Il mondo antico non è nelle piccole banche

L’edizione odierna del Sole 24 Ore ha pubblicato un intervento dell’avvocato piacentino Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari, sull’argomento delle piccole banche popolari e sulle conseguenze della riforma Renzi che colpiva (ed affondava) proprio tante piccole ed importanti realtà bancarie locali. Una riforma sulla cui legittimità ora dovrà esprimersi la Corte di Giustizia Europea, chiamata in causa dal Consiglio di Stato.

“Sono bastati due atti (quello del Consiglio di Stato che ha sottoposto la riforma Renzi alla Corte di Giustizia europea e quello del Governo Conte per sostituire la facoltà all’obbligo della Bcc di aderire a gruppi bancari), è bastato questo a far scattare la reviviscenza di un pensiero già ben conosciuto (e da molti definito come “pensiero unico”) che è, a priori e nonostante i risultati, contrario alle banche di territorio.

In un Paese normale, quelli detti, sarebbero stati considerati atti dovuti, di rispetto della volontà di milioni di italiani e di riguardo per l’indipendenza delle banche (in un momento storico nel quale – se guardiamo bene la composizione del loro capitale – di banche italiane ne esistono ormai ben poche, fagocitate come sono state quasi tutte dai fondi speculativi internazionali).

Ma, si dice, se poi le banche medio/piccole (quelle proprio adatte al nostro particolare tessuto imprenditoriale) vanno in default, paga lo Stato. Intanto, non è vero, e non sarebbe stato vero neppure per lo scandalo (voluto) delle famose 4 banche, sol che l’Europa – magari per irrobustire il pensiero unico, e comunque pretestuosamente – non ci avesse impedito di far intervenire il Fondo interbancario (privato). E poi s’è visto subito che lo Stato è davvero intervenuto prontamente, e totalmente, solo per una grande banca, Mps (spendendo per essa ben più che per tutte le altre).

Ma, si dice ancora, le banche medio/piccole dovranno capitalizzarsi. Certo, ma Banche popolari e Casse di risparmio lo hanno sempre fatto (per più di cent’anni, quando non si giocava a screditarle) e, soprattutto, le banche rimaste indipendenti sono oggi ben più patrimonializzate delle grandi (in proporzione, ed anche in assoluto).

Piuttosto, allora: perché i sostenitori delle grandi banche (anzicchè spendere, solo per le banche piccole, luoghi comuni frusti, tipo quello del legame condizionante col territorio, e questo quando s’è appena visto che proprio una banca grande era un esempio paradigmatico di quel legame) non dicono come pensano di salvaguardare la concorrenza fra banche, a favore dei consumatori? E’ per loro, questo, un argomento (ovviamente) tabù, ma non lo è per l’Europa (o, perlomeno, non lo era quando l’Ue salvò il sistema delle Popolari proprio per questo). La Commissione fu del parere che “le reti bancarie decentrate garantiscono la continuità dei mercati finanziari, anche in mercati di piccole dimensioni e remoti” e sottolineò che “il pluralismo del mercato dell’attività bancaria e la diversità dei prestatori di servizi rafforzano la concorrenza in tutto il mercato bancario dell’Ue, assicurando nel contempo il finanziamento dell’economia locale e facilitando l’accesso di tutti i clienti dei servizi finanziari”. Capito? Non basta?

Corrado Sforza Fogliani
presidente Assopopolari




La verità sulla questione dello spread

Due linee per il rapporto con l’Europa, ma – comunque – nell’Europa e nell’euro. Sono le due linee di condotta che sono emerse all’Angelicum  stamattina, dove si è celebrata – a cura dell’ACRI, come di tradizione – la Giornata Mondiale del Risparmio.

La linea che divide le correnti di pensiero emerse è, in sostanza,  questa: c’è chi pensa che ci si debba sempre, e comunque, adeguare ai dettami (Benedetto Croce, direbbe: ai dettati) dell’Europa, e chi ritiene invece che alla stessa si debba proporre una nostra, autonoma linea. Ma non è chiaro, solo, che vi sono due precisi ambiti di pensiero con un’altrettanto precisa linea di demarcazione. E’  chiaro anche ciò che divide queste due linee, frutto diretto della crisi che – perlomeno in Italia – persiste.

