Gianpietro Bisagni nella giunta nazionale di Agriturist

Soddisfazione in Confagricoltura Piacenza per la nomina di Gianpietro Bisagni, già presidente di Agriturist Piacenza e Agriturist Emilia-Romagna, a componente di giunta nazionale di Agriturist, l’associazione che raggruppa gli agriturismi di Confagricoltura, la prima ad essere nata in Italia con lo scopo di promuovere il turismo rurale.

La dirigenza di Agriturist ha deciso di cooptarlo quale membro di Giunta nel corso di un vertice di qualche giorno fa affidandogli il compito di collaborare, anche a livello nazionale, al consolidamento della rete tra operatori per la quale tanto si è speso e con successo, a livello provinciale e regionale.

“A Gianpietro Bisagni – commentano Filippo Gasparini e Marco Casagrande, presidente e direttore di Confagricoltura Piacenza – vanno le nostre congratulazioni e i nostri complimenti. Da parte nostra sottolineiamo il valore aggiunto che con il suo impegno ha portato per la promozione delle aziende agrituristiche spendendosi attivamente in molteplici iniziative. L’augurio è di poter proseguire con lo stesso entusiasmo verso obiettivi sempre più ambiziosi, facendo crescere le aziende e l’associazione.

Il prossimo appuntamento peraltro – sottolineano – è imminente e lo vedrà in prima linea con altre aziende di Agriturist Piacenza e di Confagricoltura Piacenza per partecipare a Piace.Eat in programma a Piacenza Expo l’ultimo weekend di ottobre (27-28-29 ottobre)”. Gianpietro Bisagni, che conduce l’azienda agrituristica Battibue a Baselica Duce di Fiorenzuola d’Arda, commenta: “Se devo individuare un elemento propulsore, direi che è “la scoperta”. Il filo conduttore delle tante recensioni positive che gli agriturismi ottengono sui portali è un passaparola globale che ci sta facendo crescere e conoscere di anno in anno. Gli italiani privilegiano sempre più l’ospitalità familiare, la buona cucina, i prodotti tipici, il benessere, il relax e le attività all’interno dell’azienda. Gli stranieri, invece, cercano, oltre al buon cibo, gli agri campeggi e le attività di scoperta ed escursioni in bici, a cavallo e percorsi di trekking. Nella nostra realtà, una carta vincente è certamente quella del buon cibo, in particolare nella nostra provincia abbiamo diversi prodotti di eccellenza (vini, salumi e formaggi) e soprattutto una grandissima tradizione culinaria che diviene l’elemento di richiamo. Abbiamo lavorato per promuoverne la conoscenza attraverso la collaborazione con il circuito SlowFood e attivando una sinergia, che va sempre più consolidandosi, con Eataly. Metteremo in mostra le nostre eccellenze anche in occasione di Piace.Eat. Il 2019 sarà poi l’anno della decima edizione del Ciclo A cena Con la scienza. La mia sfida personale, e non di poco conto, sarà ora quella di riuscire a trasferire queste esperienze e relazioni sul panorama nazionale arricchendole, sviluppandole, differenziandole. Per portare sempre più gente alla coperta delle nostre aziende è indispensabile creare occasioni e per riuscirci contro sulla componente fondamentale: gli altri operatori e gli altri soci di Agriturist che – conclude – non posso che ringraziare per l’occasione che mi offrono e per la fiducia risposta”.




L’azienda piacentina San Rocco di Laura Cignatta vince il concorso “Nuovi fattori di successo”

La San Rocco Società Agricola di Laura Cignatta è stata premiato venerdì 21 settembre al Salone Internazionale del Gusto di Torino in quanto vincitrice del concorso “Nuovi Fattori di Successo”. L’Ismea, nell’ambito delle attività finanziate dal programma Rete Rurale Nazionale 2017/2018, ha indetto il concorso per la sesta selezione nazionale finalizzata alla valorizzazione ed alla diffusione delle buone pratiche nello sviluppo rurale realizzate da giovani agricoltori e finanziate dall’Unione Europea.

