Produrre energia verde da scarti agricoli: pubblicato il bando regionale

La Regione Emilia Romagna ha pubblicato un bando da 6,8 milioni finalizzato alla produzione di energia “verde” da scarti agricoli. Saranno finanziati impianti per produrre energie rinnovabili da sottoprodotti o scarti agricoli oltre a impianti eolici, solari ed idroelettrici.

“Le domande vanno presentate entro il 29 novembre – commenta il vicedirettore di Confagricoltura Piacenza e responsabile del servizio tecnico, Giovanni Marchesi – si tratta però di progetti complessi per cui chiediamo alle aziende potenzialmente interessate di prestare attenzione per tempo a questa interessante opportunità così da poterla cogliere a pieno”.

Giovanni Marchesi - vicedirettore di Confagricoltura Piacenza
Giovanni Marchesi – vicedirettore di Confagricoltura Piacenza

I finanziamenti andranno a beneficio di aziende agricole che si impegnano a realizzare impianti per la produzione, la distribuzione e la vendita di energia e/o calore.  Obiettivo del bando è diversificare le attività agricole, con un’attenzione forte all’agricoltura sostenibile e alla riduzione del consumo di combustibili fossili.

Per quanto riguarda le bioenergie, non potranno essere utilizzate colture dedicate ma solo scarti e sottoprodotti agricoli in un’ottica di economica circolare.

“Un’occasione di crescita per il settore – ha dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli – nella direzione di un’agricoltura che riduce le proprie emissioni e punta a divenire sempre più autonoma sul piano energetico”.

Tra i diversi interventi è previsto il finanziamento di caldaie alimentate a biomassa legnosa, sotto forma di cippato o pellets; impianti per produzione di biogas dai quali ricavare energia termica e elettrica o biometano; impianti che sfruttano altre fonti di energia rinnovabile come quella eolica, solare, idro-elettrica. Inoltre, è possibile realizzare impianti per ricavare pellets e combustibili da materiale vegetale proveniente da scarti e sottoprodotti agricoli e forestali, piccole reti per la distribuzione dell’energia e impianti “intelligenti” per lo stoccaggio dell’energia al servizio delle centrali o dei microimpianti realizzati.

Sono esclusi dal finanziamento gli impianti fotovoltaici realizzati a terra. Indipendentemente dal tipo di produzione, gli impianti dovranno avere potenze pari ad un massimo di 1 Mega watt elettrico o 3 Mega watt termici. Dovranno inoltre essere dimensionati per produrre energia elettrica o calorica in quantità superiore ai consumi aziendali così da poter essere venduta o ceduta a terzi. La materia prima che alimenterà le strutture, dovrà provenire dall’azienda stessa o da altre del territorio unite da un accordo di filiera, entro una distanza massima di 70 chilometri.

Le imprese possono presentare progetti di spesa a partire da 20mila euro e senza limiti: il contributo massimo sarà comunque calcolato nel rispetto del regime “de minimis” e non potrà quindi superare i 200mila euro.

Il contributo sarà in conto capitale modulabile tra il 20 e il 50% della spesa ammessa, nel rispetto dei limiti di cumulabilità con altri incentivi pubblici per le energia da fonti alternative.

E’ possibile chiedere un anticipo del 50% dell’importo assegnato.   Nelle graduatorie sono previsti punteggi aggiuntivi, a parità di requisiti, per le aziende agricole di montagna e per i giovani agricoltori che abbiano usufruito nei precedenti cinque anni di un contributo per l’avvio di una nuova azienda. “Mi ha molto colpito l’intervista all’astronauta Luca Parmitano dallo spazio – dice Marchesi –  ha dichiarato di “vedere la Terra molto peggiorata, i ghiacciai sciogliersi ed il deserto avanzare“. Garantire il rispetto della Terra, puntando sulle energie rinnovabili, è l’unica risorsa per contrastare i cambiamenti climatici e risolvere i divari energetici mondiali. L’Accordo sul clima di Parigi consiglia chiaramente di mantenere nel sottosuolo la maggior parte del carburante fossile. Ecco perché c’è bisogno di ricercare energie alternative. La civiltà richiede energia, ma l’uso dell’energia non deve distruggere la civiltà. Una transizione verso l’energia sostenibile non è solo una sfida, ma anche una grande opportunità per garantire un migliore accesso all’energia nei Paesi poveri e più vulnerabili, dove le persone vivono ancora al buio, senza accesso all’elettricità ed è anche un’importante responsabilità che abbiamo tutti verso le future generazioni”.




Dalla Regione E.R. fondi per l’innovazione in agricoltura

“L’azienda agricola moderna e competitiva è la vera chiave per una gestione efficace del territorio. Plaudiamo alla Regione Emilia-Romagna che destina risorse alle partnership tra aziende agricole e mondo della ricerca per individuare soluzioni concrete alle esigenze delle imprese” – questo il commento di Filippo Gasparini, Presidente di Confagricoltura Piacenza alla pubblicazione dei due nuovi bandi destinati ai Gruppi operativi con uno stanziamento di 8,3 milioni di euro. Con 95 ‘Goi’ già attivi, 25 in corso di approvazione e una trentina di nuove partnership che dovrebbero nascere grazie a questi ultimi due bandi, l’Emilia-Romagna è leader in Italia e in tutta Europa. Nel Piano di sviluppo rurale 2014-2020 gli investimenti per l’innovazione ammontano, infatti, complessivamente a 50 milioni di euro: la dotazione più alta tra tutte le regioni europee.