Gli uni, ritengono, invero, che più di quanto si è fatto, non si possa fare, perché le leggi dell’economia sono leggi naturali, dalle quali scaturiscono conseguenze ed antidoti altrettanto naturali: è la linea che dà sostanziale fiducia all’Europa e alle sue ricette di austerità. Gli altri, al contrario, ritengono che i programmi seguiti dall’Italia finora siano frutto del pensiero unico nazionale ed internazionale, non siano affatto l’unica soluzione e l’unica prospettiva, debbano anzi essere radicalmente mutati, che – soprattutto –  non ci si possa per niente accontentare della bassa ripresa (conchè in realtà ci sia, la gran parte degli italiani non se ne sono davvero accorti: i prezzi delle loro case – una constatazione che tocca decine e decine di milioni di persone – continuano ad abbassarsi), ma che alla bassa ripresa si debba anzi contrapporre una linea di crescita decisa.

Lo ha spiegato il ministro dell’Economia Tria, con una chiarezza che finora era mancata da parte di chi la pensa come lui, eccezion fatta per il ministro Savona, che da tempo anch’egli esprime una netta apertura sull’obiettivo (e la necessità) di agire sugli investimenti, in particolare nel settore immobiliare,  da sempre – lo diceva già Nadau, alla fine dell’’800 – muove decine di settori produttivi.

Tria, alla Giornata, ha lanciato anche uno slogan, efficace: «Investire nell’investimento», tenendo presente che «stabilità finanziaria e stabilità sociale sono due facce della stessa medaglia» (anche per questo ha difeso il reddito di cittadinanza) e, ancora, che il nemico da abbattere è l’incertezza, generata dalla ritenuta possibilità – ha detto il ministro – che eventi globali possano condizionare i nostri bilanci e con essi il nostro futuro. Più chiaramente ancora: le riduzioni del risparmio (dal 19 di qualche anno fa all’odierno 8 per cento del PIL) e degli investimenti, sono la trappola da rifuggire. Mezzo al fine, una politica economica espansiva (anzicchè di austerità) basata sull’investimento pubblico e privato e sul rafforzamento della coesione sociale.

Il problema vero, comune ad entrambe le linee, rimane comunque quello di stabilire se l’una o l’altra linea, o entrambe, siano compatibili con l’attuale fiscalità. “Ridurre la Bestia (della spesa pubblica)” è lo slogan che ha vinto negli Stati Uniti, e il mezzo con il quale si è dato in quel Paese una spinta decisiva, anche in anni passati, alla rinascita. Gli italiani che intraprendono, e che sono la spina dorsale dell’economia italiana, la pensano così. Ma finora hanno vinto i privilegiati, coloro che della spesa pubblica, specie indiretta, vivono. Vedremo se si saprà dare segnali non di accondiscendenza, o  addirittura di aumento della stessa, ma di deciso taglio dei mille rivoli (in gran parte parassitari e/o clientelari) che di continuo l’aumentano, perlomeno negli ultimi anni (a dispetto, anche, dell’aumento del gettito fiscale e a clamorosa, pubblica, reiterata smentita del faceto motto «paghiamo tutti per pagare meno»: non si è mai visto un politico che, avendo soldi a disposizione, rinunci ad utilizzarli).

Ma in un quotidiano come questo, privilegiata lettura di banchieri e bancari, non si può chiudere queste considerazione senza parlare delle banche in sé, anche perché giustamente all’Angelicum anche di questo si è parlato.