Il concorso, per il secondo anno bandito direttamente dall’ISMEA, non prevede alcun premio in denaro ma ha selezionato 12 aziende come esempi di “eccellenza” nell’ambito delle iniziative della Rete Rurale Nazionale e le loro esperienze saranno diffuse attraverso prodotti divulgativi specifici a marchio RRN, nel corso di vari eventi nazionali e internazionali. Le prime tre aziende classificate nella graduatoria finale, inoltre, saranno protagoniste di tre documentari. Le aziende selezionate sono state premiate durante l’importante manifestazione torinese con una cerimonia istituzionale e l’impresa piacentina, che ha sede in Località Corniola a Sarmato, si è aggiudicata il secondo posto. Le ragioni nel premio stanno nel percorso di crescita e di sviluppo dell’impresa a vocazione cerealicola e nella riuscita di un progetto che ha visto La San Rocco Società Agricola capofila di un contratto di rete con un’altra società agricola limitrofa che ha portato alla nascita del Gallettificio Valtidone, oggi moderno stabilimento e interessante realtà produttiva con sede presso l’azienda premiata.

Il progetto ha preso il via grazie a due giovani laureati in agraria che hanno deciso di investire in agricoltura insediandosi nelle rispettive aziende di famiglia e che, insieme, si sono dati l’obiettivo, riuscendoci, di potenziarle: Laura Cignatta e Alberto Vignati. “Quando siamo partiti ci interrogavamo su quale piano colturale avrebbe consentito alle nostre aziende una certa remuneratività – spiega Cignatta – oggi il Gallettificio Valtidone produce gallette di mais, grano saraceno e riso ed è il risultato dell’unione di due realtà agricole, profondamente radicate sul territorio piacentino. L’azienda si avvale delle produzioni provenienti dai 230 ettari complessivi delle due aziende agricole, coltivate con metodo biologico e con metodo di produzione integrata. Dai nostri campi, vengono conferite le granelle direttamente al nostro laboratorio di produzione aziendale, dove vengono lavorate esclusivamente a chicco intero. Solo questo particolare metodo di lavorazione, permette alle nostre gallette di preservare le proprietà organolettiche e nutrizionali. La nostra filosofia trova le sue origini nella riscoperta delle specie autoctone e nella valorizzazione del prodotto all’origine. Produciamo anche farine bio e convenzionali di grano saraceno. A seconda delle esigenze e preferenze del consumatore orientiamo, ampliandola di anno in anno, la nostra gamma di prodotti. Ci stiamo facendo conoscere in tutti i settori, vendiamo anche on line e siamo orientati alla Gdo. Abbiamo voluto coniugare l’esperienza dei nostri padri – prosegue Cignatta – con le nuove conoscenze agronomiche acquisite negli anni di studi universitari mirando all’innovazione del prodotto e al miglioramento qualitativo dello stesso per rendere le nostre produzioni distintive, creando quindi nuovi sbocchi commerciali”. Gli uffici di Confagricoltura Piacenza hanno seguito la start up e la realizzazione del contratto di rete che ha dato vita al Gallettificio grazie al supporto tecnico di Michela Filippi, manager di rete di Confagricoltura. L’istituto del contratto di rete è particolarmente indicato in questi casi in cui più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, obbligandosi, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese con l’obiettivo di incentivare il proprio sviluppo economico.

“E’ un progetto ambizioso che ha riscosso successo – commentano soddisfatti presidente e direttore di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini e Marco Casagrande -. Ci congratuliamo ed esprimiamo orgoglio nel poter rappresentare imprese come questa. Sono questi i veri imprenditori che perseguono i loro obiettivi individuando nuove opportunità commerciali, soprattutto, guardando senza pregiudizi o preclusioni a tutti i segmenti del mercato: dalla Gdo a chi ha esigenze nutrizionali particolari. Sono espressione di una tradizione e di un territorio, ma al contempo sono capaci di introdurre tecniche moderne e di realizzare nuove filiere”. 

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Confagricoltura: “i voucher sono inutilizzabili. Occasione sprecata”

Nel giugno 2017 l’istituto dei “voucher” in agricoltura ha subito un profondo “restyling” grazie al cosiddetto “Decreto Dignità”. La notizia, accolta con favore, non è stata però seguita da decreti applicativi che rendessero di facile utilizzo lo strumento.

A sottolinearlo è Confagricoltura Piacenza che commenta: “A fine estate e con le campagne sia del pomodoro da industria che dell’uva ormai concluse il bilancio non è positivo. I voucher erano stati pensati per sopperire a necessità occasionali e in agricoltura, in passato, si sono rivelati utili, ma per arginarne un abuso verificatosi in altri settori sono stati di fatto resi inapplicabili. Sembrava si potessero nuovamente utilizzare, non è stato così a causa delle pastoie burocratiche e dell’inapplicabilità concreta dell’istituto. Un’altra occasione persa”.

