Un albero di Natale rimasto disadorno, chiuso in uno sgabuzzino per sei lunghi anni, è tornato a splendere per la gioia di una mamma piacentina e dei suoi quattro bimbi.
Quello che per tanti è un simbolo quasi scontato dei rituali festivi per questa famiglia è invece la testimonianza concreta del fatto che i miracoli, seppur piccoli, qualche volta succedono e che anche nelle storie più buie e terribili esiste una strada verso la luce.
Amore, errori, promesse, menzogne, gelosia, botte, speranze, miseria. Sono alcune delle mille sfaccettature della vicenda di Luisa, quarantenne, finita in un meccanismo che l’ha avvinghiata, rischiando di soffocarla.
Aveva incominciato una relazione con un coetaneo di origini straniere. Un’avventura che si era sciolta davanti all’incapacità di lui, patologicamente possessivo, di accettare i normali comportamenti di una ragazza italiana.
Ma da quegli incontri era nato un figlio, il primo di quattro. Proprio per il suo bene mamma e papà avevano deciso di ignorare i segnali premonitori ed erano andati a convivere.
Luisa si era trovata, nei fatti, ad essere reclusa in casa, maltrattata, picchiata da un compagno accecato, roso da una folle gelosia. Una vita scandita da divieti e da regole ferree: proibito stendere da sola sul terrazzo quasi che il vicinato fosse popolato da predatori appostati sui balconi e pronti a concupirla con lo sguardo. Proibito truccarsi (e per evitare rischi l’uomo aveva anche tolto ogni specchio presente nell’appartamento). Proibito uscire se non per andare a fare la spesa, ovviamente sotto la sua vigile scorta. Proibito indossare occhiali (ritenuti troppo sexy).
Lei, snella, costretta ad indossare maglie XL per perdere ogni traccia di femminilità. Niente telefono, computer o mezzo per comunicare o peggio per frequentare i social. Totale isolamento dalla famiglia d’origine.
Un crescendo di costrizioni fisiche e psicologiche con la costante minaccia di uccidere prima i figli e poi lei in caso di ribellione. Violenza accettata per paura di altra (peggiore) violenza. C’è però sempre un momento in cui non si riesce più ad incassare, un punto di rottura: per Luisa è stata una notte di botte violente che oltre all’epidermide, la sua, hanno squarciato anche quel velo di bugie dietro il quale aveva sempre nascosto le angherie del compagno, giustificando piccoli e grandi lividi.
Non appena l’uomo è caduto in un sonno profondo lei ha preso i bambini ed è fuggita verso un futuro migliore. Ha trascorso un’intera giornata in questura ed ha raccontato, in poche ore, 72 mesi d’inferno.
Il compagno è finito in carcere. Ciò nonostante per Luisa e la sua famiglia la strada verso la normalità è lunga e complicata. Intanto questo Natale, si sono accese le luci di quell’abete che l’uomo – forse per cultura forse per semplice crudeltà – non voleva vedere per casa.
Un giorno, forse neppure troppo lontano, lui uscirà dalle Novate ed il solo pensiero toglie il sonno alla povera madre che cerca però di non pensarci e di vivere con i figli questa riconquistata serenità, godendone ogni singolo istante.
Non è stato facile perché l’allontanamento dell’uomo ha avuto anche una conseguenza negativa, l’aver lasciato improvvisamente la famiglia senza alcun sostentamento.
Proprio da quei social che le erano stati lungamente proibiti è però arrivato un secondo miracolo per Luisa.
La fondatrice del gruppo Facebook “A Piacenza Chiedilo a me”, Claudia Castelli ha saputo delle enormi difficoltà che mamma e figli stavano affrontando ed ha deciso che bisognava intervenire. Supportata dagli amministratori di questa famiglia virtuale (ed in particolare da Enza Iozza ed Enrica Trabacchi) ha chiamato le truppe a raccolta.
Tanti fra i 28 mila membri del gruppo Facebook hanno risposto all’appello portando vestiti, pannolini, cibo, quaderni, matite, giocattoli ed altro ancora. Accogliendo un desiderio di Luisa è arrivato anche un lavoro. Qualche ora come collaboratrice domestica, regolarmente assunta, così da lasciarle il tempo di badare anche ai figli ma dandole l’opportunità di potersi costruire un’esistenza indipendente e dignitosa.
Intanto il giovane (ma tosto) legale di questa “mamma coraggio” sta preparando le carte per ottenere dall’uomo l’assegno di mantenimento ed ovviamente l’affido dei bambini mentre in parallelo prosegue la causa penale per i maltrattamenti.
Si è ancora ben lontani dal poter scrivere la parola “lieto fine” ma almeno, grazie al cuore d’oro di tanti piacentini, è cominciata la stesura di un nuovo capitolo (questa volta) felice della storia di Luisa e dei suoi figli.
Non per nulla ad interrompere la lunga telefonata con cui ci ha tratteggiato il suo travagliato spezzone di vita è arrivato il perentorio richiamo di uno dei figli «Mamma dai, vieni che giochiamo con le cose che ci ha portato Santa Lucia».