‘+Europa si presenta anche a Piacenza. Rinoldi: “Italia parte dell’UE, sbagliato contrapporsi”

L’obiettivo dichiarato per le Europee del prossimo maggio è di superare la soglia di sbarramento, posta al 4%, ma a lungo termine prendere maggiore confidenza col significato di Unione Europea, dando “parole di verità” su quello che l’organizzazione stessa fa. Dino Rinoldi, professore di Diritto dell’Unione Europea all’Università Cattolica di Piacenza e Maurizio Faimali, candidato piacentino alle elezioni politiche del 4 marzo scorso al Senato, presentano l’avventura di +Europa in un momento particolare per il continente, lacerato da crisi interne a Francia e Gran Bretagna, la prima col presidente Macron ai minimi storici nei sondaggi di preferenza (21% secondo IPSOS), la seconda in difficoltà a causa della mozione di sfiducia che incombe sulla testa di Theresa May. E sono i casi più eclatanti. 

“Crediamo che l’UE sia un contenitore utilissimo – afferma Rinoldi -, soprattutto per lo sviluppo dei vari Stati membri. Spesso si sente dire che l’Italia va a trattare con l’Unione Europea, noi riteniamo di essere dentro l’Unione Europea e da questa posizione vogliamo dialogare. Non ci si può contrapporre come sta facendo il Governo o i due viceministri”. L’obiettivo è quello di far capire che l’UE non è così distante dalla vita quotidiana, perchè noi stessi ne facciamo parte e siamo cittadini europei. L’Unione Europea finanzia l’agricoltura degli Stati membri, e quindi anche quella italiana “e quindi anche quella piacentina”. Altro tema su cui l’Unione Europea lavora tanto è l’ambiente. “Qui a Piacenza ci sono le Pm10 che sforano continuamente, respiriamo schifezze in continuazione, ci sono norme dell’Unione Europea che danno delle regole in questa materia. Ci interessa promuovere un cambiamento dall’interno, e che l’Italia ne sia protagonista”. Rinoldi durante la presentazione ha lanciato un appello. “Abbiamo voglia di parlare con chiunque ricerchi la verità e non slogan o tweet”. 

“Chi si adeguerà alle scelte di Salvini sparerà contro l’Europa – sottolinea Faimali -, ci sarà una campagna elettorale contro i burocrati e contro chi secondo loro ha rovinato l’Italia. Non vogliamo costruire muri, perchè consapevoli che solo uniti si può competere con Cina e Stati Uniti”. Il weekend 25 – 27 gennaio sarà molto importante per il cammino di +Europa, infatti a Milano ci sarà il Congresso che istituirà l’Assemblea, gli organi operativi e il Segretario del movimento. Venerdì invece a Palazzo Ghizzoni Nasalli l’assemblea fondativa della sezione piacentina.




Carlo Cottarelli alla Banca di Piacenza racconta i “Sette peccati capitali ” della nostra economia

Serata di gala ieri per la Banca di Piacenza, che ha invitata Carlo Cottarelli, già in passato al Fondo Monetario Internazionale presso diversi dipartimenti, poi Commissario alla spending review e infine l’incarico di formare il nuovo Governo a fine maggio, cui è stata annunciata la rinuncia. Durante la serata ha dialogato con Francesco Daveri, Direttore del Full-Time MBA presso SDA Bocconi School of Management. A presentare Andrea Cabrini di Class CNBC, canale all news di economia.

In apertura Mario Crosta, direttore generale di Banca di Piacenza ha sottolineato l’importanza di questi appuntamenti, “crediamo sia importante risollevare la testa da questa dittatura dello spread, cui va prestata attenzione, ma è giusto gettare il cuore oltre l’ostacolo”.

