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    Il sindaco di Piacenza scrive a Conte e chiede di considerare la riapertura di bar e palestre

    Il sindaco di Piacenza e presidente della Provincia Patrizia Barbieri ha scritto al presidente del consiglio Giuseppe Conte oltre che, al ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, al ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora, al ministro della salute Roberto Speranza, al presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, al presidente della Associazione Nazionale Comuni Italiani Antonio Decaro, al presidente ANCI Emilia Romagna Andrea Gnassi, al presidente dell’Unione delle Provincie d’Italia Michele de Pascale) per evidenziare la situazione ormai insostenibile in cui versano gli esercizi commerciali ma anche le palestre e le scuole di danza in seguito alle restrizioni legate alla pandemia e chiede di prendere il considerazione la possibilità “consentire la riapertura di bar ed esercizi di ristorazione sulla base di criteri rigorosi”.

    Questo il testo della lettera.

    “Nella mia qualità di Sindaco e Presidente della Provincia di Piacenza, ritengo doveroso, oltre che drammaticamente urgente portare alla Vostra attenzione il rapporto che le Sezioni locali di Fipe e Fiepet mi hanno consegnato nella giornata di ieri, che vi allego.

    I dati in esso contenuti, elaborati sulla base delle risultanze contabili delle imprese del settore Ho.ReaCa. sul territorio, evidenziano in modo inequivocabile le gravi ripercussioni della crisi pandemica sull’intero comparto, dando prova di una situazione drammatica che richiede risposte adeguate, concrete e tempestive, non solo in termini di ristori economici immediati, ma anche volte a garantire una programmazione efficace e continuativa della ripartenza.

    Senza in alcun modo prescindere dal principio fondamentale della tutela della salute di ognuno — la cui priorità è premessa fortemente condivisa dalle stesse Associazioni di categoria — è chiaro ed evidente che occorrano valutazioni approfondite sulle limitazioni vigenti e sull’opportunità non di allentare, bensì di rimodulare le misure di prevenzione in atto.

    Proprio in virtù della responsabilità che la politica e la pubblica amministrazione rivestono nei confronti di tutti i cittadini, non possiamo ignorare, infatti, gli effetti devastanti che la protratta chiusura di ristoranti, bar e aziende di catering comporta, dal punto di vista non solo del fatturato delle singole aziende, delle filiere di produzione e dell’indotto, ma in primis sotto il profilo socio occupazionale.

    Nella provincia di Piacenza, dove sin dal periodo di febbraio — marzo 2020 sono state adottate le restrizioni più pesanti, necessarie a far fronte alla particolare aggressività e diffusione del virus, il settore Ho.Re.Ca. si sta confrontando con un drastico calo delle entrate e del lavoro ormai da un anno, precipitando in una situazione di grave crisi tutto l’indotto ad esso legato e la stessa filiera agroalimentare che rappresenta, in particolare nel nostro territorio, uno dei settori economici preminenti e strategici.

    Parliamo di realtà — e in questo accomunate anche a palestre e scuole di danza – che hanno sostenuto, con spirito di sacrificio e senso civico, costi elevatissimi per l’adeguamento delle proprie strutture e dei locali alle nuove esigenze di protezione e sicurezza sanitaria, nel pieno rispetto delle regole e convinte di una possibile imminente ripartenza. Le stesse realtà che oggi, come evidenziano anche Fipe e Fiepet nel documento, rischiano di non avere accesso ai contributi e al sostegno finanziario cui hanno diritto, perché non hanno più la forza e le risorse per garantire la regolarità di tutti gli adempimenti burocratici richiesti, a cominciare dal Durc.

    Faccio appello, allora, proprio a quei fondamenti di legalità, correttezza e trasparenza che siamo tutti chiamati a osservare: tutelare le aziende che rispondono a questi requisiti significa anche tenere conto delle oggettive difficoltà del momento, semplificando le procedure e agendo per dare risposta alle istanze che questo grido di allarme deve indurci ad ascoltare.

    Chiedo, a tutte le autorità competenti, che si avvii una riflessione seria e non più rinviabile sulla possibilità di consentire la riapertura di bar ed esercizi di ristorazione, con criteri rigorosi e definiti in modo capillare, cui si accompagnino controlli severi per garantire il ripristino delle attività economiche e sociali senza mettere a rischio, in alcun modo, la sicurezza della collettività. Al contrario, ciò potrebbe limitare le situazioni di pericolo, coinvolgendo attivamente i titolari delle suddette attività in una gestione responsabile e coesa dell’emergenza sanitaria.

    Mentre non sembra esserci una correlazione diretta e inequivocabile tra la chiusura degli esercizi in questione — così come di palestre e strutture sportive — e l’andamento epidemiologico, purtroppo registriamo la crescita di situazioni di assembramento laddove si trovino forme alternative e incontrollabili di ritrovo.

    Ritengo, anche per ciò che ho appena espresso, che una parziale, controllata riapertura dei settori citati potrebbe favorire il benessere psico-fisico dei cittadini, la cui condizione di tensione e isolamento prolungato non può che avere ripercussioni negative sotto il profilo socio-sanitario che è e rimane, giustamente, al centro della nostra attenzione e dell’azione politico-amministrativa in questa fase. Il mio pensiero va, innanzitutto, a coloro che in questa situazione di emergenza non hanno potuto dare continuità a percorsi legati allo svolgimento di attività fisica, nonché a quegli aspetti di coesione sociale e benessere psicologico che non possono essere ignorati.

    Nell’auspicio che la relazione allegata possa contribuire a dare un quadro dettagliato e incisivo di un contesto che richiede interventi immediati ed efficaci anche a lungo termine, porgo deferenti ossequi”.

