Inaugurato ieri in Cattolica un progetto di ricerca internazionale sulla gestione del rischio aziendale

Organizzato dall’Università Cattolica in sinergia con Value Group e focalizzato sul project management, competenza cruciale per il successo delle aziende che operano per commesse, il progetto di ricerca internazionale “Large Engineering Projects Focus Group: driving risk and complexity through resilience” si pone l’obiettivo di sviluppare metodologie innovative per affrontare la crescente complessità dei mercati globali in cui le aziende si trovano a competere.

All’incontro di ieri hanno partecipato dieci aziende del bacino produttivo di Piacenza e delle provincie limitrofe afferenti ai settori del manufacturing e dell’informazione, selezionate per la loro partecipazione a grandi progetti di ingegneria.
Dopo il saluto di benvenuto del dott.Mauro Balordi, direttore della sede di Piacenza e Cremona, l’inquadramento scientifico è stato fatto dalla prof.ssa Cantoni, responsabile scientifico dell’iniziativa. A seguire è stata la volta dell’ing.Edoardo Favari di Value Group, che ha illustrato i temi di project management toccati dalla ricerca. Il Focus Group vero è proprio si è svolto rivolgendo alla platea quattro domande aperte relative alla gestione dell’incertezza e del rischio all’interno delle proprie organizzazioni, alla gestione della conoscenza e dell’apprendimento a livello organizzativo, alla gestione della comunicazione durante lo svolgimento dei progetti, e sulla gestione degli interlocutori del progetto esterni alla propria organizzazione (clienti, fornitori, altri).
Tutti i partecipanti hanno contribuito attivamente alla discussione, che è ha fornito numerosi spunti sia per la ricerca scientifica sia per il confronto sulle modalità di gestione delle commesse da parte dei partecipanti.

“L’evento è stato un’importante occasione di confronto per le aziende che hanno avuto l’occasione di condividere le tendenze più recenti del mondo della gestione dei progetti complessi, le best practice e le rispettive necessità” sottolinea la prof.ssa Franca Cantoni, docente della facoltà di Economia dell’Università Cattolica e referente scientifica del progetto. “Con il nostro lavoro quotidiano vediamo come la crescente complessità dei mercati rende necessari strumenti innovativi per la gestione delle commesse” chiosa Edoardo Favari di Value Group, co-organizzatore dell’evento “ed il project management è la risposta a questa esigenza, purché si tengano in considerazioni le peculiarità di ogni azienda e dei mercati su cui opera”.

Lo scopo del focus group è stato quello di supportare il programma di ricerca sul project management innovativo che l’Università Cattolica ha intrapreso insieme a Value Group – società di consulenza fondata nel 2005 da Giulio Drei, con sede a Piacenza, che opera a livello internazionale in ambito project management – e che vedrà i risultati preliminari presentati ad una conferenza internazionale che si terrà all’Università La Sapienza di Roma i prossimi 20 e 21 settembre. 

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Stati Generali della Ricerca domani al via con Paolo Andrei, rettore dell’Università di Parma

Piacenza al centro del dibattito su innovazione e applicazioni all’avanguardia, in cinque settori chiave dello sviluppo: agroalimentare, ricerca industriale, energia e ambiente, scienze della vita e trasformazione digitale. Queste le sessioni tematiche degli Stati Generali della Ricerca, che nelle giornate di venerdì 15 e sabato 16 giugno vedranno tra i relatori autorevoli personalità del mondo accademico e scientifico, in una intensa due giorni di conferenze nel cuore della città, tra il salone monumentale di Palazzo Gotico e l’auditorium Sant’Ilario.

L’evento, organizzato dal Comune di Piacenza con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, si svolge con la collaborazione di alcuni tra i più importanti atenei italiani: l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Polo territoriale di Piacenza del Politecnico di Milano, l’Università di Bologna, l’Università degli Studi di Ferrara, l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e l’Università di Parma, i cui rettori e prorettori si confronteranno con l’assessore all’Università e Ricerca della Regione Emilia Romagna Patrizio Bianchi, venerdì 15 alle 11 a Palazzo Gotico, sulle nuove sfide e le linee strategiche degli atenei. L’incontro seguirà l’inaugurazione, prevista alle 10 con i saluti introduttivi del sindaco Patrizia Barbieri e del vicesindaco Elena Baio, mentre alle 10.30 sarà il prorettore del Politecnico di Milano Donatella Sciuto, a presentare una panoramica sulla gestione della ricerca. Contestualmente, l’auditorium Sant’Ilario ospiterà il format “La parola al territorio”, che approfondirà, tra gli altri, il ruolo e servizi dell’incubatore InLab e il progetto Smart City presentato dal Rict di Confindustria.

