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    Niente Fiera: ce ne faremo una ragione (ma non uno scopettone)

    Questa mattina nessuno avrà puntato la sveglia ad orari antelucani con il solo obiettivo di trovare i banchi della Fiera insolitamente sgombri. Nulla avrà vietato ai piacentini di alzarsi prima del solito ma lo scopo non sarà certo quello di affacciarsi alle bancarelle quando ancora buona parte della città è avvolta nel sonno.

    Fare l’alba per iniziare un rito unico nel suo genere che si tramanda di generazione in generazione da quando la Fiera animava piazza Sant’Antonino e via Scalabrini. Oppure continuare a dormire che “tanto ci sono sempre la stessa roba e la stessa gente”.

    Il Duemilaventi passerà alla storia di Piacenza come l’anno senza Fiera: niente profumo di porchetta, nessun palloncino incastrato tra i rami dei platani del Facsal.

    Ricordo ancora quell’edizione in cui un parente rientrò a casa con un sacchetto di plastica apparentemente piuttosto pesante. Una volta aperto scoprimmo la “meraviglia” di un servizio di posate dai colori sgargianti scelti probabilmente tra quelli più luminescenti dello spettro cromatico disponibile. Quel parente doveva essere stato preda di qualche imbonitore capace di decantare le doti nascoste di forchette e cucchiai fluorescenti che non sarebbero passati inosservati neppure sulla tavola di Pollock.

    Insieme alla porchetta e ai palloncini mancheranno soprattutto loro. Venditori capaci di piazzare all’anonimo cittadino i più prodigiosi rinnovati della tecnologia casalinga quali spremiagrumi bionici azionabili con una semplice manovella.

    Ogni Fiera ha il suo mercante simbolo. Microfono acceso e dimostrazioni continue dalla mattina fino al momento di chiudere il portellone del furgone mettendo in archivio la giornata. Numero di prodotti venduti: imprecisato. Come imprecisato è il numero di chi si ferma “giusto per dare un’occhiata”. E di chi, pur non avendone affatto bisogno, per i motivi più disparati, si porta a casa un prodigioso arnese con il quale cingere d’assedio ragnatele ad altezze considerevoli.

    A fine giornata guarderemo il soffitto, scruteremo la tela tessuta nei mesi precedenti da qualche ragno di passaggio. Tireremo un sospiro misto di disappunto e nostalgia: ce ne saremo fatti una ragione, ma non ce ne saremo fatti uno scopettone.

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