    Non siamo lampadine da accendere e spegnere: abbiamo bisogno dl programmazione

    Elaborato congiunto relativo alla situazione piacentina

    La gestione della pandemia legata a Covid 19, giustamente, mette al centro della propria azione la salute delle persone e la complessa tenuta del sistema ospedaliero e sanitario.

    Nel corso di questi mesi, come Associazioni di rappresentanza delle piccole e medie imprese, non ci siamo mai sottratti alle nostre responsabilità ed abbiamo svolto un difficile ruolo di supporto, assistenza e capillare informazione verso i nostri soci. Coerentemente con questo ruolo abbiamo l’obbligo di segnalare che giornalmente riceviamo, in misura sempre maggiore, segnali di preoccupazione ed esasperazione dalle imprese nostre associate che avvertono un forte accanimento verso il proprio lavoro e si sentono private di ogni possibilità di programmazione del lavoro futuro. Esasperazione e preoccupazione motivate anche dalla difficoltà di comprendere spesso il senso delle decisioni messe in atto dal Governo e che incidono pesantemente sulla possibilità di sopravvivenza di queste attività.

    Anche in questo momento, i tempi di adozione dei nuovi provvedimenti non lasciano la possibilità di organizzare il proprio lavoro. E’ veramente impossibile gestire una impresa con questo continuo “apri e chiudi” che impedisce ogni forma di programmazione e toglie ogni tipo di certezza ai nostri imprenditori ed ai loro dipendenti e collaboratori.

    Non è accettabile questa assenza di visione e di coraggio da parte del Governo, non si possono avere provvedimenti che cambiano ogni pochi giorni senza un orizzonte temporale ed una strategia definiti: non è tollerabile questo clima di incertezza che non consente alle nostre imprese alcuna programmazione della attività.

    Sono numerosi i settori che stanno soffrendo questa complessa situazione, l’intero comparto Ho.Re.Ca. ed i pubblici esercizi (bar e ristoranti) in particolare. Tanti i mesi di forzata chiusura o di lavoro ridotto e contingentato dai vari provvedimenti che si sono susseguiti.

    Per il nostro territorio l’ulteriore gravame legato al fatto che sin dallo svilupparsi della pandemia nel nostro Paese la nostra provincia (a differenza di gran parte del resto della Regione) è stata assoggettata a stringenti vincoli che hanno interessato anche le attività di pubblico esercizio e ristorazione. Le imprese del settore, in modo responsabile, hanno mantenuto un grande equilibrio, rispettando le regole ed adeguando le loro attività alle diverse disposizioni, anche con investimenti di notevole entità. Questi sforzi però non sono riconosciuti e si continua a guardare a questo settore come una delle cause principali della diffusione della pandemia pur in assenza di dati ufficiali e dettagliati a conferma di questa tesi.

    Tutto questo favorisce anche la creazione e l’organizzazione di iniziative di dubbia efficacia e di grande pericolosità sia per le imprese che per lo stato di diritto ma che sono la tangibile manifestazione di un disagio e di una situazione di grande difficoltà e disperazione.

    Come Associazioni ci dissociamo da queste forme estreme di protesta, in favore di un atteggiamento che possa rimanere nella legalità, nello stesso tempo, però, si evidenzia come le nostre istanze non possano più restare inevase, rivendichiamo con forza la necessità di ricevere risposte immediate, certe e tangibili sia in merito a forme di compensazione e ristoro che nella possibilità di poter riaprire in sicurezza le attività così come avviene per gli altri settori economici che convivono con la pandemia. In questo contesto vorremmo presentare alcuni dati reali direttamente desunti dalle risultanze contabili delle imprese. Bar e ristoranti del nostro territorio.

    DATI SU CALO FATTURATI ANNO 2020 SU 2019 PERDITA PERCENTUALE [1]

    PIACENZA CITTA’ PROVINCIA Dl PIACENZA
    BAR 44,09 % 34,73 %
    RISTORANTI 52.16 % 37.71%
    CATERING 76,97%

    PERCENTUALE Dl RISTORO OTTENUTI SUL CALO Dl FATTURAT02

    PIACENZA CITTA’ PROVINCIA Dl PIACENZA
    BAR 14,38 % 17,33 %
    RISTORANTI 9,16 % 14,31 %
    CATERING 5,67 %

    PERCENTUALE Dl RISTORO OTTENUTI SUL FATTURATO 2019[2]

    PIACENZA CITTA’ PROVINCIA Dl PIACENZA
    BAR 7,96 % 9,12 %
    RISTORANTI 5,88 % 6,48 %
    CATERING 1,31 %

    [1] Dati estrapolati da un pannello di aziende che detengono il servizio di contabilità paghe presso i nostri uffici 

    80 % dei nostri clienti hanno richiesto Cassa Integrazione

    La media del periodo della Cassa Integrazione richiesta è andata da 5 mesi a IO mesi nel corso del 2020

    Come detto riteniamo che la categoria dei baristi e ristoratori debba poter riaprire in sicurezza. Crediamo che, indipendentemente dalla classificazione adottata sulla base della zona e colore di appartenenza, i pubblici esercizi andrebbero totalmente riconsiderati e catalogati con modalità che permettano di esercitare il proprio lavoro in sicurezza, dignità e programmazione.

    A tal fine abbiamo lanciato una raccolta firme tra la categoria sul territorio “Bar e ristoranti: fateci ripartire!” che in pochi giorni ha raccolto l’adesione di alcune centinaia di operatori del settore. Siamo pronti come Associazioni ad assumerci le nostre responsabilità e quelle dei nostri associati.

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