Il focus pomeridiano a Palazzo Gotico, coordinato da Fabio Inzoli, Direttore del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, sarà su energia e ambiente: dalle tecnologie per la decarbonizzazione alle strategie di contrasto ai cambiamenti climatici, sino all’architettura proiettata verso il futuro, di cui parlerà il professore ordinario di Composizione architettonica del Politecnico di Milano Guya Bertelli. In Sant’Ilario, dove il chairman sarà il preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica Marco Trevisan, si darà spazio all’agroalimentare, tra ricerca scientifica e innovazione come garanzia di qualità, con temi di grande attualità come gli effetti delle coltivazioni transgeniche dopo una sperimentazione ultra-ventennale e l’intervento di Alberto Spagnolli, Senior Policy Adviser dell’Efsa, sul ruolo della ricerca per la sicurezza degli alimenti.

Sabato 16, gli appuntamenti mattutini di Palazzo Gotico si incentreranno sulla ricerca industriale, dall’ambito farmaceutico a quello motoristico, con l’intervento – alle 11 – del presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. La sessione, coordinata dal professore ordinario di Fisica tecnica del Politecnico di Milano Renzo Marchesi, accenderà i riflettori anche sulla logistica, sulla tutela del Made in Italy e la lotta alla contraffazione.

Nel contempo, all’auditorium Sant’Ilario il presidente dell’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri Augusto Pagani guiderà l’ambito tematico dedicato alle Scienze della vita: dalle staminali alla medicina rigenerativa, dalla genetica alle applicazioni sociologiche in materia di crescita, disuguaglianza e solidarietà. Nella sala di via Garibaldi 17 il programma proseguirà, nel pomeriggio di sabato 16, con “La parola al territorio”: dalla rigenerazione delle aree militari al manifatturiero avanzato sino all’Urban Hub, dalla ricerca in Oncologia, Cure palliative e Odontostomatologia al workshop sui fabbisogni di innovazione delle imprese locali, condotto dal professor Daniele Fornari dell’Università Cattolica.

Il salone monumentale di Palazzo Gotico accoglierà invece, dalle 15, la sessione incentrata sulla trasformazione digitale, coordinata dal professore ordinario di Microbiologia dell’Università Cattolica Pier Sandro Cocconcelli. Si parlerà di come l’intelligenza artificiale possa aiutare a riconoscere le fake news, delle prospettive della Smart City con i presidenti di Iren e Utilitalia Paolo Peveraro e Giovanni Valotti, ma ci sarà spazio anche per le suggestioni delle missioni spaziali con l’intervento alle 15.30 di Giorgio Magistrati, head dei computer di bordo per la European Space Agency, nonchè per il workshop dedicato alle traiettorie di innovazione nelle Amministrazioni pubbliche, guidato dalla direttrice del Cecap dell’Università Cattolica Enrica Zuffada.

Conclusioni alle 18.30, a Palazzo Gotico, con il vicesindaco Elena Baio e l’assessore regionale Patrizio Bianchi, prima del concerto jazz degli allievi del Conservatorio Nicolini in piazzetta Pescheria.

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Open Day in Cattolica, studenti a caccia del proprio futuro

Aule piene e sguardi vispi rivolti verso il proprio futuro. Così si sono approcciati gli studenti che hanno partecipato all’Open Day dell’Università Cattolica di Piacenza nella giornata di venerdì 13. Nella piazzetta di Economia dell’Ateneo sono stati predisposti desk informativi presi d’assalto dai futuri studenti, provenienti sia da Piacenza che da fuori provincia, segno anche questo di appetibilità raggiunta a livello regionale e nazionale.

