Piacenza va sotto e poi rimonta al Garilli, 3 – 2 in una partita epica, promozione in caso di vittoria a Siena

Dopo i primi minuti in cui il Piacenza prende confidenza con l’avversario, 2 azioni nell’arco ristretto di tre minuti: dopo un lungo giropalla sulla tre quarti, il pallone arriva al numero Perez che incorna, ma troppo centralmente.
Nell’azione successiva cross al centro rasoterra che trova pronto il portiere avversario
Il Piace continua a pressare lasciando pochissimi margini di manovra all’azione dell’Olbia
Al 14 il fulmine a ciel sereno: un cross giusto dal limite sinistro dell’area, e Ceter insacca: 1 – 0 Olbia. Ora la squadra sarda prende coraggio e si fa sempre più minacciosa nell’area piacentina.
Al 21esimo opportunità per la squadra di Franzini: Sestu crossa lungo, Barlocco trova il pallone ma viene ostacolato da un compagno è il tiro risulta debole e centrale
Occasionissima dell’Olbia al 25esimo, Sestu prende palla dalla tre quarti casalinga e si invola verso la porta avversaria, 3 contro 3 difesa pronta, nulla di fatto sul successivo calcio d’angolo.
Al 34esimo il Piacenza ancora vicino al gol, disimpegno di Corradi che lancia Perez, pallone lungo di un nonnulla. Perez si ripete poco dopo, di testa sfiora il palo. Il gol era nell’area: Corradi concretizza una bellissima azione corale, il Piacenza ristabilisce il pareggio al 38esimo. 1 -1.

Inizo secondo tempo e l’Olbia raddoppia con un’azione solitaria di Ceter, 1 -2.
Rigore per il Piacenza e pareggio in un momento non facile per la squadra di casa. Gol di Terrani. 77esimo, imperdonabile occasione: punizione dalla trequarti sinistra, pallone mal toccato dalla difesa, rimane vagante ma il Piacenza non ne approfitta.
Piacenza ora all’arrembaggio, ogni azione potenziale gol.

84esimo è la svolta, punizione di Corradi, il portiere smanaccia, pallone che rimane in aria e come un ariete arriva Terrani che fa scoppiare di gioia il Garilli, ma l’ufficialità della promozione deve aspettare ancora l’ultimo turno, con la Robur Siena.

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LIVE Pro Patria – Piacenza [IN AGGIORNAMENTO]

Il Piacenza Calcio difende il primato in trasferta a Busto contro la Pro Patria, definita da Franzini un avversario “molto fisico”.

13esimo minuto, Piacenza fa la partita, ma ancora fatica a trovare il tiro buono

16esimo Santana allarga il gioco , Galli prova un cross, cerca il cambio gioco si trova Colombo che trova una rimessa

Piacenza prova ad attaccare con Pesenti, poi Sestu, cross al centro colpo di Pesenti sfera esce di mezzo metro, ma schiaccia bene. Piacenza deve trovare coraggio.

22esimo, ancora un cross dalla sinistra troppo sul portiere per il Piacenza

35esimo GOL DI DELLA LATTA, Piacenza che continuava ad attaccare, Sestu ancora protagonista con un tunnel e cross poi colpo di testa di Della Latta

40esimo  ancora il Piacenza cerca il colpo del ko, con Pesenti che sale, colpisce di testa ma ancora non va.

FINE PRIMO TEMPO. Piacenza ha fatto la partita, anche la Pro Patria ha avuto qualche occasione, ma ma molto deboli

Secondo tempo, e subito DUE A ZERO per il Piacenza, PESENTI che va a festeggiare sotto la curva, un’ottima gara! Percussione centrale di Nicco

62esimo Piacenza al terzo calcio d’angolo nel settore di destra, sotto la curva biancorossa, pallone che finisce in nulla di fatto

3 – 0 al minuto 68, Pesenti supera tutta la linea difensiva, si trova davanti al portiere, non fatica a scartarlo e andare a segnare sotto la curva biancorossa. Grande prestazione del singolo

81esimo, la Pro Patria accorcia dal limite dell’area, 3 – 1 a Busto. Entrano Romero e Fedato

Tiro di Bertoni (Pro Patria), parata di Fumagalli in due tempi. Due minuti più recupero alla fine. 5 minuti di recupero, Terzo calcio d’angolo per Busto, pallone smanacciato da Fumagalli, pallone che va in rimessa laterale.

