Il Coordinamento provinciale su sanità e medicina territoriale – Associazione “Terme e Val Trebbia” – “Le radici del sindacato”, area congressuale CGIL Piacenza intervengono attraverso un documento di riflessione sullo stato della sanità in Val Trebbia “alla luce di incertezza tutt’ora presenti sulla sua organizzazione e che non trovano nelle recenti azioni risposte significative”.
Una riflessione che nell’intento dei suoi estensori si spera possa contribuire, da parte dei livelli amministrativi responsabili (Ausl e Regione) “a rendere evidenti e quindi comprensibili alla popolazione della valle quale assetto dovrà assumere l’organizzazione della sanità sia per quanto riguarda il presidio ospedaliero che la rete di medicina territoriale”.
Secondo il coordinamento infatti “Negli anni e nei mesi precedenti tante sono state le promesse ma ancora nulla di concreto si riesce a vedere”.
Questo il testo del documento:
«Nell’ottobre 22 (dopo le proteste per l’eliminazione della presenza del medico sull’auto medica e del medico di emergenza al PPI) Bardasi per Ausl e Donini la Regione garantirono che la funzione del PPI non sarebbe venuta meno. Invece già a dicembre 22 Bardasi conferma la riduzione del PPI alle sole cure primarie. Per l’emergenza-urgenza si va a Piacenza. Il PPI è stato eliminato, spiega Bardasi, perché gli accessi sono pochi e i casi gravi al 5-6%. I casi gravi devono sperare di esser riconosciuti come tali dal “protocollo 118” perché l’auto medica non ha medici a bordo,e sperare di arrivare in tempo giù a Piaceenza. Per rassicurare la popolazione viene promessa la costruzione della Casa di Comunità nel 2024 e deliberato che l’Osco di Bobbio si sarebbe elevato ad “ospedale di montagna” con un potenziamento delle prestazioni a cominciare dalla disponibilità di una TAC.
Nella recente campagna elettorale per le regionali, molta attenzione è stata dichiarata dai candidati sul potenziamento dei servizi in montagna. Abbiamo sentito annunci e promesse sulla riapertura dei punti nascite, sulla riapertura dei servizi di emergenza/urgenza, su urgenti investimenti nella medicina territoriale.
Nel piano di programma, presentato in questi giorni dalla nuova giunta regionale di parla di potenziare i servizi nelle zone marginali di montagna, puntando su adeguate strutture ospedaliere e su reti di medicina territoriale.
Per ora quello che la sanità pubblica offre è ben lontano dai bisogni:
A Bobbio per tutta la valle c’è un CAU che (come da protocollo regionale) ha compiti di assistenza ambulatoriale gestiti da MMG. Della TAC non si parla più, l’unico pediatra non ha disponibilità sufficiente per tutti i minori e preoccupano le ulteriori fragilità nel garantire le presenze dei servizi ambulatoriali.
La Casa di Comunità (con i servizi previsti dal DM 77/2022) perno della medicina territoriale non c’è Si sa solo che verrà allocata all’interno dell’OsCo di Bobbio, soprattutto manca un piano d investimenti che chiarisca personale e dotazioni. Nel frattempo, parte dei servizi che Ausl dovrebbe organizzare nella medicina territoriali sono stati assunti in carico (a spese loro) dei comuni. Ottone (pediatria e punto prelievi), Marsaglia (punto prelievi).
Il CAU che nell’obiettivo della regione veniva presentato come servizio interno alle Case di Comunità (come si sta facendo correttamente in Toscana) è l’unico presidio, con presenza medica dichiarata h24, in realtà limitata ad ore diurne e con eventuale reperibilità di un medico. Più che di un investimento stiamo quindi parlando di una razionalizzazione, come anche i sindacati medici a livello regionale hanno recentemente denunciato rivendicando il ripristino di un corretto rapporto tra organizzazione ospedaliera e medicina territoriale.
Allo stato attuale, non si capisce quale futuro, su quali servizi Ausl intenda organizzare la sanità per l’alta val Trebbia,al di là di impegni generici, mai realizzati, e carenze che aumentano.
Da qui il bivio: cosa sceglie Ausl tra obiettivi di bilancio e un’organizzazione della sanità pubblica in val Trebbia coerente coi bisogni della popolazione?».