“Ad oggi la disputa sulla presenza del crocifisso nelle scuole è quanto mai campata per aria: il crocifisso resta nelle aule scolastiche perché così impone la legislazione vigente. Spiace sottolinearlo, ma il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, deve studiare di più”.
Così il consigliere regionale della Lega, Matteo Rancan, primo firmatario della risoluzione che impegna la Giunta ad attivarsi, per quanto di sua competenza, perché in tutte le scuole emiliano – romagnole continui ad essere affisso il simbolo cristiano.
“La scelta di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche è il risultato di una serie di interventi della legislazione italiana dall’epoca risorgimentale ad oggi – si legge nel documento firmato anche da Gabriele Delmonte, Stefano Bargi, Fabio Rainieri, Daniele Marchetti, Marco Pettazzoni, Massimiliano Pompignoli e Andrea Liverani-: la normativa, relativa all’imposizione del crocifisso nelle scuole italiane, trova una prima indiretta indicazione nella legge Casati del 1859. Ad essa, sono susseguiti due Regi decreti (da ritenersi ancora in vigore in quanto mai abrogati) del 1924 e del 1928, relativi agli arredi scolastici delle scuole primarie e secondarie di primo grado, dove il crocifisso appare insieme al ritratto del re (aggiornato con il ritratto del presidente con l’avvento della Repubblica)”
Ma c’è di più: la presenza del crocifisso negli spazi pubblici è passata anche al vaglio del Consiglio di Stato, della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo (2009).
Il Consiglio di Stato si è pronunciato due volte: la prima nel 1988 in cui ha ricordato che i due Regi decreti del 1924 e del 1928 sono tutt’ora vigenti, sottolineando che il crocifisso “a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da specifica confessione religiosa” e la seconda volta, nel 2006, quando il Consiglio di Stato medesimo ha ribadito “la valenza dei due Regi decreti”. In più, il Consiglio di Stato n. 556 del 2006 ha, inoltre, chiarito l’idea di laicità in Italia, sostenendo che “il principio di laicità non risulta compromesso dall’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
“Il crocifisso – aggiunge la candidata leghista alla presidenza della Regione, Lucia Borgonzoni- costituisce anche un simbolo storico – culturale; esso rappresenta un segno di identificazione nazionale. Insieme ad altre forme di vita collettiva e di pensiero, esso rappresenta uno dei percorsi di formazione del nostro Paese e in genere di gran parte dell’Europa, la cui origini cristiane non non possono essere né negate né cancellate”.
“D’altronde il crocifisso non è un simbolo discriminatorio, bensì richiama valori civilmente rilevanti ed è simbolo della cultura italiana e, come tale, ha anche una funzione educativa, a prescindere dalla religione professata: è la testimonianza delle radici del Paese. La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non impedisce infatti agli studenti di altre culture e religioni di esprimersi, ma esprime che la laicità, tutelata dalla stessa Costituzione, è conseguenza delle radici cristiane d’Italia. Il rischio vero, infatti, è quello di intendere il concetto di laicità della scuola e dello Stato come luoghi privi di storia, di radici e di cultura. Pretendere che gli insegnanti e gli alunni siano privi di idee proprie. Uno Stato laico dovrebbe garantire a tutti di poter vivere la propria fede, non per togliere ma per aggiungere e tutelare; in questo modo la laicità diventa una ricchezza e non un impoverimento, ma il crocifisso nelle scuole non è una questione di fede, bensì di cultura” conclude Borgonzoni.