Economia, Corrado Sforza Fogliani si scaglia contro lo spread

Il presidente di Assopopolari Corrado Sforza Fogliani scaglia contro lo spread. “Lo spread è un indicatore creato dalla finanza internazionale, che non ha nessun collegamento con l’economia reale e con i conti reali delle banche. Bisogna dare l’importanza che merita, che non è grande. Se oggi fossimo non nel 2018, ma nel 2015, l’impatto dello spread sarebbe ancora irrilevante”. “Tutto dipende infatti dalla circostanza che nel 2016 – spiega – l’Europa ha esteso a tutte le banche una regoletta nata per le grandi banche. È questo il punto. Torniamo ai bilanci reali, delle aziende dell’immobiliare come dell’industria bancaria”. 

QuotidianoPiacenzaOnline

Via Sant'Antonino, 20
Piacenza, Italia 29121
Italia
Email: redazione@quotidianopiacenza.online




Carlo Cottarelli alla Banca di Piacenza racconta i “Sette peccati capitali ” della nostra economia

Serata di gala ieri per la Banca di Piacenza, che ha invitata Carlo Cottarelli, già in passato al Fondo Monetario Internazionale presso diversi dipartimenti, poi Commissario alla spending review e infine l’incarico di formare il nuovo Governo a fine maggio, cui è stata annunciata la rinuncia. Durante la serata ha dialogato con Francesco Daveri, Direttore del Full-Time MBA presso SDA Bocconi School of Management. A presentare Andrea Cabrini di Class CNBC, canale all news di economia.

In apertura Mario Crosta, direttore generale di Banca di Piacenza ha sottolineato l’importanza di questi appuntamenti, “crediamo sia importante risollevare la testa da questa dittatura dello spread, cui va prestata attenzione, ma è giusto gettare il cuore oltre l’ostacolo”.

EVASIONE FISCALE

Tanti i temi trattati da Cottarelli e Daveri, primo tra tutti l’evasione fiscale, con qualche dato di non poca rilevanza. “Si srima – ha precisato Cottarelli -, che in Italia l’evasione è di circa 130 miliardi di euro l’anno, mentre la spesa per la pubblica istruzione è della metà”. Già questo può dare un’idea del Paese che siamo. E una possibile soluzione evidenziata è quella di “non fare condoni fiscali, che sono ulteriore incentivo all’evasione, spero nella fatturazione elettronica, che sarà operativa dal 2019”. Può essere che alcuni contribuenti abbiano dovuto evadere per necessità. “E’ vero che non tutti sono evasori “cattivi” – considera Daveri -, ma la cosa pericolosa è dire che quelli che evadono poco non sono il problema. Non possiamo raccontarci la storia che sono solo loro a fare evasione.

Altro peccato è quello della corruzione. In una delle sue immancabili slides, Cottarelli ha mostrato che la percezione della corruzione in Italia è pari al livello della Namibia, mentre la realtà dei fatti è ben diversa. Daveri sottolinea l’importnza a tal proposito l’importanza di leggi più semplici, “difficilmente interpretabili”. Altro esempio è la burocrazia, che rappresenta un costo enorme per l’economia italiana. “Solo di moduli da compilare e di attesa spendiamo 30 miliardi di euro. In questo modo abbiamo poco appeal per l’imprenditore, che preferisce investire all’estero. Le regole sono troppo complesse”. Connesso a questo tema quello della lentezza della giustizia. La durata media dei processi in Italia è di 7 anni e 8 mesi, per arrivare al terzo e ultimo grado di giudizio, quando in altri Stati si attesta attorno ai 2/3 anni. “E’ importante imparare dalle buone pratiche”, “Siamo un popolo litigioso – ammette Cottarelli -, e l’accesso alla Giustizia è molto semplice. La domanda di giustizia è sempre più elevata”.