Per gli imprenditori di domani c’è General Management, che offre la possibilità di comprendere tutte le dinamiche interne di un’azienda e cercare di far crescere la propria attività. La professoressa Elena Zuffada ha precisato che in un momento storico turbolento come questo, è importante avere anche questo tipo di competenze, evitando brutte sorprese per il futuro. Ma ci sono altre competenze, che il corso forma in modo particolare: le soft skills, forse considerate in passato “marginali”, ma oggi sempre più importanti nel mondo del lavoro. “Facciamo riferimento alle capacità di leadership, di networking, di trasformare le criticità in possibilità. Non garantiamo che una volta laureati le persone potranno già essere manager, ma le possibilità di avanzamento sono molte”. Costanza Mariani, studentessa di General Management, concorda su questo punto: “Conoscevo le qualità dell’insegnamento, che è ottimo, grazie anche alla possibilità di affrontare case studies, e i contatti che l’Università ha col mondo del lavoro. E’ un percorso per chi non vuole precludersi nessuna porta sul futuro lavorativo”.

Intanto al desk vari capannelli di tutor, studenti, ed ex studenti in visita si scambiano opinioni sulle peculiarità delle Facoltà, cercando di chiarire più dubbi possibili. A Scienze di Formazione ci accoglie Gessica Monticelli, ex studentessa della stessa Facoltà passata al ruolo di tutor: “La mia esperienza in Facoltà è stata meravigliosa, tanto che ho scelto un ambito lavorativo attinente all’ambito accademico. Il tutor vuole essere uno strumento in mano alle matricole per la scelta del piano di studi, ovvero quali esami scegliere rispetto ad altri, e un supporto per il metodo di studio. Quello che mi chiedono più spesso è la spendibilità delle competenze nel mondo del lavoro, che per quanto riguarda la nostra Facoltà è molto valida: già alla triennale vediamo gli studenti inseritio in un percorso lavorativo grazie ai tirocini”.

La Facoltà di Scienze della Formazione ha presentato, tra i tanti l’indirizzo di “Progettazione pedagogica nei servizi per i minori”, grazie a Pierpaolo Triani.”Una delle ultime novità previste dalla legge – esordisce -, è l’introduzione del pedagogista come figura professionalmente più avanzata rispetto a quella dell’educatore, con la possibilità anche di insegnare Scienze Umane e Filosofia nelle scuole superiori, nel caso in cui venga ben strutturato il proprio piano di studi, scegliendo determinati esami. La figura del pedagogista ha un ruolo maggiore anche dal punto di vista della gestione e dell’organizzazione“. Ad elencare le peculiarità del corso anche Roberto Diodato e Daniele Bruzzone. “Formiamo competenze che servono per comprendere i bisogni educativi dagli 0 ai 18 anni. Ampia è la gamma di problematiche che affrontiamo, dall’abbandono scolastico ai minori non accompagnati, così come altri rischi di disagio, senza trascurare aspetti giuridici legati alla figura del minore, all’economia aziendale e con un occhio alle nuove tecnologie, sempre più importanti nella società e causa di complicazioni talvolta gravi”.

La Facoltà di Scienze e Tecnologie Alimentari si è presentata con Marco Trevisan, Preside della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, coadiuvato da Edoardo Fornari. “Il nostro obiettivo finale è quello di formare persone per il controllo della qualità e analisi degli alimenti, verificarne origine e l’autenticità. Gli sbocchi occupazionali sono tutti quelli relativi alla filiera alimentare, tutti, in un territorio dove il food è settore trainante, chi diventerà dottore magistrale avrà la possibilità di ricoprire anche la figura di libero professionista e consulente”. E’ molto però considerare i mutamenti del mondo del lavoro di oggi, come sottolinea anche Fornari- “La laurea triennale non basta più, la magistrale è definitiva, perciò è giusto pensare bene quale percorso di studio intraprendere, perchè ne va del futuro dei ragazzi. Giusto valutare anche quelli che sembrano dettagli. In ognuno di loro ci sono talenti che aspettano solo di essere scoperti”. I numeri, redatti dalla stessa Facoltà, sembrano incoraggianti, il 73% dei ragazzi laureati infatti dopo un anno dal conseguimento del titolo è già occupato, e le statistiche salgono col passare del periodo considerato. 