Ancora 2 minuti da gestire e due gol di vantaggio

Gol del del Piacenza al minuto 94, contropiede di Romero per Fedato, dribbling sul portiere e palla sotto la traversa, 4 – 1.

Piacenza in difficoltà solo su un’iniziativa di Mastroianni, un avversario la Pro Patria comunque di qualità. Partita finita e Piacenza ancora capolista.

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And Jef celebra il Senegal con un torneo di calcio alla Besurica [FOTO]

Forse non era Russia 2018, ma l’entusiasmo e il calore dei 300 tifosi accorsi sabato 4 agosto, alla finale del Torneo Navetaan di calcio a 11 organizzato dall’associazione senegalese And Jef di Piacenza presso la sede dell’ASD Besurica meritava di esser visto.

Una ventina d’anni fa un gruppo di amici provenienti dal Paese dell’Africa Occidentale decisero di istituire questa associazione che potesse essere un punto di riferimento qui a Piacenza. Sall è attualmente il tesoriere, fa il perito meccanico e ha la cittadinanza italiana. Ci racconta che nella nostra città la comunità è composta da circa 1000 persone, la maggior parte con cittadinanza italiana o con le pratiche attive per ottenerla. Entusiasta e loquace spiega la scelta dei colori della bandiera, affissa dietro la gradinata del campo. “verde come la speranza e la natura, giallo come l’oro e rosso come il sangue che è stato versato per le innumerevoli insurrezioni che hanno colpito lo Stato”, che ci descrive risalgono addirittura ai francesi e Napoleone (I quali cominciarono a fondare empori commerciali nella zona sin dal 1624, ndr).

Anche la scelta del periodo per il torneo non è casuale: I Navétanes sono pratiche di sport informali molto popolari in Senegal, che si svolgono a partire dal 1950 durante la stagione delle piogge (nawete in Wolof), a margine delle Federazioni, da luglio a ottobre. Il loro nome è legato a quello dei migranti stagionali provenienti dal Bacino delle Arachidi, legumi su cui il Senegal fonda gran parte della propria economia.

Il programma delle finali di questo torneo, la cui organizzazione ha richiesto circa un mese ed è finito anche sulla radio senegalese Xalass RFM, prevede prima la partita delle ragazze, Dames contro Demoiselles, e poi la partita dei maschi, 90 minuti tondi di battaglia tra Koul Diop e Ndande Fall. Ibrahim Ngom, calciatore per il Koul Diop, ci spiega il significato del torneo: “I colori delle maglie  – racconta – identificano ciascun villaggio che conta circa 30 persone e il numero cresce col passare del tempo. Siamo tutti fratelli, ci conosciamo sin da piccoli spesso. La cosa importante è divertirsi e rappresentare il nostro villaggio, cerchiamo di far contenti i nostri amici e famigliari che sono in Senegal”. Lui di mestiere è fornaio. “Sono qui da circa 15 anni, ogni cosa che raccolgo in termini di soldi lo spedisco in Africa”.

“All’interno dell’associazione – sottolinea Oumar Ndiaye, vicepresidente -, Vorremmo fare tante cose all’interno del nostro gruppo, soprattutto per i più giovani e per le donne, abbiamo in programma alcune feste a cui parteciperemo suonando le percussioni. Circa il 60% di noi è qui con moglie e figli”.

Il ricongiungimento familiare è “uno strumento essenziale per permettere la vita familiare, in quanto contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l’integrazione nello Stato” (fonte www.integrazionemigranti.gov.it). Il permesso di soggiorno per motivi familiari è concesso infatti “allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, oppure con visto di ingresso al seguito di un proprio familiare”. Oppure, si legge, “agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea, o con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti”.