Il “Contratto di prestazione occasionale” introdotto con la legge n. 96 del 21 giugno 201 7 doveva essere la nuova veste dei vecchi “voucher” con la quale le prestazioni di lavoro occasionali venivano intese come le attività lavorative svolte nel rispetto delle complesse previsioni che regolano i contratti di lavoro introdotti dalla norma e di precisi limiti economici, riferiti all’anno civile di svolgimento della prestazione lavorativa.  In base alla nuova norma, per ciascun prestatore, il compenso non deve essere superiore a 5.000 euro e per le prestazioni complessivamente rese in favore del medesimo utilizzatore, può ammontare ad importi non superiori a 2.500 euro (al netto di contributi, premi assicurativi e costi di gestione). Va detto poi che il limite massimo di ore è di 280 ponderato, per l’agricoltura, al compenso orario specifico (calcolato sul minimo di 4 ore).

“Sussistono ancora i vincoli che limitano le categorie per le quali si può utilizzare il contratto di prestazione occasionale che in agricoltura – precisa Confagricoltura Piacenza – si applica a: soggetti titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità;  studenti con meno di venticinque anni di età, quando regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado; persone disoccupate; percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione, ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito. Inoltre, questi soggetti non devono essere stati iscritti nell’anno precedente all’elenco lavoratori agricoli e non devono avere avuto pregressi rapporti di lavoro con l’azienda nei sei mesi che precedono la richiesta con C.P.O”.

II decreto “dignità”, modificando la norma precedente, pone l’obbligo di autocertificare in capo al lavoratore sia la condizione soggettiva (pensionato, studente o disoccupato) che la non pregressa iscrizione nell’anno precedente negli elenchi anagrafici agricoli. Per l’autocertificazione il lavoratore si deve però iscrivere all’apposita piattaforma I.N.P.S. Rispetto ai vecchi “voucher” il compenso è corrisposto dall’INPS entro il 15 del mese successivo alla prestazione. La procedura è solo telematica sulla piattaforma IN PS e la misura del compenso è fissata dalle parti, ma non potrà essere inferiore a determinati importi minimi; tenendo conto dei costi contributivi il costo del nuovo voucher – nel settore agricolo – è di circa 13 euro orari per le alte qualifiche ed € 9 per le operazioni più semplici. “Per le imprese del settore agricolo, si può accedere ai nuovi voucher solo qualora l’azienda non superi il limite dei cinque dipendenti a tempo indeterminato. Sussistono poi incompatibilità per il lavoratore e per l’utilizzatore.

I contratti di questa fattispecie attivati dalle aziende associate in questa campagna – conclude Confagricoltura Piacenza – non raggiungono la ventina sul territorio provinciale e sono poche decine di migliaia quelli attivati in agricoltura a livello nazionale.  Sono troppe le rigidità che ne hanno determinato il sostanziale fallimento”. Sui cosiddetti C.P.O. esprime disappunto anche il responsabile dell’Ufficio Sindacale e Personale, Carlo Crisci che puntualizza: “Confagricoltura Piacenza si è vista costretta a cancellare il “servizio Voucher” e con l’introduzione dei Contratti di Prestazione Occasionale può solo assistere i datori di lavoro che, come già evidenziato, devono prima munirsi di apposito pin Inps per svolgere gli adempimenti previsti dalla nuova forma contrattuale; ovvero, gli intermediari abilitati non sono più legittimati ad operare in nome e per conto delle aziende associate che dovranno agire individualmente attraverso la piattaforma telematica Inps con la mera assistenza della propria associazione di Categoria”.




Confagricoltura: il Ceta può essere migliorato ma cancellarlo è un errore

Durante un’assemblea di Coldiretti, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha affermato che la maggioranza di governo non ratificherà il Ceta, l’importante accordo commerciale tra Canada e Unione Europea che era stato approvato nel 2017 dal Parlamento europeo. Il Ceta deve ancora essere ratificato dai parlamenti dei singoli stati membri dell’Unione Europea.

Sull’argomento interviene Confagricoltura Piacenza con un comunicato che pubblichiamo di seguito.

