Sono davvero tante le dichiarazioni che si susseguono in relazione alla scomparsa di Frank Forlini, a dimostrazione del forte legame che il decano degli emigranti piacentini in America aveva mantenuto con la sua terra d’origine.
Fra gli altri anche il presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza, Corrado Sforza Fogliani, lo ha voluto ricordare anche con l’aiuto di un aneddoto.
«La morte di Frank Forlini costituisce un lutto per l’intera comunità piacentina. Ma è un lutto anche per la Banca locale, di cui era grande amico e sostenitore.
Abbiamo appreso la notizia dai parenti di New York nostri soci e abbiamo già espresso ai familiari il senso più vivo del nostro cordoglio e della partecipazione al comune dolore.
Ricordo ancora quando tanti anni fa andai a trovarlo nel suo ristorante alla Bella Italia, ormai accerchiato dai cinesi. Ero insieme ad altri amici e Frank (che era sempre nel suo locale e così ha fatto fin che ha potuto farlo) capì che eravamo italiani e ci corse subito incontro. Quando poi seppe che eravamo anche piacentini, si strinse a noi in un abbraccio caloroso che ancora ricordo. Mi misi dunque con i miei amici ad un tavolo e lui si avvicinò a sua volta ad altri italiani che erano ad un tavolo a pochi metri da noi. Allora, ero ancora solo un Consigliere della Banca. Forlini chiese a questi ospiti cosa facessero in Italia e uno di loro gli disse: “Lavoro in una banca di Piacenza “. Scoppiò in un nuovo abbraccio e Frank esultante disse ad alta voce : “ E’ la mia Banca “.
Aveva capito che avesse detto non che lavorava “in una banca a Piacenza “ ma che “lavorava alla Banca di Piacenza”. Quel bancario piacentino mi conosceva e gli disse : “No, no, quelli della Banca di Piacenza sono quelli là “, anche se in realtà della Banca c’ero solo io. Scoppiò una gran risata fra i commensali di un tavolo e l’altro e lui venne nuovamente a riabbracciarmi. Anche negli scorsi anni, quando tornava a Farini, non mancavamo di sentirci.
Questo il mio ricordo di Forlini, un ambasciatore a New York dell’Italia e della piacentinità in particolare, con specifico riferimento alla sua Valnure, una fotografia della quale esponeva nel suo ristorante in un grosso quadro in prima evidenza. Una mancanza per l’intera nostra comunità, per la comunità piacentina a New York, per la Valnure. Per tutti, insomma».