(Ri)costruire ponti: l’aiuto di San Giuseppe Operaio agli sfollati di Genova Certosa è arrivato

Una ferita che lascerà grondare sangue ancora per molto tempo, quella del ponte Morandi a Genova crollato il 14 agosto scorso. Tuttavia c’è sempre chi è pronto a costruire nuovi ponti, come nel caso della parrocchia di San Giuseppe Operaio che oggi, nella persona del parroco don Stefano Segalini, si è recata a San Bartolomeo della Certosa, parrocchia a poche centinaia di metri dalla struttura, per consegnare i 4 mila 280 euro raccolti nel giro di una settimana.

Ci accoglie il viceparroco don Andrea Carcasola assieme a Sandro Macrì di Azione Cattolica Genova Certosa, con un vassoio di focaccia genovese. Raccontano la situazione difficile in cui molte famiglie sono in questo momento: “C’era molta paura all’inizio, non si sapeva dove andare. In quei momenti c’è il desiderio di sentirsi vicini, la parrocchia con gli scout in primis si sono dati da fare per dare una prima assistenza nel quartiere della Certosa. Chi non ha un alloggio temporaneo si è affidato alle case di parenti e amici, ma anche alcuni hotel, con le istituzioni che pagano pernottamento e mezza pensione”.

Ma la paura va oltre, al futuro della zona: “Abbiamo visto tanta solidarietà anche da forze politiche avverse, ma c’è timore perché molte attività commerciali hanno subito danni, come il benzinaio attiguo ad esempio. Si pensa sempre dopo al problema. E’ una fortuna che ci siano stati solo 43 morti su quel ponte, perché è sempre molto trafficato. Erano persone che andavano a recuperare documenti, persone comuni”.

L’AIUTO DEI GIOVANI DI AGESCI

A pochi metri dal disastro di ponte Morandi, su via Filak, sono una sessantina i giovani dell’Agesci che si sono messi a disposizione per coordinare azioni di supporto agli abitanti e al quartiere sconvolto dal disastro. Daniele Zec, giovane genovese del gruppo scout Genova 52 del quartiere di Certosa racconta come avviene la gestione dei soccorsi: “Il 16 di agosto il Municipio ci ha chiesto una mano, un supporto essenzialmente per portare caffè agli sfollati che qui erano più di 300. Poi abbiamo iniziato a chiedere alle persone di cosa avessero più bisogno, abbiamo dato loro un po’ di focaccia. Da li siamo partiti montando prima un gazebo e poi altri 3 che fungevano da punto ristoro”. Il cibo che viene portato è tutto offerto dalla popolazione stessa: “Ogni mattina ci chiedono cosa abbiamo bisogno, ci portano pasti completi, macedonia e via dicendo. Per i primi 4 giorni è andata avanti così, facendo da tramite per gli sfollati. In seguito la Protezione Civile ha preso in mano la situazione, e noi offriamo solo un punto ristoro, perché soprattutto all’inizio i pasti li offrivamo a tutti”.

E’ stato pianificato un sistema di turnazione ed è stata sollevata la questione all’ AGESCI regionale: “I volontari arrivano da Val Polcevera, Nervi, la zona Ponente, in questi giorni apriremo la disponibilità anche al MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani), abbiamo un modulo Google dove convogliamo tutti i volontari e decidiamo dove dislocarli. In questi due giorni sospenderemo il servizio pasti perché esiste il rischio che il punto ristoro diventi un bar di quartiere”. Non è ancora ben chiaro per quanto tempo sarà necessario il supporto nelle strade. “Ora gli sfollati cercano di stabilizzarsi – osserva Zec -, in via Gaz c’è la Scuola Caffaro che ospita un infopoint per le case”.

IL PROBLEMA DELLE CASE SFITTE

Il problema delle case viene sottolineato anche da don Andrea Carcasola, che spiega come vi siano tantissime case sfitte: “Se il Comune facesse dei patti con i proprietari di questi appartamenti sarebbe giusto, poi c’è chi non vuole metterlo a disposizione, ma qui in questa zona sono tantissimi: mi è capitato di andare a benedire le abitazioni, su 80 solo 7 erano disponibili, molti non avevano nome sul campanello. Penso che gli appartamenti ci siano, basta metterli a disposizione con questi patti“.

Il curato tiene a precisare che il denaro ricavato dalla raccolta di San Giuseppe Operaio andrà in attività a favore della comunità parrocchiale e degli sfollati della zona. Recentemente è stato condotto un’incontro del Comitato spontaneo Amici di Certosa, che vedeva la presenza di alcuni sfollati nel campetto da calcio attiguo alla parrocchia e di alcuni componenti del Consiglio comunale. “La gente è molto arrabbiata – sottolinea -, ma anche un incontro come quello fatto vuole dimostrare che la Chiesa non chiude le porte”.

