Europol e Finanza sequestrano 20 mila prodotti contraffatti venduti online, fra cui medicine

La Guardia di Fianza insieme all’EUROPOL e ad autorità di Polizia provenienti da nove Stati membri dell’Unione europea, insieme alla Intellectual Property Crime Coordinated Coalition ha portato a termine la più grande operazione europea di contrasto ad attività illecite svolte sul web. Sono oltre 10.000 i negozi on line, che vendevano merci contraffatte e che sono stati chiusi.

L’operazione ha portato al sequestro di 20.000 prodotti contraffatti e alla chiusura di oltre 1.000 conti. In offerta vi erano articoli sportivi, medicine, telefoni cellulari, borse, gioielli, occhiali da sole, abbigliamento, orologi, profumi e cosmetici, IPTV set-top-box oe ltre a contenuti digitali on-line. L’operazione, chiamata APHRODITE, è stata gestita con la collaborazione di Belgio, Bulgaria, Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna e Regno Unito ed ha portato alla individuazione di oltre 250 responsabili per la vendita di  merci contraffatte e di contenuti pirata ed alla denuncia penale di un centinaio di loro.

Numerose sono le indagini ancora in corso. Internet continua ad essere un importante veicolo per la commissione di reati contro la proprietà intellettuale, in quanto utilizza nuovi ed emergenti piattaforme, come i social media, che hanno semplificato e velocizzato la pubblicazione e la condivisione delle offerte di prodotti contraffatti e pirata ad un pubblico sempre in maggiore espansione. EUROPOL ha il delicato ruolo di esaminare la portata del fenomeno, monitorare i social media e le piattaforme di vendita per raccogliere elementi investigativi che diventano, poi, oggetto di approfondimento a cura delle law enforcement nazionali. La crescita esponenziale di piattaforme Internet ha colpito anche lo sviluppo dei mercati online o e-store che possono essere considerati canali alternativi alla vendita al dettaglio e che, spesso, usufruiscono di questi nuovi mercati per perpetrare attività illecite. I venditori pubblicizzano le merci contraffatte con semplici messaggi che indicano prodotto e prezzo. I dettagli della transazione sono definiti attraverso altri canali di comunicazione (applicazioni di messaggistica o telefonicamente sotto nomi diversi). Le spedizioni vengono affidate ai corrieri ed il pagamento viene solitamente effettuato tramite carte prepagate o Paypal.




Già espulso, in seguito ad un tentato omicidio, serbo circolava tranquillamente in città

I militari del   gruppo   della   Guardia   di   Finanza   di   Piacenza nei giorni scorsi, hanno fermato un’auto per un normale controllo. Alla guida c’era un cittadino serbo, L.P. quarant’anni, con una patente di guida italiana in corso di validità, un regolare passaporto serbo ed un permesso di soggiorno sloveno. Da controlli successivi e più approfonditi è emerso che l’uomo era irregolarmente sul territorio italiano in quanto destinatario di   un decreto di   espulsione.

Il 40enne nel 2016 si era reso protagonista di un’aggressione, in un bar di via Boselli, ai danni di cittadino macedone. Con un coltello aveva ferito l’altro straniero all’addome e ad una gamba ed era stato arrestato per tentato omicidio e poi denunciato a piede libero per   porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere.

Successivamente scarcerato era stato però stato colpito da un decreto di espulsione emesso dalla Questura di Piacenza. Ora l’uomo è stato accompagnato al centro di permanenza per i rimpatri di Bari d dove dovrebbe essere definitivamente accompagnato al suo paese d’origine.




Finanza e carabinieri smantellano supermercato dello spaccio in via Torricella

Nei giorni scorsi carabinieri e finanzieri dei rispettivi comandi provinciali hanno notificato ventiquattro  avvisi  di  conclusione  delle  indagini  preliminari  emessi dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Piacenza nei  confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili a vario titolo ed  in concorso tra loro del reato continuato di detenzione a fini di spaccio  di  sostanze  stupefacenti.

