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    Proprietari, commercianti e artigiani chiedono al governo la cedolare secca anche per i negozi

    Confedilizia, Confesercenti, Confcommercio, Cna, Confartigianato, Assoartigiani tutte assieme si fanno sentire per chiedere al Governo che venga adottata la cedolare secca anche per gli affitti dei negozi, un intervento che viene definito indispensabile anche contro la desertificazione dei centri storici e per contrastare le serrande abbassate.
    Qui di seguito il comunicato unitario.

    Il Governo ha presentato la manovra di bilancio per il 2018, che sarà poi esaminata e integrata dal Parlamento.

    Per il momento non è stata inserita la misura che Confedilizia in primis – seguita anche da altre organizzazioni – ha ripetutamente richiesto a gran voce e cioè l’introduzione della cedolare secca anche per le locazioni non abitative (negozi e uffici prima di tutto). Ed è per questo che le rappresentanze locali di Confedilizia, Confesercenti, Confcommercio, Cna, Confartigianato e Assoartigiani insieme sottolineano l’importanza di un provvedimento di questo tipo, che significherebbe un segnale di attenzione al settore che manca all’appello della (sia pur timida) ripresa dell’economia italiana, quello immobiliare.

    Nel settore residenziale – dove la cedolare secca si applica dal 2011 – questa forma di tassazione sostitutiva del reddito da locazione ha raggiunto i suoi scopi, contribuendo anche a far recuperare allo Stato almeno un miliardo di euro. Nel comparto non abitativo, gli effetti benèfici sarebbero ancora più estesi. Se ne gioverebbero il commercio e l’artigianato, verrebbero arginati degrado e desertificazione delle città (rivitalizzando i centri storici), vi sarebbero esiti virtuosi a catena per l’intera economia.

    In sede di esame della nota di aggiornamento al Def, la quasi totalità del Parlamento ha chiesto di inserire la cedolare per le locazioni non abitative nella legge di bilancio. Se non è nella prima stesura del testo, quindi, ci si deve aspettare che venga introdotta in Senato o alla Camera. Le preoccupazioni per le casse pubbliche infatti non sono giustificate in quanto il gettito tributario che arriverebbe dalle attività svolte nelle centinaia di migliaia di locali ora vuoti sarebbe più che sufficiente per compensare la (presunta) perdita di gettito che stimano pari allo 0,1% del Pil se la misura riguardasse tutti gli immobili non abitativi (addirittura pari solo allo 0,06% del Pil se fosse limitata ai soli locali commerciali).

    Pochi giorni fa, Eurostat ha rilevato che il nostro è l’unico Paese in Europa nel quale i prezzi degli immobili – e quindi i risparmi delle famiglie – continuano a scendere. L’Istat, dal canto suo, indica nell’edilizia il solo comparto con numeri negativi sia in termini di produzione che di occupazione.

    Le ragioni di questa anomalia sono evidenti, per chi voglia vederle. L’Italia sconta ancora gli effetti dello spropositato aumento di tassazione sugli immobili deciso nel 2011 e non più corretto. È ormai evidente che un carico tributario di 50 miliardi di euro l’anno (di cui almeno 20 di natura patrimoniale) non è sopportabile. Bisogna intervenire e bisogna farlo subito.

    In attesa di azioni decise sulla spesa pubblica, ci si può almeno concentrare su qualche misura di impatto limitato sull’Erario ma dai notevoli effetti moltiplicatori. E una di queste può essere proprio l’introduzione di una cedolare secca sull’affitto di immobili non abitativi.

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