EVASIONE FISCALE

Tanti i temi trattati da Cottarelli e Daveri, primo tra tutti l’evasione fiscale, con qualche dato di non poca rilevanza. “Si srima – ha precisato Cottarelli -, che in Italia l’evasione è di circa 130 miliardi di euro l’anno, mentre la spesa per la pubblica istruzione è della metà”. Già questo può dare un’idea del Paese che siamo. E una possibile soluzione evidenziata è quella di “non fare condoni fiscali, che sono ulteriore incentivo all’evasione, spero nella fatturazione elettronica, che sarà operativa dal 2019”. Può essere che alcuni contribuenti abbiano dovuto evadere per necessità. “E’ vero che non tutti sono evasori “cattivi” – considera Daveri -, ma la cosa pericolosa è dire che quelli che evadono poco non sono il problema. Non possiamo raccontarci la storia che sono solo loro a fare evasione.

Altro peccato è quello della corruzione. In una delle sue immancabili slides, Cottarelli ha mostrato che la percezione della corruzione in Italia è pari al livello della Namibia, mentre la realtà dei fatti è ben diversa. Daveri sottolinea l’importnza a tal proposito l’importanza di leggi più semplici, “difficilmente interpretabili”. Altro esempio è la burocrazia, che rappresenta un costo enorme per l’economia italiana. “Solo di moduli da compilare e di attesa spendiamo 30 miliardi di euro. In questo modo abbiamo poco appeal per l’imprenditore, che preferisce investire all’estero. Le regole sono troppo complesse”. Connesso a questo tema quello della lentezza della giustizia. La durata media dei processi in Italia è di 7 anni e 8 mesi, per arrivare al terzo e ultimo grado di giudizio, quando in altri Stati si attesta attorno ai 2/3 anni. “E’ importante imparare dalle buone pratiche”, “Siamo un popolo litigioso – ammette Cottarelli -, e l’accesso alla Giustizia è molto semplice. La domanda di giustizia è sempre più elevata”.

QUOTA 100

Sulla Quota 100 il professore non ha dubbi, chi paga? “Così facendo rischiamo di far aumentare la disoccupazione, diminuisce il PIL”. Daveri porta l’esempio dell’Università. “Per ogni 5 professori che vanno in pensione, In Italia viene sostituito solo uno di questi. Perciò non è neanche vera la storia che viene raccontata da questo Governo secondo cui aumentano i posti di lavoro”. Anzi, come evidenzia Cottarelli, “Nel settore pubblico è difficile pensare a un rapporto 1:1 in questo senso, forse nel privato, ma Quota 100 sembra anche un’occasione per sistemare i bilanci”.

REDDITO DI CITTADINANZA

Altra bandiera di questo Governo, sventolata a più riprese durante comizi e dichiarazioni twitter. In un grafico Cottarelli ha mostrato come sia cambiata nel tempo la produttività e il lavoro tra nord e sud: se nel 1861 non c’era differenza, oggi si può parlare di un’Italia a due velocità. “Se c’è un problema di povertà, si può pensare a un reddito, ma a certe condizioni, ad esempio se ci sono finanziamenti adeguati, o se si tassano i più ricchi. Il nostro reddito , di 780 euro, sarebbe uno dei più generosi d’Europa, questo è un deterrente a cercare lavoro”.

EURO

 

“Se si condivide la moneta con la Germania, – prosegue il professore nato a Cremona nel 1954 -, bisogna seguire certe regole, abbiamo perso competitività, esportiamo meno e facciamo meno investimenti, è un cane che si morde la coda. Questa manovra rappresenta una chiara violazione delle regole europee: stavamo crescendo, ma abbiamo deciso di fare più deficit, e questo è strano”. Sulla possibilità di una possibilie sanzione dall’Europa, di cui tanto si è paventato (si attende una decisione a fine novembre) Daveri rimamrca ancora l’importanza delle regole. “L’Europa riconosce situazioni difficili di un Paese nel caso di gravi accadimenti (maltempo, spese straordinarie), concedendo di fare deficit, non è il caso dell’Italia. Rischiamo una traiettoria insostenibile”. “Anche assumendo che la manovra sia espansiva – riflette Cottarelli -, dovremmo crescere 3/4 volte rispetto a come stiamo viaggiando adesso”. In conclusione siamo un Pese fragile, che per ora non rischia nulla, ma che al minimo accadimento esterno può “sprofondare”. 

