Una fiaccolata contro la prostituzione

Una fiaccolata per lanciare un appello alle coscienze dei milioni di clienti italiani che ogni notte abusano di migliaia di donne costrette alla prostituzione.

A Piacenza in via del Pubblico Passaggio, sabato 9 febbraio alle ore 16,30, la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove una fiaccolata contro la prostituzione.

A seguire alle 17,15 in Piazza Duomo si terrà un concerto del coro gospel piacentino New Sisters; Tommaso Carturan canterà Non sei sola in memoria di Cristina uccisa da un cliente; don Mario Zacchini racconterà l’incontro in carcere con clienti autori di violenza ed omicidio ai danni delle donne di strada.

Alle ore 18,30 il Vescovo Mons. Gianni Ambrosio presiederà la S. Messa in Cattedrale. L’iniziativa arriva in occasione della Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani, istituita da Papa Francesco in memoria di Santa Giuseppina Bakhita, bimba sudanese di 7 anni resa schiava, poi divenuta suora e proclamata Santa nel 2000.

«Per la prima volta – dice Ramonda della  Comunità Papa Giovanni XXIII – pochi giorni fa, il Vaticano ha pubblicato un documento in cui prende una posizione netta sui clienti delle prostitute. In esso si dichiara che “gli stati dovrebbero criminalizzare chi approfitta della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale”. Una presa di posizione senza precedenti che segue quanto aveva già dichiarato un anno fa lo stesso Pontefice quando aveva definito i clienti come “criminali che torturano le donne”» è quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito agli Orientamenti pastorali sulla Tratta di persone redatti dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale».

«In questo documento – continua Ramonda – si dice ancora che “Chi genera la domanda – il cliente – condivide personalmente la responsabilità dell’impatto distruttivo del suo comportamento su altri esseri umani”. Ci appelliamo alla coscienza dei clienti. Con il vostro comportamento rendete schiave queste ragazzine vulnerabili. Guardatevi allo specchio: siate veri uomini».

La Comunità Papa Giovanni XXIII ha liberato dalla strada e accolto oltre 7000 ragazze vittime del racket della prostituzione. Ogni settimana è presente con 28 unità di strada e 120 volontari per incontrare le persone che si prostituiscono. Promuove, insieme ad un cartello di associazioni, – tra cui CISL, AGESCI, Azione Cattolica, Forum Famiglie, Rinnovamento dello Spirito – l’iniziativa Questo è il mio Corpo, campagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione. La proposta, ispirata al modello nordico, ha l’obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e sanzionando i clienti delle persone che si prostituiscono.

Hanno aderito all’evento: Comunità Islamica di Via Caorsana, Chiesa Evangelica Metodista di Piacenza, Diocesi di Piacenza Bobbio, Cisl di parma e Piacenza, Albero di Cirene.




Inchiesta: Una notte sulle strade della prostituzione piacentina

E’ un mondo, duro, pericoloso, sporco, dove dolore e piacere, scelta e costrizione, verità e bugia si mischiano in continuazione tanto da divenire spesso indistinguibili.

E’ un mondo, quello della prostituzione, quasi parallelo, sotto gli occhi di tutti e che tutti fingiamo di non vedere. Eppure sono decine le donne che ogni sera scendono sulle strade della nostra provincia per offrire sé stesse ed il proprio corpo a uomini apparentemente irreprensibili, fidanzati o padri di famiglia. Si stima che siano mediamente duecento ogni sera. Ciascuna con la sua storia, il suo vissuto. Ad ascoltarle ci sono gli operatori della comunità Papa Giovanni XXII.

Dovrebbe essere un appuntamento settimanale ma non è sempre facile trovare abbastanza persone per organizzare questi giri notturni. Per questioni di sicurezza occorre essere sempre in tre, meglio se con almeno un uomo.  Il tentativo è quello di strappare dalla strada quelle donne che il mestiere non lo hanno scelto o che comunque si sono pentite. A chi lo vuole offrono accoglienza e protezione in case famiglia, distanti da Piacenza e da eventuali racket.