Dieme Sire, responsabile delle Relazioni Esterne all’interno dell’associazione, è carrellista e spiega: “Spesso capita che il consolato ci mandi degli inviti a cui partecipiamo volentieri. Partecipiamo anche ad incontri con altre associazioni o manifestazioni a cui riteniamo sia giusto come senegalesi dare il nostro contributo. Cerchiamo di portare soluzioni a problemi sulla base di come viviamo qua.  Io ad esempio sono dipendente, un domani voglio essere pagata come pensionata e so che esistono problemi per averla e garantire un futuro alla famiglia. Se pago i contributi e ho poco la soluzione qual è? Tornare nel Paese di origine. Qui, con uno stipendio base che abbiamo quasi tutti, devi pagare affitto, il cibo, vivi di quello che guadagni”.

IL TORNEO – LE FINALI

Le Dames hanno battuto le Demoiselles per 1 a 0, gol frutto di una “mischia”. La partita dei maschi ha cercato di calcare, per quanto possibile, una partita del Mondiale: ingresso in campo con le due file di calciatori, inno nazionale, speaker che ha introdotto ciascun giocatore per nome, video di amici che hanno ripreso i giocatori in una carrellata che poteva ricordare qualche videogioco come Fifa o Russia 2018, con tanto di sponsor sulle magliette. Partita molto combattuta e maschia, finita 2 a 1 per i Koula Diop (tra cui figurava anche tal “Pirlo” nella rosa) dopo che il primo tempo si era chiuso 2 a 0 grazie a una bella punizione e a un rigore. Nel finale di gara il gol della bandiera, prima dello scroscio di pioggia, che ha fatto sentire un po’ tutti come in Senegal.

 

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Il Pro nasce male: manca la fideiussione e rischia penalità in classifica

Altro colpo di scena nella telenovela Pro Piacenza: dopo l’annuncio dell’acquisto della proprietà da parte di Sèleco di Maurizio Pannella, azienda italiana leader nel settore di televisioni ed elettrodomestici, era stato annunciata l’iscrizione al campionato oggi. Ma mancava tutta la parte sportiva (solo due giocatori avevano un contratto in scadenza nel 2019). Ora si aggiunge un’altra spada di Damocle sul futuro, infatti non è stata depositata in tempo la garanzia bancaria necessaria a completare l’iter burocratico per iscriversi al campionato, data l’acquisizione avvenuta solo venerdì pomeriggio. Era nell’aria, ma la penalità rischia di incidere sul campionato 2018 – 2019 dei rossoneri.

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Dramma Juventus al 98′, bianconeri fuori dalla Champions dopo una partita perfetta

Partiamo dalla fine. Siamo 0 – 3 per la Juve dopo una partita da incorniciare, in cui era riuscire a sovvertire un pronostico che la dava praticamente spacciata (nessuno era riuscito in una rimonta del genere in Champions al Santiago Bernabeu). Ultimo secondo, ultima azione, lancio lungo per Cristiano Ronaldo che intelligentemente fa da torre per l’incombente Lucas Vazquez lasciato colpevolmente solo, Benatia arriva come un treno da dietro cercando di rimediare come può e accade il fattaccio: cerca di toccare il pallone, l’arbitro non è in posizione favorevole ma decide che il tocco è pericoloso e fischia il rigore. Siamo al 93′, i bianconeri polemizzano, Buffon urla furioso e viene espulso. Il rigore viene battuto al 98′. Szczesny fa quello che può ma il rigore di Cristiano Ronaldo è imprendibile nell’angolo in alto a destra. Festa Real. Sipario.

I tifosi bianconeri possono comunque dire di aver espugnato un terreno come quello del Santiago Bernabeu per 3 – 1, cosa sicuramente non alla portata di tutti.

Eppure era cominciata nel migliore dei modi, esattamente come doveva: al 2′ Douglas Costa fa partire l’azione, palla a Khedira, che lancia Mandzukic che da ariete infila in corsa Navas. 1- 0 e la speranza rimane viva. Al 7′ poteva già essere 2 -0: dal lato destro ancora Douglas Costa piazza un pallonte invitante per Higuain ma c’è l’anticipo di Navas. Il Real continua a mordere come un ossesso in cerca del gol prima con Bale di tacco e poi con Ronaldo. Juve che tiene poco il possesso (60 – 40) riesce ad essere pericolosa con Mandzukic con una bordata da lontano. Buffon protagonista al 33′ con una parata su uno contro uno con Isco. Poi al 36′ ancora Mandzukic, ancora di testa regala un’altra gioia ai 3500 tifosi bianconeri venuti da Torino e a quelli seduti sul divano di casa: Lichtsteiner crossa da destra e il croato incorna, Navas smanaccia ma il pallone entra. Adesso il sogno sembra avvicinarsi. Buffon dalla sua porta esulta come un leone in gabbia. La traversa di Varane a fine tempo fa tremare anche il cuore dei tifosi bianconeri.

