Tredicesima per colf e badanti

Il Natale si avvicina e per i lavoratori domestici è tempo di ricevere la tredicesima. Dalla Sezione piacentina di Assindatcolf, l’Associazione nazionale dei Datori di lavoro domestico aderente Confedilizia e componente Fidaldo, ecco un breve vademecum delle festività natalizie per non dimenticare date e scadenze importanti.

 “Per consuetudine il giorno scelto per corrispondere la cosiddetta ‘gratifica natalizia’ a colf, badanti e baby sitter è il 21 dicembre. Tuttavia, – spiega Assindatcolf – il Contratto collettivo nazionale che regola il settore all’articolo 38 stabilisce solo che la tredicesima debba essere corrisposta entro il mese di dicembre. Seppure con alcuni distinguo, di norma la gratifica si quantifica in una mensilità aggiuntiva, solo per i lavoratori conviventi dovrà essere comprensiva anche di indennità di vitto e alloggio, mentre per i domestici che non hanno raggiunto un anno di servizio il calcolo (in dodicesimi) dovrà essere rapportato ai soli mesi di lavoro effettivamente svolto”.

Infine il calendario delle festività: si ricorda alle famiglie che è obbligatorio concedere uno stop ai propri dipendenti nei giorni 25 e 26 dicembre ma anche l’1 ed il 6 gennaio, come previsto anche per l’8 dicembre. In queste giornate è tuttavia sempre possibile concordare, con congruo preavviso, attività di lavoro straordinario che dovranno, però, essere retribuite con una maggiorazione del 60%.

Per ulteriori informazioni e assistenza su tutto quanto riguarda i rapporti di lavoro domestico è possibile rivolgersi alla locale Sezione di Assindatcolf, presso la sede dell’Associazione Proprietari Casa-Confedilizia, sita in Piacenza, Via del Tempio, 29 (Piazza della Prefettura). Uffici aperti tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00, lunedì, mercoledì e venerdì anche dalle 16.00 alle 18.00 (telefono 0523.327273 – fax 0523.309214); e-mail: assindatcolf@confediliziapiacenza.it.




PiaceCare lo sportello per trovare badanti affidabili

Si rafforza l’attività di PiaceCare, il servizio comunale che aiuta le famiglie a trovare assistenti famigliari preparati per accudire i propri cari.

“Dopo i primi mesi – sottolinea l’assessore ai Servizi sociali, Federica Sgorbati – lo Sportello è entrato infatti a pieno titolo tra i servizi a favore delle famiglie offerti gratuitamente dal Comune di Piacenza”.

Lo sportello è attivo presso l’InformaSociale e si rivolge a famiglie che necessitano di assistenza al domicilio per la cura di una persona anziana o con disabilità residente nel comune di Piacenza e che intendono assumere regolarmente (con contratto) un assistente familiare.

“Dopo il colloquio con un’assistente sociale per capire le caratteristiche della figura cercata, entro una decina di giorni verrà fornita una rosa di candidati e relativi curricula, tra cui la famiglia potrà scegliere. A sua volta, la famiglia si impegna a fornire un riscontro relativamente all’esito dei contatti avuti con gli assistenti familiari proposti”.

Sono circa 80 le assistenti famigliari che in questi mesi si sono iscritte al servizio PiaceCare, avendo i requisiti richiesti, ossia: aver compiuto 18 anni di età, avere cittadinanza italiana oppure di un paese dell’Unione Europea (per i cittadini di Stati non UE o apolidi è richiesto il possesso di un regolare titolo di soggiorno valido ai fini dell’attività lavorativa oppure della ricevuta di richiesta di rilascio o rinnovo dello stesso), essere in possesso di un attestato relativo a un corso di formazione nel lavoro di cura o nell’area dei servizi sociosanitari oppure avere svolto almeno 3 anni di lavoro regolare nell’ambito dell’attività di cura (anche non continuativi) documentati attraverso contratti e/o buste paga. E’ inoltre richiesta una lettera di referenze di un datore di lavoro, mentre, sia per i cittadini UE che extra UE, è necessario dimostrare un’adeguata conoscenza della lingua italiana attraverso il superamento di un test.

