Italia – Cina, più vicini o più lontani? Appuntamento in Cattolica con Boggio Ferraris

Terz’ultimo appuntamento in Cattolica con l’approfondimento di mondialità Consapevole targato Laboratorio Economia Locale. Questa volta è Francesco Boggio Ferraris della Fondazione  Italia Cina a spiegare tutte le contraddizioni di un Paese legato fortemente al proprio passato ma indissolubilmente vocato all’industrializzazione e allo sviluppo economico.

“Siamo appena usciti da una fase molto particolare per la Cina – introduce Boggio Ferraris -, da poco il 19° Congresso del Partito Comunista Cinese ha sancito Xi Jinping come Chairman of Everything consacrando la quinta leadership del Paese, partita con Mao Tse Tung, proseguita con Tan Xiao Ping, abile stratega e con Jin Tao”. Negli anni 2000 si è instillato nei cinesi una sorta di sviluppismo, portando la Cina fuori dai cosi detti Paesi in via di sviluppo, e facendola diventare a tutti gli effetti una delle grandi potenze economiche mondiali. Una nuova era conclamata nel Congresso del partito, cui hanno partecipato 2 mila 289 delegati .”Con Xi Jinping riemerge in Maoismo, si cerca di recuperare ciò che è stato il passato, fondendolo con l’economia di mercato. Il suo potere sulla Cina rimarrà invariato per altri 15 anni almeno, le dinastie sono molto lunghe, al contrario dell’Italia in cui negli ultimi 5 anni abbiamo cambiato Governo 5 volte. E’ difficile per noi essere un interlocutore valido agli occhi dei cinesi”. Le politiche messe in atto in Cina volgono anche verso il cosidetto moderato benessere, che nelle intenzioni del Partito dovrebbe arrivare entro il 2021, a cent’anni dalla fondazione del Partito stesso. “Il PIL in doppia cifra per tanto tempo rappresenta un’anomalia, anche gli stessi cinesi se ne sono accorti, vogliono portare una redistribuzione più orizzontale della ricchezza”. Altro tema importante è il collegamento con l’Occidente, col sogno americano. “Se il secondo è molto individualistico, quello cinese è in bilico tra passato, in cui il Confucianesimo dettava e detta ancora legge, e un presente votato alla creazione di profitto”. Una delle frasi che passano in Cina sottoforma di pubblicità progresso è “Fare economia coltiva la virtù”. “Il problema sta nel ricambio generazionale, i ricchi di seconda generazione non seguono tutti il Confucianesimo, che regola la vita in Cina soprattutto nei rapporti interpersonali tra amici e parenti, la vecchiaia è vista come una virtù altissima, un valore da preservare”.

Tutto questo va messo in parallelo alla priorità dello sviluppo economico, una convivenza che fino ad ora ha funzionato, che vede i primi scricchiolii. “Nell’agenda politica ci sono le politiche per aumentare la sostenibilità ambientale delle industrie, che in molti casi si stanno spostando fuori città, e di reinverdimento. Alcuni osservatori hanno hanno messo in dubbio le politiche attuate finora, il PIL in aumento al 6,5% nel 2017 è visto come una sorta di canto del cigno”.

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Alessia: nove mesi in Cina, al confine con la Russia. Meno 40 gradi e dodici ore di lezione al giorno

Ad ispirarla è stata una frase di Marcel Proust “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Alessia Casali, 18 anni, piacentina, studentessa del Colombini, ad un certo punto ha deciso di lasciare la sua comoda casa a Ivaccari e di partecipare, per un anno scolastico, ad un programma di scambio interazionale.

Si è iscritta ad Intercultura, ha vinto una borsa di studio e la ”roulette” delle assegnazioni l’ha portata in Cina a Huanan, 1.650 chilometri da Pechino, 17 ore d’auto, praticamente sul confine con la Russia, non lontanissima da Vladivostock. Una località davvero remota dove d’inverno la temperatura tocca i meno 40 gradi.

Alessia è rientrata da poco in Italia (lo scorso giugno). Ha visto online la nostra rubrica “Generazione Erasmus” e ci ha contattato per raccontarci la sua storia (chiunque volesse fare come lei, studente liceale o universitario può scriverci a redazione@piacenzaonline.info)

Alessia partiamo dall’inizio. Come mai hai deciso di andare a trascorrere un anno all’estero?

Sono sempre stata interessata, da quando ero più piccola. Volevo mettermi alla prova, fare qualcosa di diverso da quello che facevano i miei compagni e volevo imparare un’altra lingua. Quindi ho deciso di partire.

Sei partita con Intercultura giusto? Come hai conosciuto l’associazione?

Si con Intercultura. L’ho conosciuta in ambito scolastico. Vado al Colombini ed un giorno è venuto un loro rappresentante che ci ha presentato l’associazione. Da lì ho iniziato ad interessarmi ed ho deciso di partecipare.

Hai concorso per una borsa di studio?

Si ho vinto una borsa di studio per un valore di 10 mila euro.

Solitamente Intercultura chiede di scegliere dieci possibili destinazioni in ordine decrescente. Tu cosa avevi scelto?

Avevo scelto Austria, Germania, Svizzera, Olanda. Portogallo, Argentina Cina, Svezia, Filippine Brasile.

