«Don Bearesi era un uomo schietto e poteva definirsi anche filologo. Se si leggono le sue poesie in quest’ottica, ci si spiega il perché fossero così comprensibili e concise». Corrado Sforza Fogliani, presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza, è intervenuto nel corso della serata organizzata dal circolo culturale Maria Luigia in ricordo del sacerdote-poeta, nella splendida cornice di Villa il Follo, a Pittolo. Un appuntamento ormai tradizionale, che quest’anno ha coinciso con la presentazione del volume, curato da Mauro Molinaroli, “Il sacerdote e il contadino”, edito dall’Istituto di via Mazzini, che raccoglie poesie inedite di don Luigi e altre (sempre inedite) scritte a quattro mani con Antonio Marchini.
Il presidente Sforza Fogliani ha sottolineato l’importanza del dialetto piacentino «che sta tornando in auge perché consente di esprimersi con immediatezza, come si fa con i tweet». Ricordata anche la grande amicizia tra don Bearesi e mons. Tammi, che si ritrovavano d’accordo sul fatto che il dialetto andasse promosso: da qui la collaborazione nella realizzazione del Vocabolario dialetto-italiano. «Il dialetto è un valore che va coltivato – ha proseguito il presidente Sforza – come si deve fare con il latino. Sono stato nei giorni scorsi in Cina ad accompagnare l’Accademia Vivarium novum di Roma seguendo, come avvocato, i preliminari della stipula dell’accordo con i cinesi che stanno costituendo l’Università e il Campus mondiale dell’umanesimo, che rappresenta i valori che l’Italia ha dato al mondo, in un tempo in cui otium sine litteris mors est et hominis vivi sepoltura (il riposo, senza dedicarsi agli studi, è la morte e la tomba di un uomo). Ci sono tanti giovani cinesi che vogliono imparare il latino, mentre noi italiani lo abbiamo distrutto e ora ci facciamo bagnare il naso. Per fortuna – ha concluso con una battuta l’avv. Sforza – la Cina è vicina».
Don Piero Maggi ha ricordato la figura di prett puvrein di don Bearesi (lui stesso così si definisce nella poesia-testamento pubblicata nel libro): «Si è sempre sentito un prete umile, non ha mai ambito alla carriera, rimanendo in disparte, ma sempre attivo. Era un canzoniere delle cose che osservava».
Un ricordo personale del sacerdote scomparso 15 anni fa, è venuto da mons. Marco Giovanelli, di Sarturano: «L’ho conosciuto nel 1946 e sono stato con lui al Collegio Alberoni fino al 1957. Aveva iniziato gli studi dai Cistercensi di Chiaravalle della Colomba. Era un uomo di pensiero, apparentemente distratto, ma molto presente a se stesso. Amava la Settimana enigmistica ed era bravissimo a risolvere sempre tutti i giochi della rivista».