Il tour fra i marciapiedi

La sera in cui accompagniamo i volontari della Papa Giovanni in questo tour fra le vie del meretricio i presenti sono molto più numerosi del solito. Piacenza sta ospitando un “deserto” ossia un momento di confronto e di preghiera che coinvolge persone provenienti da tutta Italia. Il giorno successivo al servizio prostituzione è previsto un incontro con i senzatetto di Milano ed infine, nella terza tappa, una visita nel carcere di Piacenza accompagnati dal cappellano, don Adamo.

Li incontriamo sulla Caorsana vicino al furgone che sforna per tutta notte, a getto continuo, panini con la salamella e diffonde nell’aria odore di grasso rappreso sulla piastra che fa tanto sagra di paese.

Dopo un momento di preghiera gli operatori si dividono in gruppetti di cinque persone. Qualcuno, a piedi, percorre il controviale, fra i camion parcheggiati. Qui, e nelle strade laterali, lavorano soprattutto ragazze nigeriane. Dichiarano tutte di avere ventun anni, ma è evidente come sia solo un’età convenzionale utile, in certi casi, per nascondere la probabile minore età.

La Caorsana, strada delle nigeriane

Molte sono arrivate in Italia, a Lampedusa, con i barconi, come richiedenti asilo. Altre non ci tengono a far sapere l’itinerario che le ha portate fino a questi marciapiedi.

Una sola – fra le sedici africane incontrate – ammette di avere un debito di trenta mila euro con l’organizzazione che l’ha portata in Italia, debito che sta ripagando, sera dopo sera, vendendosi più o meno per trenta euro a prestazione, la tariffa corrente. La cifra da restituire è quasi sempre più alta, fra i quaranta ed i cinquanta mila euro.

Non sono molto loquaci forse perché si sentono sotto osservazione. A vigilare su di loro un giovane connazionale che ogni tanto spunta in sella ad una bici; fa un giretto e controlla che tutto fili liscio. Altre volte sono le prostitute più anziane a tirare le fila del business. Non è raro che si usino superstizioni tribali, minacce di riti voodoo o di ritorsioni sui famigliari in patria per tenere le donne psicologicamente soggiogate.

Le nuove arrivate si distinguono con facilità: indossano vestiti meno provocanti, nessuna parrucca, trucco più discreto e non hanno ancora la malizia delle colleghe più consumate nel proporsi ai potenziali clienti.

Un tempo le nigeriane, di notte, battevano strade più isolate finché, alla ricerca di maggior sicurezza, si sono spostate verso la Caorsana, con i suoi lampioni ed i camion parcheggiati, una scelta che ha fatto drasticamente calare le aggressioni.

Ci si sposta, in auto verso Pontenure, imboccando strada Anselma e passando dietro alla Cattolica. Qui la prostituzione è una fabbrica a turno continuo; cambiano le operaie del sesso, ma non si chiude mai, giorno e notte.

I marciapiedi delle albanesi

Gli operatori si mettono a parlare con due ragazze albanesi. L’approccio è sempre lo stesso. Parcheggiano a qualche metro di distanza, scendono dalla vettura e, a voce alta, dichiarano di essere amici, così, tanto per chiarire che non si hanno cattive intenzioni e non si è della polizia.

“Le avviciniamo con molto rispetto – ci raccontano – senza farle sentire giudicate. Gli diciamo chi siamo e cosa facciamo. La cosa fondamentale non è convincerle a venire in una casa famiglia ma creare una relazione. Sono ragazze che hanno preso parecchie fregature nella vita e difficilmente si fiderebbero di noi già al primo incontro”.

E’ venerdì, inizio settembre. I clienti sono ancora pochi, complici le vacanze appena terminate. Le due giovani concedono poche rapide parole e poi pregano gli operatori della comunità di sgombrare. Lo fanno con cortesia. Magari un altro giorno scambieranno volentieri qualche chiacchiera ma stasera no. Business is business.

Ci si allontana dalla città. Le strade si fanno più buie, le ragazze più difficili da individuare. In una laterale della via Emilia si prostituisce Irina. Il nome è ovviamente di fantasia come del resto quelli che le ragazze forniscono ai clienti. La vita vera, quella alla luce del sole, è tenuta il più possibile lontana.