Il ministro Tria ha con parole chiare sottolineato, “con riferimento al settore bancario e al possibile impatto della dinamica dello spread”, che il settore “sta progressivamente acquistando in solidarietà”: con questo autorevolmente confermando che soci e depositanti delle banche già solide (e quindi con un alto indice di patrimonializzazione, come si constata nella media di questo indice che fanno registrare le banche di territorio) non hanno proprio nulla da temere dallo spread (un indicatore, comunque, creato dall’alta finanza – che lo può anche governare a piacimento, come si è visto anni fa – e che non ha alcunché a che vedere con l’economia reale e con i reali bilanci delle banche). Perché, allora, il suo andamento impatta su questi ultimi (sia pure ben meno di quanto i giornali italiani fanno credere)? Deriva il tutto – è ora di dirlo, e di ripeterlo, a chiare lettere – da una regoletta europea creata anni fa per le grandi banche (in genere, le meno capitalizzate) ed estesa solo nel 2016 a tutte le banche indistintamente. Ciò che spiega perché mai lo spread non impattasse sui loro bilanci (non, in ogni caso, sulle loro reali condizioni) quando lo spread era giunto ad essere a più di cinquecento punti ed impatti oggi (quando gira intorno ai trecento). In sostanza nei loro bilanci ufficiali, le banche devono difendersi dall’Europa. Che è come dire che occorre evitare che ci facciamo del male – noi che siamo in questa Europa – da soli.

Corrado Sforza Fogliani – presidente Assopopolari




Presentata alla Banca di Piacenza la guida sulle ultime novità in materia di Antiriciclaggio

«La lotta alla corruzione, al terrorismo, alla criminalità organizzata e, dunque, alle attività di riciclaggio di denaro di provenienza illecita, trova oggi, come sempre è stato anche in passato, nelle Banche popolari un’attiva collaborazione, nella ferma convinzione che un’economia di libero mercato non può essere tale se non può svolgersi nella piena legalità formale e sostanziale».

Così la prefazione de L’A, B, C, dell’Antiriciclaggio, il sintetico volume a cui l’Associazione nazionale fra le Banche Popolari ha pensato per mantenere allineato e aggiornato l’impegno in questa lotta. La pubblicazione è stata presentata nel corso di un incontro che si è tenuto nella sede centrale della Banca di Piacenza (Sala Ricchetti) alla presenza di numerose autorità civili e militari e di operatori del settore, illustrata dal presidente del Consiglio d’amministrazione della Banca Giuseppe Nenna e dal responsabile dell’Ufficio trasparenza e usura Paolo Gatti. L’A, B, C, dell’Antiriciclaggio – è stato sottolineato – vuole essere uno strumento agile e utile per chi opera quotidianamente nell’attività bancaria e che ha bisogno di essere costantemente aggiornato su ogni modifica legislativa. In particolare – come spiega nell’introduzione il segretario generale di Assopopolari Giuseppe De Lucia Lumeno – la pubblicazione dà conto delle principali innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 90 del 2017, che recepisce la IV direttiva europea sull’antiriciclaggio (2015/849). Sia il dottor Nenna che il dottor Gatti hanno evidenziato l’attenzione della Banca di Piacenza nel seguire le norme antiriciclaggio e l’importanza che viene attribuita all’educazione finanziaria. Copia del libro può essere ritirata dai soci della Banca presso tutte le filiali dell’Istituto di credito.




Perché le banche devono combattere contro una situazione non creata da loro ?

Pubblichiamo un articolo del presidente di Assopopolari, il piacentino Corrado Sforza Fogliani, che riflette sull’impatto dell’Europa (e delle sue regole) sulle banche.

Perché le banche devono combattere contro una situazione non  da  loro  creata? Contro una situazione di cui non hanno colpa? Contro una situazione, in sostanza e soprattutto, artificiosa, che non ha a che fare con i loro conti, con il governo che i banchieri hanno fatto delle loro banche? Una situazione che ieri non c’era ed oggi la si è creata? Perché i bilanci delle banche devono essere fatti vieppiù a Bruxelles piuttosto che dove le banche operano? Perché devono essere sempre più frutto di regole e regolette europee e sempre vieppiù distanti dalla situazione reale dei loro conti?

Sono tutti discorsi che in questi giorni di spread crescente girano di continuo nelle banche e che qualcuno deve pur portare all’esterno (al di là di quanto i loro organismi rappresentativi fanno o non fanno) e ciò perché, se non altro, l’opinione pubblica lo sappia e, in sostanza, si tranquillizzi.