CHI IL CROLLO L’HA SENTITO A POCHI METRI DI DISTANZA

Pensavano fosse il terremoto, ma il rumore è durato qualche minuto, non poteva essere. Una coppia di anziani vedovi, un uomo e una donna, in questi momenti tentano di farsi coraggio l’un l’altro. Li incontriamo sotto il punto ristoro allestito da Agesci. “Ci hanno portato lontano, c’era brutto tempo. Abbiamo timore di non rivedere le nostre case, non siamo riusciti a prendere le nostre cose. I primi giorni siamo stati qui, poi per trovare un alloggio è un’impresa. Viaggiamo. Quei palazzi vicino al ponte sono destinati ad essere eliminati. Il più è quantificare il danno. Siamo entrambi vedovi, ci aiutiamo vicendevolmente. In graduatoria per un alloggio siamo tra il 130esimo e 150esimo posto. Di notte si fatica a dormire”.

Mia figlia è nelle stesse condizioni – puntualizza lui -, è andata a dormire da mia nipote. Dopo il ponte è interdetto il passaggio. Ho lavorato alle bretelle del ponte, sono carpentiere specializzato, ricordo quando fu inaugurano da Saragat. Si diceva che potesse durare 30 anni. Encomio ai giovani ai vigili alla Protezione Civile”.

A pochi metri dalla chiesa su un muro si legge: “Stanco di vedere le parole che muoiono, stanco di vedere che le cose non cambiano”. Ecco, speriamo che possano cambiare.

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San Giuseppe Operaio lancia la raccolta fondi per gli sfollati di Genova

E’ passata quasi una settimana dal tremendo crollo del ponte Morandi a Genova e le iniziative di aiuto nei confronti delle famiglie dei deceduti e degli sfollati continuano. Anche Piacenza si sta rimboccando le maniche: la parrocchia di San Giuseppe Operaio ha infatti lanciato oggi, durante una messa, una raccolta di fondi che verranno consegnati alla parrocchia di San Bartolomeo della Certosa. Siamo già arrivati a circa 1000 euro, ma è ancora possibile rivolgersi a San Giuseppe Operaio o direttamente a don Stefano Segalini (numero tel. 338 9187863) per il proprio contributo fino a giovedì. Infatti nel weekend prossimo ci spiega don Stefano, “con alcuni parrocchiani che vorranno venire andremo direttamente a Genova a consegnare quanto raccolto“. Il denaro verrà consegnato o al parroco don GiannAndrea Grosso o al curato don Andrea Carcasola.

La parrocchia di San Bartolomeo della Certosa è quella che ospita una parte degli sfollati, arrivati ormai a 600, anche se già domani si spera che possa venire consegnato ad alcuni un alloggio temporaneo. “Anche il solo fatto di andarci e vedere con i propri occhi quello che sta succedendo – sottolinea don Stefano -, è un’esperienza che rimane impressa. E poi è significativo perchè la Chiesa deve essere vicina alla gente: una raccolta tra un mese sarà comunque utile, ma chi ha fame adesso non può aspettare“.

Anche per la gente in un momento così particolare in cui mai siamo stati subissati da notizie negative, qualcuna positiva, può essere una buona medicina – aggiunge –, è inutile prendere la strada del rancore. La prima cosa che abbiamo pensato davanti a questi fatti è a chi dare la colpa, senza pensare ai morti e ai loro familiari. La giustizia è giusto faccia il suo corso, ma non restituirà i morti. Se ci lasciamo prendere dalla pancia, dall’impulso, diventa una guerra d’odio“. Di pancia invece don Stefano ha deciso di lanciare questa raccolta, che ha trovato il consenso della comunità. “Qualcuno preso alla sprovvista ha detto che li avrebbe portati, spero che si aggiungano altri sostenitori. Esistono gesti concreti, che possono dare una mano, senza pregiudizi, trasparenti“. 

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Lutto nazionale, città a mezz’asta

A seguito di una disposizione della Prefettura, in concomitanza con il lutto nazionale per le vittime della tragedia del Ponte Morandi di Genova, stamani tutti gli edifici pubblici cittadini, a cominciare dal Municipio, hanno esposto le bandiere a mezz’asta in concomitanza con lo svolgimento dei funerali i Stato e per sottolineare un dramma che non ha eguali nella storia recente. 

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Immagini dalla tragedia di Genova – Da Piacenza inviata una unità cinofila

Il comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Piacenza ha inviato un’unità per la ricerca dispersi a Genova in seguito al crollo del Ponte Morandi.

