La Cgil lancia l’allarme: “Paese fermo, aumentano le disuguaglianze”

“Una fotografia impietosa di un’Italia ferma per crescita economica, occupazionale e demografica”. Questo il giudizio della Cgil nazionale sulla situazione, emersa dal rapporto annuale Istat, del nostro Paese.

Per la Confederazione “tra i dati che destano maggiore preoccupazione quelli macroeconomici, ma non solo. L’economia italiana segna un netto rallentamento della crescita del Pil rispetto al 2017, quindi uno stallo”.

“Lo scenario demografico – prosegue – è segnato dalla mancanza di prospettive e dalla possibilità di miglioramento delle condizioni socio-economiche, lo dimostra il record negativo delle nascite. La recessione demografica, infatti, è alleviata solo dai migranti, sono quindi incomprensibili le politiche anti-immigrati che prevedono la chiusura dei porti e non l’accoglienza. Inoltre, continuano le migrazioni interne e quelle verso l’estero, soprattutto dei giovani: una tendenza drammatica registrata solo durante la prima guerra mondiale”. Sul versante occupazionale, il sindacato di corso d’Italia evidenzia un “contesto fragile. Aumentano in maniera preoccupante i lavoratori precari, con contratti inferiori a sei mesi, e quelli costretti ad un part-time involontario”. “Infine, negli ultimi dieci anni, è raddoppiata la quota di popolazione che non riesce a sostenere la spesa per beni e servizi essenziali, rischiando così l’esclusione sociale”.

Secondo la Cgil “le politiche dell’ultimo decennio hanno determinato quanto emerge oggi dal rapporto annuale: profondi divari territoriali, l’aumento delle diseguaglianze e la riduzione di prospettive soprattutto per i giovani, in un Paese bloccato nella crescita e nello sviluppo”. “Per colmare i divari servono investimenti pubblici per sanità, servizi sociali, istruzione e per le infrastrutture materiali. Serve governare le politiche industriali, definendo obiettivi e direttrici di investimento per riuscire ad affrontare le sfide dell’innovazione digitale e della transizione ambientale”. “Per unire il Paese e ridurre le diseguaglianze – conclude la Cgil – saremo sabato prossimo in piazza a Reggio Calabria insieme a Cisl e Uil per una grande manifestazione unitaria”.

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Asili nido, pochi i bambini frequentanti a Piacenza e in Italia

175 mila, centinaio più centinaio meno è il numero di bambini che il sistema scolastico italiano riesce ad accogliere nei propri asili nido. A confermarlo lo studio Istat che ha scansionato la presenza negli istituti al 2015: 175 mila significa circa l’11% di coloro che avrebbero diritto.

Il dato non è proprio di primo pelo va detto, ma è l’ultimo che l’Istituto di statistica mette a disposizione. Una cernita messa a disposizione da Infodata mostra la situazione a livello comunale. Nel comune di Piacenza risiedono 2.613 bambini di età compresa tra 0 e 2 anni.
Gli utenti del nido sono 553, ovvero il 21,16% del totale. La situazione è più grave in comuni come Gropparello, Bettola, Farini, Ferriere, Vernasca, in cui seppur con numeri molto ridotti, nessun bambino tra gli 0 e i 2 anni si reca in un asilo nido. Travo, Bobbio e Fiorenzuola nel mezzo, con una media del 7/8% dei bimbi che va in istituto (A Fiorenzuola su 376 bambini solo 32 va al nido).

Ovviamente sono dati che andrebbero confermati con uno studio più attuale. 

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Vuoi diventare rilevatore Istat? Entro il 19 le domande

E’ fissato per il 19 giugno prossimo, entro le 12, il termine per presentare al Comune di Piacenza la domanda di ammissione al ruolo di rilevatori per le indagini Istat, in particolare per il censimento generale della popolazione e delle abitazioni che, dal 2018, verrà effettuato a campione ogni anno, sino al 2021.

Sul sito www.comune.piacenza.it , con evidenza in home page, sono pubblicati l’avviso e il modulo di domanda. La procedura servirà alla formazione di una graduatoria (con validità quadriennale) di persone disponibili e idonee, da cui il Comune attingerà – in base alle necessità contingenti e alle indicazioni fornite da Istat – per conferire gli incarichi di rilevatore.

Tra i requisiti richiesti, la maggiore età, il titolo di studio non inferiore al diploma di scuola media superiore o equiparato, la cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell’Unione Europea – in caso contrario occorre il permesso di soggiorno in corso di validità, inclusi coloro che hanno lo status di rifugiato – purchè con adeguata conoscenza della lingua italiana, parlata e scritta. Occorre inoltre la conoscenza dei più diffusi strumenti e programmi informatici. La residenza nel Comune di Piacenza costituirà titolo preferenziale nella formazione della graduatoria, così come il possesso di diploma di laurea o universitario e precedenti esperienze in materia di rilevazioni statistiche.