Mentre per le ragazze nigeriane l’organizzazione è abbastanza delineata, per le prostitute dell’est europeo i contorni dell’impresa diventano più sfumati. Probabilmente anche loro hanno dei protettori ma non ne parlano. Alcuni risiedono lontano, in altre città, addirittura in Germania ma hanno sul territorio dei rappresentanti, spesso le stesse prostitute, quelle più anziane. Non è raro che una novellina, in Italia da pochi giorni, venga affiancata da una compagna … di lungo corso.

Badanti di giorno, prostitute di sera

Dal racconto delle operatrici della comunità Papa Giovanni XXIII emerge anche un fatto abbastanza sorprendente. Prostitute dell’est, rumene, ma non solo, che di giorno lavorano come badanti, donne delle pulizie, lavapiatti e di notte scendono in strada e si vendono per racimolare soldi extra da inviare in patria alla famiglia, ai figli.

Fatto che viene confermato parlando, dopo pochi minuti, con una lucciola assolutamente atipica. E’ decisamente anziana, sopra i cinquanta, ed è di nazionalità marocchina, la prima di questa etnia mai incontrata, almeno in zona.  Lavorava come badate a tempo pieno poi è rimasta senza impiego fisso. Adesso cura un anziano poche ora, al mattino. Nonostante non abbia figli a carico i soldi non le bastano per l’affitto e per mantenersi e così ha deciso di diventare una donna di vita.

Ci sarebbe invece un figlio di cinque anni, malato di tumore, fra le cause che hanno spinto una ragazza albanese di ventun anni a scendere in strada e prostituirsi alle porte della città. Dalina mostra, sul telefonino, una sua foto abbracciata con il piccolo. Il marito, stando al suo racconto, la picchiava e quindi lo ha lasciato. Ora tocca a lei trovare i soldi per fare operare, una seconda volta, il bambino.

Racconti di vita, fra verità e possibile menzogna

Qui si entra in quel delicato campo in cui è difficile distinguere fra verità e menzogna, racconti di convenienza e vita vera. Anche perché qualche ora dopo Dalina richiama le operatrici e – nel suo italiano stentato – chiede aiuto, chiede i duemila euro necessari per operare il figlio. Le volontarie le spiegano che loro soldi da mettere in campo non ne hanno. Se lei vuole la possono aiutare ad allontanarsi dal marciapiede, la possono accogliere in una casa famiglia ed interessarsi al piccolo, magari facendolo venire in Italia. Ci penserò risponde la ventunenne delusa dalla risposta, prima di interrompere la comunicazione.

Insieme per una preghiera

Il giro per le strade di Piacenza continua. Quasi tutte le prostitute accettano di dialogare con i membri della comunità e qualcuna conclude l’incontro con un momento di preghiera, collettiva, tenendo per mano le operatrici. Un’altra ragazza albanese aveva un compagno italiano ma il rapporto non ha funzionato. I figli di 7 e 11 anni ora vivono con parenti oltre Adriatico e lei li mantiene prostituendosi. “L’uomo italiano non è solo quello che sei abituata a vedere sulla strada – le dicono le volontarie – sa anche rispettare, sa essere un uomo serio, sa amare la sua donna e sa essere fedele”. Basta uno sguardo al suo giovane viso per capire come, quella descritta, sia una tipologia di maschio che Ornela non ha avuto, ad oggi, la possibilità di incrociare.

Il servizio della Papa Giovanni XXIII sulle strade piacentine sta per concludersi. Non lontano da quella che un tempo era la via per eccellenza della prostituzione, via Maculani, ci si imbatte in una ragazza appena arrivata in Italia. Traduce una operatrice della comunità che ha fatto la volontaria in Romania per alcuni mesi. Sembra giovanissima, ben al di sotto dei famosi ventun anni che dichiara. Confessa che questa vita non fa per lei e che presto se ne tornerà a casa. Tutti si augurano che abbia davvero la forza per farlo e che nessuno la trattenga.