Sempre Douglas Costa, uno dei migliori in campo, sempre dalla destra, serve un cross teso al centro che Navas non trattiene, nel rimpallo con Matuidi questi ne approfitta nonostante sia sbilanciato la butta dentro come può per il 3 – 0. Rimonta completata. I tifosi bianconeri si fanno sentire come fossero una bolgia, sostengono la squadra che da qui in avanti punta al contenimento, Allegri si sbraccia come un Dan Aykroyd giovane, poi si arriva al fattaccio, buono per le polemiche dal talk show e per gli articoli di giornale, ma la sostanza non cambia. Dobbiamo comunque ringraziare le nostre italiane che ci hanno fatto sognare. Forza Roma. 

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Romantada di Dzeko & Co, e James Pallotta si fa il bagno in Piazza del Popolo

E poi continuiamo a stupirci se il calcio (quello giocato) sia lo sport più bello del mondo. Ieri sera ne ha dato una dimostrazione la Roma, guidata da un ex calciatore del Piacenza “tutto italiano”, Eusebio Di Francesco e con l’ariete Dzeko in campo. Una partita perfetta, giocata da squadra matura per i grandi palcoscenici internazionali. Ha dovuto aspettare 34 anni (era la stagione 1983 – 84) per tornare tra le prime 4 d’Europa, chissà se ci sarà ancora Roma – Liverpool in finale come allora. Ma ora è il momento della festa, anche il presidente Pallotta nella bolgia imperiale di Roma si tuffa nella fontana di Piazza del Popolo, trasformata per l’occasione in piscina.

Sembrava impossibile alla vigilia, anche la stampa spagnola pensava fosse solo una formalità, eppure già al sesto minuto Dzeko regala speranza su assist di De Rossi dal cerchio di centrocampo: palla lunga, Edin controlla e supera Ter Stegen. 1 – 0, e l’Olimpico esplode. Ma la strada è ancora lunga. Dzeko e Schick continuano a pungere come zanzare nella difesa traballante del Barca, fino al 56esimo quando Piquè decide di portare a terra Dzeko in area e l’arbitro assegna il rigore trasformato da De Rossi. 2- 0 e la partita si accende, la Roma se possibile si fa ancora più incisiva, anche Re Messi si fa ammonire, c’è nervosismo. Prima Nainggolan in mezzo all’area poi De Rossi di testa fanno balzare l’Olimpico in piedi, El Shaarawy fa credere di avercela fatta su cross pennellato perfettamente da Florenzi. Ma Ter Stegen chiude ancora la porta. 82esimo, calcio d’angolo di Under da poco entrato, trova la testa di Manolas che spizza quel tanto che basta per andare nell’angolo più lontano, dove il portiere del Barcellona può solo immaginare di arrivare, 3 – 0 ed esplode la festa. Gli ultimi minuti sono in trincea, gli unici in cui viene concesso seriamente qualcosa al Barcellona, che tuttavia è impreciso. Sugli spalti romanisti tutti piangono dalla gioia, anche i bambini, che molto probabilmente una notte così la ricorderanno per altri 30 anni, forse più.