Tutto nasce dal fatto che nel 2016 la Commissione europea ha esteso a circa 350 banche italiane una normativa nata per le sole grandi banche, che non consente più alle banche di cui s’è detto prima, di non includere nei fondi propri i profitti e le perdite non realizzati relativi a titoli di stato contabilizzati nel portafoglio IAS 39 “Attività finanziarie disponibili per la vendita” (AFS). Facoltà che consentiva di evitare l’impatto sul patrimonio di eventuali minusvalenze relative agli anzidetti titoli. Ma la situazione creatasi nel corso del 2018, con lo spread in forte aumento sui mercati finanziari, ha prodotto una riduzione del valore dei titoli di stato che, in caso di loro classificazione nel portafoglio HTC&S (exAFS), ha generato ingenti minusvalenze. Nel caso di nuovi aumenti dello spread, ulteriori ripercussioni negative si avrebbero sulle banche, espresse dal CET1 ratio e da altri indicatori, per esempio quello relativo alla leva finanziaria.

La situazione, come detto, non dipende dal comportamento dei banchieri, ma da tutt’altro. E, a parte questo, la domanda è: perché quel che andava bene fino al 2016 non va più bene adesso? E quale è la ragione che impone di creare problemi alle banche, di preoccupare (inutilmente) l’opinione pubblica: che legge i titoli dei giornali come “crollo delle banche” in Borsa eccetera, e si preoccupa, ritira magari i propri depositi, si allontana dalle loro azioni, e tutto questo per nuove regole e basta, senza che nulla sia cambiato nei conti effettivi delle banche? Perché quel che era giusto ieri non è più giusto – secondo, ripetesi, regole e regolette – oggi? Ma dobbiamo proprio continuare a farci male da soli? Non è sufficiente quello che già si è ottenuto in questo senso negli ultimi anni? E perché nessun banchiere deve avere il coraggio di dirlo, temendo che dissennati (magari dissennati concorrenti) dicano che chi ne parla lo fa perché la sua banca va male, quando invece la verità è che va meglio delle altre? Chi può farlo, ha il dovere morale di dire forte e alto quel che dice (e tutti più o meno lo dicono, se possono dirlo) bisbigliando.

Il dovere di trasparenza, prima ancora di tante altre cose che le regole ufficiali impongono giustamente di dire, obbliga moralmente – nei confronti dei propri clienti e della propria compagine sociale, anzitutto – a dire questa situazione balorda che si crea con regole astratte che cambiano di giorno in giorno, rendendo sbagliato oggi quel che è stato bellamente giusto (anche per chi fa le nuove regole) fino a ieri. E ciò va detto anche per fugare il sospetto (che si va sempre più diffondendo) che questa di cui discorriamo sia l’ennesima regola creata per far male all’Italia, le cui banche sono state indotte – com’è noto – a sottoscrivere i titoli del debito pubblico ed oggi si vedono penalizzate per averlo fatto. Con il risultato che il persistere della situazione descritta avrebbe conseguenze sulla capacità stessa delle banche di sostenere l’economia attraverso gli impieghi, e di aiutare lo stato attraverso l’acquisto di titoli dallo stesso emessi.

Ma, ripetesi, il problema fondamentale è questo: non sono già sufficienti i problemi che crea al sistema bancario l’economia reale, anche questi non dipendenti dalle banche? Possiamo accettare che nuovi problemi siano buroindotti (indotti, cioè,  solo dalla burocrazia, da teste d’uovo che facendo finta di voler allontanare, ed evitare, danni futuri e futuribili, intanto ne creano, subito e certi, una quantità d’altri, cambiando, come è avvenuto nel 2016, due volte al giorno – ripetesi, al giorno – le regole per i banchieri)? La risposta, ancora una volta, alla Vigilanza, ai cittadini e – in particolare – alla politica. Tenendo presente che il Direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi, ha detto: “La Vigilanza bancaria deve essere costruttiva, non distruttiva. Ciò è sempre vero, ma oggi nell’area dell’euro occorre ricordarlo costantemente”.

Corrado Sforza Fogliani
presidente Assopopolari




Senza le banche locali nei territori manca il credito

Pubblichiamo alcune considerazioni del presidente di Assopopolari, l’avvocato piacentino Corrado Sforza Fogliani, sulla relazione svolta dal Governatore di Palazzo Palazzo Koch.

