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    Marilisa, da Parigi a Piacenza a causa del Coronavirus: “Non mi sentivo tutelata a livello sanitario”

    Marilisa Barilli, piacentina classe 93, è una ragazza che molti definirebbero “cervello in fuga”. Dopo esperienze lavorative in Italia come Project Assistant in uno studio di architettura, ha preso il volo per Parigi nel maggio 2019 e da allora ha lavorato Oltralpe. A causa del Coronavirus tuttavia Marilisa ha dovuto rivedere i suoi piani, come molti del resto. L’abbiamo intervistata per capire come il virus sta cambiando il volto della Francia, e come cerca di rimanere ottimista, malgrado tutto.

    Come sta cambiando la situazione a Parigi col Coronavirus?

    Verso la fine di Febbraio, quando è partita l’emergenza qui in Italia, la situazione a Parigi era ancora molto tranquilla. Sottovalutavano il virus e sopravvalutavano le loro risorse. Io lavoro in uno studio si architettura molto grosso, in ufficio siamo in 130 persone provenienti da tutto il mondo. Molte di queste ovviamente di spostano di continuo, nei diversi paesi, per ragioni di lavoro. Tutto procedeva per il meglio.
    Quando sono state avviate le prime procedure di contenimento al Nord Italia, segnalazione delle zone rosse, sono iniziati i primi campanelli di allarme all’interno del nostro studio.   

    Era da poco rientrata una nostra collega da Alessandria, e questo ha allarmato gli associati del mio studio, che si sono subito premurati di comprare gel disinfettante per tutta l’azienda, prevedere un sistema di igienizzazione settimanale di tutti gli ambienti e far passare una circolare con le norme igieniche da adottare in previsione dell’”arrivo” del Virus. In realtà per noi Italiani che stavamo vivendo attivamente l’emergenza anche in Italia, tramite le nostre famiglie, erano misure troppo blande.   

    Marilisa al Louvre

    Come hanno reagito i tuoi colleghi francesi all’arrivo “definitivo” del virus? 

    Con il crescere dei casi e delle restrizioni in Italia i miei colleghi francesi hanno iniziato a chiede assiduamente informazioni di com’era la situazione presso le nostre città natali, alcuni preoccupati perchè non si sentivano effettivamente tutelati da come Parigi stava sottovalutando il problema, probabilmente per non creare allarmismo e per far si che nulla intaccasse le elezioni municipali in corso, altri invece fieri di come il loro paese stava affrontando la situazione dicendo che gli italiani, com’è nostra abitudine fare ( a loro dire), avevano esagerato e non erano evidentemente pronti per affrontare emergenze del genere, cosa che loro avrebbero senza dubbio sostenuto benissimo.

    La sensibilizzazione verso il tema stava quindi piano piano dilagando tra i parigini ma non vi erano comunicazioni ufficiali da parte del governo per cui c’era ancora poco di fatto.
    Con la prima comunicazione della chiusura delle scuole il mio studio si è attivato da subito per creare postazioni di télétravail per chi doveva, per forza di cose, stare a casa a curare i figli. Per gli altri nessuna preoccupazione.

    Quando c’è stato il lockdown?

    Qualche giorno dopo la comunicazione di chiusura delle scuole. La Francia ha accelerato incredibilmente le misure di prevenzione, chiudendo ristoranti e attività non indispensabili.
    Credo che fosse sabato 14 Marzo. Domenica 15 Marzo arriva la comunicazione ufficiale dal nostro studio che il lunedì dovranno presentarsi a lavoro solo i capi dei progetti, partners e associati per poter organizzare il possibile lavoro da casa.
    Da allora la mia azienda ha abilitato il famoso “ télétravail “, solo per alcuni dipendenti, sospendendo i progetti meno urgenti o che comunque potevano portare un minor guadagno.

    I cantieri e le imprese si sono arrestate fino da subito, per cui anche il nostro lavoro si è rallentato notevolmente.L’azienda è stata costretta a mettere il 41% dei dipendenti in chômage partiel, una forma di disoccupazione che garantisce ai dipendenti l’84% del proprio salario. Per pagare i restanti i partners e gli associati dell’azienda si sono ridotti lo stipendio del 20%.
    La chiusura è stata ufficializzata il 16 di marzo, le comunicazioni che ci sono state date in seguito sono state relative ad una chiusura di almeno 5 settimane e una crisi che durerà almeno fino a fine giugno. 

    Come si è organizzata la sanità francese per prevenire i contagi?

    La sanità francese prevede due tipologie di assicurazione: La sécurité sociale, assicurazione sanitaria pubblica, e la conseguente carte vitale, tesserino sanitario che permette il rimborso di gran parte delle spese mediche sia per quanto riguarda le spese ospedaliere che per quanto riguarda visite specialistiche , e la mutuelle, assicurazione sanitaria privata che sei tenuto a fare dopo un anno di lavoro in Francia che copre il restante delle spese mediche.

    Fin dai primi casi in Italia di Codiv-19 mi sono premurata di informarmi come potevo essere tutelata per quanto riguarda la sanità francese, anche nel caso di necessità di un possibile ricovero. Purtroppo non avevo ancora ricevuto nessun numero provvisorio e mi è stato comunicato che nel caso di un possibile ricovero avrei dovuto pagare le spese mediche per poi chiedere un possibile rimborso nel momento in cui sarei rientrata in Italia, rimborso che spesso tarda parecchio ad arrivare.

    In accordo con i miei famigliari, con i miei datori di lavoro e preso contatti con l’ambasciata italiana a Parigi ho deciso di tornare in Italia presso la mia città natale, dato che non mi sentivo tutelata da un punto di vista sanitario. 

    Com’è stato il tuo rientro in Italia?

    Il rientro è stato tutt’altro che semplice. L’ambasciata mi aveva comunicato che era mio diritto poter tornare in patria ma i mezzi per raggiungere Milano erano sempre meno e di giorno in giorno venivano cancellati. Mi è stato consigliato da loro di provare a rientrare passando per Nizza, e così ho fatto.
    Ho acquistato un biglietto aereo Parigi-Nizza per partire il prima possibile. Armata di autocertificazioni , guanti, mascherina e valigia con dentro il minimo indispensabile mi sono avviata verso l’aeroporto. Da Parigi a Nizza non c’è stata nessuna complicazione. Non c’è stato nessun tipo di controllo da quando sono uscita dalla mia residenza parigina fino al confine con l’Italia. L’unica attenzione è stata presa in aereo poichè ci hanno disposti per far si che ci fosse solo una persona per ogni fila.
    Arrivata a Nizza avrei dovuto prendere un treno fino a Ventimiglia e di seguito arrivare a Genova. Sapevo sarebbe stato rischioso e che avrei dovuto muovermi il meno possibile per quanto riguarda la diffusione del virus ma era l’unico modo per avvicinarmi il più possibile a casa. A Nizza tutti i treni erano stati soppressi. Io e due connazionali conosciuti in stazione, accomunati dalla stessa situazione, abbiamo preso un Taxi che avrebbe dovuto portarci fino alla stazione di ventimiglia dove avremmo cercato un treno per proseguire il rientro. Purtroppo oltrepassato il confine il taxi ci ha comunicato di non poter attraversare il casello di Ventimiglia perchè non gli era concessa l’entrata in Italia e così ci ha invitati a scendere al casello dell’autostrada.
    Con valigie a seguito ci siamo accostati in una piccola piazzola di sosta per cercare di capire come poter raggiungere la stazione. Fortunatamente passavano in autostrada numerosi taxi e ci hanno accompagnati fino alla stazione. Il tutto ovviamente approfittandosene della situazione e quindi chiedendo un pagamento elevato.
    Arrivati in stazione a Ventimiglia siamo finalmente stati bloccati da polizia e militari per i primi controlli, richiedevano il modulo per l’autocertificazione.  I treni avevano comunque subito numerose cancellazioni e numerosi ritardi per cui valutando la situazione con la mia famiglia e con gli enti appositi, abbiamo ritenuto che la soluzione migliore sarebbe stata quella di farmi venire a prendere da mio fratello direttamente a Ventimiglia.
    Arrivata in Italia già mi sentivo più sicura, ero nel mio paese, con la mia lingua e con un’assicurazione sanitaria. Tutto non poteva che migliorare.

    Quali precauzioni hai preso una volta arrivata a Piacenza? 

    Per l’arrivo a Piacenza mia mamma, grazie ad un’amica, aveva già predisposto un appartamento in cui avrei dovuto stare in isolamento  per 15 giorni, dove mi trovo tuttora. Arrivata a Piacenza ho comunicato il mio rientro all’ASL e abbiamo proceduto con le misure di isolamento con termine il 3 Aprile, quando finalmente potrò tornare in famiglia, che oggi vedo solo in rare volte quando mi consegnano il necessario per la mia sopravvivenza in isolamento.  

    Che punto di vista hai sulla situazione globale del Coronavirus? Come va dal tuo rientro?

    Dal mio rientro procede tutto per il meglio, ovviamente un po’ di preoccupazione per il mio paese ma credo che ci rialzeremo dal punto di vista sanitario! Sono molto positiva su questo. Sono un po’ più allarmata per quanto riguarda la situazione economica. Il mio settore era un settore che da poco sembrava si fosse quasi ripreso dalla grande crisi che ci aveva colpiti, e ora c’è molta incertezza. Non so quando e se potrò ritornare a Parigi e quando riprenderemo a progettare con i ritmi di prima.

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