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Agrovoltaico nuova frontiera per l’agricoltura, convegno in Cattolica

Come sarà l’agricoltura del futuro? Se da una parte nel mondo in cui viviamo il fabbisogno di cibo è sempre più impellente data la crescita demografica, dall’altra parte si nota che la perdita di spazi agricoli a fini energetici necessita di essere limitata. Contemporaneamente la crescita di energia elettrica si insidia sempre più anche nel settore agricolo. E’ necessario trovare soluzioni alternative, ma soprattutto sostenibili. Con questo spirito remTec, azienda con sede al Casalromano (MN) si è presentata questa mattina nell’aula Piana dell’Università Cattolica di Piacenza, pensando al futuro e proponendo l’agrovoltaico come possibile soluzione. Presenti in veste di relatore Giancarlo Ghidesi, CEO di remTec, Roberto Angoli, consigliere remTec, Stefano Amaducci del Dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali sostenibili – Università Cattolica del Sacro Cuore. Paolo Mancioppi, assessore all’Ambiente del Comune di Piacenza, ha portato i saluti dell’Amministrazione.

L’agrovoltaico è innanzitutto un sistema di inseguimento solare mono o bi assiale che permette di massimizzare la produzione di energia elettrica da fonte solare, mantenendo disponibile il terreno sottostante per l’attività agricola.

“Il progetto – ha spiegato Angoli -, è frutto di attività condivisa tra un gruppo di studio conosciutosi 8 anni fa. L’obiettivo è quello di produrre energia solare gestendo la superficie, a differenza dei pannelli solari sui tetti delle case. Duplicando la superficie di terreno, possiamo mettere i pannelli fotovoltaici che permettono al sole di raggiungere il terreno. Abbiamo fatto vari controlli sui materiali, sui pesi e attendendo tutte le autorizzazioni del caso, visto il coinvolgimento di 24 enti. Una strada lunga che ha portato però a sviscerare ogni dettaglio”.

I risultati portati sono incoraggianti: “Sovrapponendo i due strati, possiamo arrivare anche ad un aumento del 45% di produzione agricola, senza impatti per l’agricoltura nel suo complesso. remTec è detentrice del brevetto, stiamo lavorando oggi per esportare la nostra tecnologia in Cina e Giappone dove abbiamo rispettivamente 3 impianti (riso) e 2 (thè verde). Siamo riusciti in questo anche senza gli incentivi prima offerti dallo Stato”.

“Abbiamo cercato di migliorare l’efficienza energetica – sottolinea Amaducci -, attraverso l’ottimizzazione dell’uso di concimi e di acqua, per un’agricoltura conservativa e di precisione”.

Mancioppi ha rimarcato l’importanza di un progetto di portata internazionale: “I frutti che la terra è in grado di donarci sono importanti tanto quanto l’energia per produrla”. 

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Uscito Eduscopio 2017, l’atlante delle migliori scuole superiori d’Italia. Focus su Piacenza

Eduscopio, progetto della Fondazione Giovanni Agnelli che dal 2014 considera quali sono i Licei italiani che meglio preparano a una luminosa carriera accademica e lavorativa, per un totale di 703 mila studenti considerati.

INDIRIZZI TECNICI: PIACENZA IMBATTIBILE




La realtà del campo nomadi nella mostra “Il quotidiano che non è ovvio” di Caritas Diocesana

Due mondi geograficamente vicini ma storicamente lontani come il Campo Sinti di via Torre della Razza cercando di strizzarsi l’occhio, come il click di una macchina fotografica, grazie alla mostra “Il quotidiano che non è ovvio” presentata il 30 ottobre nei locali di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Piacenza per iniziativa di Caritas Diocesana, in collaborazione con la cooperativa L’Arco e con il contributo dell’Orto Botanico – Cooperativa Sociale. Gli scatti, realizzati da Sergio Ferri, hanno lo scopo di mostrare la quotidianità di una comunità alle porte della nostra città, in attesa di esserne parte totalmente, e di demitizzare i tanti stereotipi che circondano quella realtà. Presenti alla serata inaugurale Mauro Balordi, direttore della sede piacentina dell’Università Cattolica, Giuseppe Chiodaroli, presidente della Caritas Diocesana, il fotografo Sergio Ferri ed Elvis Ferrari, rappresentante della comunità Sinti.

“I media descrivono una realtà diametralmente opposta a quella effettivamente esistente – sottolinea quest’ultimo -, non siamo zingari, siamo italiani a tutti gli effetti. I sinti vogliono le stesse cose che vogliono i cittadini italiani, perché sono italiani: un lavoro, una casa. Non conviene a nessuno questa situazione. Siamo terremotati permanenti. Invitiamo tutti a visitarci”.