Nella sua Relazione all’Assemblea Bankitalia, il tema delle banche di territorio il Governatore Visco l’ha toccato due volte: direttamente (per espresso richiamo) e indirettamente (se si ragiona su un passo riguardante il credito).

Richiamo diretto

Visco, nelle sue Considerazioni, ha sostanzialmente auspicato questo: la realizzazione, fra banche di territorio, di accordi di eventuale reciproco sostegno. Assopopolari appieno concorda e costituendo un’apposita società fra Popolari, la Luzzatti Spa, s’è già messa proprio su questa strada, che consente di valorizzare istituti che si sono sempre distinti nell’erogazione del credito a PMI e famiglie in molte zone d’Italia, invece oggi  prive di questo aiuto. Le Popolari continueranno con ferma determinazione su questa strada, forti anche di questo rinnovato appoggio e indirizzo.

Al di là, comunque, della Luzzatti Spa, andrà approfondito – sul piano tecnico – la concreta realizzabilità di quel meccanismo di “protezione istituzionale” al quale ha fatto riferimento il Governatore (meccanismo già presente in altri Paesi, “con vantaggi nel calcolo dei requisiti patrimoniali” e come ulteriore passo “verso forme più strette di integrazione”). In questa ottica, andrà in particolare approfondita – sempre sul piano tecnico, e concreto – la possibilità di pervenire a forme di collaborazione bi/trilaterale,  fra istituti con eguali caratteristiche e  immediate opportunità sinergiche.

Richiamo indiretto

Nelle Considerazioni (molto tecniche, come forse mai prima d’ora per estensione), Visco ha più volte richiamato la situazione delle piccole e medie imprese (da cui, il nostro andare alle banche di territorio, che sempre hanno egregiamente assolto a questo compito peculiare). Una prima volta, il Governatore ha evidenziato che – per l’accesso al credito –  “persistono difficoltà per le imprese di minori dimensioni”, oltre che per quelle delle costruzioni. In altro passo della Relazione, il Governatore ha fatto presente che “per rendere più  agevole l’accesso al credito delle piccole e medie aziende bisognerà continuare a favorirne il rafforzamento patrimoniale”. Affermazioni, entrambe, con le quali non si può all’evidenza non concordare. Con alcune integrazioni, peraltro.

Anzitutto, infatti, bisogna considerare che molto credito al territorio è scomparso, là dove sono scomparse le banche territoriali (siano esse Cassa di risparmio, Popolari o Casse rurali). Le zone che hanno saputo conservarsi una banca locale è statisticamente provato che non soffrono nel mercato del credito e che la banca locale anche in questi anni ha continuato ad erogare, ed ha erogato, più credito, in assoluta controtendenza nella zona rispetto sia al sistema nel suo complesso che rispetto alle altre singole banche, che hanno invece diminuito il credito (da ultimo, dati Ufficio controllo di gestione Banca di Piacenza).

La ragione è chiara: in epoca di crisi, è più difficile fare credito, ed è più difficile ancora per le grosse banche (che guardano i bilanci) mentre le banche di territorio (per questo sono caratterizzate da meno sofferenze) conoscono i loro prenditori ad uno ad uno.

In secondo luogo, andranno considerati (per trarne ammaestramenti) i deleteri effetti –anche di fiducia e di immagine, per le banche di territorio di qualsiasi specie – indotti dalla politica del Governo Renzi (con l’introduzione del bail-in addirittura in via anticipata rispetto ai termini dell’Europa)  e dalla sua riforma delle Popolari, delle quali s’è in pratica cercata – senza riuscirvi – la cancellazione. Riforma che ha comunque portato, dove ha operato, alla sostituzione dei precedenti proprietari di tutte le banche trasformate (i risparmiatori) con i fondi speculativi europei e statunitensi (che non vivono in osmosi col territorio ed il suo futuro, ma – al contrario – hanno traguardi di breve durata e di immediato guadagno).

