«Non è vero che un Paese povero sia destinato a rimanere tale per sempre». Lo ha sostenuto – e dimostrato – l’avv. Francesco Mozzoni, protagonista a Palazzo Galli (Sala Panini) di una conversazione con Robert Gionelli sulla teoria del circolo vizioso della povertà. Un appuntamento del ricco programma dell’autunno culturale della Banca di Piacenza che ha preso spunto da un articolo dello stesso relatore pubblicato sulla rivista di cultura liberale “Libro Aperto”, fondata a Giovanni Malagodi e ora diretta da Antonio Patuelli. Secondo la tesi economica citata, fin dai tempi del colonialismo le nazioni ricche hanno sfruttato quelle povere determinando una cronica disparità nella distribuzione della ricchezza. «Per lo sviluppo – ha spiegato l’avv. Mozzoni – sono necessari due fattori produttivi: capitale e lavoro. In un Paese povero c’è molta mano d’opera a basso costo ma manca il capitale, che si può formare solo dopo perché non si riesce a risparmiare risorse per avviare il primo processo produttivo. Da qui la teoria del circolo vizioso, che si è sviluppata nella seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso, soprattutto ad opera dell’economista svedese Gunnar Myrdal, premio Nobel nel 1974». Teoria che oggi risente dell’epoca nella quale è stata formulata («allora poteva avere una parvenza di fondamento, perché ancora non si era capito che si poteva andare ad investire in Paesi dove la mano d’opera costava molto meno»), ma che oggi non ha più senso. «Perché – si è domandato il relatore – nei libri di testo di economia politica questa teoria è sempre riportata come fosse attuale?». L’errore di fondo di Myrdal e di altri colleghi sta nel non aver considerato che non è necessario che i capitali siano all’interno del Paese povero, possono venire anche dall’estero. Ma per attirare gli investimenti, occorre che in questi Stati ci siano determinate condizioni (stabilità politica, giustizia efficiente, sistema scolastico che produca operai specializzati, e via elencando). «Anche se i salari sono molto bassi in valore assoluto – ha proseguito l’avv. Mozzoni – sono alti rispetto agli standard di quel Paese e consentono un incremento dei consumi che stimolerà la produzione e la formazione di un primo nucleo di capitale nazionale, utilizzato a sua volta per finanziare attività imprenditoriali a basso tasso tecnologico. Inizierà una fase di sviluppo, destinato a proseguire. Gli esempi della Cina, del Brasile, dell’India, sono sotto gli occhi di tutti».