Anche le squadre del Soccorso Alpino e Speleologico dell’Emilia Romagna sono state messe in preallerta. Al momento è già in stand-by e pronta partenza una squadra della componente Speleo-disostruttori, con mezzo fuoristrada e squadra di supporto.
Nel frattempo è stato attivato il gestore del Rifugio Monte Penna/Faggio dei Tre Comuni e operatore del Soccorso Alpino,  per monitorare le condizioni meteorologiche ed  informare circa la possibilità di passaggio  di  eventuali elicotteri di soccorso sul crinale.

35 sarebbero le auto coinvolte e 6 Tir; 11 i morti accertati mentre 5 sarebbero le persone estratte vive dalle lamiere delle loro auto. Una ragazza è in questo momento in camera operatoria per i gravi traumi da schiacciamento riportati.

Il portiere che stava transitando su Ponte Morandi, salvo per miracolo dopo un volo di trenta metri

Ha del miracoloso la storia di Davide Cappello, vigile del fuoco e portiere del Legino Calcio. Stava anche lui transitando sul ponte al momento del crollo. La sua auto Salvo per miracolo il portiere del Legino uscito da solo dalla sua auto(vedi foto) è rimasta incastrata fra il cemento. Lo stesso giocatore ha raccontato ad un amico, per telefono, l’accaduto:

“Sono andato già col ponte. Non so cosa mi ha salvato. Sono finito sotto proprio mentre passavo. Ora sono su un’ambulanza ma comunque sto bene. La macchina è distrutta ma vaffa…..  io sto bene e sono uscito con le mie gambe”.

 




A Piacenza e Parma i rifiuti della Liguria

Emergenza rifiuti, l’Emilia-Romagna va in soccorso alla Liguria. Lo ha deciso la Giunta regionale, in coerenza con il Patto per la crescita e lo sviluppo siglato lo scorso settembre dalle due Regioni.

Via libera quindi alla richiesta di accogliere circa 83 tonnellate al giorno di rifiuti urbani, nell’arco dei prossimi quattro mesi. In tutto si tratta di 10 mila tonnellate della Città metropolitana di Genova che saranno ripartite a metà tra i termovalorizzatori di Parma e Piacenza, nel rispetto dei limiti autorizzati per ciascun impianto. È l’equivalente di quanto trattato in media in 15 giorni di normale attività.

Ai due comuni sede dei termovalorizzatori, la Regione Liguria pagherà un contributo aggiuntivo di 14 euro a tonnellata in qualità di “rimborso ambientale”, in più rispetto al costo ordinario.

L’emergenza temporanea che interessa la Città metropolitana di Genova deriva infatti dall’assenza della piena operatività dell’impianto di smaltimento “Scarpino 3”, posto a servizio del capoluogo ligure ed in attesa di essere adeguato alle direttive ministeriali sul pretrattamento dei rifiuti. L’iter è già partito e, a giugno, è stata rilasciata l’Autorizzazione integrata ambientale per lo svolgimento dei lavori. Il cantiere è stato però rallentato dagli episodi di maltempo che hanno interessato nei mesi scorsi la città di Genova. Anche la pianificazione d’emergenza attuata dalla Regione Liguria negli ultimi due anni, con l’incremento dei volumi smaltiti presso gli altri impianti del territorio, non si è rivelata sufficiente ai bisogni. Da qui la richiesta di aiuto.

«La richiesta ligure – ha spiegato l’assessore regionale Paola Gazzolo – era per 15 mila tonnellate: con il coinvolgimento dei territori e in virtù del criterio di prossimità è stata individuata la destinazione dei rifiuti nelle città più vicine, Parma e Piacenza, e per complessive 10 mila tonnellate».

«Si tratta – ha continuato la Gazzolo – di una risposta importante a un’emergenza vera, che avrebbe potuto generare conseguenze rilevanti nel periodo estivo dal punto di vista igienico e sanitario, come indicato chiaramente dal presidente Toti. In più è limitata nel tempo, nelle quantità e si affianca ad un impegno concreto della Liguria per risolvere le criticità attuali e giungere alla piena autosufficienza: tutte condizioni fondamentali per dire sì.
Le politiche dell’Emilia-Romagna in materia di rifiuti sono chiare, coerenti e garantiscono la piena autosufficienza regionale nello smaltimento, permettendo anche di supportare in modo concreto chi si trova in vera difficoltà- ha concluso l’assessore – il valore della solidarietà è sempre stato alla base delle relazioni tra Emilia-Romagna e Liguria: lo testimonia il Patto per la crescita e lo sviluppo siglato lo scorso settembre. È la base di un lavoro comune che interessa anche i temi ambientali e stiamo definendo gli accordi attuativi, che riguarderanno anche rilasci stabiliti dalla diga del Brugneto per l’agricoltura piacentina, come è avvenuto anche quest’anno».