L’operazione antidroga denominata “Kraken” è stata  affidata  dalla  Procura  della  repubblica  di  Piacenza  ai  militari  della  Sezione  Mobile  del  nucleo  di  polizia  economico finanziaria  della  Guardia   di   finanza   di  Piacenza   ed   ai   militari   del  nucleo   operativo   e  radiomobile della compagnia dei carabinieri di Bobbio.

Un operazione congiunta che si è svolta in sinergia ed ha consentito ai militari  di  individuare  e  debellare  una  rete  di  spaccio  molto  attiva  nei  territori  delle  province  di  Piacenza,  Milano, Lodi,  Pavia e Varese.   I soggetti colpiti   da   ordinanza sono in totale 24. Dieci gli italiani  provenienti  in  gran  parte  da  Mazara  del Vallo  (Tp)  e  dalla  provincia  di  Napoli mentre tre sono di origine piacentina. Quattordici invece gli extracomunitari  prevalentemente  di  nazionalità  marocchina.

Secondo  quanto  emerso  dalle indagini avevano dato vita ad una fitta rete di spaccio capace  di  rifornire  tutte  le  tipologie  tradizionali  di  droga  (marijuana,  hashish, cocaina ed eroina) e la nuova sostanza psicoattiva denominata  “purple drank”.

Fulcro  dell’attività  di  spaccio  per  la  provincia  di  Piacenza  era  un  appartamento  di Piacenza,  in  via  Torricella, in  uso  ad  una  famiglia  di  Mazaresi.

Qui secondo    gli    acquirenti era possibile non solo acquistare ma anche, volendo, consumare lo stupefacente.

Gli spacciatori tenevano costantemente monitorato l’ingresso attraverso una  telecamera a circuito chiuso per evitare eventuali blitz da parte delle  forze dell’ordine e soprattutto per avere il tempo necessario per disfarsi della droga.

Carabinieri e finanzieri con lunghi appostamenti hanno tenuto sotto controllo la casa dal  settembre  2016  all’aprile  2017 ed hanno documentato  numerosi  episodi  di  cessione  e  cosnumo di droga.

Sono stati segnalati alle competenti prefetture circa 100 assuntori di droga.

Le indagini, condotte anche con  l’ausilio  di  mezzi  tecnici,  hanno  consentito ai militari di raccogliere un nutrito numero di prove sulla  base  delle quali la  procura  della  repubblica  di  Piacenza,  ha disposto il rinvio a giudizio dei ventiquattro indagati.

Nel  corso  delle indagini carabinieri e finanzieri hanno arrestato in  flagranza  di  reato  undici persone  e  denunciato  in  stato  di  libertà  ventiquattro persone   per   i   reati   di   detenzione   a   fini   di   spaccio   di   sostanze  stupefacenti.

Ingenti  i  quantitativi  di  droga  sequestrati:  oltre  400  grammi  tra  marijuana  e  hashish  ed  oltre  200  grammi  tra  cocaina  ed  eroina.

Il  denaro ritenuto provento dell’attività di spaccio e posto in sequestro  in   occasione   di   alcuni   degli   arresti   operati   in   flagranza   di   reato  ammonta a circa 5.000 euro.

Nel  corso  delle  indagini,  inoltre,  sono  state  rinvenute  e  sequestrate tre pistole (risultate poi rubate), di cui una completa  di  un  caricatore  con dieci cartucce  calibro  9×21. Sequestrati anche ventuno cellulari,  bilancini  di  precisione,  oro  grezzo,  svariato  materiale  per  il  confezionamento, la preparazione e l’assunzione dello stupefacente,  decine  di flaconi necessari per la preparazione della droga psicoattiva  meglio nota come “purple drank”, una serra per la coltivazione della  marijuana  ed  un’autovettura  di  grossa  cilindrata  utilizzata  per  il  trasporto dello stupefacente e dei pusher.