Sono circa 130 i sinti presenti al Campo Nomadi. Si tratta di una struttura circoscritta ben sorvegliata e recintata in cui sono stati installati servizi essenziali come acqua ed elettricità. “Mi ha stupito positivamente – racconta Ferri -, per certi versi è un mondo al contrario: ad esempio i cancelli del campo si chiudono dall’esterno. Ho cominciato a scattare circa un anno fa. Ho riscontrato qualche difficoltà iniziale non perché avessi trovato cattive persone, ma semplicemente esistono stigmi sociali che li etichettano come diversi. Non ho voluto informarmi inizialmente volutamente, proprio per avere meno pregiudizi possibili, per indagare al meglio la quotidianità”. Che racconta di bambini che vanno a scuola, (esiste anche un progetto di sostegno scolastico all’interno del campo, ndr) donne e uomini che lavorano. “E’ stato fatto molto – evidenzia Giuseppe Chiodaroli -, ma molto si può fare ancora. Quei volti raffigurati non sono diversi da quelli di chiunque altro. Purtroppo abitano in una posizione poco felice”.

Chiara Cetta è volata in Pennsylvania per studiare finanza. “Di Piacenza mi mancano le vasche con le amiche”

Ci sono luoghi e scenari che per quanto lontani migliaia di chilometri sono per noi famigliari, quasi si trovassero dietro l’angolo. Una suggestione possibile grazie alle centinaia di film americani che ci raccontano spaccati di vita oltreoceano, fra le fumose strade di New York piuttosto che su una spiaggia Californiana o in un campus universitario. Proprio in un college degli Stati Uniti si trova, al momento, Chiara Cetta, piacentina 20 anni (21 a breve) iscritta al terzo anno della laurea triennale in Economia e Finanza dell’Università di Parma.

Superata la differenza di fusi orari, parte la nostra chiacchierata a distanza facilitata da WhatsApp.

Che corso stai frequentando in America?
«Studio sempre economia e finanza per completare il mio ciclo italiano. Sostengo degli esami che avrei dovuto dare a casa e che l’Università di Parma mi riconoscerà. Una volta rientrata terminerò questa fase e poi mi iscriverò alla laurea magistrale».

Quanto tempo ti fermi negli Sati Uniti?
«Sono qui per un semestre. Le lezioni sono incominciate il 28 agosto e ritornerò prima di Natale, finiti gli ultimi esami».

Quali sono le differenze più evidenti fra l’Università italiana e quella americana?
«Pensavo non ce ne fossero molte. Invece, quando sono arrivata, mi sono stupita perché è tutto molto diverso, a partire dall’approccio alla materia, a come viene insegnata e come si deve studiare. La parte teorica è importante ma si dà enorme spazio alla parte pratica, quindi ti fanno fare tante esercitazioni. Ti forniscono strumenti per applicare ciò che hai studiato. A Parma si fa molta teoria, molte lezioni frontali. I professori spiegano alla lavagna e gli studenti prendono appunti e poi studiano sul libro e sugli appunti. Qui invece Si fanno parecchi laboratori, è una esercitazione continua. Vi faccio un esempio. Sto studiando finanza … gli investimenti. In Italia l’ho approcciata in maniera teorica, sui libri. In America sto iniziando ad investire in qualche azione, facendo delle simulazioni di gioco online, seguita dal docente. In aula il prof ci spiega come investire, quanto investire, il momento in cui farlo, come monitorare il proprio investimento, attraverso il computer. E’ un approccio estremamente pratico che mi piace molto».

Meglio della sola teoria italiana?
«Diciamo che combinare teoria e pratica sarebbe l’ideale».

Gli esami sono simili ai nostri?
«No, è molto diverso. Si usano tantissimo i test a scelta multipla, con le crocette. Un sistema più “sbrigativo” ed immediato rispetto all’esame orale italiano dove il professore interroga e tu rispondi. Gli esami invece si fanno periodicamente».

Ci sono le sessioni come da noi?
«Questa è una delle maggiori differenze. Non c’è un periodo di esami come da noi, la sessione estiva o invernale. Ogni settimana o ogni quindici giorni il professore fa un esame sul programma svolto fino a quel momento, ad esempio su determinati capitoli. Dopo di che prosegue nel programma. E’ molto diverso».

