Plastica e barattolame da maggio si raccoglieranno insieme, Iren lancia la campagna

Nuova campagna di comunicazione promossa dal Comune di Piacenza ed Iren, centrato sulla sensibilizzazione alla raccolta differenziata. A partire dal mese di maggio, plastica e barattolame si conferiranno insieme nello stesso contenitore, sia dove è attiva la raccolta stradale che quella domiciliare.
Diversi sono i supporti di comunicazione utilizzati dalla campagna di sensibilizzazione, in modo da raggiungere un target variegato e differenziato; dagli strumenti tradizionali come i manifesti affissi lungo le vie della città, alle locandine distribuite in esercizi pubblici, punti di aggregazione e condomini. Presenti anche banner pubblicitari e inserzioni sui media del territorio nonché sui canali social.

“E’ un passo molto importante per Piacenza, – sottolinea Giovanni Chinosi, Direttore Operations Iren Ambiente -, permette di segnare un punto di discontinuità col passato, i malumori nascono dalla mancata conoscenza”.

La scelta presa dall’amministrazione di concerto con Iren è stata presa per allinearsi, come sostiene Paolo Mancioppi, assessore all’Ambiente, “con le altre città del Paese. Abbiamo in due anni raccolto un’eredità di un certo spessore: eravamo a livello di raccolta differenziata al 57%, le proiezioni sulla trasformazione dello scorso anno ci danno al 64% e con questa iniziativa puntiamo a superare quota 70%. Credo sia un gesto di civiltà, grazie all’impegno di Iren e ricordiamo che la bolletta dei piacentini non ne risentirà in nessun modo”.

Nello specifico verranno rimosse circa un centinaio di campane, rimarrà un’unica campana per plastica e barattolame, come già succede in altri comuni. Imateriali raccolti convergeranno nell’impianto Iren e su indicazione del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) verrà inviato il materiale agli impianti di selezione e separazione per il successivo avvio al recupero, questo aiuterebbe a migliorare le percentuali e soprattutto la raccolta pro capite dei singoli materiali (l’obiettivo è raggiungere i 35kg/abitante).

Contestualmente all’iniziativa, nel mese di maggio il sistema raccolta “porta a porta” dei rifiuti si estenderà nella zona limitrofe allo Stradone Farnese, Viale Sant’Ambrogio, Viale Malta, Via Campagna e Via Borghetto. In questi giorni gli informatori di Iren (riconoscibili dalla pettorina gialla e dal tesserino Iren) stanno informando le famiglie e le utenze commerciali per illustrare i dettagli del nuovo metodo di raccolta. Il primo giorno della nuova raccolta porta a porta sarà lunedì 27 maggio.

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Il comune ripara le panchine rovinate dei giardini

Proseguono da parte dell’Amministrazione comunale i lavori programmati per la riqualificazione delle aree verdi cittadine e il miglioramento della sicurezza stradale.

In diversi parchi gioco comunali sono state infatti risistemate le panchine: d’intesa con l’assessorato all’Ambiente, la cooperativa Geocart – affidataria della manutenzione del verde – ha provveduto alla rimozione di circa 380 listelli in legno ammalorati, sostituendoli con omologhi componenti in plastica riciclata e riverniciando i montanti con zinco a freddo.

“Si tratta – spiega l’assessore Paolo Mancioppi – di un prodotto brevettato da una ditta di Codogno, che utilizza materiale lavabile, completamente ignifugo e non soggetto alle conseguenze del clima: la durata dei nuovi listelli in plastica riciclata è almeno il triplo di quelli tradizionali in legno. Un’innovazione, quella propostaci dal gestore, che abbiamo accolto con favore proprio per queste caratteristiche”.

L’intervento, avviato sulle panchine del parco giochi di via Faggi e dell’adiacente giardino, ha riguardato anche il campo giochi di via Anelli a Ivaccari, del Pubblico Passeggio e di via Campesio, dove sono state risistemate anche le panchine dell’area verde.

Mirati alla sicurezza stradale, invece, i lavori eseguiti in prossimità dell’attraversamento pedonale regolato da semaforo lungo la statale 10, all’altezza della via che porta verso la ex scuola di Roncaglia. Le lanterne aeree ad incandescenza sono state sostituite da lampade a luce Led fumé che, quando spente, non riflettono la luce solare, e quelle laterali da 200 mm da lanterne più grandi, da 300 mm, ad incandescenza recuperate. Si è inoltre posizionata la targa di contrasto.

“In tal modo – sottolinea l’assessore Paolo Garetti – abbiamo incrementato la visibilità per gli automobilisti, tutelando ulteriormente i pedoni che fruiscono dell’impianto semaforico con chiamata a pulsante, già funzionante e dotato dei segnalatori acustici per i non vedenti”.