Sul Ceta (l’accordo di libero scambio tra l’Europa e il Canada) Coldiretti ha espresso un giudizio negativo a cui non si sono fatte attendere dure repliche che, statiche alla mano, nella stragrande maggioranza promuovono l’accordo. Sul Ceta il potere fra Bruxelles e le capitali viene condiviso: non bastano le ratifiche del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri, perché l’azzeramento dei dazi e dei vincoli agli scambi che prevede diventi definitivo. Si devono pronunciare tutti i parlamenti nazionali. Nell’attesa, da settembre scorso è sparito «in via provvisoria» il 98% dei dazi e vincoli alle vendite di prodotti europei in Canada, e viceversa. In futuro si tornerà al mondo di prima (senza accordo e con i dazi) solo se uno o più parlamenti nei 28 Paesi della Ue (Londra esclusa) rifiutasse di approvare.

L’Italia è tra i maggiori beneficiari di questa entrata in vigore anticipata: le esportazioni del «made in Italy» in Canada sono già aumentate di circa l’8% rispetto allo stesso momento del 2017. Se la stessa tendenza si confermasse nei prossimi mesi, in un anno il fatturato delle imprese italiane salirebbe di circa 400 milioni di euro; in sostanza, questo significa almeno ottomila posti di lavoro in più.

Questo era uno degli effetti prevedibili dell’intesa su cui Confagricoltura si è concentrata sin dall’inizio esprimendo parere favorevole. Il “made in Italy” vende ogni anno all’economia nord-americana prodotti per circa cinque miliardi di euro, registrando un surplus commerciale bilaterale di più di tre miliardi. Stravince negli scambi con una delle economie più avanzate al mondo.

Con il Ceta in vigore questa posizione di vantaggio ha iniziato a rafforzarsi. Uno dei principali problemi riguarda i formaggi: prima, nessuno era riconosciuto in nessun modo, ma secondo Coldiretti la difesa dei nomi di origine non è blindata e i canadesi continueranno a vendere “parmesan”.

Malvisto poi anche il fatto che il Canada possa continuare a vendere il proprio grano duro, come fa già, ai produttori italiani di pasta. Poco importa, anche qui, che la produzione nazionale di grano copra appena due terzi del fabbisogno dei pastai e che l’Italia, grazie a spaghetti e maccheroni, fatturi in Canada oltre il triplo di quanto paghi per importare dal Nord America la materia prima.

«Se il tema è che l’accordo non tutela tutte le nostre produzioni Dop e Igp – commenta il direttore di Confagricoltura Piacenza, Marco Casagrande – allora è bene lavorare per miglioralo, ma non ratificarlo significherebbe scegliere di rinunciare a un mercato invece che cercare di presidiarlo. Le nostre eccellenze agroalimentari hanno dimostrato di saper veicolare il loro valore aggiunto rispetto ai prodotti similari realizzati su territorio canadese ed essere vincenti, sottrarci dal confronto significa abbandonare sbocchi commerciali già ottenuti. Come Confagricoltura siamo sempre stati favorevoli alla ratifica del trattato, pur nella consapevolezza che, come tutti gli accordi, può essere migliorato. Non è pensabile pensare di risolvere il problema dell’Italian sounding proibendo agli altri di produrre – prosegue Casagrande – dobbiamo puntare ad una comunicazione chiara e credere nelle nostre eccellenza. L’export di latticini, uova e miele verso il Canada è cresciuto del 10.42% in un anno, per i trasformati a base vegetale siamo oltre il 14%ì: un sistema incrociato di dazi affosserebbe le imprese”.  Nell’impossibilità pratica di riuscire a strutturare accordi funzionali tra Paesi diversi, che siano al contempo rispettosi delle identità, delle peculiarità di ciascuno, si stanno sempre più facendo strada gli accordi bilaterali».

«La nostra linea è chiara: non c’è dubbio che il mercato dell’agricoltura italiana debba essere, necessariamente, il mondo» – sottolinea Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza. «L’avevamo detto un anno fa, lo ribadiamo oggi – prosegue Gasparini – L’apertura di nuovi mercati rappresenta una priorità imprescindibile per l’agroalimentare italiano che vede le commercializzazioni nazionali ormai ingessate da anni».