E’ quasi più simile ad una nostra scuola superiore?
«Abbastanza simile. Ci sono queste prove intermedie, periodiche e poi ci sono le esercitazioni ed i compiti da fare a casa per la lezione successiva. Sei più seguito».

Il campus dove studi e vivi è simile a quelli che siamo abituati a vedere nei film hollywoodiani?
«Appena sono arrivata ho pensato esattamente questo, mi sembrava di essere in un film.  Io frequento la St. Francis University, che è in Pennsylvania. Questo campus, rispetto a molte altre università americane, è piccolo. Dal dormitorio arrivo all’edificio dove ci sono le aule di business a piedi, in cinque minuti. Magari in altri campus ci vuole il pullman perché sono molto più grandi. Questa università è immersa nel verde. E’ molto bella, c’è una pineta qui accanto e c’è molta campagna. Si respira aria pulita e per questo è bello stare fuori, all’aperto. Ci sono vari edifici per i dormitori. Altri ragazzi invece preferiscono affittarsi delle case esterne al campus. Ci sono le facoltà, scientifiche, economiche, letterarie. La mia ad esempio è ospitata in un palazzo antico. Poi c’è una grande mensa e varie caffetterie. Insomma proprio come si vede nei film».

Ci sono anche strutture dove fare attività sportiva?
«Certo! Questa è una Università che accoglie molti studenti atleti a cui attribuisce borse di studio. Si pratica quasi ogni sport immaginabile, dal calcio, al football, dal tennis al basket quindi ci sono tutti i campi ed in più la piscina e le palestre. Una palestra è per i ragazzi non atleti, attrezzata benissimo (dove andiamo noi) e poi ce ne è una dove si allenano gli atleti.

La vita sociale come è? Anche quella è come nei film con le sorority indicate dalle lettere dell’alfabeto greco come Zeta Phi Beta?
Ci sono tante sororities (sorellanze per le ragazze) o fraternities (fratellanze per i ragazzi). Organizzano varie attività soprattutto nei week-end. Durante la settimana c’è sempre e comunque qualcosa da fare, ma nei fine settimana si concentra la maggior parte di eventi. Puoi andare al bingo, a giocare a biliardo, a ping-pong, partecipare a tornei. Abbiamo anche un cinema interno all’Università».

Nessun party?
«Quelli vengono organizzati al di fuori, in case private (magari prese in affittato dagli studenti come alternativa ai dormitori). Se fai conoscenza con qualcuno ti invitano anche a queste feste ed incontri un sacco di persone. In generale c’è ampia scelta per come passare il tempo libero».

Il problema dell’alcolismo, delle bevute di gruppo smodate lo hai potuto vedere, toccare con mano?
«Sono stata a qualche party e l’alcool ovviamente c’è perché essendo ragazzi … non manca. Però sono molto attenti, rispettano le regole, contrariamente a quanto mi sarei aspettata, mi sono ricreduta! Gli alcolici sono vietati fino al compimento del ventunesimo anno di età.  Questo è un campus di studenti fino ai 25 anni, quindi molti studenti hanno meno di 21 anni. Anche nei party stanno molto attenti, cercano di non bere o bere poco. La polizia del campus fa tante ronde e controlla di continuo. Sono parecchio severi. Se anche ti pescano a trasportare alcol ancora chiuso in bottiglie e lattine ( e non hai 21 anni) vai a finire in guai seri. Sono molto più severi rispetto all’Italia, sia la polizia del campus sia quella della vicina cittadina e non solo per l’alcool, ma sotto ogni punto di vista. La polizia è sempre presente, fa continui giri. Ti senti molto sicura».

Una ragazza quindi, a differenza di quanto succede ormai anche a Piacenza, esce tranquilla di sera?
«Spesso capita che io mi trattenga nell’edificio di business fino a tardi, oltre mezzanotte. E’ sempre tutto aperto. Studio con dei mei amici in qualche aula e poi torno da sola, in dormitorio a piedi. Non ho nessun timore. E’ tutto molto controllato, vedo sempre la ronda della polizia interna».