In terzo luogo – sempre a proposito dell’accesso al credito – andrà considerato che la politica italiana contraria alla banche di territorio (e anzidetta) è l’esatto contrario di quanto si fa all’estero e tanto più colpevole in quanto l’Italia è Paese caratterizzato dall’innovazione, e dalla fantasia, proprio delle medie e piccole aziende, in molti settori quasi esclusivamente. Negli Stati Uniti, è ben noto, l’Amministrazione Trump ha recentemente varato proprio provvedimenti a favore delle banche locali (di cui ha riconosciuto l’essenziale importanza), mentre la Germania (astenuta l’Italia!) ha ottenuto per le proprie banche di territorio l’esonero da misure studiate per porsi al riparo da possibili danni delle grandi banche, e ciò anche per quel principio di proporzionalità – principio fondante dell’Ue – che vale per la Germania, ma non per l’Italia. Come per l’Italia sola, si dice che il sistema cooperativo non è idoneo al settore bancario, quando le più grosse banche canadesi e francesi sono proprio cooperative, e quando Usa, Germania e Francia si reggono proprio su una miriade di piccole banche. Tutti temi (per non parlare delle restrizioni al credito che comportano i vari Addendum e simili per gli NPL, nelle loro diverse forme) ai quali non si appassionano le associazioni italiane di rappresentanza delle categorie: aduse (loro e i loro giornali) a ottocenteschi tipi di apodittica protesta ed a considerare nel contempo i problemi del sistema bancario come riguardanti i soli banchieri, quando riguardano invece in ispecie i loro soci.

Corrado Sforza Fogliani (presidente Assopopolari)




Sforza su Bankitalia: “accordi di territorio la strada giusta”

Il Presidente di Assopopolari, il piacentino Corrado Sforza Fogliani, è intervenuto dopo le considerazioni finali del governatore di Palazzo Koch ed ha dichiarato:

“Il Governatore della Banca d’Italia ha auspicato, nelle sue Considerazioni, la realizzazione di accordi, fra banche di territorio, di eventuale sostegno reciproco. Assopopolari appieno concorda e costituendo un’apposita società fra Popolari, la Luigi Luzzatti, s’è già messa proprio su questa strada, che consente di valorizzare istituti che si sono sempre distinti nell’erogazione del credito a PMI e famiglie, in molte zone d’Italia oggi senza questo fondamentale aiuto. Continueremo con ferma determinazione su questa strada, forti anche di questo rinnovato appoggio e indirizzo”.




Banche Popolari, a fine 2017 ripresa diffusa degli impieghi nelle regioni italiane

Nell’anno appena concluso il credito all’economia delle Banche Popolari ha raggiunto la cifra di 200 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 2% in un solo mese, interessando gran parte del territorio nazionale. Dall’esame dei dati a livello geografico emerge che a trainare la ripresa sono le regioni del Nord Ovest che concentrano il 48% dei finanziamenti, seguite da quelle del Nord Est con il 18%; il 22% del credito si concentra nelle regioni centrali e il 12% nel Sud e Isole del Paese. Circa il 25% dei prestiti è affluito alle famiglie consumatrici, mentre il 60% è stato assorbito dalle imprese, delle quali il 40% aziende di dimensioni medio piccole che rappresentano la maggior quota della clientela di riferimento del Credito popolare.

Per il Segretario Generale di Assopopolari Giuseppe De Lucia Lumeno: “Le informazioni elaborate per ripartizione territoriale indicano come le Banche Popolari stiano svolgendo un ruolo attivo e capillare per favorire quella ripresa economica di cui si riscontrano segni evidenti nelle statistiche ufficiali. Sebbene ancora molta strada dovrà essere fatta per considerare superata la crisi economica e finanziaria, risulta evidente come il legame tra banca del territorio e realtà economica sia essenziale per migliorare la competitività e modernizzare la nostra struttura produttiva”.




Sforza: “sulla riforma delle Popolari ora è emersa la verità”

Il Presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, a proposito della notizia sulla stampa di oggi in riferimento alla riforma delle banche Popolari ha detto:

“Quello che si sapeva, ora è documentato. Abbiamo tentato ripetutamente, in Parlamento e in sede di Commissione di inchiesta, di far stabilire che l’indagine parlamentare dovesse occuparsi anche della riforma delle Popolari. Il PD si è sempre tenacemente opposto, anche se il suo segretario Renzi aveva scritto un articolo per auspicare che si insediasse la Commissione e che si occupasse della riforma. Ora, però, la verità è venuta fuori e la documentazione pervenuta dalla Procura della Repubblica di Roma dimostra che c’era qualcuno che sapeva qualche giorno prima del Decreto legge che sarebbe stata approvata quella normativa che nel mio libro Siamo molto popolari ho definito un delitto e cioè la riforma delle banche Popolari, che ha cercato di distruggere, in parte riuscendoci, quelle banche cooperative che, a dispetto della finanza internazionale, funzionano ed aumentano in tutto il mondo.

