Nuova sentenza sfavorevole al Consorzio di bonifica di Piacenza

Continua la serie di sentenze sfavorevoli al Consorzio di bonifica di Piacenza. Dopo quelle della Commissione tributaria provinciale – che ha più volte sancito che il Consorzio non ha più la possibilità di riscuotere coattivamente i contributi di bonifica a mezzo ruoli esecutivi (per opporsi ai quali occorre fare una causa ed essendo stata espressamente abrogata, dal Parlamento, la relativa norma che prima glielo consentiva) – ora a pronunciarsi sfavorevolmente alle pretese consortili è stata la stessa Cassazione.

Con un’ordinanza depositata l’8 luglio scorso, ed ora notificata, ha stabilito – di seguito al Tribunale di Piacenza ed alla Corte d’appello di Bologna, entrambi avevano già dato torto al Consorzio di bonifica di Piacenza ricorrente in Cassazione – che, quando la gestione della risorsa irrigua e la manutenzione promiscua irrigua e di drenaggio è svolta dagli utenti dei singoli rivi costituiti in altrettanti condomìnii, terreni e immobili urbani vicini non sono soggetti al pagamento della tassa di bonifica, e ciò anche quando il Consorzio di bonifica intervenisse in un qualche modo a governare la risorsa idrica perché si tratterebbe pur sempre di attività dalla quale non conseguirebbero benefici economicamente apprezzabili a favore degli immobili circostanti, come nel caso di specie, all’esame dei supremi giudici.

A darne notizia sono congiuntmente Confedilizia di Piacenza ed il Sindacato della Proprietà Fondiaria.

 




Importante sentenza a favore della Banca di Piacenza

Inefficace un vincolo di destinazione costituito in danno della Banca di Piacenza

Dopo l’annullamento di un trust costituito in danno della nostra Banca, la stessa ha ottenuto anche la dichiarazione di inefficacia di un vincolo di destinazione pure costituito in nostro danno.

L’atto di costituzione di un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter del Codice civile, pur non determinando la fuoriuscita dei beni dal patrimonio del disponente, comporta un effetto di segregazione patrimoniale che imprime ai beni stessi una destinazione idonea a sottrarli dalla generica garanzia dei creditori in quanto, per effetto della costituzione del vincolo, i beni stessi possono costituire oggetto di esecuzione solo per i debiti contratti per la realizzazione del fine di destinazione. E’ il principio affermato dalla Corte di appello di Bologna (Pres. rel. dott. Roberto Aponte) con sentenza del 10 agosto scorso, in accoglimento delle ragioni prospettate dalla difesa della Banca di Piacenza (avv. Franco Spezia). Negli stessi termini si era espresso il Tribunale di Piacenza (sent. n. 365/’14 – rel. dott. Schiaffino), che aveva dichiarato – ex art. 2901 cod. civ. – inefficace nei confronti della Banca un vincolo di destinazione costituito con atto di un notaio piacentino.

“La situazione che si determina a seguito della costituzione del vincolo ex art. 2645 ter cod. civ. – ha spiegato la Corte d’appello – è analoga a quella derivante dalla costituzione di un fondo patrimoniale, la cui assoggettabilità a revocatoria per la rimozione della limitazione alle azioni esecutive è affermata da consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità”. “Parimenti analoga – ha detto sempre la Corte d’appello – è la lesione per le ragioni dei creditori derivante dall’atto di conferimento di un bene in un trust, che pure secondo concorde giurisprudenza di merito è assoggettabile a revocatoria perché comporta lesione della garanzia patrimoniale dei creditori”.

La sussistenza di un pregiudizio per le ragioni del creditore – ha detto ancora la Corte di Bologna – non può essere esclusa “in considerazione del fatto che la cessazione del vincolo in parola è prevista in caso di morte anche della sola disponente, essendo sufficiente considerare, in proposito, che con l’atto impugnato dalla Banca i beni vengono di fatto sottratti alla garanzia del creditore (che al momento della concessione del credito poteva contare sulla garanzia costituita dagli immobili della debitrice) per una durata indeterminata (ed indeterminabile)”.

In conseguenza di quanto sopra, la Corte d’appello ha confermato la dichiarazione di inefficacia del vincolo nei confronti della Banca di Piacenza, condannando la parte debitrice anche alle spese del grado (12 mila euro oltre rimborso spese, Iva e Cassa assistenza avvocati) ed oltre altresì il pagamento dell’ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello.

La sentenza riveste una particolare importanza perché si tratta della prima – che risulti – emessa nello specifico caso di un vincolo di destinazione costituito ex art. 2645 ter e cioè del vincolo di beni per la destinazione degli stessi al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche.

Gianmarco Maiavacca