I ragazzi sono mediamente molto impegnati nello studio?
«Dipende. Come dicevo ci sono molti atleti che devono far combaciare studio e sport. Loro è difficile vederli studiare insieme agli altri nelle aule. Lo fanno nei momenti in cui non hanno allenamento. Invece i ragazzi non atleti studiano spesso nelle aule comuni, nelle biblioteche. C’è molta gente che dedica tempo a prepararsi. Prendono sul serio l’Università.  Io, al pari di altri, non studio in dormitorio. La mia stanza è piccola e la condivido con un’altra ragazza. E’ più confortevole usare le sale apposite o anche le aule dove facciamo lezione che restano aperte 24 ore su 24».

C’è qualcosa che ti manca dell’Italia, di Piacenza?
«Svariate cose. Per esempio il cibo mi manca tanto. La mensa è ottima. Coltivano loro le verdure che sono a chilometri zero. Frutta e verdura sono freschissime. Però … mi manca la pasta … e tante cose buone. Mi mancano gli amici di Piacenza. Mi mancano i giri in centro. Qui sei sempre nel campus perché per raggiungere una qualunque città devi prendere la macchina. Mi manca la vita con le mie amiche … ma tornerò presto, quindi non ci penso più di tanto».

L’idea di rimanere a vivere per sempre, in un posto così, in America, ti ha sfiorato o sei contenta di questa esperienza ma anche di tornare a casa, a Natale?
«Per adesso sono contenta di rientrare e finire, a Parma, il mio corso di studi. A casa ho la famiglia, il fidanzato, gli amici a cui sono profondamente legata.  Mi ha sfiorato l’idea di poter magari fare un master o un domani di poter mandare curriculum sempre negli Stati Uniti a qualche azienda. Sono organizzati … c’è una qualità di vita alta. Mi piacerebbe mettermi in gioco anche in Americai, magari finita l’Università. Per adesso torno in Italia e continuo lì la mia vita».

Il fidanzato, a casa, è geloso?
«No, no. Abbiamo un buon rapporto. La distanza si sente … ma nel nostro caso un po’ meno perché lui sta facendo l’Erasmus in Lituania. Quindi anche lui è impegnato. E’ meno brutto di quanto non sarebbe se dovesse aspettarmi a casa. Va bene così. Siamo contenti entrambi».

E’ piacentino anche lui?
«No. E’ di La Spezia. Ci simo conosciuti in università a  Parma».

Come hai fatto ad accedere a questo programma.
Il programma si chiama Overworld e ti offre non solo questa destinazione ma tante altre nel mondo ed in America. Ogni università ospitante richiede degli standard, medie di un certo livello (la St. Francis ad esempio al di sopra del 25 e per economia sopra il 27). Io avevo fatto domanda per questa università e per un’altra in California.  Per economia e finanza erano le due destinazioni più appropriate. La St. Francis ha stipulato proprio una convenzione ed un programma con l’università di Parma per la parte economica. Ho fatto domanda, ho dovuto sostenere un test di inglese in Italia; hanno valutato il percorso di studi, la media. Ho dovuto scrivere una lettera motivazionale in cui spiegavo perché sarei voluta venire in America, quali erano le mie ambizioni e le mie aspettative. Una volta accettata a Parma la mia domanda è stata inoltrata alla St. Francis per una ulteriore valutazione alla fine della quale mi hanno accettato. Oltre a me è stato preso anche un altro studente di Parma che però frequenta la magistrale. Il percorso, prima di partire, è un po’ lungo. Comunque ne è valsa la pena. Anche perché se si tenta di entrare in una università americana, da zero, dopo aver ottenuto il diploma è molto più difficile. Se parti con l’appoggio di una università italiana e con un programma di scambio, diventa tutto più semplice».

Anche in termini di costi perché, nel tuo caso, ti paghi solo l’iscrizione a Parma giusto?
«Io pago le normali tasse a Parma e qui solo i costi di dormitorio e mensa».

A quanto ammontano più o meno?
«Intorno ai seimila euro, compreso il computer che mi hanno dato e l’assicurazione sanitaria. E’ molto ridotto rispetto ad un semestre fatto direttamente alla St. Francis che costa sui 23 mila dollari; un intero anno 46 mila dollari. E’ una università privata gestita da frati francescani, fra le più care. Sono fortunata perché devo pagare solo una piccola parte di questo costo».