«È impensabile – prosegue Gasparini – difendere la nostra agricoltura arroccandoci nei nostri confini, con posizioni di chiusura o di protezionismo, più intelligentemente è necessario adattarsi al mondo che cambia. Le nostre aziende fanno reddito anche e soprattutto quando riescono a esportare le proprie eccellenze in Paesi che hanno un numero di abitanti in continua crescita o un grande potere di acquisto, come appunto il Canada, che vanta uno dei più alti redditi pro capite al mondo. Quanto ad altri timori di concorrenza sleale o di confusione commerciale, l’accordo che l’Europa ha siglato tutela le regole di sicurezza alimentare europee e ad oggi non abbiamo motivi di pensare che le nostre istituzioni non mantengano quale obiettivo imprescindibile la salvaguardia delle produzioni agricole e agroalimentari made in Italy. Ben vengano, dunque – conclude il presidente di Confagricoltura Piacenza – gli accordi che individuando nicchie di mercato sì, ma a livello globale».




La nuova Pac al centro dell’assemblea generale di Confagricoltura Piacenza

E’ in programma per lunedì 18 giugno l’Assemblea Generale di Confagricoltura Piacenza che si terrà presso La Volta del Vescovo a Piacenza.

I lavori prenderanno il via alle 17 con la sessione riservata agli Associati per gli adempimenti statutari e poi, alle 18, l’evento aprirà le porte a tutti per affrontare il tema “Pac: tra sostegno e libertà d’impresa – cosa serve all’Agricoltura”.

«La nuova Pac – spiega il direttore di Confagricoltura Piacenza, Marco Casagrande – impatterà sia sulle aziende associate con ricadute nel medio-breve periodo e di prospettiva e conseguentemente, anche nei nostri uffici ci aspetta un periodo di transizione. Vogliamo cogliere l’importante occasione della nostra Assemblea per parlarne con i massimi esperti di settore, maturare insieme gli strumenti per monitorare e gestire il cambiamento e agire nelle sedi opportune e per tempo al fine di fare arrivare le nostre istanze in modo chiaro».

Dopo i saluti che vedranno l’intervento della piacentina Giovanna Parmigiani – Componente di Giunta nazionale di Confagricoltura – e di Eugenia Bergamaschi – neoeletta presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, sarà l’Onorevole Paolo De Castro – Vice Presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo (ed ex Ministro dell’Agricoltura) – ad inquadrare stato di fatto e prospettive della Politica Agricola Comunitaria con il la sua relazione “Dal regolamento Omibus alla Pac post 2020”.

Il Professor Angelo Frascarelli – docente di Politica Agroalimentare all’Università degli studi di Perugia – esporrà le sue osservazioni per una Pac più semplice ed efficace; l’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna – Simona Caselli – parlerà della prospettiva territoriale della nuova Pac.

Al Presidente di Confagricoltura Piacenza – Filippo Gasparini – spetterà il compito di trarre le conclusioni ed avviare il dibattito.  L’evento sarà moderato dalla giornalista Paola Romanini – Vicecaporedattore del quotidiano Libertà.

«L’occasione è preziosa per esprimere chiaramente cosa ci aspettiamo e cosa serve al nostro territorio – sottolinea Gasparini – in quanto produttori rivendichiamo il ruolo di protagonisti e chiediamo che la Pac sia un supporto all’attività imprenditoriale agricola.  Non ci stancheremo di chiedere di semplificare. Servono supporti adeguati all’aggregazione e all’organizzazione dei produttori. Non ultimo, non ne possiamo più che le nostre attività produttive vengano ostacolate con una concezione ideologica che contrappone l’attività agricola a quella di tutela del paesaggio di cui invece è artefice. Per tutti, l’invito è a vederci in Assemblea!».




Dissuasori sonori per piccioni: Confagricoltura costernata di fronte ad alcuni esposti

In un mondo che sta a sentire le ragioni di tutti, tranne che quelle di coloro che sono impegnati a produrre, succede anche che trovi spazio la lamentela nei confronti dei dissuasori sonori utilizzati, con sorti purtroppo comunque alterne, per allontanare piccioni e selvaggina dai campi.

Confagricoltura Piacenza apprende con costernazione dell’esposto presentato da alcuni abitanti di Chiaravalle della Colomba e di Saliceto di Alseno che si dicono disturbati dai botti delle apparecchiature posizionate nei campi per scacciare gli uccelli ed evitare l’invasione dei volatili con la compromissione del raccolto.