La normativa, come noto, è stata ritenuta incostituzionale dal Consiglio di Stato e, di questo problema si occuperà la Consulta il 20 marzo. La sentenza sarà nota qualche tempo dopo, quando è prevedibile che ci sarà già un Governo. Parlamento ed Esecutivo dovranno in ogni caso prendere atto delle motivazioni della decisione e cercare di salvare il salvabile, mentre la magistratura dovrà fare il suo corso nei confronti di chiunque”.




Banche Popolari: nel 2017, 4 milioni le famiglie “clienti digitali”

Trasmettiamo il comunicato di Assopopolari sulla digitalizzazione dei clienti delle Banche Popolari.

4 milioni di famiglie e 250.000 imprese clienti delle Banche Popolari hanno utilizzato nel 2017 quotidianamente il canale internet sia a fini informativi sia dispositivi. Questo è quanto emerge dall’esame più aggiornato dei dati elaborati da Assopopolari. In particolare, nell’ultimo anno il numero di famiglie che utilizza i canali digitali è cresciuto del 6%. Una crescita confermata dai bonifici effettuati via web, 10 milioni a fine 2017 a cui si aggiungono anche quelli effettuati con collegamenti telematici diversi da internet (14 milioni) per un totale complessivo di 24 milioni di operazioni, pari all’80% del totale. Per il Segretario Generale di Assopopolari Giuseppe De Lucia Lumeno “Il modello operativo delle Popolari si dimostra, ancora una volta, capace di cogliere anche attraverso il canale digitale i bisogni tecnologicamente più avanzati di famiglie e imprese che tendono ad essere sempre più connesse alla rete. Uno strumento, quello del canale digitale, congiunto a quello dello sportello che semplifica la comunicazione e contribuisce a mantenere forte il legame con la clientela in relazione alle diversificate fasce d’età, abitudini ed esigenze”. 

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Sforza sulla commissione di inchiesta: “Guardare al futuro, non solo al passato per cercare colpe”

Il Presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, all’uscita dal Comitato esecutivo ABI in corso a Palazzo Altieri ha dichiarato: “Sarebbe forse ora che la Commissione di inchiesta – se ne avrà ancora il tempo – dopo essersi occupata solo del passato ricercando colpe, guardi al futuro, cioè a ciò che ci aspetta. In particolare, la Commissione dovrebbe accertare: 1) se è giusto che si vada verso un oligopolio bancario costituito da poche, grosse banche; 2) se ha senso che le banche cooperative siano condannate a non crescere, pena – se raggiungono attivi per  8 miliardi – la conversione obbligata della loro natura giuridica e questo per effetto del decreto Renzi/Boschi, tuttora vigente ed operante; 3) se si considera positivo che, in pratica, non esistano più banche italiane, essendo il settore per la stragrande parte ormai condizionato dai  fondi speculativi esteri, come dimostrano le tabelle numeriche da me predisposte e pubblicate nel mio libro Siamo molto popolari; 4) se, specie in Italia, non si ritenga indispensabile che le banche di territorio debbano essere difese e  addirittura promosse, sia per la tutela  della concorrenza locale nell’erogazione del credito  che per assistere nel dovuto modo le piccole-medie imprese; 5) se la Commissione di inchiesta riesca ad individuare una ragione, al di là del pensiero unico internazionale, per la quale da noi le banche cooperative siano ostacolate e negli altri Paesi (anche meno di noi basate su un’imprenditoria diffusa) aiutate a crescere, e a crescere fino alle dimensioni della più grande banca del Canada. Assopopolari si tiene a disposizione del Presidente Casini e della Commissione tutta”.