Le manifestazioni di interesse dovranno essere indirizzate al Comune di Piacenza, Ufficio Statistica, con sede in viale Beverora 57 e potranno essere consegnate in diversi modi: direttamente all’Ufficio Protocollo Generale (anch’esso in viale Beverora 57), aperto dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13, il lunedì e giovedì dalle 15 alle 17.30; con raccomandata provvista di ricevuta di ritorno (non farà fede il timbro postale ma la consegna entro le 12 del 19 giugno); con posta certificata all’indirizzo e-mail protocollo.generale@cert.comune.piacenza.it . 

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A che età si partorisce in Italia e in Europa? Una ricerca Eurostat lo rivela

I motivi sono molteplici, ma in Italia e in altri Paesi europei il momento in cui concepire figli si è spostato in avanti, stando a dati Istat e Eurostat. Quest’ultima ha tracciato una mappa sull’età media delle donne al momento del parto (considerando tutte le nascite, non solo il primo figlio) esaminando 1342 regioni Nuts 3 (Nomenclatura unità territoriali per statistiche). Si passa dalla regione bulgara di Sliven, in cui si figlia verso i 25 anni, fino all’area settentrionale di Atene, in cui si fanno figli verso i 33 anni, per un’età media Ue di 30,6 anni. Stando ai dati Istat si vede invece come in Italia il primo figlio si faccia mediamente a 31,8 anni per le donne, mentre gli uomini si approcciano alla paternità verso i 35. Non solo, l’Italia risulta essere un Paese in cui le madri stanno diventando sempre meno: dal 2008 900 mila in meno nella fascia 15 – 50 anni.

Scorrendo i dati, si può vedere che nella provincia di Piacenza l’età media delle donne al momento del parto è di 31,1 (contando tutte le nascite), tra le più giovani in regione, seppur di poco, in linea col trend nazionale, ma “anziane” considerando altre regioni europee, in cui le media si abbassano a 29, 28 fino alle regioni dell’est Europa: esempio eclatante Bulgaria e Romania, in cui si scende anche a 27 e 26 anni per le madri.

“Non c’è nessuno in Europa che abbia un’età del primo figlio così alta come quella italiana”, dice il demografo Alessandro Rosina, docente presso l’Università Cattolica di Milano. “Questo perché i giovani sono sempre più costretti a spostare in avanti il percorso di raggiungimento dell’autonomia rispetto ai genitori, e l’età media di uscita da casa è ormai a 30 anni”. Si aggiunga che, secondo gli ultimi dati dell’Ispettorato del Lavoro, 25 mila donne nell’ultimo anno hanno abbandonato il posto di lavoro perchè non riuscivano a conciliare gli impegni di madre con quelli lavorativi.

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Incidenti a Piacenza? Più di Roma, in rapporto ai cittadini presenti nella Capitale

Non potrà dare risposte definitive, ma capire quanti incidenti ci sono stati in Italia in un anno può raccontare che tipo di guidatori sono gli italiani e la qualità delle nostre strade. E può sfatare parecchi miti. Una recente indagine de Il Sole 24 Ore commissionata all’Istat rivela infatti che non necessariamente in città metropolitane come Roma o Napoli, per antonomasia città caotiche, si è sempre in coda dal carrozziere.

Osservando i dati del 2016, emerge che i comuni con un tasso di incidenti superiore alla media  (0,299 ogni 100 abitanti,ndr) disegnano sulla mappa il tracciato dell’autostrada A1 da Milano a Bologna e quindi verso Firenze. Per non parlare dell’A14 nel tratto che dal capoluogo emiliano scende verso la riviera romagnola. Sembra lecito inferire che l’incidentalità in questi territori abbia più a che fare con il passaggio dell’Autosole e dell’Adriatica che con la viabilità ordinaria, invece la città di Genova risulta la più gravata da constatazioni amichevoli (0,72 per 100 abitanti). Ovvero quasi un genovese su 100 ha subito sinistri nel periodo preso in esame. Seguono “a ruota” Firenze con 0,69 e Milano con 0,66. Roma e Napoli registrano rispettivamente lo 0,46 e 0,24, con la città partenopea addirittura sotto la media nazionale.

E Piacenza? 543 persone con la macchina in panne nel 2016, quasi due incidenti al giorno e un tasso dello 0,53. Più di Roma. Il Comune di San Pietro in Cerro invece, che registra 917 abitanti (fonte 2014), registra un tasso dello 0,81, quasi un abitante su 100. Comune virtuoso Bettola, dove lo 0,03 mostra che le carrozzerie del paese hanno poco lavoro.

Siamo comunque tra più incidentati in Regione: i cugini di Parma mostrano dati leggermente inferiori (0,47 su 100 abitanti), così come Bologna (0,49), Ferrara (0,45), Ravenna (0,51) e Reggio Emilia (0,50) mentre veniamo superati di poco da Forlì (0,54), da Modena (0,59) e staccati da Rimini (0,68, tra i più alti d’Italia). 

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