Le testimonianze dei ragazzi del Kamlalaf: “un viaggio non finisce quando si arriva alla meta”

L’emozione di un viaggio in terre lontane è qualcosa che deve essere raccontato a tutti i costi: per questo motivo, nel pomeriggio di domenica 11 marzo, presso lo Spazio 2 di via XXIV maggio a Piacenza, i ragazzi e le ragazze che hanno partecipato al progetto Kamlalaf offriranno al pubblico le loro testimonianze.

Tra di loro ci saranno anche Luna Manstretta e Valentina Giuffrida, che la scorsa estate hanno vissuto un’importante esperienza in Uganda con Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo. Domenica entrambe racconteranno l’impatto che quelle settimane hanno avuto sulle loro vite, i sentimenti contrastanti provati, gli insegnamenti appresi: «Grazie a questa esperienza ho capito il potenziale racchiuso in ognuno di noi, mi sono resa conto che per realizzare le grandi cose è necessario partire dai piccolo gesti, da azioni che possono sembrare sono una goccia nell’oceano, ma che invece sono fondamentali» ci ha confidato Luna, mentre Valentina ha dichiarato: «Ho compreso quanto sia fondamentale la collaborazione delle persone, anche in assenza o in carenza di mezzi la solidarietà tra esseri umani permette di raggiungere obiettivi a prima vista quasi impossibili. Le persone che ho incontrato in Uganda mi hanno insegnato il valore della determinazione, l’importanza della pazienza, la semplicità della gioia, una volta tornati non si può smettere di pensarci».

Domenica 11 alle 17.00 sarà possibile ascoltare la testimonianza integrale delle ragazze, insieme con le esperienze di altri giovani, partiti con l’associazione Progetto Mondo MLAL alla volta del Sud America. Ascoltarli sarà come viaggiare, in attesa, perché no, di partecipare al progetto in prima persona.

 




Il diario di Arianna Badini in Bolivia con il progetto Kamlalaf

Prosegue il viaggio di Arianna Badini, partecipante al progetto Kamlalaf, in Bolivia, con l’associazione ProgettoMondo Mlal. Ecco le sue nuove pagine di diario.

Passando per El Alto, qualche giorno dopo, andiamo a visitare i ragazzi del carcere. Qalauma, “L’acqua che rompe la pietra”, è nato nel 2003. In Bolivia, nonostante la legge vieti la convivenza di adulti e minori, non vi sono strutture detentive che prevedano per loro uno spazio specifico. I ragazzi quindi si trovano in carceri sovraffollate, in cui bisogna pagare il carcere Qalauma Boliviaper avere il proprio spazio e qualsiasi tipo di servizio anche di sussistenza, spesso dilaga la corruzione ed è impossibile garantire sicurezza. Vi sono leggi molto rigide e una burocrazia lenta, per cui molti di loro passano anni aspettando un processo che non arriverà mai. La giustizia è punitiva, non vi sono programmi di recupero o educazione per i detenuti e questo implica un tasso dell’80% circa di recidiva.
Qalauma ospita molti ragazzi arrivati da San Pedro, il carcere principale di La Paz, ed è basato su un principio di giustizia retributiva. Nelle comunità indigene la giustizia retributiva è tuttora utilizzata per regolare le dinamiche interne: chi non sottosta ai doveri o fa torto a qualcuno viene condotto a risponderne in un dialogo comunitario, al termine del quale la parte lesa e il responsabile devono ritenersi soddisfatti delle decisioni prese. Spesso il risarcimento consiste in un lavoro utile per la comunità, ed è su questo principio che Qalauma punta ad evolvere. Un altro obiettivo è quello di contribuire al recupero sociale dei giovani attraverso l’accrescimento di competenze professionali e sviluppando la comunicazione nelle relazioni familiari e sociali.
Per mostrarci i loro progetti, dopo aver visitato i vari settori del carcere in cui vivono i ragazzi, ci sono stati quindi presentati i laboratori di carpenteria, falegnameria, cucito, musica, il piccolo panificio e la biblioteca. I ragazzi ci spiegano la gestione degli spazi e i turni di lavoro, a fine giornata ci offrono i prodotti del panificio e ci troviamo a fare un ultimo dialogo con gli educatori e gli psicologi prima di prendere la lunga strada del ritorno.
L’indomani partiamo in serata per Caranavi e arriviamo verso le 4 di mattina, il paese si trova a nord di La Paz, verso l’inizio della foresta amazzonica. Ci accompagna Giacomo, un ragazzo in servizio civile che si occupa del progetto che andremo a scoprire: Caffè Corretto. I cooperativa Montaña Verde Bolivial giorno successivo ci spostiamo verso la foresta per raggiungere la cooperativa Montaña Verde. Per accoglierci, i cafficoltori ci accompagnano nelle piantagioni e ci spiegano come raccogliere i chicchi di caffè, ci mostrano e ci fanno provare tutti i processi di produzione, spiegandoci nel frattempo i dettagli della loro coltivazione equosolidale e del commercio internazionale. Poi ci riuniamo davanti a un ottimo caffè appena tostato per parlare in maniera approfondita del progetto. L’idea nasce dalla volontà di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, in particolare dando accesso ad assicurazione sulla salute e pensione e sensibilizzando le persone sui loro stessi diritti.
Inizialmente si concentra sulla creazione di piccole imprese, in Perù e Bolivia, puntando ad innovarle grazie all’entusiasmo e al forte impegno dei giovani che le gestiscono. Per quanto riguarda le pensioni, le soluzioni plausibili sono tre e vengono proposte ad ogni famiglia che deciderà a quale aderire. La prima opzione è quella di incrementare la pensione minima del governo (200 boliviani al mese, circa 25 euro) versando una quota mensile, soluzione in sé non è ottimale perché prevede grandi sacrifici economici per una pensione comunque mediocre. Un’altra possibilità è quella di indirizzare alle pensioni il premio Flo, previsto per le cooperative di Commercio equo solidale, che include un fondo economico per migliorare le condizioni della comunità. Il progetto di riforestazione, invece, consiste nell’utilizzare il terreno per piantare una gamma diversificata di alberi pregiati nel corso degli anni per poi trarne guadagno in maniera indipendente vendendone i prodotti. Ognuna delle tre possibilità ha pro e contro e le varie cooperative ne discutono in maniera attiva, in particolare gli adulti cercano di sensibilizzare i giovani sulla responsabilità delle prospettive future, iniziando a pretendere diritti e lavorando per l’espansione di questi anche a settori lavorativi e realtà differenti.
Ora però ritorniamo verso La Paz: ci aspettano due giorni sul Titicaca, il lago più alto del mondo, condiviso con il Perù al confine nord occidentale…

Arianna Badini