Il comandante regionale della Finanza in visita a Piacenza

Proseguono gli incontri del Comandante Regionale dell’Emilia Romagna – Generale di  Divisione  Giuseppe  Gerli  – nelle Province dell’Emilia Romagna.  L’alto Ufficiale, quest’oggi, nell’ambito del programma delle visite ai reparti della Regione,  si  è  recato  al  Comando  Provinciale  di  Piacenza e  presso  le Tenenze di  Castel  San  Giovanni  e  Fiorenzuola d’Arda.  Il generale Gerli si è incontrato tra gli altri anche con il Prefetto dott. Maurizio Falco, con il Procuratore della Repubblica di Piacenza, dott. Salvatore Cappelleri, con il Questore dott. Pietro Ostuni , con il Comandante Provinciale dei Carabinieri, il  Col. Corrado Scattaretico e con varie autorità   provinciali.  Nell’occasione il Generale ha potuto constatare l’ottimo rapporto sinergico instauratosi ormai nel tempo tra il Corpo della Guardia di Finanza, la locale Autorità Giudiziaria e le altre Forze di Polizia.

Successivamente l’alto ufficiale ha salutato i militari del Comando Provinciale  di  Piacenza  ed  una  rappresentanza della  locale  Sezione  A.N.F.I.,  per  poi  recarsi  presso  l e Tenenza di Castel San Giovanni e di Fiorenzuola d’Arda dove  ha  incontrato  il  personale. Il generale ha sottolineato la valenza  strategica  dei  due  presidi  a  garanzia di un adeguato controllo del territorio ed ha  ribadito  il  ruolo  strategico  della  Guardia  di  Finanza  quale  baluardo della sicurezza economico – finanziaria del Paese . Alle Fiamme gialle,  infatti, è affidata la  difficile missione di  preservare l’economia sana del Paese  e tutelare i  cittadini  onesti;  un  mandato  che  non  può  non  prescindere  dalle  specificità   tecniche   e   professionali   che   contraddistinguono   il   Corpo,  fondamentali per  affrontare  l’eterogeneità  dei  fenomeni  illegali  sempre  più  articolati ed insidiosi.




Mega truffa assicurativa messa a segno da sub-agenti di Fiorenzuola. Cinque persone denunciate

Assicuratori di Fiorenzuola nei guai per una mega truffa da 3,5 milioni di euro ai danni di quasi cinquanta clienti. A scoprirli la Guardia di Finanza di Piacenza che ha denunciato cinque persone per  i  reati  di  truffa,  truffa  aggravata  ed appropriazione  indebita e per l’ipotesi di reato di associazione  per delinquere.

L’indagine è partita da una denuncia presentata da una nota compagnia   assicurativa,   Allianz Group, nei confronti   di una   sua sub-agenzia,   con   sede   in Fiorenzuola d’Arda (PC), gestita  da  un  sodalizio criminale  a  livello familiare (a cui è stato immediatamente revocato il mandato). Allianz ha provveduto a querelare i cinque (parenti fra loro) e si costituirà parte civile nel processo.

La Compagnia assicurativa durante un’ispezione interna aveva trovato gravi anomalie e in particolare contratti stipulati con false sottoscrizioni.

Da  una  prima  analisi  erano  emerse  polizze  inesistenti,  premi  non contabilizzati  o  contabilizzati  solo  in  parte  e  comunicazioni  contrattuali  non veritiere poiché stipulate all’insaputa dei clienti.

La compagnia assicurativa, come si diceva, ha subito provveduto a denunciare i fatti alla magistratura e tolto il mandato ai cinque.

Nonostante questo gli ex sub-agenti hanno  continuato,  con  analoghe  modalità,  a reiterare il reato, costituendo nuove società attraverso le quali sono  state sottoscritte nuove  polizze  false  riconducibili  ad  altra compagnia assicurativa.