Questi “fucili a salve”, rimarca l’associazione, sono in funzione solo di giorno, a cadenze regolari e distanti almeno 500 metri dall’abitato. Pare che spaventino anche i cani. “Con tutto il rispetto per la quiete di ciascuno – sottolinea il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini – vorrei ricordare lo scopo per cui questi strumenti devono essere posizionati: ossia garantire la produzione di colture, quelle alla base dell’alimentazione umana e animale. E’ possibile comprendere che un po’ di disturbo sia arrecato, si tratta, tuttavia, di ristabilire delle priorità. I volatili, che non possono essere silenziosamente abbattuti, ora non potranno neppure essere disturbati? Dobbiamo già confrontaci con un Paese che ha una gestione irrazionale della fauna selvatica. Ricordiamo che i piccioni sono una piaga per la sanità dei prodotti. Vogliamo garantire la produzione di cibo e investire in sviluppo oppure Made in Italy agroalimentare, Plv e fatturato sono solo chiacchiere talk show? Il sistema non ci induca a pensare che fa bene chi delocalizza”.

 




Sit-in degli agricoltori contro il “fanatismo vegano” (interviste)

Non erano tanti ma certamente erano agguerriti i piacentini che hanno partecipato questa sera, in Largo Battisti, al  sit-in organizzato dal consorzio La Carne Che Piace contro quello che è stato definito come «fanatismo vegano». A pochi metri di distanza, al cinema Corso, è stato infatti proiettato  il docufilm “Food Revolution” (incentrato sui danni che secondo il regista sarebbero provocati dagli allevamenti. Rappresentanti ed operatori del mondo agricolo hanno sorretto uno striscione con un messaggio inequivocabile: “Rispetto per il nostro lavoro. Tradizione, storia e qualità”.

«Siamo qui per contestare chi da tempo mette in dubbio il ruolo centrale del comparto agricolo e zootecnico», ha dichiarato il presidente del consorzio Giampaolo Maloberti, una realtà che da anni promuove una filiera territoriale di qualità per bovini e suini. «Gli attivisti vegani vogliono far credere che tutti i mali del mondo, come l’inquinamento o l’immoralità, siano imputabili ai consumatori e produttori di carne. Bisogna rispettare il lavoro generazionale di chi ha fatto dei campi e dell’enogastronomia un indotto per numerose famiglie».

Presente anche Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza: «Nel corso della mia vita, non avrei mai pensato di dover manifestare in un Paese sviluppato per difendere l’attività agricola, che è alla base del progresso umano. Al bestiame e alla coltivazione corrisponde l’inizio della civiltà. Inoltre», ha aggiunto Gasparini, «l’agricoltura rappresenta una fondamentale fonte occupazionale per la nostra Provincia».

Nicolò Lavezzi, membro di giunta di Coldiretti, ha specificato che «chiunque è libero di mangiare ciò che vuole, ma nessuno può permettersi di attaccare l’agricoltura classica. Il nostro è un lavoro gravoso, che dura 365 giorni all’anno, soggetto alle condizioni meteorologiche e ostaggio di prezzi fermi da vent’anni. L’agricoltura dà un reddito ai nuclei famigliari e preserva il territorio».

 




Anche nel piacentino si riescono a coltivare gli olivi

Normalmente leghiamo la coltivazione dell’olivo alla Puglia, alla Liguria, massimo al lago di Garda. Invece ci sono alcune aziende che stanno sperimentando uliveti anche nel piacentino. Nello scorso week-end esperti ed appassionati di olivicoltura si sono dati appuntamento all’incontro tecnico-dimostrativo organizzato da Confagricoltura Piacenza presso l’Azienda Agricola Maggi Danilo in località Mirandola di Carpaneto Piacentino.

“Negli ultimi tempi – ha spiegato Giovanni Marchesi, agronomo e responsabile del Servizio Tecnico di Confagricoltura Piacenza –  nella nostra provincia si è registrata una crescente attenzione nei confronti dell’olivo, il senso di questo incontro è valutare insieme cosa è possibile fare”.