Quindi per te l’opzione Cina era un’eventualità molto remota. Non te lo aspettavi?

No, non me la sarei mai aspettata infatti era la mia settima scelta. E’ stato un po’ uno shock all’inizio.

Nonostante l’iniziale disorientamento hai deciso comunque di proseguire su questa strada?

Si ho deciso di andare avanti perché per me la cosa fondamentale era partire. La meta non contava più di tanto. Non nascondo che all’inizio avevo paura. La Cina è molto diversa da noi. Quindi avevo molto timore ma questo non mi ha fermato. Sono andata lo stesso.

La reazione dei tuoi genitori?

All’inizio è stato spiazzante anche per loro perché la Cina è molto lontana ed anche molto diversa. Poi mi hanno vista felice e si sono tranquillizzati.

L’impatto come è stato una volta arrivata? Innanzitutto hai fatto un lungo viaggio. Da sola?

Ventiquattro, venticinque ore di volo. Abbiamo fatto scalo a Dubai.  Ero con tutti i ragazzi di Intercultura che andavano in Cina. Eravamo novanta.

Sono arrivata e … c’erano tutte delle scritte in cinese, tutti mi parlavano in cinese, perché nessuno sapeva parlare inglese. Scioccante.

Poi ci hanno diviso. Io sono andata in una cittadina dove c’era solo un altro italiano. Altre 24 ore in treno per arrivarci.

Ho fatto molta fatica all’inizio. Poi, pian piano è migliorato tutto.

In che famiglia sei capitata?

Ho fatto un programma “boarding school” quindi vivevo in un college dal lunedì al venerdì e al sabato e domenica ero in famiglia.

Il papà era il preside della mia scuola. Poi avevo una mamma ed una sorellina più piccola, di sette anni.

Come è stato vivere con loro?

Bello, anche se ero con loro solo in alcuni week-end, perché in Cina al sabato e alla domenica si va a scuola. Nonostante la diversità … mi son sentita a casa. All’inizio è stato difficile soprattutto per quanto riguarda il cibo e la lingua. La lingua è l’ostacolo più grosso alla fine. Loro non parlano l’inglese. Ma sono riuscita ad ambientarmi bene.

Come è organizzata la scuola? Quante ore si fanno?

Noi stranieri facevamo dodici ore. Dalle 7,30 di mattina alle 19,30. I cinesi iniziano invece alle 5,30 del mattino e finiscono alle 22,30.

Ma cosa fanno a scuola durante tutte queste ore? Studiano e basta o fanno anche attività?

No, no. Non ci sono attività. Studiano continuamente perché per loro lo studio è molto importante per il futuro, per avere un buon lavoro. Si studiano grossomodo le stesse materie che si studiano in Italia ma molto intensificate. Quello che studiano nelle scuole superiori, in matematica, da noi lo si studia all’università.

Quindi hai trovato la scuola più difficile della nostra?

Si, molto difficile. Io ho fatto molta più fatica.

Come hai fatto ad affrontare per dodici ore al giorno una scuola oltretutto in una lingua che all’inizio non conoscevi?

Sono arrivata ad agosto e da agosto a dicembre ho studiato solo cinese per dodici ore al giorno, quindi – dopo quel periodo – lo sapevo già parlare bene. Da dicembre in poi ho iniziato a seguire le normali lezioni. Studiandolo per così tante ore al giorno il cinese, alla fine, lo impari. Poi ovviamente essendo in Cina tutti ti parlano in quella lingua. Visto che nessuno parla inglese è scattato un meccanismo di sopravvivenza … per farmi capire.

Quanti giorni alla settimana frequentavate le lezioni?

Sette giorni su sette.  Ma visto che eravamo stranieri facevamo un week-end si ed uno no.

Vuoi dire che loro studiano senza sosta?

Si. Non fanno mai pausa, mai vacanza a parte il Capodanno cinese e le vacanze estive.

All’inizio come è stato, anche dal punto di vista emotivo, la mancanza della famiglia …? Li sentivi via Skype?

Si via Skype una volta a settimana. All’inizio è stato difficile soprattutto verso dicembre, durante le feste italiane. A Natale sono andata a scuola … mi mancava un po’ casa. All’inizio si è stato difficile perché ero da sola (a parte un altro ragazzo italiano) ad affrontare tutto. Alla fine quando ho dovuto lasciare la Cina per tornare in Italia … non avrei voluto più partire.

C’erano anche altri ragazzi stranieri oltre a voi due italiani?

Si nel college c’erano delle ragazze thailandesi, dei ragazzi americani e inglesi.

Hai anche ottenuto una certificazione?

Si di lingua cinese, l’HSK 5, penultimo livello di competenze in lingua cinese per stranieri.

Come è stato, una volta rientrata, riabituarsi a vivere in Italia?

Onestamente? Difficile! Dopo aver vissuto in un college rientrare in una famiglia è stato complicato. Poi chiaramente è andata bene, mi sono riadattata.

Il prossimo traguardo, una volta fatta la maturità?

Voglio frequentare l’università di lingue orientali a Venezia.

Cosa sogni di fare da grande?

Vorrei fare l’interprete, la mediatrice.