Rubavano ruspe e mezzi movimentazione terra nel nord Italia, modificavano la punzonatura del telaio, si procuravano nuovi documenti ed esportavano i costosi mezzi da cantiere in Albania dove li usavano in importanti cantieri stradali.
A rovinare il redditizio business sono stati i carabinieri del Norm di Fiorenzuola d’Arda che nei giorni scorsi, coordinati dal p.m. Matteo Centini, hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere ed altre due ordinanze di custodia ai domiciliari, a cui si aggiungono ulteriori due denunce a piede libero. A spiegare il meccanismo di questa associazione a delinquere sono stati, in conferenza stampa, il sostituto procuratore Centini, il maggiore Biagio Bertoldi, comandante della compagnia dei carabinieri di Fiorenzuola ed il maresciallo Enrico Savoli, comandante dell’aliquota operativa. Tutto è nato da un ritrovamento di un mezzo da cantiere nel fienile di in una cascina di Villanova d’Arda. I militari della locale stazione, avvertiti dal proprietario del rustico, non si sono limitati a far recuperare il mezzo e restituirlo al legittimo proprietario ma, insospettiti dalla punzonatura falsificata, hanno pensato fosse il caso di approfondire le indagini. Ne è così nata un’operazione fatta di pedinamenti ed intercettazioni che ha permesso di scoprire una articolato giro.
A capo della banda c’erano un imprenditore albanese di 47 anni. L’uomo, insieme alla compagna 30enne, veniva spesso in Italia. I due passavano le serate fuori da vari cantieri e studiavano i mezzi ideali da rubare: macchinari di note marche come Caterplillar, Komatsu, Manitou e con valori fino a 250 mila euro l’uno.
Una volta deciso quale ruspa era di loro interesse intervenivano altri loro complici veri e propri ladri con competenze tecniche e meccaniche. I mezzi venivano caricati e portati in luoghi isolati come la cascina di Villanova. Qui venivano modificati i numeri sul telaio e poi, grazie a documentazione falsa fornita da un imprenditore ed un broker entrambi italiani, i mezzi venivano portati generalmente ad Ancona e caricati sul traghetto destinazione Albania.
L’imprenditore del paese delle Aquile riusciva così a procurarsi mezzi senza pagarli e li usava in importanti cantieri stradali come i carabinieri hanno potuto verificare anche attraverso alcune foto pubblicate sui social.
In qualche altro caso i mezzi sono invece stati venduti ad altre imprenditori del settore per un prezzo pari a circa il metà del loro reale valore.
I due ladri materiali dei mezzi entrambi albanesi uno di 50 anni ed uno di 24, sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al compimento dei furti aggravati così come il capo e la fidanzata. L’imprenditore deve anche rispondere di autoriciclaggio.
Si trovano tutti e quattro in carcere mentre è stato scarcerato uno dei tre italiani coinvolti poiché al momento il p.m., a fronte di alcune pezze giustificative fornite dai difensori dell’uomo, ha ritenuto non vi fosse più la necessità della misura cautelare. Gli altri due sono ai domiciliari: il loro ruolo era più che altro quello di “ripulire” attraverso false fatture e falsa documentazione le ruspe permettendone la vendita o l’export.Gli italiani erano tutti pregiudicati.
Fra le accuse anche quella di aver “rotto i sigilli” di un mezzo appartenente ad un imprenditore emiliano coinvolto nel processo Aemilia ed impossibilitato a vendere legalmente i suoi mezzi posti sotto sequestro. Mettendosi d’accordo con la banda si è invece fatto rubare una ruspa ed ha incassato il prezzo della vendita, aggirando così la legge.
I mezzi sono stati rubati, in momenti diversi, nel milanese, a Rudiano (Bs), a Tortona e due a Fontevivo (PR).
L’operazione è stata denominata Digger (escavazione) e le indaginoi si sono estese dal luglio al dicembre 2018. In un caso i carabinieri sono riusciti a fermare una ruspa prima che venisse imbarcata per l’Albania. Il mezzo è sato intercettato dalla polizia stradale nel modenese ed uno dei ladri arrestato in flagranza.