Uomo per nascita, donna per scelta

Qualche centinaia di metri più in là invece si procaccia clienti Sibilla un transessuale italiano. La sua è una storia totalmente diversa. Viene dal sud Italia ed era approdata a Piacenza con la famiglia tanti anni fa. Fin da piccola non si è mai trovata a suo agio in quel corpo maschile. Non ha cambiato totalmente sesso e forse non lo farà mai. “Sono nata con una parte maschile e così voglio rimanere. Dio non mi ha creato totalmente donna”.

Prende però ormoni femminili ed ha chiesto aiuto alla chirurgia per aggiungere un po’ di volume ai seni, ma non troppo … “una terza abbondante” fa sapere con orgoglio.

Da poco, racconta, ha trovato l’amore. Un ragazzo lombardo, con un buon lavoro. Presto potrebbero anche sposarsi e già convivono in un appartamento in periferia. Chissà che una volta convolata a nozze non decida di rinunciare, per sempre, alla strada. Adesso ci sono i mobili da pagare, la nuova casa e forse anche un’abitudine dura da abbandonare. Così anche se il fidanzato non vede proprio di buon occhio la sua attività …  continua -momentaneamente – ad esercitare.

E’ forse proprio da lei che arriva il giudizio più tranciante nei confronti della clientela: “La maggior parte degli uomini che vengono con me – sostiene Sibilla – parlano di trasgressione. Secondo me non è una trasgressione. Un uomo che si sposa, ha dei figli o è fidanzato e poi … ricerca altre sensazioni … non è più un uomo … è un vigliacco. Io faccio questo lavoro perché mi pagano. Ma loro, se hanno dei bambini, una donna … con quale faccia vanno davanti a loro? Mi disgustano …”.

Perché infondo nemmeno lei, sebbene lo abbia liberamente scelto, da piccola sognava di fare la prostituta …

Carlandrea Triscornia




Con la fine dell’estate tornano in strada 200 prostitute

Con la fine dell’estate l’osservatorio costituito dalle unità di strada contro la tratta della Comunità Papa Giovanni XXIII ha registrato a Piacenza il rientro progressivo delle donne che si prostituiscono sulle strade.

«La città si ripopola, e tornano i clienti», spiega Romina Iurato, volontaria dell’unità che compie periodicamente uscite con altri giovani.

«Quando usciamo in strada alla sera riusciamo ad incontrare una decina di donne (ne stimiamo circa 200 tra Piacenza e dintorni). Si prostituiscono con continuità negli stessi luoghi, mentre dopo le ferie stanno arrivando le nuove vittime : quelle donne continuamente spostate di città in città perché non si radichino sul territorio», continua la Iurato.

I volontari si trovano di fronte sempre più spesso ragazze nigeriane, adolescenti o poco più.

L’unità anti-tratta è stata attivata a Piacenza tre anni fa; da allora sono 3 le donne che hanno accettato l’invito dei volontari ad abbandonare la strada: «È difficile che riescano ancora a fidarsi di qualcuno», spiega Romina.

«Don Oreste Benzi , il nostro fondatore, ci ha lasciato 10 anni fa esatti. Rispetto ad allora sono diminuite le violenze fisiche rivolte alle ragazze, ma sono cambiate le modalità degli sfruttatori: sono meno violenti fisicamente ma più subdoli, ad esempio quando forniscono loro il telefonino o qualche soldo, per creare una forma di ricatto morale».

Per rispondere all’invito di Papa Francesco di vivere “una Chiesa in uscita” volontari delle unità di strada provenienti da varie parti d’Italia si incontrano da oggi per tre giorni nella Casa Madre dei Padri Scalabriniani di Via Torta 14; alterneranno momenti di preghiera a momenti di incontro con gli emarginati.

Questa sera dalle 21.30 un gruppo di volontari uscirà per incontrare le donne che si prostituiscono sulle strade della città.

Per contrastare la tratta delle donne al fine di sfruttamento sessuale la Comunità di Don Benzi sostiene le proposte di legge, ispirate al modello svedese, che prevedono la punibilità del cliente (per saperne di più: www.questoeilmiocorpo.org).