QUOTA 100

Sulla Quota 100 il professore non ha dubbi, chi paga? “Così facendo rischiamo di far aumentare la disoccupazione, diminuisce il PIL”. Daveri porta l’esempio dell’Università. “Per ogni 5 professori che vanno in pensione, In Italia viene sostituito solo uno di questi. Perciò non è neanche vera la storia che viene raccontata da questo Governo secondo cui aumentano i posti di lavoro”. Anzi, come evidenzia Cottarelli, “Nel settore pubblico è difficile pensare a un rapporto 1:1 in questo senso, forse nel privato, ma Quota 100 sembra anche un’occasione per sistemare i bilanci”.

REDDITO DI CITTADINANZA

Altra bandiera di questo Governo, sventolata a più riprese durante comizi e dichiarazioni twitter. In un grafico Cottarelli ha mostrato come sia cambiata nel tempo la produttività e il lavoro tra nord e sud: se nel 1861 non c’era differenza, oggi si può parlare di un’Italia a due velocità. “Se c’è un problema di povertà, si può pensare a un reddito, ma a certe condizioni, ad esempio se ci sono finanziamenti adeguati, o se si tassano i più ricchi. Il nostro reddito , di 780 euro, sarebbe uno dei più generosi d’Europa, questo è un deterrente a cercare lavoro”.

EURO

 

“Se si condivide la moneta con la Germania, – prosegue il professore nato a Cremona nel 1954 -, bisogna seguire certe regole, abbiamo perso competitività, esportiamo meno e facciamo meno investimenti, è un cane che si morde la coda. Questa manovra rappresenta una chiara violazione delle regole europee: stavamo crescendo, ma abbiamo deciso di fare più deficit, e questo è strano”. Sulla possibilità di una possibilie sanzione dall’Europa, di cui tanto si è paventato (si attende una decisione a fine novembre) Daveri rimamrca ancora l’importanza delle regole. “L’Europa riconosce situazioni difficili di un Paese nel caso di gravi accadimenti (maltempo, spese straordinarie), concedendo di fare deficit, non è il caso dell’Italia. Rischiamo una traiettoria insostenibile”. “Anche assumendo che la manovra sia espansiva – riflette Cottarelli -, dovremmo crescere 3/4 volte rispetto a come stiamo viaggiando adesso”. In conclusione siamo un Pese fragile, che per ora non rischia nulla, ma che al minimo accadimento esterno può “sprofondare”. 

QuotidianoPiacenzaOnline

Via Sant'Antonino, 20
Piacenza, Italia 29121
Italia
Email: redazione@quotidianopiacenza.online




La verità sulla questione dello spread

Due linee per il rapporto con l’Europa, ma – comunque – nell’Europa e nell’euro. Sono le due linee di condotta che sono emerse all’Angelicum  stamattina, dove si è celebrata – a cura dell’ACRI, come di tradizione – la Giornata Mondiale del Risparmio.

La linea che divide le correnti di pensiero emerse è, in sostanza,  questa: c’è chi pensa che ci si debba sempre, e comunque, adeguare ai dettami (Benedetto Croce, direbbe: ai dettati) dell’Europa, e chi ritiene invece che alla stessa si debba proporre una nostra, autonoma linea. Ma non è chiaro, solo, che vi sono due precisi ambiti di pensiero con un’altrettanto precisa linea di demarcazione. E’  chiaro anche ciò che divide queste due linee, frutto diretto della crisi che – perlomeno in Italia – persiste.

Gli uni, ritengono, invero, che più di quanto si è fatto, non si possa fare, perché le leggi dell’economia sono leggi naturali, dalle quali scaturiscono conseguenze ed antidoti altrettanto naturali: è la linea che dà sostanziale fiducia all’Europa e alle sue ricette di austerità. Gli altri, al contrario, ritengono che i programmi seguiti dall’Italia finora siano frutto del pensiero unico nazionale ed internazionale, non siano affatto l’unica soluzione e l’unica prospettiva, debbano anzi essere radicalmente mutati, che – soprattutto –  non ci si possa per niente accontentare della bassa ripresa (conchè in realtà ci sia, la gran parte degli italiani non se ne sono davvero accorti: i prezzi delle loro case – una constatazione che tocca decine e decine di milioni di persone – continuano ad abbassarsi), ma che alla bassa ripresa si debba anzi contrapporre una linea di crescita decisa.