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Proibendo la mutagenesi l’Europa si danneggia da sola

Fa discutere la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha stabilito, in linea di principio, che gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi rientrano nella sfera di applicazione della direttiva europea in materia di OGM.

“E’ stato così contraddetto il parere depositato a gennaio dall’avvocatura generale – commenta Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza -. Inoltre, la stessa Corte, in modo ambiguo, non considera come Ogm gli organismi ottenuti da mutagenesi attraverso tecniche utilizzate convenzionalmente e con lunga tradizione di sicurezza, e affida, in ogni caso, agli Stati membri la facoltà di includere anche questi ultimi tra gli Ogm. Il mondo scientifico si è più volte espresso a favore degli Ogm – prosegue Casagrande –. Citiamo ad esempio i risultati evidenziati dal team di ricerca della Professoressa Laura Ercoli della Scuola Superiore Sant’Anna, pubblicati da Nature. Abbiamo avuto il piacere di poter ospitare la professoressa per una relazione nel nostro ciclo A Cena Con La scienza e anche in quell’occasione i diversi accademici, tra cui il Georgofilo, il Professor Michele Stanca, hanno ribadito come le mutazioni genetiche siano, da un lato, alla base dell’evoluzione e, dall’altro, come la cisgenesi sia ben diversa dalle tecniche che intervengono sulla modifica del genoma con elementi estranei alla specie. Ma a nulla pare valere il parere della Scienza”.

Per farla semplice la cisgenesi è un incrocio di ultima generazione tra specie vegetali che mima in laboratorio ciò che accade in natura.  Il concetto fondamentale è che il trasferimento di DNA avviene tra due piante della stessa specie o tra specie sessualmente compatibili. In pratica si velocizza e rende mirato ciò che che i contadini fanno da millenni con le tradizionali tecniche di innesto.

“Come ci ha spiegato il professore Stanca – ricorda Casagrande –  la cisgenesi ha il vantaggio di trasferire solo i caratteri genetici desiderati, utili ad aumentare la resistenza delle piante ai cambiamenti climatici, ai patogeni o ad arricchire le specie di sostanze nutritive. Se le piante diventano più resistenti alle malattie servono meno trattamenti chimici”. Confagricoltura Nazionale, da subito, ha preso posizione, esprimendo “profonda sorpresa” per la sentenza della Corte di Giustizia europea. Per criticare la sentenza della Corte di Giustizia della UE è scesa in campo pure la Fnsea, la principale Organizzazione delle imprese agricole francesi.  In un comunicato, sottoscritto anche dalle associazioni dei produttori di grano, mais, bietole e proteoleaginose, si sottolinea che la sentenza avrà “pesanti conseguenze per i consumatori e per gli agricoltori. Un’agricoltura carente sotto il profilo delle innovazioni varietali non potrà far fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico e rispondere alle attese dei consumatori, che sollecitano il settore agricolo a ridurre l’utilizzo di prodotti fitosanitari”.

Critiche anche dal mondo agricolo spagnolo, con l’Asaja (Associazione dei giovani agricoltori) che ha posto in risalto che “l’Europa perderà competitività, dato che altri blocchi di paesi sviluppati o di paesi in via di sviluppo, stanno avanzando con queste tecnologie, mettendo a disposizione degli agricoltori i risultati che ottengono. I concorrenti diretti dell’Ue sui mercati internazionali, come gli Stati Uniti e la Cina, stanno lavorando intensamente sulla mutagenesi”.

