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Su piazza Cittadella, in tribunale, il Comune ha perso il primo round

Il giudice conferma lo stop alla penale da oltre 800 mila euro e "bacchetta" l'amministrazione Tarasconi sui principi di "correttezza, buona fede e leale cooperazione"

Come è andato effettivamente il primo round giudiziario fra Piacenza Parcheggi e l’Amministrazione Tarasconi? Al di là della nota diffusa ieri da Palazzo Mercanti, analizzando (carte alla mano) il decreto del tribunale di Piacenza emerge chiaramente come il giudice abbia dato ragione, almeno in questa fase, a Piacenza Parcheggi, confermando la sospensione dell’ingiunzione di pagamento da 812.961 euro imposta dal Comune per i ritardi accumulati nel cantiere del parcheggio di piazza Cittadella.

Il giudice Antonino Fazio ha chiarito che la sospensione riguarda solo la parte relativa all’ingiunzione di pagamento della penale, mentre le altre contestazioni sollevate dall’amministrazione rimangono fuori da questa decisione e saranno oggetto del giudizio di merito. Non è cioè entrato nel merito delle garanzie bancarie, che al momento appaiono forse come elemento di maggior debolezza per Piacenza Parcheggi, ma ha pesantemente messo in discussione le tesi della Giunta. Vediamo perché.

Secondo il Tribunale, la nota del Comune non poteva avere immediata efficacia esecutiva e il calcolo dei giorni di ritardo appare viziato, poiché include periodi di sospensione lavori e rallentamenti dovuti a vicende giudiziarie e al rinvenimento di sottoservizi imprevisti. Inoltre, il comportamento dell’amministrazione non è stato ritenuto pienamente conforme ai principi di correttezza e buona fede.

Il provvedimento ha quindi confermato la misura cautelare adottata il 7 agosto scorso, ribadendo che il pagamento immediato della penale avrebbe potuto causare un danno grave e irreparabile alla società concessionaria, senza che alle casse comunali derivasse un pregiudizio altrettanto rilevante. Le spese del procedimento sono state compensate tra le parti.

Perché secondo il giudice Fazio il Comune non ha agito secondo il principio di correttezza e buona fede

Il giudice ha ritenuto che il Comune di Piacenza non abbia agito secondo i principi di correttezza, buona fede e leale cooperazione, per alcune ragioni precise:

1. Sospensione dei lavori ignorata

Esistevano verbali ufficiali (27 novembre 2024 e 14 marzo 2025) che attestavano la sospensione dei lavori.

Nonostante ciò, il Comune ha contestato un ritardo di 241 giorni, come se quella sospensione non fosse mai avvenuta.

Per il giudice, ignorare atti redatti alla presenza di propri rappresentanti equivale a una condotta sleale.

2. Ingiunzione immediata e contraddittoria

L’amministrazione ha intimato subito il pagamento della penale, senza attendere la naturale conclusione della diffida, cioè il termine concesso alla società per rimediare alle contestazioni.

Questo ha reso di fatto inutile quel termine, generando un affidamento tradito nella controparte.

3. Informazioni incomplete sui sottoservizi

Durante gli scavi sono emersi sottoservizi e manufatti non segnalati prima.

Il Comune, pur essendo proprietario dell’area e istituzionalmente tenuto a conoscere e comunicare lo stato del sottosuolo, non aveva fornito informazioni complete.

Questo è stato interpretato come omissione contraria agli obblighi di chiarezza e collaborazione.

4. Rigidità nell’imputare il ritardo

Il Comune ha trattato il ritardo come inadempimento “automatico” del concessionario, senza distinguere tra ritardi imputabili e ritardi dovuti a forza maggiore o a circostanze indipendenti dal privato.

Tale approccio, secondo il giudice, configura un’applicazione “cieca” della penale, in contrasto con l’equilibrio contrattuale e con la buona fede contrattuale.

Il giudice Fazio, in conclusione, ha visto nell’atteggiamento del Comune un modo di procedere formalmente legittimo (l’ente può contestare ritardi e applicare penali), ma sostanzialmente scorretto, perché non ha rispettato i principi di lealtà e collaborazione che devono guidare i rapporti tra pubblica amministrazione e privati.

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