Lo ha spiegato il ministro dell’Economia Tria, con una chiarezza che finora era mancata da parte di chi la pensa come lui, eccezion fatta per il ministro Savona, che da tempo anch’egli esprime una netta apertura sull’obiettivo (e la necessità) di agire sugli investimenti, in particolare nel settore immobiliare,  da sempre – lo diceva già Nadau, alla fine dell’’800 – muove decine di settori produttivi.

Tria, alla Giornata, ha lanciato anche uno slogan, efficace: «Investire nell’investimento», tenendo presente che «stabilità finanziaria e stabilità sociale sono due facce della stessa medaglia» (anche per questo ha difeso il reddito di cittadinanza) e, ancora, che il nemico da abbattere è l’incertezza, generata dalla ritenuta possibilità – ha detto il ministro – che eventi globali possano condizionare i nostri bilanci e con essi il nostro futuro. Più chiaramente ancora: le riduzioni del risparmio (dal 19 di qualche anno fa all’odierno 8 per cento del PIL) e degli investimenti, sono la trappola da rifuggire. Mezzo al fine, una politica economica espansiva (anzicchè di austerità) basata sull’investimento pubblico e privato e sul rafforzamento della coesione sociale.

Il problema vero, comune ad entrambe le linee, rimane comunque quello di stabilire se l’una o l’altra linea, o entrambe, siano compatibili con l’attuale fiscalità. “Ridurre la Bestia (della spesa pubblica)” è lo slogan che ha vinto negli Stati Uniti, e il mezzo con il quale si è dato in quel Paese una spinta decisiva, anche in anni passati, alla rinascita. Gli italiani che intraprendono, e che sono la spina dorsale dell’economia italiana, la pensano così. Ma finora hanno vinto i privilegiati, coloro che della spesa pubblica, specie indiretta, vivono. Vedremo se si saprà dare segnali non di accondiscendenza, o  addirittura di aumento della stessa, ma di deciso taglio dei mille rivoli (in gran parte parassitari e/o clientelari) che di continuo l’aumentano, perlomeno negli ultimi anni (a dispetto, anche, dell’aumento del gettito fiscale e a clamorosa, pubblica, reiterata smentita del faceto motto «paghiamo tutti per pagare meno»: non si è mai visto un politico che, avendo soldi a disposizione, rinunci ad utilizzarli).

Ma in un quotidiano come questo, privilegiata lettura di banchieri e bancari, non si può chiudere queste considerazione senza parlare delle banche in sé, anche perché giustamente all’Angelicum anche di questo si è parlato.

Il ministro Tria ha con parole chiare sottolineato, “con riferimento al settore bancario e al possibile impatto della dinamica dello spread”, che il settore “sta progressivamente acquistando in solidarietà”: con questo autorevolmente confermando che soci e depositanti delle banche già solide (e quindi con un alto indice di patrimonializzazione, come si constata nella media di questo indice che fanno registrare le banche di territorio) non hanno proprio nulla da temere dallo spread (un indicatore, comunque, creato dall’alta finanza – che lo può anche governare a piacimento, come si è visto anni fa – e che non ha alcunché a che vedere con l’economia reale e con i reali bilanci delle banche). Perché, allora, il suo andamento impatta su questi ultimi (sia pure ben meno di quanto i giornali italiani fanno credere)? Deriva il tutto – è ora di dirlo, e di ripeterlo, a chiare lettere – da una regoletta europea creata anni fa per le grandi banche (in genere, le meno capitalizzate) ed estesa solo nel 2016 a tutte le banche indistintamente. Ciò che spiega perché mai lo spread non impattasse sui loro bilanci (non, in ogni caso, sulle loro reali condizioni) quando lo spread era giunto ad essere a più di cinquecento punti ed impatti oggi (quando gira intorno ai trecento). In sostanza nei loro bilanci ufficiali, le banche devono difendersi dall’Europa. Che è come dire che occorre evitare che ci facciamo del male – noi che siamo in questa Europa – da soli.

Corrado Sforza Fogliani – presidente Assopopolari