“Siamo amareggiati per questa ulteriore occasione persa – conclude Casagrande –. Queste tecniche innovative, in continua evoluzione, sono uno strumento fondamentale per garantire risultati importanti per la salvaguardia delle nostre produzioni, e sono il nostro miglior alleato per difendere la competitività della nostra agricoltura già sotto scacco perché deficitaria e costretta a confrontarsi sul mercato, oggi perdendo, con chi usa l’innovazione.  Auspichiamo che si possa aprire un dibattito politico serio per una revisione di tutta la normativa in materia, attraverso valutazioni basate sui dati scientifici e non sui pregiudizi ideologici”.




Europa in mutamento, dibattito in Cattolica con Gianfranco Pasquino

Dove soffia il vento in Europa, almeno a livello politico? Lungi da noi essere politologi, ma sicuramente un cambiamento è in atto. Per capirne un po’ di più il Laboratorio Mondialità Consapevole ha chiesto lumi a Gianfranco Pasquino, accademico torinese per anni insegnante all’Università di Bologna, durante un incontro del percorso formativo che si sta tenendo in queste settimane in Cattolica. Abbiamo voluto intervistarlo.

“L’Europa e tutti i Paesi europei sono sempre esposti – ha sottolineato Pasquino – a venti che vengono dagli Stati Uniti. Sono una grande economia, hanno controllato a lungo il sistema internazionale, qualche volta in coabitazione con l’Unione Sovietica, cercando sempre di condizionare la politica degli alleati, riuscendoci in più di un’occasione. Gli europei erano per metà convintamente atlantici e per l’altra metà si rendevano conto che avevano bisogno degli Stati Uniti se volevano evitare le sfide che venivano dall’Unione Sovietica. Quindi nel momento in cui cambia la presidenza tendendo ad un atteggiamento isolazionista non più interessato a mantenere un ordine internazionale liberale cercando di manipolare i dazi. Tutto questo ha un impatto inevitabilmente negativo sull’Europa, perchè crea tensioni e impedisce la creazione di politiche di sviluppo”.

Esiste una ondata di destra in Europa? Se si, da dove nasce? 

Ancora non esiste una vera ondata di destra, pur essendoci politiche di alcuni Stati europei che vanno verso quella direzione. E’ un problema che tuttavia non riguarda Trump, che esagera nelle sue esternazioni e non verranno seguite da fatti perchè impossibile. Riguarda problemi su cui l’Europa ha purtroppo scarsissima possibilità di controllo: la povertà e la fame in Africa nascono ben prima dell’Europa, le guerre in Siria e in Yemen, sono situazioni conseguenti alla politica estera degli Stati Uniti, che se non avesse invaso l’Iraq avrebbe reso molto più improbabili questi fenomeni.

Cosa ne pensa dei cosidetti populismi? Esisteva già un fenomeno europeo che spirava verso il cambiamento o alcune politiche provenienti dal di fuori hanno dato il via libera? 

Una componente esterna sicuramente c’è, ma la componente fondamentale è interna. Sconsiglierei a tutti di usare il termine populismo per definire quello che non ci piace. Marine Le Pen è l’espressione della destra francese, e col populismo ha poco a cui spartire, così come Alternative Fur Deutschland è l’espressione dell’estrema destra tedesca che si riorganizza. Vorrei sottolineare che il populismo è insito nelle democrazie, c’è per stessa definizione anche nelle costituzioni, ad esempio italiana (la sovranità appartiene al popolo) e statunitense (with the people). Quello che dovrebbe preoccuparci è la reazione fortemente incentrata su valori tradizionalisti, perchè i populisti europei sono reazionari nei confronti dei tanti che sono diventati europeisti. Sono i sovranisti come Salvini e Meloni quelli con cui non possiamo convivere e che anzi, dobbiamo combattere.

Come? 

Consiglio di delegittimarli in continuazione, cioè far notare che le loro ricette non funzionano, che sono vecchie e difficilmente applicabili, che il loro appello al popolo è indistinto e in realtà non c’è. Deve esserci una visione inclusiva di quella che è la società e che non può essere limitata alla sfera nazionale

In tutto questo cambiamento, i giovani sono ormai un “tema”. Stanno diventando apatici e svogliati o è l’Italia e l’Europa che li mortifica in qualche misura? 