In pratica venivano “confezionate” polizze  assicurative fasulle e riscossi i relativi premi. Gli ignari clienti erano convinti di avere sottoscritto una regolare polizza ma sono, di fatto, rimasti privi di ogni forma di copertura assicurativa. Nel corso  delle indagini,  coordinate dal  Pubblico  Ministero,  sono   state   effettuate  perquisizioni   presso  le   abitazioni   degli indagati, nonché presso le sedi delle agenzie assicurative ancora operanti, dove è stata sequestrata documentazione utile alle indagini.

Inoltre, l’Autorità Giudiziaria ha disposto l’acquisizione di copia dei conti correnti bancari intestati   alle   società coinvolte ed   alle   persone ad   esse   direttamente riconducibili.

Preziosa la collaborazione di alcuni fra i 44 clienti truffati che, oltre a denciare i  fatti, hanno  confermato di  essere  stati  indirizzati,  dai  soggetti indagati, a cambiare compagnia di assicurazione spostando i loro investimenti a favore di un’altra compagnia.

L’esito  della  complessa  attività  investigativa  coordinata  dalla  Procura  della Repubblica  di  Piacenza  ed  eseguita  dalle  Fiamme  Gialle  piacentine  ha permesso di accertare una truffa per quasi 3,5 milioni di euro e svarriati reati (violazioni degli artt. 61, 81, 110, 416, 640 e 646 bis c.p.)

Gli  indagati  dovranno  definire anche  la  propria posizione  nei  confronti dell’Erario. Tutte le somme di denaro sottratte e non restituite agli ignari clienti costituiscono, infatti, proventi di natura  illecita realizzati  senza  il  pagamento delle imposte, assoggettabili ad imposizione in quanto provento di reato.




Maxi sequestro di carne contaminata: 7.000 chili individuati dalla Guardia di Finanza di Piacenza

Maxi sequestro di carne bovina potenzialmente dannosa per la salute dei consumatori messo a segno dalla Guardia di Finanza di Piacenza: circa  7.000 kg.

Il tutto era partito da una indagine avviata lo scorso mese di novembre nell’ambito del costante monitoraggio svolto a tutela della salute pubblica.

L’operazione delle fiamme gialle ha così evitato che, circa 7  tonnellate  di  carne bovina “insudiciata” finissero sulle tavole di ignari consumatori. il   tempestivo   intervento   dei finanzieri ha   scongiurato   il concreto rischio che la  carne,  illecitamente trattata  e  ripulita, potesse essere reimmessa nel circuito commerciale in spregio delle più elementari norme igieniche.  Un quantitativo davvero ingente costituito da kg.  6.772 chili di  carne, nella  quasi  totalità bovina, stipati in  un container proveniente  dal  Canada. La carne era stata spedita in nord America per la vendita  dall’azienda  piacentina; l’autorità  canadese  competente  in materia,  dopo  aver  constatato  la  presenza  di  materiale  estraneo, l’ha ritenuta inidonea al consumo umano e l’ha rispedita al mittente.

i militari della Guardia di Finanza, con l’ausilio tecnico del personale veterinario  dell’Ausl  di  piacenza,  hanno  intercettato  l’ingente quantità di  merce  e  verificato quanto segnalato dall’autorità canadese. La   carne era confezionata in cartoni e messa in confezioni sottovuoto e risultava visibilmente  contaminata  da corpi  estranei,  costituiti  da  peli  ed  escrementi,  con  i  quali  era direttamente a   contatto.

Pertanto è stata sequestrata    per violazione  della  legge  numero 283  del 1962,  che  disciplina  la  vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

Il legale rappresentante della società è stato denunciato e la Procura della Repubblica di Piacenza ha prontamente convalidato il sequestro.