Le risorse dei due bandi, pubblicati il 6 luglio sul Bollettino ufficiale della Regione, finanzieranno progetti per lo studio di nuovi prodotti e la messa a punto di nuove tecniche produttive per migliorare la qualità delle acque, con investimenti stimati di oltre 10 milioni di euro. Le domande potranno essere presentate fino al 18 ottobre secondo le procedure, modalità e la modulistica indicate da Agrea.

“Grazie a questi progetti stiamo mettendo in grado l’agricoltura regionale di essere pronta e performante in anticipo rispetto ai nuovi requisiti agroambientali che saranno richiesti dalla futura politica agricola comunitaria (Pac) 2021-2027” – ha dichiarato l’assessore regionale all’agricoltura Simona Caselli.

“Chiediamo che questo sforzo di adeguamento ai requisiti agroambientali – sottolinea Gasparini – venga condotto senza rinunciare all’altrettanto importante lavoro di stimolo, nei confronti della futura politica agricola Comunitaria, che deve necessariamente considerare le aziende agricole come realtà produttive e non solo come operatori agroambientali. Sono le aziende moderne e competitive, infatti, che riescono a gestire meglio tutte le risorse, anche quelle ambientali.  In questa chiave lavoriamo insieme ad un’agricoltura adattiva: in grado di gestire al meglio anche i fenomeni estremi che si verificano nei campi sempre più frequentemente. Obiettivi che si raggiungono avendo a disposizione competenze e risorse, tramutando i progetti in opere e infrastrutture e portando in campo sia l’innovazione tecnologica, legata alle attrezzature sia, quella varietale. “Dighe” e “cisgenetica” – prosegue Gasparini – sono due termini che dobbiamo definitivamente sdoganare, legati e non contrapposti alla preservazione dell’ambiente. In generale – aggiunge – sarebbe necessario destinare risorse per l’innovazione nel marketing; nel miglioramento gestionale per alleggerire i carichi di lavoro della manodopera che necessita anche di formazione specifica adeguata. Infine, se dobbiamo parlare di gestione ottimale della risorsa idrica dobbiamo, a livello territoriale, per lo meno, averla a disposizione – conclude Gasparini – dato che gli attuali programmi, di fatto pongono, forti vincoli sull’uso irriguo dell’acqua proprio nel momento che ai campi è fondamentale”.

I due bandi in sintesi

Il primo, promuove lo sviluppo di nuovi prodotti, tecnologie e tecniche per migliorare la capacità competitiva delle imprese e ha a disposizione quasi 2,3 milioni di euro, con contributi regionali che potranno arrivare fino al 70%, capaci di generare investimenti per un valore complessivo di 3,2 milioni di euro attraverso la creazione di 123 nuovi Goi.    Il secondo bando, invece, ha una forte valenza di tipo ambientale ed è finalizzato alla messa a punto di buone pratiche gestionali e di coltivazione per migliorare la qualità delle acque e ridurre la presenza di agenti inquinanti. Il budget è di circa 6,1 milioni di euro, in grado di attivare un giro di investimenti che sfiora quota 7 milioni di euro, con contributi regionali fino al 90%. Si stima che saranno almeno una quindicina i nuovi Goi attivati con questo secondo bando.

Entro la fine del 2019, secondo la tabella di marcia prevista, saranno messi a bando anche gli ultimi 8 milioni di euro ancora disponibili in questo ciclo di programmazione per finanziare l’attività dei Goi.




Confagricoltura: “occorre riportare i cinghiali nei loro areali, eradicandoli dalla pianura”

Il danno in vite umane non più essere risarcito e pone la questione della fauna selvatica inevitabilmente su un diverso piano di gravità rispetto ai comunque ingenti ammanchi economici che questi animali causano ad agricoltura ed allevamenti.

Filippo Gasparini presidente di Confagricoltura Piacenza«I danni procurati dalla fauna selvatica sono irreparabili – sottolinea Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza – come ribadiamo da tempo dobbiamo uscire dalla logica del risarcimento, inadeguata anche per il danno procurato in azienda, nel momento in cui questo viene calcolato in modo puntiforme e senza tener conto dei decrementi sulla programmazione (per i mancati raccolti) e dei costi aggiuntivi (per la risemina di interi campi). Gli agricoltori, inoltre, non vogliono essere risarciti per il mancato raccolto, vogliono poter produrre. A maggior ragione – prosegue Gasparini – il cambio di marcia diviene indispensabile adesso. Quale Atc potrebbe risarcire il danno per un morto?».

