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    Gli esperti “bocciano” la didattica a distanza: rischio concreto di danni fisici e psicologici

    Dal 5 novembre 2020, per effetto del dpcm del 4/11 firmato dal premiere Giuseppe Conte, le scuole superiori di tutta Italia hanno cominciato a seguire le lezioni a distanza, proprio come avvenuto da marzo sino al termine dell’anno scolastico 2019-20. L’introduzione della Dad (questa la sigla con cui viene chiamata la “scuola via computer”) ha diviso l’opinione pubblica ma ha anche suscitato malcontento proprio fra gli studenti costretti a stare ore seduti davanti ad uno schermo, privati anche dell’aspetto “sociale” dell’incontro.

    «Rispetto al primo lockdown – ci racconta Gabriele, studente del liceo Colombini – ero più pronto ad affrontare di nuovo una situazione del genere. Dal punto di vista psicologico è abbastanza sconcertante non poter interagire direttamente con i compagni di classe e con gli altri studenti della scuola. Io sono una persona socievole e mi manca poter vedere tutti i miei amici con i quali quotidianamente mi incontravo. Certo, ci siamo attrezzati con app come House Party o Google Meet per restare in contatto, ma non è la stessa cosa. Si rischia di soffrire un po’ di solitudine a causa dell’isolamento forzato, nonostante si possa ancora uscire di casa senza varcare i confini del proprio comune».

    Gabriele evidenzia anche un altro aspetto, quello delle “ripercussioni” sul benessere: «Dal punto di vista fisico è molto stressante essere costretti a fissare uno schermo per 5/6 ore consecutive a cui si aggiungono altre ore, nel pomeriggio, per svolgere i compiti. Ho notato un calo nella vista: ci vedo meno e questa cosa davvero mi dispiace; sono d’accordo sul cercare di mantenere la qualità della didattica la più alta possibile, ma se ciò fa ad inficiare sulla salute comincio a storcere il naso».

    Sulla stessa linea anche Federico, che frequenta l’ultimo anno di Liceo Linguistico presso il liceo Melchiorre Gioia. Ci ha espresso molte perplessità, sottolineando i tanti risvolti negativi – a livello psicologico – della Dad.

    «Il recente passaggio al 100% in Dad su di me non ha avuto effetti inaspettati, visto che come tutti avevo già vissuto quest’esperienza nei mesi di lockdown primaverile – spiega il liceale – dato che la nostra scuola è sempre stata ben attrezzata a riguardo, anche nel primo periodo di quest’anno scolastico. Fra settembre ed ottobre si alternavano studenti in presenza con altri a distanza, a rotazione. Ora invece si ripresentano tutte le difficoltà a cui questo sistema didattico ti sottopone».

    Quali sono gli aspetti più negativi?

    «Siamo perennemente davanti allo schermo di un computer, non solo durante le ore mattutine ma anche al pomeriggio. Alle lezioni si sommano i progetti extracurricolari, come l’orientamento universitario per noi studenti di quinta e tante altre attività, che necessitano del collegamento in videochiamata. Quotidianamente, per un motivo o per l’altro, passiamo la quasi totalità delle ore diurne dinnanzi ad uno schermo, con inevitabili ricadute a livello psicofisico».

    Secondo te la Dad comporta anche problemi fisici?

    «I mal di testa sono ormai diventati abitudine, e persino comincia ad avvertirsi il calo della vista, che ho notato essere un problema condiviso più di quanto pensassi tra noi studenti. Inoltre, in un’età come la nostra, in cui è fondamentale mantenere il contatto sociale ed i rapporti umani, la scuola in presenza costituisce un insostituibile centro di aggregazione. La “comodità” di seguire le lezioni direttamente da casa propria, a mio avviso, non potrà mai compensare questa mancanza. Per questo mi auguro che si possa tornare il prima possibile in classe, ovviamente in totale sicurezza, di modo che si riesca ad imparare tutti insieme, come solo la scuola può garantire».

    Quanto sottolineato dai ragazzi trova anche un riscontro da parte di medici ed esperti Il dottor Paolo Sivelli, oculista piacentino (con dottorato di ricerca in Chirurgia e biotecnologie chirurgiche, specializzato nella diagnosi e nella chirurgia delle patologie corneali e del segmento anteriore) esprime alcuni concetti che corrispondono in pieno con quanto lamentato da diversi adolescenti.