Cinque lavoratori in nero in un ristorante della Val Tidone

Nell’ambito di un’ampia azione investigativa delle Fiamme Gialle piacentine, finalizzata al contrasto  del lavoro  nero  e  irregolare, i  militari  della  Tenenza della   Guardia   di  Finanza   di   Castel   San   Giovanni   hanno   effettuato   un intervento nei confronti di una società situata in  Val  Tidone ed operante nel settore della ristorazione.

Nel corso dell’attività ispettiva oltre  ai  due  soci, sono state identificate ulteriori  sei  persone  intente  al  lavoro,  cinque  delle  quali risultate  completamente  “in  nero”,  poiché  non vincolate  da  alcun  tipo  di rapporto  contrattuale  né  da  alcuna  comunicazione  preventiva al  centro per l’impiego.

Conseguentemente, è stata avviata la procedura per l’irrogazione della maxi-sanzione, che va da un minimo di € 1.500,00 ad un massimo di € 9.000,00, per  ogni  lavoratore “in nero”, ai  sensi  della  normativa  di  settore,  da  ultimo modificata dal D.Lgs n.151/2015.

Poiché i 5 lavoratori non riportati nelle scritture o altra documentazione obbligatoria,sono  risultati superiori al 20% del  totale  degli  occupati  presenti sul luogo di lavoro il giorno dell’intervento,  è stato interessato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro competente al l’emissione  del  provvedimento sospensivo dell’attività previsto dall’art.14 del D.Lgs n.81/2008.

All’esito del controllo l’imprenditore ispezionato ha avviato le  procedure  di regolarizzazione  delle  posizioni  lavorative,  provvedendo  ad  assumere  tutti  e cinque i dipendenti in precedenza irregolari.

L’attività ispettiva intrapresa si inquadra nei compiti di polizia economica e finanziaria della Guardia  di  Finanza  a  tutela  sia  dei  lavoratori,  il  cui  impiego irregolare non garantisce alcun diritto lavorativo e

previdenziale, sia degli altri esercenti del settore che operano correttamente sul mercato e che si trovano a confrontarsi con una concorrenza sleale.




La Finanza scopre un agriturismo “fantasma”: inesistente ma finanziato con 200 mila euro pubblici

Aveva ricevuto 200 mila euro di aiuti pubblici a favore di un agriturismo. Peccato che un agricoltore piacentino quella struttura ricettiva non la avesse nemmeno mai costruita. A scoprirlo sono stati, i  finanzieri  del  comando  provinciale di Piacenza nell’ambito delle attività di contrasto agli sprechi e agli illeciti in materia di spesa  pubblica  nel  settore  degli  aiuti  all’agricoltura. Tra l’altro lo stesso imprenditore, non contento dei fondi illecitamente ottenuti aveva già presentato una seconda domanda per ulteriori  197.000  euro richiesti per ampliare l’attività in realtà inesistente.

Durante un controllo amministrativo, concluso nei giorni scorsi, i militari del  Nucleo  di  polizia  economico finanziaria  hanno  accertato  che  nel  2012 l’imprenditore,  con  la  complicità  di  un  professionista  e  di  un  ex funzionario  della  provincia,  aveva  ottenuto  illecitamente  dalla  Regione Emilia   Romagna   un   finanziamento   agricolo   pari   a   200.000   euro   per   la realizzazione   di   interventi   di   recupero   e   ampliamento   di   immobili   da destinare  ad  attività  agrituristica,  nell’ambito  del  piano  di  sviluppo rurale incluso nella programmazione 2007-2013.

In realtà, sul luogo ove sorge la struttura che avrebbe dovuto fungere da agriturismo, i militari si  sono  trovati  di  fronte  a  un  vero  e  proprio cantiere edile; nessuna traccia invece di qualsivoglia attività ricettiva.