Il problema dei giovani è strettamente legato al mondo del lavoro. Non siamo di fronte all’industrializzazione che creava posti di lavoro, ma alla deindustrializzazione e alla possibilità di far lavorare dei robot. Siamo di fronte a una incapacità di comprendere quali saranno le tecniche, le conoscenze necessarie per entrare in un nuovo mondo del lavoro, con Università e scuole che faticano a seguire i mutamenti in corso. In altri Paesi europei sono maggiormente disposti ad accettare il cambiamento, come in Gran Bretagna, in Olanda o in Danimarca.

ABSTRACT IN ENGLISH

…the European populists are reactionary towards the many who have become Europeanists. The sovereigns like Salvini and Meloni are those with whom we can not live together and that we must fight.

As?

My advice is delegitimize them continuously, point out that their ideas do not work, which are old and difficult to apply, that their appeal to the people is indistinct and in reality there is not.

….In all this change, young people are now a ‘theme’. Are they becoming apathetic and listless or is it Italy and Europe that mortifies them to some extent?

The problem of young people is closely linked to the world of work. We are not facing the industrialization that created jobs, but the deindustrialization and the possibility of making robots work. We are faced with an inability to understand what will be the techniques, the knowledge necessary to enter a new world of work, with universities and schools that are struggling to follow the changes in progress. In other European countries they are more willing to accept change, like in Britain, Holland or Denmark.

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Contrazione del reddito in Europa dal 2000 ad oggi

Lo possiamo constatare anche nel nostro quotidiano, parlando con amici e familiari. La situazione del reddito in Italia è molto diversa rispetto a 18 anni fa: questa percezione è acclarata anche da una recente ricerca Eurostat che ha verificato tendenze di lungo periodo (2000 – 2015) in tutte le provincie/regioni d’Europa: c’è chi corre e chi ha il fiatone.

Verificando la situazione italiana, si può vedere come il centro nord Italia all’inizio del nuovo millennio cresceva a un passo maggiore rispetto al resto del continente. Dopo la crisi economica la situazione è decisamente cambiata: questa situazione difficile ha risalito lo Stivale sin dal 2007 fino a toccare anche l’Emilia Romagna e la Lombardia nel 2015. In particolare andando ad osservare il reddito, si vede che alcune provincie come Cremona, Lecco e Como sfiorano i 50 punti percentuali in meno rispetto alla media europea (PIL pro capite). Sia chiaro, alcune città come Bologna, Milano, Genova, Siena, Pisa e Caserta viaggiano sopra la media, ma stanno rallentando vistosamente.

Piacenza si colloca in una situazione intermedia: se nel 2000 il PIL pro capite era sul 138%, ora è al 109%, con una perdita del 19%. In Regione solo Rimini è messa peggio (99%, sotto la media europea). Si può notare un mutamento nei 15 anni, se nel 2000 esisteva una sorta di confine del reddito, in cui era lecito parlare di Nord “ricco” e Sud “povero” nel 2015 la situazione è cambiata e solo la Pianura Padana e il Nord Ovest si trovano con un PIL pro capite superiore alla media UE.

Tuttavia ci sono alcuni dati incoraggianti. “In Italia, il reddito pro capite reale delle famiglie è aumentato fortemente ed è aumentato dello 0,8% nel terzo trimestre del 2017, superando la crescita del Pil reale pro capite che era stabile allo 0,4%” si legge in un rapporto OCSE su crescita e benessere economico. “Tra le sette grandi economie i cui dati sono disponibili, la crescita del reddito reale per abitante è nettamente rallentato in tutti i Paesi, ad eccezione dell’Italia”, aggiunge l’organizzazione parigina. Per una volta insomma, l’Italia è sul podio. 

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