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Mura tra musica, sport e giornalismo racconta “Confesso che ho stonato”

Dimenticate Gianni Mura magnifico narratore delle ascese di qualche campione del ciclismo su una montagna del Tour de France o del Giro, dimenticate i racconti romantici di un campo di calcio. Ieri alla Biffi Arte durante la rassegna “L’Arte di Scrivere”, Mura ha mostrato il lato musicale di sé presentando “Confesso che ho stonato” (Feltrinelli), libro sul fascino che la canzone prevalentemente italiana ha esercitato sul giornalista milanese. A moderare Mauro Molinaroli e Giorgio Lambri. Mura

“Per scrivere il mio primo libro ho aspettato di avere 60 anni – ironizza -, forse sono un po’ pigro. Tra le cose che avevo in mente di fare all’inizio di questa avventura era una biografia su Sergio Endrigo. I giornalisti solitamente scelgono di scrivere di calciatori famosi, io avevo scelto un cantante di fama relativa”. La passione per il cantautore nato a Pola in Croazia viene dall’essenzialità dei suoi testi. “Spesso si vantava di non aver mai usato più di 2000 parole, riusciva a combinare una scrittura alta e al contempo popolare. Ci ha insegnato che per scrivere una bella canzone non servono parole auliche, lui stesso ne ha scritte di ogni genere partendo da quella d’amore, ha scritto per i bambini (Ci vuole un fiore, ndr), ha messo in musica dei testi di Pasolini. Purtroppo gli ultimi anni di vita li ha vissuti in un progressivo deterioramento fisico, soffriva di acufene”.

Il primo approccio di Mura col mondo musicale risale alla caserma. “Mio padre era maresciallo dei Carabinieri. Al tempo la televisione aveva un solo canale, che non proponeva granché di interessante, così grazie a loro ho imparato moltissime canzoni dialettali del Centro Sud e del Triveneto”.

Un altro capitolo del libro racconta la “vita spericolata” di un simbolo della musica come Edith Piaf. “Sembra scritta da uno sceneggiatore. Suo padre era un contorsionista e la madre una cantante. Il lavoro dei genitori non permetteva di allevare un figlio, così viene data in affidamento alla nonna, ammaestratrice di pulci, a cui importava poco di lei. Viene così affidata a un’altra nonna, che gestiva un bordello. Una mattina si sveglia ed è cieca, una delle ospiti del bordello la porta sulla tomba di Santa Teresa per chiedere di ridarle la vista. Questo spiega che il suo cantare era sofferenza pura. Con La vie en rose riscosse grande successo: fu pubblicata 6 mesi dopo che i tedeschi se ne andarono da Parigi, allora occupata. Era una canzone simbolica”.

Non poteva mancare durante l’intervista, un momento dedicato al calcio e all’accostamento scomodo con Gianni Brera. “Ho sempre cercato di distanziarmi da questo. Vedo nel mio modo di scrivere e nel suo grandissime differenze – ha sottolineato -, credo abbia influito più la somiglianza fisica e la passione comune per il vino rosso. Lui aveva 2 lauree e parlava fluentemente inglese, io no, ma da lui ho effettivamente imparato molto semplicemente guardandolo lavorare: mi ha insegnato ad andare controcorrente, a sbagliare in autonomia e soprattutto senza omologarsi alla massa”. Quest’ultimo aspetto tiene a sottolinearlo con vigore nella sua lectio giornalistica. “La cosa più stupida nel mestiere del giornalista è copiare uno stile altrui. Una volta c’era più cura nel modellare i giornalisti, io sono stato fortunato ad aver incontrato molte persone che mi hanno aiutato. Oggi un ragazzo che arriva in una redazione è assolutamente abbandonato a se stesso, se riesce ad arrivare in una redazione. Oggi, in particolare coi giornali online, vince il più veloce, e soprattutto non esiste quasi più la figura del correttore di bozze e la cernita delle notizie pubblicabili”.

“Il computer – continua – modifica il modo di scrivere, lo rende molto più ragionieristico. Scrivendo a macchina le parole sono molto più libere. Ai giovani d’oggi vengono fatti consumare i polpastrelli e gli occhi, per 12 ore al giorno”. Altro problema evidenziato da Mura riguarda la grafica di un giornale: “In passato gente come Brera consegnava cartelle che oggi sarebbero comparabili a 9000 caratteri, impensabile per un giornale di oggi, e sempre con una qualità eccelsa. Oggi gli spazi si sono ridotti per ingrossare i titoli dei giornali, cercando di stare al passo coi tempi di Internet”. Confesso, Mura, che c’è ancora chi usa il taccuino per scrivere i pezzi come questo.