La nostra Regione si è dotata di un piano faunistico che sta dando risultati e sul nostro territorio le squadre degli Atc operano con competenza e coscienza, il che non rende la situazione meno grave. E’, tuttavia, un po’ meno drammatica rispetto alla vicina Lombardia, tanto che il sindaco di San Fiorano (Lo), con riferimento all’incidente avvenuto in autostrada A1 a causa dei cinghiali a inizio anno, ha citato il nostro territorio ad esempio. «Diverse proposte avanzate da Confagricoltura Piacenza nei tavoli tecnici già quattro anni fa – ricorda Gasparini – sono state accolte ed abbiamo riscontrato la disponibilità dei funzionari preposti, in primis del dottor Enrico Merli che ringraziamo; ne è scaturita un’azione sinergica che ha posto in campo Regione ed Atc. In quei tavoli, tuttavia, come Confagricoltura Piacenza abbiamo anche chiesto azioni più incisive per riportare la densità degli ungulati sotto controllo e l’eradicamento dei cinghiali dagli areali di pianura».

Secondo Confagricoltura Piacenza «non è nell’interesse generale affidare agli Atc il compito di risarcire i danni, sarebbe invece necessario che questi si potessero concentrare sulle azioni di contenimento. Avere i cinghiali in stazione (a Piacenza), nelle vie dei centri abitati (A San Nicolò) e lungo la via Emilia non è biodiversità, è follia!» – rimarca l’associazione degli imprenditori agricoli -. Se la Lombardia guarda al “modello Piacenza” è perché sul nostro territorio abbiamo squadre che operano senza secondi fini, che intervengono con professionalità – sottolinea Gasparini – con azioni che richiedono molta esperienza, perché operano anche in zone in cui la viabilità è sviluppata il che espone le mute di cani a pericoli supplementari e impone ai cacciatori attenzioni particolari. Ora che la situazione richiede un cambio di marcia, pretendiamo che vengano riconsiderate anche le nostre proposte che erano state accantonate». Secondo Confagricoltura Piacenza le Zone Parco pongono limitazioni troppo articolate: ad esempio l’interdizione della caccia di sabato e domenica limita l’azione dei cacciatori ancora in attività lavorativa.

«E’ poi un errore grave – sottolinea Gasparini – impedire di andare a caccia di notte quando è molto più facile che i cinghiali escano allo scoperto e ci sono minori possibilità di trovare gente in giro. Torniamo a chiedere di ripristinare, riaffiancandole alle squadre degli Atc, le figure dei sele-controllori, come c’erano un tempo, e che queste possano avere ampia libertà d’azione, diurna e notturna. In passato sono stati posti numerosi, troppi, limiti per orari di caccia, zone, munizioni, tanto che sono stati letti, politicamente, come azioni di contrasto alla caccia. I danni sulla strada non riguardano l’agricoltura e la mappatura dei danni in campo serve a ben poco perché sappiamo già quale nocumento arrecano questi animali. Il vero obiettivo è riportare questi animali nel loro areale. Quello dei cinghiali era delimitato, una volta, dalla linea altimetrica di Travo. Al di là di scrivere mille articoli e delle emozioni del momento è da qui che si misurerà la volontà politica di risolvere il problema».

 

 




Indennità di disoccupazione agricola: dal 14 gennaio domande al via

“Dal 14 gennaio e fino al 31 marzo, i lavoratori agricoli e i lavoratori a tempo determinato, italiani e immigrati regolari, che hanno lavorato nell’anno 2018 possono presentare domanda per l’indennità di disoccupazione” – spiega la responsabile del Patronato Enapa di Confagricoltura Piacenza, Cristina Modenesi.

Attraverso gli uffici del Patronato Enapa di Confagricoltura possono presentare domanda tutti coloro i quali soddisfano i seguenti requisiti: essere iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti, per l’anno cui si riferisce la domanda o avere un rapporto di lavoro agricolo a tempo indeterminato per parte dell’anno di competenza della prestazione; avere almeno due anni di anzianità nell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (mediante l’iscrizione negli elenchi agricoli per almeno due anni o in alternativa con l’iscrizione negli elenchi per l’anno di competenza della prestazione e l’accreditamento di un contributo contro la disoccupazione involontaria per attività dipendente non agricola precedente al biennio di riferimento della prestazione); avere almeno 102 contributi giornalieri nel biennio costituito dall’anno cui si riferisce l’indennità e dall’anno precedente (tale requisito può essere perfezionato mediante il cumulo con la contribuzione relativa ad attività dipendente non agricola purché l’attività agricola sia prevalente nell’anno o nel biennio di riferimento). Possono essere utilizzati, per raggiungere i 102 contributi, anche quelli figurativi relativi a periodi di maternità obbligatoria e di congedo parentale, compresi nel biennio utile. “Contestualmente alla domanda di disoccupazione può essere richiesto, se spettante, l’assegno per il nucleo familiare.

A partire dal 14 gennaio gli uffici del patronato di Confagricoltura Piacenza saranno operativi e a disposizione di tutti coloro che ne hanno bisogno. E’ importante – conclude Modenesi – che i lavoratori si rechino al più presto negli uffici di Confagricoltura – Enapa, in sede al secondo piano in Via Colombo a Piacenza, o negli uffici di Zona, per avviare l’iter.  Il 31 marzo è un termine tassativo”.

 

 

 




Fatturazione elettronica. Secondo Confagricoltura “un disastro annunciato”

“La fatturazione elettronica è appena partita ed abbiamo già rilevato una serie di problemi a cui l’Agenzia delle Entrate non sta dando risposta. Sta accadendo quello che temevamo e che per certi aspetti avevamo preannunciato in occasione dei nostri incontri tecnici in preparazione dell’entrata in funzione del nuovo sistema”.

A sottolinearlo è Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza che dà voce alle numerose telefonate ricevute in questi giorni dagli associati in difficoltà. “Le nostre imprese, insieme agli uffici, hanno fatto uno sforzo enorme per arrivare pronti alla scadenza sostenendo anche costi per riuscire ad adeguarsi, acquistando software e cambiando il modo di operare, ma come purtroppo ci aspettavamo – prosegue Casagrande – l’Agenzia delle Entrate non è pronta, non è in grado dare assistenza come dovrebbe e le aziende hanno forti difficoltà nell’emissione delle fatture”.  Confagricoltura Piacenza aveva parimenti presentato interpelli all’Agenzia delle Entrate perché nell’impalcato normativo non erano stati contemplati casi pratici che ad oggi non si sa come gestire. Va poi detto che il flusso di dati che si genera in Italia è infinitamente superiore a quello prodotto in altri Paesi che sono stati presi a modello, trascurando l’importante assunto che questi sono basati su un’economia differente, mentre il tessuto economico italiano è costituito da numerosissime piccole aziende.

“Si è voluta imporre un’operatività per la quale neppure l’Agenzia delle Entrate stessa era pronta – rimarca Casagrande – così si registrano danni a carico di chi ha già supportato costi. Ora perché l’Agenzia delle Entrate pretende dagli altri quello che non è in grado di fare?” La mancata emissione delle fatture, sottolinea Confagricoltura Piacenza, significa che ci sono liquidità mancate, che non possono essere pagati altri fornitori e che è in blocco il sistema della circolazione della ricchezza. In un Paese serio si parte quando si è pronti, non si fanno gli esperimenti sulla pelle degli imprenditori e delle persone.

“Quando si parla di semplificazione – tuona il presidente dell’Associazione, Filippo Gasparini – bisogna mettersi nell’ottica che questa deve essere a vantaggio dei cittadini e delle imprese, non dei burocrati che così rinunciano al loro onere di verifica. Questo della fatturazione elettronica, come quasi tutto il sistema dei controlli, si basa sulla presunzione di colpevolezza delle imprese. Incapace di individuare chi davvero evade, l’Agenzia vuole continuare a controllare chi sta già pagando le tasse. E’ evidente che chi ha scritto queste diposizioni non ha mai emesso fattura”. Non ci si rende conto che sono ancora tanti quelli che non hanno tempo o competenze per operare in prima persona con QR Code e portali dedicati, senza considerare, poi, che nelle campagne la rete internet è ancora inefficiente. Il tutto si tramuta in tempo sottratto alla produttività e costi aggiuntivi per delegare intermediari: l’ennesima complicazione all’italiana. “Senza chi emette fattura, nessuno avrebbe la possibilità di avere degli stipendi. Ora, chi paga? – conclude Gasparini – Basta con la non assunzione di responsabilità! Chiediamo al direttore dell’Agenzia delle Entrate di chiedere scusa al popolo italiano, non risolverà il problema, ma sarebbe almeno un segnale di discontinuità col passato”.

 




Peste suina africana: annunciato il piano nazionale al summit di Confagricoltura

Contro la Peste suina africana (PSA) non c’è un vaccino, è una zoonosi sia dei suini che dei cinghiali che sta avendo uno sviluppo esponenziale.

Gli esseri umani non sono sensibili alla malattia, ma possono essere veicolo di diffusione attraverso la dispersione di materiale infetto. “Una spada di Damocle per il comparto suinicolo e per quello dei trasformati di carne suina, salumi in primis” – così l’ha definita Claudio Canali, suinicoltore e presidente della Federazione Nazionale di Prodotto di Confagricoltura che ha presieduto l’incontro tecnico tenuto nel quartier generale di Confagricoltura venerdì 14 dicembre con i rappresentanti delle istituzioni nazionali e comunitarie e gli stakeholder del comparto.

Dal summit di Confagricoltura molta preoccupazione, ma anche una notizia importante: “Stiamo preparando un piano nazionale per l’eradicazione e la sorveglianza della Peste Suina Africana. E’ mia intenzione, a metà gennaio, andare a Bruxelles e presentare ai colleghi il piano per arrivare all’attuazione entro marzo” ad annunciarlo è stato Silvio Borrello Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute.  Nel 2007 si sono verificati focolai infettivi in Georgia, Armenia, Azerbaigian, poi nella Russia europea, Ucraina e Bielorussia. Dalla Russia e dalla Bielorussia la malattia si è diffusa all’Unione europea. La Lituania ha segnalato casi di peste suina africana nei cinghiali selvatici per la prima volta a gennaio del 2014.

La Polonia le ha fatto seguito a febbraio del 2014, la Lettonia e l’Estonia tra giugno e settembre dello stesso anno. Nell’estate scorsa è stata rilevata in Belgio. “Tutti coloro che transitano o rientrano ciclicamente in Italia in provenienza da aree in cui la malattia è presente, possono rappresentare veicoli inconsapevoli di trasmissione del virus agli animali attraverso pratiche igieniche o di smaltimento rifiuti alimentari non corrette. I cinghiali selvatici, liberi di avvicinarsi alle zone antropizzate, possono rappresentare uno dei mezzi di diffusione del virus” – ha spiegato Gian Mario De Mia direttore SC Diagnostica Specialistica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche, che è centro di referenza per la peste suina. De Mia ha sottolineato l’importanza della sorveglianza passiva nel selvatico rimarcando come sia necessario contattare le autorità ogniqualvolta si rinvenga un cinghiale morto. L’importanza della pronta individuazione e segnalazione dei cinghiali ammalati è stata rimarcata anche dall’intervento di Vittorio Guberti DVM Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – Ispra.

“Buona parte del territorio italiano è a rischio di introduzione per continuità geografica tramite le popolazioni di cinghiale infette – ha sottolineato Guberti – le aree a rischio sono facilmente identificabili e per certi aspetti anche i tempi”. Ci si può aspettare che il contagio possa arrivare dalle aree di confine con la Ex Jugoslavia e in un secondo momento attraverso il confine con la Francia.  Davide Calderone – direttore di Assica – ha posto l’accento sulla Psa come grave rischio per la commercializzazione delle carni e dei salumi, parlando delle barriere non commerciali poste in essere dai Paesi importatori. Andrea Gavinelli – capo Unità Controlli Ufficiali ed Eradicazione delle malattie animali della Dg Sante della Commissione Europea – ha sottolineato come la lotta alla Psa debba divenire una sfida globale, che va affrontata con un approccio integrato coinvolgendo tutti i portatori di interesse.

Tra gli interventi dei presenti in sala, apprezzato quello di Elena Ferrari – presidente della sezione di prodotto lattiero-casearia di Confagricoltura Piacenza (l’associazione piacentina era presente con una sua delegazione) che ha sottolineato: “gestisco una stalla da latte, e qui oggi si è detto che il principale veicolo della Psa sono i cinghiali selvatici. Mi preme sottolineare come anche per il nostro settore sia inderogabile prevedere azioni di contenimento che siano efficaci perché i cinghiali sono un danno e un rischio anche per il nostro comparto. Minano l’autoapprovvigionamento delle aziende costringendo, nella migliore delle ipotesi, a riseminare gli interi campi di mais che distruggono. Sussiste poi un problema sanitario grave – ha proseguito Ferrari – perché scavando buche nei campi e rendendo il suolo sconnesso provocano l’inquinamento del raccolto a causa del terreno che inevitabilmente finisce nella barra raccoglitrice del mais per insilato.

Costituiscono così un pericoloso adiuvante per la diffusione della clostridiosi”. “La popolazione civile non ha nessuna contezza della gravità della situazione” ha sottolineato la componente di Giunta nazionale di Confagricoltura Giovanna Parmigiani, nota allevatrice suinicola piacentina. “La diffusione della PSA è un rischio che la suinicoltura italiana ed europea non possono correre. Chiediamo che vengano intensificate e ampliate le campagne di sensibilizzazione e formazione anche nei confronti della cittadinanza. Dobbiamo inoltre agire, prima che la PSA arrivi sul nostro territorio. E’ stato dimostrato, dai dati Efsa sulle azioni poste in essere in Belgio, che il contenimento della fauna selvatica nelle zone a rischio, istituendo delle fasce di sicurezza, è una misura efficace. Attuiamola! Il Piano annunciato oggi dal ministero è un’ottima notizia, chiediamo che al tavolo per la sua redazione possano essere presenti anche le rappresentanze agricole. Non permettiamo che la Psa sia per la suinicoltura quello che la Xylella è stata per il sistema olivicolo italiano!”. 

La suinicoltura italiana in numeri

In Italia il settore suinicolo conta circa 30mila allevamenti, esclusi quelli familiari, che allevano (più o meno costantemente negli ultimi dieci anni) poco più di 8,5 milioni di capi, di cui quasi 5 milioni da ingrasso (oltre 50 kg). La produzione è fortemente concentrata nelle regioni del Nord, che rappresentano il 31 per cento di aziende ed il 90% dei capi, di cui il 50% nella sola Lombardia. Al Centro Sud abbiamo una forte parcellizzazione, con il 70 per cento di aziende, ma solo l’11% dei capi (fonte Ismea).

Dal 2008 ad oggi sono diminuiti del 27 per cento circa gli allevamenti specializzati (“non familiari”), mentre i capi censiti hanno registrato una contenuta flessione (-2,8%) nel complesso, anche se sono significativi – e “a due cifre” – i cali che hanno interessato i capi da riproduzione (scrofe, scrofette e verri).

Il comparto suinicolo è rilevante e strategico anche per la sua incidenza sull’export agroalimentare, con circa 1,8 miliardi di prodotto esportato ed in costante crescita. Anche se le importazioni purtroppo superano l’export (2,3 miliardi di euro) ed il tasso di approvvigionamento è ormai intorno al 60 per cento.

Il comparto, inoltre, è rilevante per l’intera Unione europea, al secondo posto nel mondo con oltre 23 milioni di tonnellate dopo la Cina (50 milioni di tonnellate prodotte). Seguono gli Stati Uniti con 11 milioni di tonnellate.

 




Da gennaio obbligatoria la ricetta elettronica anche per gli animali

Dal primo gennaio prossimo entrerà in vigore su tutto il territorio nazionale l’obbligo di ricetta elettronica per i farmaci veterinari. Il nuovo adempimento è stato introdotto per vari motivi, tra i quali il voler misurare in tempo reale il consumo dei farmaci, l’utilizzare i farmaci stessi in maniera consapevole e l’individuare le zone più rischio, dove concentrare i controlli veterinari. Cosa cambierà dunque per gli allevatori? La ricetta verrà del tutto dematerializzata: il veterinario emetterà digitalmente la ricetta, dando segnalazione al Sim (Sistema informativo ministeriale), che assegnerà un numero identificativo e un pin di autenticazione, che il veterinario poi comunicherà all’allevatore. Quest’ultimo farà avere al farmacista/grossista numero e pin della ricetta in questione, che a sua volta contatterà il Sim e si farà mandare i dati prescrittivi. A questo punto il farmacista/grossista fornirà il farmaco all’allevatore, inviando in conclusione al Ministero le informazioni di fornitura, in modo che ogni singolo passaggio venga documentato per via telematica. Oltre alla completa digitalizzazione della ricetta, è prevista la gestione elettronica anche del registro di carico e scarico e del registro dei trattamenti.

Per approfondire le modalità operative e gli impatti sulla gestione in allevamento, Confagricoltura Piacenza organizza un seminario tecnico lunedì 10 dicembre alle ore 10.00, presso la Sala Visconti, nella sede dell’Associazione, in via Colombo 35. Dopo l’introduzione di Giovanna Parmigiani, Componente di Giunta Nazionale di Confagricoltura e allevatrice suinicola, interverranno: Guglielmo Lanza – Dirigente Veterinario responsabile dell’Unità Operativa Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche dell’ AUSL Piacenza che tratterà il tema: “La gestione del farmaco e l’antibiotico-resistenza (EMR)”; Medardo Cammi – Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Piacenza che parlerà della “ricetta elettronica ed il Classy farm”; sarà poi la volta della testimonianza di due giovani allevatori che hanno testato il nuovo sistema nel periodo sperimentale: Elena Ferrari – Presidente della Sezione di Prodotto Lattiero-Caseraria di Confagricoltura Piacenza ed Egidio Merli – allevatore zootecnico di bovine da latte. Le conclusioni saranno affidate a Filippo Gasparini – Presidente di Confagricoltura Piacenza. L’evento è aperto al pubblico e gratuito.




Direttiva nitrati: Confagricoltura Piacenza contro la procedura d’infrazione

Per la Commissione l’Italia non ha effettuato monitoraggi, designato le zone vulnerabili, né adottato le necessarie misure di salvaguardia delle acque dall’inquinante di origine agricola. “Ma i dati resi disponibili dall’Ispra e dal ministero della Salute, e contenuti nel report inviato da Roma, dicono altro”.

Lo sottolinea Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza a seguito della lettera di messa in mora – prima fase della procedura d’infrazione – notificata dalla Commissione Europea al Governo per presunti inadempimenti nell’attuazione della cosiddetta Direttiva nitrati, la 91/676/CEE.

“Condividiamo quanto espresso da Agrinsieme sulla necessità che la questione debba essere affrontata da subito ai massimi livelli per evitare inutili e dannosi contenziosi, nonché ulteriori problemi alla zootecnia italiana e al settore agricolo e agroalimentare. Come ho avuto occasione di esprimere anche in occasione della giornata dedicata al progetto europeo Waterprotec – prosegue Gasparini – si continua a mettere sotto accusa l’agricoltura quando i dati dicono chiaramente che per avere un quadro oggettivo è necessario valutare anche l’inquinamento delle altre attività produttive. L’agricoltura è virtuosa – tuona Gasparini – perché valorizza il ciclo dell’acqua per produrre cibo. Abbiamo processi produttivi che monitorano e contengono i fattori inquinanti, tecnologie che utilizzano i fitofarmaci in modo mirato, processi di purificazione delle acque negli allevamenti. Siamo stanchi dell’atteggiamento distruttivo e punitivo di Bruxelles verso la nostra agricoltura che è intensiva e come tale produttiva e d’avanguardia. Per approcciare il problema nitrati è necessario considerare anche l’impatto degli insediamenti industriali e degli abitati, i dati che emergono dai vari casi studio europei del progetto Waterprotect, ad esempio, accendono una luce sulla questione e noi, da sempre, chiediamo un approfondimento in merito. Così come, considerando le emissioni in atmosfera, si processa l’agricoltura, che producendo cibo è un’attività fondamentale, mentre nessuno ha nulla da eccepire su attività ludico-culturali come concerti, grandi eventi o viaggi turistici, che hanno una loro valenza, ma implicano importanti impatti ambientali”.

Nel report quadriennale inviato a Bruxelles dal Governo italiano, nella disponibilità dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e del ministero della Salute, è indicato come l’inquinamento da nitrati di origine agricola sia in diminuzione e che esistono regioni che non hanno il problema, altre dove i piani di azione si sono rivelati efficaci. L’unico rilievo Ue valido sembra essere quello della mancata adozione dei piani d’azione aggiornati di tre regioni, ma due di questi risultano comunque redatti e con in corso le procedure della Valutazione ambientale strategica.

“Come richiesto da Agrinsieme – sottolinea Gasparini –  l’intero sistema politico italiano deve prendere le difese del comparto zootecnico e di tutta la filiera, sostenendo presso la Commissione Europea la sostanziale revisione di una direttiva datata e che ha causato numerose problematiche. Bisogna evitare impostazioni che vedono la zootecnia come unico settore da controllare. Chiediamo di individuare soluzioni che siano adottate su presupposti scientifici a livello agronomico ed economico e che permettano di salvaguardare l’agricoltura, preservando l’occupazione e la tipicità dei prodotti che qualificano il made in Italy nel mondo, così come l’ambiente e la salute dei cittadini”.




Fauna selvatica: Confagricoltura chiede l’attivazione delle misure preventive dell’Efsa

“L’altra sera ho investito sulla strada di casa un daino – spiega ancora scosso Matteo Cattivelli, noto agricoltore di Vallera che due anni fa si era salvato, pur trovandosi con la macchina distrutta, da un frontale con un cinghiale – è successo ancora e chissà a quanti capita, ormai non fa più notizia, perché sono accadimenti quotidiani, ma la gente rischia di morire a causa di questi attraversamenti improvvisi”.

La fauna selvatica, soprattutto cinghiali e daini, si muove con disinvoltura senza aver più alcun timore dell’uomo. Sono stati avvistati anche dei lupi lungo il greto del Trebbia nella zona di Casaliggio. “L’attuale sovrabbondanza di animali di diverse specie selvatiche sta causando seri danni all’ambiente, all’agricoltura ed alla sicurezza delle persone e delle strade – sottolinea Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza.

Non è più un problema che riguarda solo agricoltori e addetti ai lavori. A tal proposito plaudiamo all’approvazione del piano faunistico regionale avvenuto qualche settimana fa e auspichiamo che ad esso possano seguire rapidamente le necessarie azioni concrete di contenimento”. Confagricoltura si sta muovendo a tutti i livelli perché si agisca sottoponendo la problematica al Ministero delle Politiche Agricole, a quello della Sanità e al Ministero dell’Ambiente. Ha presentato esplicita richiesta di incontri congiunti per definire una strategia d’azione condivisa.

“La problematica, per i molteplici impatti – spiega Giovanna Parmigiani componente di Giunta nazionale di Confagricoltura – è di competenza di più dicasteri. Ad essere sotto scacco sono i settori dell’agroalimentare con le loro preziose Dop. Non si ha contezza del potenziale deflagrante di alcune epizoozie veicolate dai selvatici sugli allevamenti e conseguentemente sulle filiere produttive”. Nuovi casi di peste suina sono stati registrati in Belgio, dove sono stati segnalati più di 100 cinghiali infetti negli ultimi due mesi, e in diversi Stati membri europei. Il Ministero della Salute italiano ha assunto le prime precauzioni in termini di sorveglianza passiva e di aumento delle misure di biosicurezza negli allevamenti, come peraltro suggerito anche da Confagricoltura, ma urge un’efficace azione che impedisca la diffusione della peste suina africana in Italia che, come da più parti è stato dimostrato, è intimamente legata alla diffusione delle specie selvatiche ed in particolare dei cinghiali.

“Alla minaccia costituita dalla peste suina – prosegue Parmigiani – dedicheremo anche un incontro tecnico con gli stakeholder istituzionali, comunitari e nazionali il prossimo 14 dicembre presso la nostra sede nazionale. Il contenimento della popolazione di cinghiali – spiega Parmigiani – costituisce la misura precauzionale principale rispetto al rischio di una diffusione del virus che tocchi i nostri allevamenti. Recentemente la stessa EFSA ha pubblicato un’opinione scientifica che evidenzia l’efficacia dei piani di abbattimento programmati, una scelta adottata anche da Paesi quali la Francia, dove le nuove disposizioni hanno dato positivi risultati. Come Confagricoltura – prosegue Parmigiani – riteniamo che si debba rapidamente ridurre il numero di cinghiali soprattutto lungo i confini a est del nostro Paese, diminuendo così drasticamente il rischio di introdurre la peste suina dalle zone in cui è presente”. La malattia non è pericolosa per la salute dell’uomo, ma le carni contaminate non possono essere destinate al consumo per cui la diffusione significherebbe l’abbattimento e lo smaltimento dei capi. “Soprattutto – sottolinea Parmigiani – comporterebbe il blocco di tutte le esportazioni, come in Belgio.