Dopo gli indirizzi di saluto, Giovanni Nigro, ricercatore del CRPV (Centro Ricerche e Produzioni Vegetali) ha presentato un excursus storico sulla coltivazione dell’olivo e sulle proprietà nutrizionali dell’olio extra-vergine di oliva le cui caratteristiche, analizzate anche nell’ambito di una ricerca condotta dallo stesso CRPV, hanno fatto sì che questo alimento, nel 2015, fosse inserito tra quelli essenziali della dieta mediterranea. L’esperto ha poi esposto i risultati di una serie di indagini che hanno portato all’individuazione di genotipi idonei all’impianto in alcune determinate zone del nostro areale. A certe condizioni, alcune varietà di olivo possono essere coltivate anche nella nostra provincia senza incorrere nel rischio di gelate, che per questa coltura, costituisce, di fatto, il principale deterrente. La mattinata è proseguita con la visita all’ oliveto aziendale e con la dimostrazione di potatura. E’ poi stata la volta della visita ai locali del frantoio e alla sala di frangitura, imbottigliamento e stoccaggio.

L’incontro si è concluso con la degustazione guidata dell’olio extra vergine di oliva biologico prodotto dall’Azienda Agricola Maggi Danilo. La degustazione e la dimostrazione di potatura sono state realizzate a cura di Mauro Carboni, dottore agronomo esperto in olivicoltura che ha coordinato i lavori della mattinata con Marchesi e il titolare dell’azienda. Presente, per Confagricoltura Piacenza, anche il segretario di Zona, Paola Copercini.

 

 




Confagricoltura: “Scelte incomprensibili dal Consorzio del Grana. Favoriscono formaggi stranieri”

In un mercato lattiero caseario in cui, a fronte di un incremento di latte disponibile, si è registrato un ulteriore calo della remunerazione, poco o nulla si è fatto per cercare nuovi sbocchi commerciali.

Non è stato possibile aumentare proporzionalmente la produzione di Grana Padano, vincolata ai piani produttivi, e quote crescenti di mercato sono quindi state occupate da prodotti smarchiati.

«Se l’Italian Sounding vale, nel suo complesso, 60 miliardi di fatturato all’anno – sottolinea Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza – torniamo a ripetere che non sono le armi spuntate del contingentamento della produzione e del protezionismo che ci consentiranno di conquistare fette di mercato ora occupate dai competitor esteri. Ora – prosegue Casagrande – a fronte del problema, rileviamo un’ulteriore presa di posizione, da parte del Consorzio del Grana Padano, incomprensibile dal punto di vista commerciale».

Confagricoltura Piacenza è infatti stata informata di una modifica statutaria che vincolerà i Consiglieri del Consorzio del Grana Padano impedendo loro la produzione diretta e indiretta di formaggi similari, e tollerando, sempre da parte dei Componenti del Consiglio Direttivo, la commercializzazione di similari nella percentuale massima del 20% sul fatturato di Grana Padano e la commercializzazione solo del 5% (sul fatturato/base annua di Grana Padano) di similari di produzione italiana.

«Si tratta di un’azione a nostro giudizio gravissima – sottolinea il direttore di Confagricoltura Piacenza –  che, di fatto, renderà ancor più difficile la collocazione sul mercato di latte italiano trasformato perché in Consiglio siedono i più grandi player commerciali del settore».

In particolare, sottolinea Confagricoltura Piacenza, così, si limita fortemente la produzione di formaggi non marchiati ottenuti con latte nazionale, che costituivano uno sbocco per i quantitativi che la filiera del Grana Padano non era in grado di valorizzare. Si tratta di prodotti comunque rispondenti ad elevati standard qualitativi e igienico-sanitari in quanto sottoposti agli stringenti controlli previsti dalla normativa italiana, analisi condotte dagli stessi enti che controllano anche le produzioni Dop. I similari di origine italiana stanno avendo un buon riscontro di mercato arginando, di fatto, il dominio di quelli stranieri che spuntano sì prezzi ulteriormente inferiori, ma sono realizzati spesso nel contesto di un quadro normativo meno stringente (con minori costi produttivi) e quindi anche con standard qualitativi incerti.

«Ci sembra paradossale questo atteggiamento autolesionista – conclude Casagrande – per il quale sono state previste percentuali di commercializzazione inaccettabilmente incentivanti per il prodotto importato, penalizzando quello nazionale, con ripercussioni, ancora una volta, sugli allevatori italiani riducendo le già scarse opportunità di incrementare le loro produzioni».

Confagricoltura Piacenza rimarca che nessun piano di sviluppo imprenditoriale passa attraverso la chiusura e l’autolimitazione. Quale sarà il futuro della nostra zootecnia e delle nostre produzioni lattiero-casearie nel momento in cui un asset così importante favorisce, di fatto, il latte straniero?