Conclude Sgorbati: “È sempre possibile iscriversi come assistente famigliare, e per chi non fosse in possesso dei requisiti linguistici o di esperienza/competenza nell’attività di assistenza e cura della persona, sono aperte le iscrizioni per il nuovo percorso formativo gratuito organizzato ad hoc che partirà verso gennaio”.

L’InformaSociale si trova in via Taverna 39 (tel. 0523 492731, con orario dal lunedì al sabato dalle 9 alle 12.30 e lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30) e in via XXIV Maggio 28 (tel. 0523 492022, con orario lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 8.45 alle 13 e lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30, martedì chiuso), email: informasociale@comune.piacenza.it.




Il difficile mestiere di badante, tra precariato e piccoli soprusi quotidiani

Sono passati ormai sei anni da quando Giampaolo Pansa dalle colonne di Libero, ammoniva i giovani che desideravano intraprendere la carriera giornalistica, consigliando loro lavori più sicuri e che li avrebbero meno esposti al rischio povertà e individuando, tra questi, il mestiere del badante.

La ragione? Semplice: «Perchè la società invecchia e ci sarà sempre più bisogno che gli anziani vengano assistiti in casa» – commentava la celebre firma, aggiungendo come risposta ai giovani aspiranti  scrittori:

Lo sai che in Italia i giornalisti sono troppi e molti editori stanno sfoltendo le redazioni, anche in testate importanti? No, non lo sanno. Allora domando: perchè vuoi fare il giornalista? Risposta: perchè mi piace scrivere e al liceo avevo ottimi voti in italiano […] Se non capisci come gira il mondo, preparati a diventare di nuovo povero.   

Oggi, quella profezia sembra in parte avverata. Non tanto per una conversione di massa al realismo da parte degli aspiranti giornalisti, quanto per il perdurare di una crisi economica che limita fortemente l’offerta di lavoro qualificato e induce a guardarsi intorno.

Eppure, per chi decide di fare il mestiere di badante – come Francesca, 43enne piacentina,  le cose non sono rosee come l’autore de “Il sangue dei vinti” poteva pensare. A partire dalla paga e dalla sicurezza di una professione che rimane schiacciata tra precariato, lavoro nero e piccoli soprusi quotidiani.

«All’inizio – chi ha raccontato – prendevo circa 8 euro all’ora e venivo quasi sempre pagata con regolarità. Oggi mi accontento di prenderne 3, ma fino a pochi mesi fa ero arrivata a prenderne 1,5. 18 ore al giorno per 600 euro al mese. Ma a me servivano ed era importante riabituarmi ad uscire di casa dopo i problemi che ho avuto».

Francesca è un nome di fantasia che abbiamo scelto per mantenere l’anonimato di questa signora incontrata nei giorni scorsi che,  complice qualche problema di salute, non risultava essere più un candidato ideale per le aziende. Per questo, ormai da dieci anni, presta servizio di assistenza domiciliare, a Piacenza, agli anziani. Dieci anni in cui ha visto di tutto; un’esperienza che ha deciso di condividere, raccontandola senza edulcorazioni.

«L’aspetto più difficile del lavoro? Senza’altro i famigliari dell’assistito. Spesso, pur in presenza di una persona incapace di intendere, invece di spalleggiarti ti attaccano senza ragione, non capendo la situazione e il peso della responsabilità che questo lavoro porta con sè. Ho sempre lavorato introducendo delle regole e cercando di farle rispettare, ma spesso la professione viene confusa con un banale lavoro di servitù».

Anche il rapporto diretto con chi ha bisogno di aiuto non è scevro di criticità ed episodi grotteschi, al limite dell’umiliazione.