Carlandrea Triscornia




Marco Trevisan nuovo Preside della Facoltà di Agraria

E’ il professor Marco Trevisan, ordinario di Chimica Agraria all’Università Cattolica di Piacenza, è stato eletto il nuovo preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali. resterà in carica per il quadriennio 2017-2021.
All’elezione, avvenuta ieri, hanno partecipato, come stabilito dallo statuto dell’Ateneo del Sacro Cuore, i docenti di prima e seconda fascia della facoltà.

Marco Trevisan, che entrerà in carica il 1° novembre 2017, è il sesto preside nella storia della Facoltà, dopo Francesco Vito (preside dal 1951 al 1955), Giuseppe Piana (1955-1981), Vittorio Cappa (1981-1988), Gianfranco Piva (1988-2009) e l’uscente Lorenzo Morelli (2009-2017).

Già direttore dell’Istituto di Chimica Agraria ed Ambientale e del Centro di ricerca BIOMASS, il professor Trevisan è stato presidente della Società Italiana di Chimica Agraria e del Gruppo di Ricerca Fitofarmaci e Ambiente.
Si occupa da circa 30 anni degli effetti e della persistenza dei prodotti fitosanitari nell’ambiente e negli alimenti. Studia le interazioni tra xenobiotici e sistema suolo-pianta con tecniche chimiche, biochimiche e biotecnologiche; sviluppa ed applica modelli previsionali a scala aziendale e di bacino.

La sua attività è documentata da oltre 250 lavori scientifici pubblicati su riviste, libri, monografie ed atti di convegni. Ha partecipato a decine di progetti nazionali e internazionali. Tra questi il progetto EV5V-CT92-0226, primo in Europa a essere finanziato per uno studio sui modelli matematici dei prodotti fitosanitari, il progetto SMT4-CT96-2048 sull’esposizione degli operatori agricoli in serra, il progetto HAIR sull’uso di indicatori ambientali a scala europea, il progetto APECOP sempre connesso all’uso di modelli e la loro convalida, il progetto PEGASE sulla qualità delle acque sotterranee, il progetto ARTWET sull’uso di aree umide artificiali per la mitigazione della contaminazione, il progetto GENESIS sullo studio degli ecosistemi falda dipendenti.

Già membro della commissione nazionale biocidi, del Gruppo Catastrofi idrogeologiche del CNR, di un panel EPPO, del gruppo EU FOCUS. Membro del Panel INEX (Working Group on External review) dell’EFSA dal 2011 al 2013 è stato presidente di SICA, la Società italiana di chimica agraria.




Il ricercatore piacentino Matteo Gatti premiato dai Georgofili

E’ il giovane ricercatore piacentino Matteo Gatti il vincitore del Premio Antico Fattore dell’Accademia dei Georgofili. Il premio che gli è stato attribuito in questa edizione 2017 è quello per la categoria “Moderne tecnologie di gestione e difesa del vigneto”.

A portarlo sul podio è stata una ricerca per testare il MECS-VINE® un sensore multiparametrico di prossimità, sviluppato specificamente per il monitoraggio ad alta risoluzione spaziale della vigoria del vigneto. Posizionando opportunatamente il sensore sul trattore, esso consente di acquisire affidabili informazioni sulla morfologia della chioma, proponendosi come valida alternativa rispetto ad altre piattaforme di telerilevamento.

Con questo sensore intelligente ora i parametri di Canopy Index (CI), temperatura ambiente, temperatura superficiale della parete e di umidità relativa e distanza della parete saranno calcolati grazie ad un unico strumento attraverso l’aggiunta di un ricevitore GPS ed una serie di altri sensori. I risultati della ricerca hanno risvolti pratici di grande interesse per la viticoltura di precisione.

I dati raccolti, infatti, verranno poi rielaborati in mappe dal software di post-processing (MECS-MAPS) e organizzati sotto-forma di mappe tematiche che potranno essere utilizzate dall’utente per produrre programmi di lavoro per attività di tipo VRT (tecnologie a dose variabile).

Matteo Gatti si è laureato cum laude presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore in Scienze e Tecnologie Agrarie nel 2004 e in Viticoltura ed Enologia, nel 2006. Nel 2012 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca presso l’Università di Angers (Fra).
Ricercatore presso l’Istituto di Frutti-Viticultura dell’Università Cattolica di Piacenza, dal 2007 ad oggi è autore di diverse pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali.