I box arancioni installati da pochi giorni dall’amministrazione comunale di Piacenza continuano a fare discutere. Ed ora si aggiunge la voce di Altvelox, associazione nota per le sue campagne “radicali” contro gli autovelox e i dispositivi elettronici di controllo, che ha messo nel mirino il progetto “Attenta-Mente” in corso nel Comune di Piacenza. Al centro della contestazione, l’installazione dei box arancioni su pali stradali, simili a postazioni autovelox ma nella maggior parte dei casi privi di dispositivi attivi. In pratica uno solo dei box sarebbe a rotazione dotato di misuratore di velocità, in grado di fare multe, mentre gli altri sarebbero “specchietti per le allodole”. Indubbiamente, dall’inizio della sperimentazione, molti automobilisti davanti a questi box rallentano vistosamente (a volte anche in maniera improvvisa, rischiando di provocare tamponamenti)
Secondo l’associazione, il sistema – affidato a una società privata specializzata in questo settore – si fonderebbe su un espediente psicologico: far credere agli automobilisti di essere sottoposti a controllo continuo per indurli a rallentare. Una strategia che Altvelox bolla come «mistificazione» e che, a suo giudizio, violerebbe i principi fondamentali di trasparenza, correttezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.
L’associazione ha annunciato che presenterà a breve un esposto alla Procura della Repubblica di Piacenza, ipotizzando irregolarità sotto diversi profili: dall’affidamento alla gestione tecnica, fino alla legittimità dell’intero impianto. «Anche se non vengono emesse sanzioni – spiegano – installare strutture che simulano un controllo elettronico può integrare una violazione dei principi di legalità e buona fede».
Particolarmente critico anche l’aspetto scientifico del progetto. Altvelox sottolinea come il materiale divulgativo faccia riferimento a una generica “psicologia del traffico”, ma senza fornire studi validati, fonti accademiche, o l’identità dei professionisti coinvolti.
Non è la prima volta che l’associazione solleva dubbi su iniziative di questo tipo. Le sue battaglie – spesso condotte con toni duri e iniziative mediatiche – hanno alimentato un ampio dibattito nazionale sul confine tra prevenzione e inganno in materia di sicurezza stradale e si è arrivato anche a querele e contro querele, denunce nei confronti di sindaci e Comuni mentre a sua volta l’associazione è stata denunciata dal prefetto di Belluno e per questo la sede perquisita dalla Digos. Le battaglie contro i velox ritenuti irregolari però continuano e questa volta nel mirino c’è appunto la nostra città.
«Se il fine è legittimo – conclude Altvelox – anche i mezzi devono esserlo. L’educazione stradale si persegue con strumenti omologati, verificabili e basati su fondamenti scientifici, non con dispositivi vuoti e messaggi ambigui. La sicurezza non si costruisce sulla paura, ma sulla legalità».