Gestivano un fiorente spaccio ma erano liberi. Il tribunale del riesame ne “ordina” l’arresto

Avevano un lavoro di facciata come operai ma in realtà tre uomini di origine marocchine gestivano un vero e proprio spaccio all’ingrosso nella Val D’Arda e nella bassa piacentina. Fornivano piccoli pusher con cocaina e hashish che veniva smerciato nelle campagne fra Fiorenzuola, Alseno, Monticelli d’Ongina, Caorso e Lugagnano.

Un giro scoperto già nell’estate del 2017 dai carabinieri dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Fiorenzuola.

Nei guai, con l’accusa di detenzione di droga a fini di spaccio erano finiti due 48enni ed un 53enne, tutti residenti a Fiorenzuola. I tre erano stati arrestati in flagranza di reato. I carabinieri avevano recuperato circa 5 chili di hashish e 20 grammi di cocaina. Lo stupefacente veniva trasportato in appositi vani ricavati all’interno di una Mercedes Classe A, poi confiscata.

Logica avrebbe voluto che il gruppetto finisse in prigione ed infatti il pm di piacenza aveva chiesto l’applicazione di una misura cautelare, istanza invece rigettata dal Gip del medesimo Tribunale. Ne erano scaturiti ricorsi e controricorsi e la vicenda era approdata fino alla Cassazione per poi tornare al Tribunale della libertà di Bologna che ha deciso per l’arresto, eseguito ieri dai carabinieri. I due 48enni sono finiti in carcere, il 53enne ai domiciliari.

A maggio era stato arrestato un quarto indagato, un italiano 45enne, anche lui di Fiorenzuola, accusato sempre di spaccio. L’uomo, un anno prima era stato fermato ed era finito in manette per detenzione di circa 10gr. hashish e 20gr. di cocaina.




Lula va in carcere, niente libertà per l’ex presidente del Brasile

Lula va in prigione. Decisione sofferta da parte del Tribunale supremo, che ha respinto l’habeas corpus (il principio che tutela l’inviolabilità personale, che prevedeva la la libertà provvisoria) per sei voti a cinque. Ora potrebbe scontare una pena di 12 anni. Un verdetto discusso per ben dieci ore dal Tribunale, che alla fine ha deciso di respingere le richieste del collegio difensivo grazie anche al voto di Rosa Weber, che fino a poche ore fa si era espressa contro il carcere per l’ex presidente del Brasile, figura riconosciuta positivamente a livello internazionale ma crollata dinanzi alle accuse di riciclaggio e corruzione passiva.

LE ACCUSE

Le accuse riguardavano la compravendita di un attico da 240 metri quadri a Guarujà per un valore di circa 800 mila euro nel cambio coi reais. Una tangente secondo i giudici offerta a Lula dalla società di costruzioni OAS per l’assegnazione di vari appalti da parte della Petrobras, l’azienda petrolifera del Brasile.

L’ULTIMA SPIAGGIA

Lula può giocarsi ancora l’ultimo ricorso che pende presso il Tribunale Federale della quarta regione, che lo ha condannato in secondo grado. Non è di merito, ma lo tiene al riparo dalla prigione. Può presentare le proprie motivazioni entro il 10 aprile, poi scatta l’arresto. Potrà persino candidarsi alle elezioni, a meno che il Tribunale Superiore elettorale applicherà il Cleen Sheet Act, che impedisce la candidatura ai condannati in secondo grado. Termine ultimo 15 agosto.

MANIFESTAZIONI

Durante la seduta fiume si sono svolte parecchie manifestazioni a suo favore, lungo la spianata dei ministeri a Brasilia e nel centro città. Ma anche anche a San Paolo, Belo Horizonte, Porto Alegre, Recife, Fortaleza, Manaus, Salvador de Bahia ci sono state manifestazioni per uno degli uomini più acclamati del Brasile. Lula vale la lotta! dicono i suoi sostenitori, ma la polarizzazione è forte: chi dice sia un corrotto, chi un eroe vittima di cospirazione golpista.

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Video da El Paìs

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Amazon dovrà reintegrare una lavoratrice ingiustamente licenziata

Amazon continua a rimanere al centro dell’attenzione mediatica dopo il clamoroso sciopero del black Friday. E’ di oggi la notizia che una lavoratrice licenziata da Amazon nel marzo scorso è stata reintegrata a seguito della sentenza pronunciata lo scorso 29 novembre dal giudice del lavoro Paola Di Rienzo del Tribunale di Milano.

Il magistrato ha condannato Amazon a reintegrare sul posto di lavoro la lavoratrice-madre 47enne licenziata dalla sede piacentina del colosso dell’e-commerce di Jeff Bezos.

Era una sentenza molto attesa dentro e fuori i cancelli dell’hub di Amazon a Castel San Giovanni. Ora ci vorranno i canonici sessanta giorni per il deposito delle motivazioni ma nel frattempo è stato disposto l’annullamento del licenziamento, la reintegra nel proprio posto di lavoro ed il pagamento delle spese legali, oltre alle mensilità arretrate di stipendio che Amazon dovrà corrispondere alla lavoratrice che è  assistita dalla Filcams Cgil di Piacenza attraverso l’avvocato Boris Infantino del Foro di Piacenza.

Fiorenzo Molinari, segretario Filcams Piacenza,  commenta la pronuncia del tribunale con soddisfazione: «A marzo scorso è arrivata da noi in lacrime – ricorda– perché voleva andare a chiedere spiegazioni ad Amazon per la lettera di licenziamento ma arrivata ai tornelli il suo badge non funzionava più. Ha suonato al citofono, e anche qui nessuna risposta. E’ arrivata da noi in lacrime, ma oggi quando le abbiamo comunicato che la sentenza favorevole era decisamente di un altro umore. La lavoratrice quasi non ci credeva. In realtà, credo che questa vittoria di Davide contro Golia sia un messaggio di speranza per i tanti lavoratori che in questo periodo in particolare, stanno combattendo battaglie di dignità più grandi di quanto immaginiamo. Nel sindacato troveranno sempre un soggetto che li aiuta per affermare i loro diritti, spesso ignorati dagli algoritmi che, oggi come mai, vanno inseriti a pieno titolo nel piano della contrattazione tra le parti sociali».

Assunta in Amazon a Castel San Giovanni nel 2015 era stata licenziata dopo due anni. Motivo: superamento periodo di comporto.