    «La Dad sicuramente amplifica problematiche legate all’utilizzo di fonti luminose lcd che si riscontrano già nei videoterminalisti, ovvero coloro che sul posto di lavoro utilizzano un videoterminale per più di sei ore. Proprio per questo la medicina del lavoro obbliga, periodicamente – le aziende a sottoporre i dipendenti ad una visita medica specifica – spiega il medico -. L’utilizzo di questi dispositivi, infatti, aumenta una serie di problematiche legate agli occhi. Con la Dad, quanto riontrato fra i lavoratori si è esteso ad una categoria sin ora esente, ovvero gli studenti. I giovani non sono abituati a passare così tante ore davanti ai videoterminali ma soprattutto gi occhi di bambini e adolescenti sono ancora in fase di sviluppo. La prima conseguenza è la sindrome dell’occhio secco: l’esposizione prolungata a luci lcd provoca infatti una dislacrimia che porta a bruciore, prurito, dolore del bulbo e sensazione di affaticamento, aumentata negli ultimi anni a tal punto che è stata catalogata dall’OMS come sindrome. Inoltre, un occhio in fase di sviluppo sta modificando la sua forma anatomica e l’esposizione prolungata alle luci degli schermi può portare, nei pazienti predisposti, ad un aumento della miopia. Per limitare le problematiche – consiglia Sivelli- dobbiamo ridurre al massimo l’utilizzo di tutti i dispositivi che non sono prettamente necessari, oltre ad usare apparecchi con schermi il più grande possibile, dato che schermi piccoli affaticano ulteriormente la vista. Infine, è importante fare una pausa di dieci minuti ogni ora circa, al fine di non sforzare troppo l’occhio.”

    Gli effetti negativi della didattica a distanza non coinvolgono solamente gli occhi. Come ci spiega il dottor Marco Neri (medico chirurgo specialista un fisoterapia, diplomato in Medecine Orthopedique et Therapeutiques Manuelles all’Università Parigi VI e perfezionato in Podologia presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna), questa coinvolge diverse parti del corpo umano.

    «Oltre agli organi bersaglio del Covid-19, come polmoni e cuore, questa pandemia porta anche ad ipocinesi, una delle conseguenze peggiori della Dad insieme al mantenimento di posture errate per molto tempo. A ciò si aggiunge un accorciamento di alcuni muscoli, soprattutto nella parte posteriore della coscia, e la riduzione di massa muscolare. La struttura maggiormente interessata è invece la colonna, che può sviluppare lordosi, atteggiamenti scoliotici e cifosi, mentre in contemporanea troviamo un allungamento della muscolatura dorsale e un accorciamento di addominali e pettorali. Per prevenire questi vizi posturali- consiglia il fisioterapista- è necessario svolgere alcuni esercizi posturali propedeutici, che rinforzino la muscolatura ipotonica che si è allungata».

    Il quadro in qui tracciato potrebbe sembrare già sufficientemente fosco ma c’è purtroppo molto di più. Oltre che sul piano fisico, infatti, la Dad ha conseguenze anche dal punto di vista psicologico, come ci conferma lo psicologo piacentino Giulio Costa (psicoterapeuta con dottorato di ricerca in psicologia clinica, psicologo del Dipartimento Oncologico e Cure Palliative dell’ASST di Lodi).

    «Gli studenti – spiega – lamentano soprattutto la lontananza dalle relazioni sociali e da tutte le attività che si svolgono a scuola ma impossibili da replicare in didattica a distanza, così come l’assenza di momenti di svago come quelli con gli amici in pullman o nei corridoi. Essendo l’essere umano un essere relazionale, queste privazioni portano i ragazzi a malinconia, tristezza, frustrazione e ansia. Sentimenti, sottolinea Costa, che attraversano tutti, e ciò è dimostrato dai dati riportati da recenti studi condotti in Europa e Nord America. Ad esempio, ragazzi che a marzo non ebbero difficoltà a sostenere la Dad, stanno ora vivendo frustrazioni che prima non vivevano, essendo a conoscenza delle conseguenze sul piano socio-relazionale che porta la didattica a distanza. In questo momento, a differenza dello scorso anno scolastico, emerge più comunemente angoscia da parte degli studenti, incerti e spaventati riguardo al futuro, a cui si aggiunge l’assenza di distacco dalla famiglia, fondamentale per un adolescente. La fascia più a rischio dal punto di vista psico-sociale – aggiunge lo psicologo – è quella degli studenti delle superiori, ora obbligati a sacrificare il confronto con l’esterno e a chiudersi in casa. Questo ha portato reazioni opposte al momento della riapertura, tra chi viveva la così detta “sindrome della capanna” e chi usciva in modo irresponsabile senza utilizzare i dispositivi di protezione individuale o creando assembramenti».

     

     

     

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