Quella del pendolare italiano è una vita da incubo? In molti casi si ma la Cassazione ha detto di no alla richiesta di indennizzo per i disagi subiti avanzata da un professionista piacentino, Umberto F., che viaggia quotidianamente dalla nostra città fino a Milano.
L’uomo aveva lamentato ritardi costanti, sporcizia, sovraffollamento ed aveva sottolineato come sui vagoni di Trenitalia le cose anziché migliorare fossero andate sempre peggio. Aveva dunque fatto causa, portando la sua istanza avanti in più gradi di giudizio e chiedendo un risarcimento per il peggioramento della sua qualità di vita, per la stanchezza cronica, l’ansia, lo stress causato dai suoi viaggi sulle ferrovie italiche.
La Cassazione non ha contestato i disagi subiti dal professionista ma ha stabilito che il ricorrente non è stato in grado di provare gli effetti che tali disservizi hanno avuto sul piano personale. I giudici hanno poi sentenziato (3720 del 08/02/2019) che occorre “un grado minimo di tolleranza”.
In primo grado, nel 2008, il Giudice di Pace gli aveva dato ragione, condannando Trenitalia a risarcirlo con mille euro. In appello, nel 2014, la sentenza venne ribaltata ed ora anche la Suprema Corte ha dato torto al pendolare sostenendo che “è compito del danneggiato fornire la prova dei danni subiti nonché la loro entità”.
A margine vien da dire che se per mettere la parola fine ad una vicenda giuridica occorrono 11 anni … a viaggiare male in questo paese non sono solo i treni.