Il titolare dell’azienda aveva presentato, insieme alla domanda di contributi una scarna documentazione, che riportava falsamente l’esistenza della struttura ed il possesso di tutti  i requisiti necessari all’esercizio dell’attività ricettiva, mai posta in essere. Così aveva ottenuto  l’incentivo  pubblico,  traendo  in  inganno  sia l’Amministrazione Provinciale di Piacenza (responsabile  delle  procedure amministrative di concessione dei finanziamenti) sia l’A.G.R.E.A., l’ente regionale pagatore delle provvidenze agricole in Emilia Romagna, che ha materialmente erogato le somme.

Nel corso delle attività ispettive è stato inoltre appurato che nel 2016 lo stesso  imprenditore,  questa  volta  con  la  complicità di un agronomo, aveva  presentato nell’ambito  del  piano  di  sviluppo  rurale 2014 -2020 (relativo a investimenti  per  la  creazione  e  lo  sviluppo  di  agriturismi) una ulteriore domanda di aiuto per un importo di circa 197.000 euro, per la seconda volta dichiarando, alsamente, il  possesso  dei  requisiti  necessari all’esercizio  dell’attività  ricettiva  nonché  l’ampliamento  dell’attività stessa.

Al termine degli accertamenti, il titolare dell’azienda agricola beneficiaria dei  finanziamenti e i due professionisti  sono  stati  denunciati alla  Procura  della  Repubblica  di  Piacenza  rispettivamente  per  truffa  e tentata  truffa  aggravata  per  il  conseguimento  di  erogazioni  pubbliche, mentre  l’ex  funzionario  della  Provincia  è stato  deferito  per  falsità ideologia commessa da pubblico ufficiale.

Contestualmente è stata proposta alla Regione, ente gestore  della spesa, l’azione di recupero delle  somme  indebitamente  percepite  pari  a 200.000  euro,  l’applicazione  di  una  maxi sanzione amministrativa  prevista dalla normativa di settore pari a ulteriori 150.000 euro, nonché il blocco della contribuzione di 197.000 euro, già concessa ma non erogata. Infine,  visto il danno  erariale,  il tutto è stato segnalato anche alla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna della Corte dei Conti.




Furbetta del cartelino scoperta dalla Guardia di Finanza a Fidenza (video)

Nuova “furbetta del cartellino”, questa volta nella vicina Fidenza. L’ha scoperta la Guardia di Finanza della Tenenza della di Fidenza attraverso una paziente indagine. A cadere nelle maglie degli inquirenti una dipendente di un’Azienda pubblica di Fidenza che, dopo aver timbrato il proprio badge sul posto di lavoro, era solita allontanarsi per scopi personali. A volte faceva rientro presso la propria abitazione, altre volte faceva shopping o semplicemente la spesa in vari esercizi commerciali della zona.

Per più di un mese i finanzieri fidentini hanno tenuto la dipendente sotto stretta osservazione, pedinandola e riprendendola con le telecamere appositamente installate sul luogo di lavoro e nei pressi dell’abitazione. Il raffronto tra i dati emersi da questo monitoraggio ed le timbrature del cartellino eseguite dalla dipendente, hanno confermato la condotta illecita della donna, con conseguente danno per l’ente che le versava lo stipendio.

L’impiegata infedele dovrà rispondere all’Autorità Giudiziaria dei reati di false attestazioni e truffa ai danni di un Ente pubblico.

Rischia inoltre, come previsto dal decreto Madia, l’immediata sospensione cautelare, senza stipendio, e, in tempi brevi, l’azione disciplinare di licenziamento. Oltre a ciò, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica, che ha coordinato le indagini, ha disposto – nei suoi confronti – l’applicazione della misura cautelare personale dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.




Abbonamenti a riviste delle forze dell’ordine: la GdF sgomina banda e arresta 18 persone

Quante volte vi è capitato di ricevere telefonate da sedicenti appartenenti alle forze dell’ordine che vi proponevano abbonamenti a riviste “spacciate” come organi più o meno ufficiali della polizia, dei carabinieri, della protezione civile. Ora finalmente la Guardia di finanza di Monza ha fatto scattare le manette ai polsi di 18 persone coinvolte e specializzate in questa truffa.

I militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Monza hanno dato esecuzione, questa mattina, ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Monza, nei confronti di 18 persone – residenti in alcuni comuni brianzoli e in provincia di Milano – indagate per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Le indagini sono scaturite da una denuncia per truffa presentata, a novembre 2015, alla Guardia di Finanza di Ivrea (TO) da un sessantasettenne che era stato indotto, attraverso numerose e pressanti telefonate ricevute da un sedicente avvocato, a pagare con bonifici circa 8.000 euro per saldare dei presunti debiti – in realtà inesistenti – relativi ad abbonamenti a riviste.

Dopo i primi accertamenti condotti dai Finanzieri piemontesi, in collaborazione con i colleghi di Monza, si scopriva che le basi operative dei truffatori erano già da tempo attive a Brugherio (MB) e a Cologno Monzese (MI) e quindi il fascicolo penale veniva trasferito dalla Procura di Ivrea a quella di Monza, che delegava le ulteriori indagini al locale Gruppo della Guardia di Finanza.

Il Nucleo Mobile delle Fiamme Gialle monzesi proseguiva così l’attività investigativa, che si è articolata in intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, nonché indagini finanziarie ed ha consentito di ricostruire una vera e propria associazione a delinquere finalizzata alla commissione sistematica di truffe in danno di persone che in passato avevano effettivamente sottoscritto abbonamenti a riviste apparentemente riconducibili alle Forze dell’ordine.

I militari hanno infatti accertato come alcuni membri del gruppo criminale, spacciandosi per avvocati, giudici, ufficiali giudiziari, funzionari dell’Agenzia delle entrate ed appartenenti alla Guardia di Finanza, contattavano telefonicamente in tutta Italia ex abbonati alle predette riviste, ai quali comunicavano debiti – in realtà inesistenti – derivanti dai pregressi abbonamenti, con conseguenti atti di pignoramento già emessi nei loro confronti, e proponevano una transazione bonaria mediante il pagamento tramite bonifico di somme di denaro per svariate migliaia di euro.

Qualora le vittime non avessero accettato – questa la minaccia dei truffatori – sarebbe proseguita la procedura di recupero forzoso del credito. Tra i casi più eclatanti, si può citare il raggiro commesso nei confronti di una donna ultra ottantenne, residente a Milano, che ha effettuato in un anno bonifici a favore dei truffatori per circa 150.000 euro. I numeri telefonici delle vittime, per lo più persone anziane e talvolta anche disabili, venivano “comprati” illecitamente da dipendenti di imprese operanti nel settore dell’editoria e della distribuzione di riviste.

Le vittime delle truffe versavano con bonifici le somme richieste dai criminali “telefonisti” su conti correnti e carte prepagate, intestati ad altri membri dell’associazione o a dei “prestanome”, i cui codici IBAN erano forniti nel corso delle telefonate. Il denaro bonificato – provento delle truffe – veniva poi prelevato, con cadenza quotidiana, presso i vari sportelli bancari e postali dagli intestatari delle carte prepagate, accompagnati dagli associati che di fatto ne avevano la disponibilità detenendo i relativi P.I.N.

A due dei promotori del sistema criminale è stato, inoltre, contestato il reato di autoriciclaggio, avendo utilizzato una parte del profitto derivante dall’attività truffaldina (225.000 euro) per acquistare un immobile intestato ad una società dagli stessi amministrata. Secondo la ricostruzione dei flussi finanziari riconducibili agli indagati eseguita dai Finanzieri, i proventi illeciti complessivamente conseguiti dall’associazione criminale tra il 2015 e il 2016 ammontano a circa 2.000.000 di euro. Le risultanze investigative acquisite dalla Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura della Repubblica di Monza, hanno portato all’emissione da parte del G.I.P. di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 8 indagati e ai domiciliari per altri 10.