Danni da cinghiali allo stoccaggio del mais insilato in zona Gossolengo

Sarebbe una catastrofe per le nostre produzioni Dop e d’eccellenza e porterebbe al collasso di un settore intero con tutto il suo indotto. Auspichiamo quindi che anche l’Italia applichi le stesse misure adottate dalla Francia”.  Per garantire una più efficace e capillare prevenzione, attraverso l’attuazione delle misure previste dall’ EFSA, ossia piani coordinati di prelievo selettivo, è necessario disporre di molti operatori. “Confagricoltura chiede da tempo che siano autorizzati gli stessi agricoltori come coadiutori nei piani di abbattimento – ricorda Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza -. Il problema della fauna selvatica è molto sentito anche sul nostro territorio. E’ stata avviata una collaborazione, più stretta rispetto al passato, con le squadre degli Atc che ha dato risultati importati. Ora, su più fronti, si chiede quanto da noi auspicato: che gli agricoltori possano farsi parte attiva nelle azioni di contenimento, certamente supportati da coadiutori esperti che possano agire nel rispetto della sicurezza. In tal senso, cogliamo l’occasione per sottolineare come sia importate il lavoro di raccordo con i presidenti dei vari Atc per cui chiediamo che vengano mantenuti in carica e non venga modificato l’assetto attuale, proprio per poter proseguire fattivamente nella collaborazione avviata. Speriamo – conclude Gasparini – che siano maturi i tempi per una politica comunitaria e nazionale che annoveri metodi efficaci, anche perché la situazione non ci lascia più scampo”.




Denuncia di infortunio online anche in agricoltura

L’invio esclusivamente online della comunicazione in caso di infortuni sul lavoro entra in vigore dal 9 ottobre anche per il settore agricolo.

Le istruzioni sulla denuncia di infortunio telematica in agricoltura sono state fornite con la circolare INAIL n. 37 del 24 settembre 2018 e l’obbligo di trasmissione in modalità telematica riguarda i datori di lavori inquadrati ai fini previdenziali e assicurativi nel settore agricoltura e registrati negli appositi registri INPS. La denunciacomunicazione di infortunio potrà essere inviata online anche dagli intermediari e dai loro delegati e alla denuncia inviata in modalità telematica dovrà essere allegata le delega alla presentazione.

Gli uffici di Confagricoltura Piacenza sono a diposizione per il nuovo adempimento. Per l’uso del servizio telematico l’INAIL ha realizzato l’applicativo “Gestione DL agricolo” che contiene i dati anagrafici delle diverse tipologie di datori di lavoro del settore agricoltura (aziende agricole, coltivatori diretti, coadiuvanti familiari, imprenditori agricoli professionisti) ed è aggiornato con i dati forniti dall’Inps con cadenze periodiche.

Per accedere in autonomia ai servizi telematici INAIL, i datori di lavoro del settore agricoltura dovranno essere in possesso di profilo di “Utente con credenziali dispositive”, acquisibile tramite il servizio “Richiedi credenziali dispositive” disponibile sul portale www.inail.it, oppure effettuando l’accesso con una delle modalità di seguito riportate: Spid, Pin Inps, Carta Nazionale dei Servizi (Cns). La richiesta può essere presentata anche alle Sedi territoriali dell’INAIL.

Nel caso di infortunio sul lavoro, il lavoratore appartenente al settore agricoltura dovrà fornire al datore di lavoro il numero identificativo del certificato medico, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato. Si tratta dell’obbligo previsto per i lavoratori di date immediata notizia al datore di lavoro dell’infortunio. Nel caso in cui non disponga del numero identificativo del certificato, il lavoratore dovrà fornire al datore di lavoro il certificato medico in forma cartacea.

Sempre in merito al certificato medico, la circolare INAIL specifica che i datori di lavoro agricoli così come la generalità dei datori di lavoro sono esonerati dall’obbligo di trasmissione del certificato medico di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, ma devono effettuare la procedura di denuncia. Resta infatti fermo per il datore di lavoro l’obbligo di trasmettere la denuncia/comunicazione di infortunio entro i termini previsti dalla norma.

“Ricordiamo – sottolinea la nota di Confagricoltura – che come intermediari i delegati dei nostri uffici possono accedere al servizio per l’inoltro della denuncia/comunicazione di infortunio per il settore agricoltura con le credenziali già in loro possesso e utilizzate per effettuare gli adempimenti per conto delle aziende in delega. Invitiamo chi ne avesse necessità a rivolgersi a noi senza perdere tempo prezioso”.