«L’anziana per cui lavoravo si trovava con me sola in casa mentre il marito era appena sceso a prendere della frutta in giardino. Non potendo lei stare in piedi autonomamente perchè soggetta a sbalzi improvvisi di pressione, le avevo consigliato di stare seduta mentre stiravo, su suggerimento del marito stesso. Ma lei voleva alzarsi e di nascosto ha chiamato al telefono il marito, dicendole che le impedivo di farlo. Lui è allora salito e si è imbestialito con me per la lite, dicendo che non era tollerabile non potersi allontanare nemmeno un attimo in pace.  La sera stessa, lei ha iniziato a picchiare le posate sul tavolo ed a chiedere al marito di buttarmi fuori di casa, dicendo che l’ospite dopo tre giorni puzza come il pesce. Sono stata quindi invitata ad andarmene di casa così. Per un capriccio e senza preavviso. Per 3 euro all’ora».

Non solo anziani, perchè Francesca si è ritrovata, in carriera, anche alle prese con un profilo ad alta vulnerabilità psichica e ricorda bene l’episodio, tanto da suggerirle di non accettare più con disinvoltura incarichi così delicati.

«Anche se solo per pochi giorni, mi è capitato di seguire una donna bipolare con problemi di alcolismo. Dopo una prima settimana in cui andava tutto bene, c’è stato un momento di crisi di astinenza da alcool. Io volevo impedirle di uscire di casa per andare a prendere da bere e mi sono messa in mezzo. Lei si è molto arrabbiata, ma sono riuscita a calmarla e metterla a letto. Eppure quando sono uscita di casa, ho aspettato qualche minuto fuori dalla porta, per controllarla. Quando lei se ne è accorta e mi ha trovato vicino alla porta, sono volati insulti inenarrabili e minacce di suicidio. Il mio rapporto di lavoro si è esaurito anzitempo. Ma l’obiettivo l’ho portato a termine».

E anche quando l’assistito non era un singolo, ma una coppia, non necessariamente le cose andavano meglio. Anzi.

«Ho seguito anche una coppia di anziani. Lui con il Parkinson e lei con l’Alzheimer. Dormivano in camere separate. Un giorno stavo pulendo la stanza da letto di lui quando mi sono sentita battere la schiena con le dita; mi giro e mi trovo la moglie ad accusarmi: solo le prostitute entrano nella camera degli uomini senza preavviso – mi ha detto. Ma non finiva lì perchè durante i pasti, la moglie non voleva che mangiassi al tavolo con loro perché mi considerava una serva e non voleva mangiassi con i padroni. Così rimanevo in disparte e, senza sedia, a mangiare in piedi sul muretto che divideva angolo cottura e sala da pranzo».

Una situazione difficile da gestire, che nel tempo si era andata aggravando per l’acuirsi di una gelosia della moglie nei confronti della badante.

«Era diventata gelosa di me e a volte mi tirava delle bastonate con il supporto che usava per camminare. Una volta ho rischiato la rottura dello zigomo perché non voleva che portassi fuori il marito per fare ginnastica e rinforzare i muscoli delle gambe, come il medico aveva prescritto a causa della malattia. Lei aveva rubato le chiavi di casa e le aveva buttate nella spazzatura. Per cercarle, oltre a me e al marito, è servito anche l’aiuto dei figli. Alla fine sono saltate fuori, ma lei continuava a intimare a suo marito di non uscire con me. Alla fine, quando lui ha aperto la porta di casa, ha preso prima a manate lui e poi a bastonate me, nonostante cercassi di spiegarle che uscivamo per motivi di salute e non per altro, ovviamente».

Una storia di umiliazioni e soprusi quotidiani, che però – ci tiene a precisare Francesca – vengono compensati da piccole gioie, valevoli più di ogni stortura.

«Quando torno a casa dal lavoro, cerco di tenere salda la fiducia in me stessa. Anche se ogni tanto ne ho piene le scatole. In questo lavoro serve tanta pazienza e il pensiero sempre fisso sul fatto che si sta dando tanto e si riceve sempre in cambio qualcosa: un passato di vita vissuta, un’esperienza da condividere, un insegnamento da portarti a casa e un affetto che chi come me è rimasta orfana in giovane età e ha sempre sentito la mancanza di una famiglia vicino, può veramente apprezzare».