Ratti – che le persone non sospettano minimamente di poter aver contratto l’HIV e arrivano in ospedale solo con sintomi gravi, quando la malattia è già in fase avanzata”. In questo ambito Piacenza è purtroppo maglia nera in Regione: “Pur presentando l’incidenza più bassa di nuove infezioni – commenta l’infettivologo Alessandro Ruggieri – abbiamo i numeri più alti di riscontri tardivi”.
“Giornate come questa – continua la dottoressa Ratti – possono contribuire a sensibilizzare tutti. Nessuno può sentirsi al sicuro: il concetto di categorie a rischio, tradizionalmente identificate in tossicodipendenti e omosessuali, deve essere abbandonato. Si deve prestare attenzione ai comportamenti a rischio”.

Il virus si diffonde efficacemente attraverso la via sessuale: “Il problema riguarda quindi tutta la popolazione sessualmente attiva, soprattutto ora che l’attività inizia prima e termina più tardi”. Nelle venti nuove diagnosi del 2017, la trasmissione è risultata quasi sempre attribuibile a contagio sessuale, prevalentemente etero.
Le nuove diagnosi di infezione da  HIV riguardano 16 maschi e 4 donne. E’ importante segnalare che tutte le fasce di età possono essere colpite dal virus dell’HIV: il più giovane sieropositivo seguito ha 18 anni, il più anziano 82. La raccomandazione valida per tutti non può che essere di condurre una vita sessuale responsabile, adottando le giuste precauzioni per impedire la trasmissione”. Cosa fare in caso di dubbio? “Eseguire il test: se l’infezione viene individuata in tempo, si può ben gestire la malattia grazie  alle potenti ed efficaci terapie disponibili”.
“Attualmente i nostri ambulatori – proseguono gli infettivologi – seguono 700 pazienti di cui 608 in terapia antiretrovirale: 431 maschi e 177 femmine”.

L’età media per gli uomini è 48 anni, per le donne 45. “A Piacenza i pazienti con diagnosi di Aids viventi sono circa 120”. Delle 20 nuove diagnosi di HIV registrate nel 2017, 14 riguardano gli stranieri. L’incidenza fra le donne è una delle più alte nel panorama regionale, verosimilmente per l’alta prevalenza di riscontro fra i migranti in cui la percentuale uomo/donna è  1 a 1, mentre tra gli italiani scende a 3 a 1.
Ultima nota: tutti i pazienti infetti anche dall’epatite C sono stati sottoposti a trattamento con i nuovi farmaci attivi verso l’infezione da HCV.