Edoardo Puglisi (Università Cattolica): “Siamo nell’epoca della Plastisfera”

di Edoardo Puglisi*

Due notizie hanno dominato le prime pagine dei giornali di inizio 2018: la polemica sull’adozione di sacchetti di origine biologica per l’acquisto di frutta e verdura nei supermercati e l’incendio (l’ennesimo in Italia) di un capannone dove erano stoccate materie plastiche in provincia di Pavia.

Notizie che confermano un dato di fatto: le plastiche rappresentano ormai da decenni un elemento costante delle nostre vite, tanto che diversi ricercatori sono arrivati a definire la nostra come l’epoca della “Plastisfera”.

Ma qual è il reale impatto della produzione di plastica sulla salute dell’uomo e dell’ambiente? Quali le possibili soluzioni ed alternative? Partiamo con il dire chela parola plastica è estremamente generica. Per fare un po’ di chiarezza possiamo classificare le plastiche secondo due diversi criteri, partendo cioè dal loro inizio (da cosa viene prodotta) e dalla loro (possibile) fine (quanto tempoci mette a degradarsi).

La plastica può essere prodotta a partire da materiale non rinnovabile come il petrolio, oppure rinnovabile, quale ad esempio la biomassa di vegetali o i materiali organici di scarto.

La fine delle plastiche, ovvero il loro possibile destino e impatto ambientale, è determinata invece dalla degradabilità. Considerando la scala temporale umana il polietilene e il polipropilene, ovvero le plastiche maggiormente sintetizzate a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, sono da considerarsi non degradabili: gli agenti abiotici (sole, vento, pioggia) o biotici (batteri, funghi, piante) riescono a ridurre del meno del 10% la massa questi materiali, che tuttavia si sminuzzano in particelle sempre più piccole (le cosiddette microplastiche) e sempre più facilmente ingeribili dagli animali e quindi dall’uomo. Se uniamo la scarsissima degradabilità di questi composti al fatto che la loro produzione è in constante ascesa da decenni abbiamo una sola risultante: l’accumulo costante, ben esemplificato dalla formazione negli oceani di isole di plastica grandi come mezzi continenti.

Una soluzione potrebbe arrivare dalle bio-plastiche, che però non sono tutte uguali.

C’è il bio-polietilene, ovvero il polietilene prodotto a partire da risorse rinnovabili quali bietola, canna da zucchero o grano. Negli ultimi anni la sua produzione è in forte crescita: tuttavia, nonostante l’accattivante prefisso “bio”, si tratta di un prodotto non degradabile, esattamente come il polietilene derivato dal petrolio.

Vi sono poi le plastiche da materia prima rinnovabile e degradabile, come ilMaterBi, utilizzato nella produzione di sacchetti per la spesa e ottenuto a partire da amido di mais. L’impatto ambientale è sensibilmente minore ma, come nel caso del bio-polietilene, la domanda da porsi è: quanto è sostenibile ed etico coltivare (ovvero sfruttare superficie arabile) per produrre materiali anziché cibo?

Una soluzione in tal senso potrebbe essere rappresentata dai poliidrossialcanoati (PHA), plastiche prodotte dai microorganismi a partire da svariati substrati organici, inclusa la frazione organica dei rifiuti solidi urbani: un maggiore sfruttamento commerciale di queste bioplastiche microbiche sarebbe una reale applicazione dei principi dell’economia circolare.

E per quanto riguarda le plastiche non degradabili? Partendo dall’assunto che risultano ancora indispensabili per molte applicazioni e che andrebbero usate meno e meglio, qualcosa forse si potrà fare anche nel campo della possibile degradazione. La facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientalidell’Università Cattolica è coinvolta nel progetto Microplast, finanziato dalla Fondazione Cariplo e finalizzato alla comprensione dei meccanismi di degradazione del polietilene da parte dei batteri. In una discarica abbandonata da oltre trent’anni abbiamo recuperato diversi campioni di plastica, dai quali abbiamo isolato più di 70 ceppi batterici in grado di crescere utilizzando il polietilene come unica fonte di carbonio, e selezionato quindi tra questi i 10 migliori ceppi. Su questi ceppi sono in corso analisi del loro genoma e opportuni esperimenti di espressione genica: l’obiettivo è quello di delucidare i meccanismi ancora sconosciuti di degradazione microbica per poterli potenzialmente sfruttare in futuro.

Insomma, nell’epoca della Plastisfera, è la ricerca a esplorare soluzioni: dalla plastica che nasce dai rifiuti organici fino, ai batteri che “mangiano” la plastica che non si deteriora. 

La scheda del professore 

* Edoardo Puglisi insegna Biologia dei microorganismi e Tecniche biomolecolari alla sede di Piacenza dell’Università Cattolica. Da anni si occupa dei meccanismi microbici di degradazione degli inquinanti ambientali e dello studio dell’ecologia microbica di suoli ed alimenti