Nuova puntata della rubrica l’Azienda del mese nata dalla collaborazione editoriale fra QuotidianoPiacenzaOnline e Confcommercio Piacenza. Come sempre il nostro giornale cerca di farvi conoscere più da vicino realtà storiche o di particolare interesse fra quelle iscritte all’associazione di strada Bobbiese.
Valter Arianti oste e negoziante a Pigazzano, in provincia di Piacenza è – come tanti suoi colleghi sparsi per l’Italia – il simbolo di una categoria che non vuole arrendersi allo spopolamento delle nostre bellissime colline, alla “modernità” che avanza travolgendo tradizioni ed abitudini. La trattoria di cui è proprietario e gestore venne fondata ufficialmente dal nonno Cleante nel 1933, dopo un periodo di “rodaggio” durato tre anni «Allora qui c’erano circa 500 abitanti. C’erano tante famiglie numerose di agricoltori, con tanti figli. Mio nonno era postino, mestiere che ha svolto per quarant’anni. Insieme con la moglie Maria decise di avviare quest’attività. La nonna preparava da magiare alla sera e poi il nonno, finito il giro di consegne delle lettere, indossava il grembiule da oste e serviva i clienti. Nel 1965 presero le redini mio padre Italo e mia madre Iva Costa, portando avanti sia il negozio di alimentari sia la trattoria. Dopo vent’anni, nel 1985, subentrò nella gestione Emilia Conti che restò fino al 1991. L’anno successivo entrai io con l’aiuto di mia madre che mi affiancò fino al 2011».
Anche quando è mancata sua mamma lei ha deciso di proseguire da solo?
«Si, trovare un cuoco è quasi impossibile, così ho deciso di fare tutto da solo. Ho ridotto molto il menù, l’ho semplificato. Ora propongo solo due primi della tradizione, tortelli e pisarei, oltre a salumi e formaggi. In parallelo porto avanti anche il negozio. La trattoria, pur essendo sempre aperta, lavora soprattutto nei week-end con le famiglie, le coppie e qualche compagnia».
Come è cambiato Pigazzano in questi anni?
«A parte la parentesi della nascita, avvenuta a Piacenza, qui ci vivo da 59 anni. Non ho mai visto i tanti abitanti di cui mi parlavano i nonni, però ho vissuto il boom turistico degli anni 70, quando il paese si riempiva di villeggianti. Oggi non è più così, sono cambiate le abitudini, i luoghi di villeggiatura, il modo di fare le vacanze. I residenti rimasti saranno una cinquantina, ma non si fa più vita di paese, l’osteria non è più luogo di aggregazione, di socializzazione, ciascuno se ne sta a casa sua, preferisce social alla vita reale. Anche dal punto di vista economico è cambiato tutto ed è rimasto un solo agricoltore, un giovane che ha una stalla».
Con uno scenario così mutato portare aventi un’attività come la sua non deve essere semplice.
«Non è facile per niente. Per fortuna la struttura è mia e non devo pagare un affitto. Ma far quadrare i conti resta complicato. E’ cambiato il mondo però non voglio rassegnarmi».
Non immagina per sé un futuro diverso?
«Mi piacerebbe andare in pensione, prima o poi. Non sono sposato e non ho figli. Sono molto legato a questo posto, a questo lavoro. Porto avanti le tradizioni: io i salumi li stagiono ancora come faceva mio nonno, nella cantina con il pavimento di terra».
Salumi piacentini immaginiamo?
«Certo, coppa, salame e pancetta. L’unico intruso è la culaccia che arriva dai cugini parmigiani».
Ha subito contraccolpi in seguito alla stretta imposta dal nuovo codice della strada sul tema dell’alcool.
«Forse le sanzioni ora in vigore sono un po’ troppo elevate, però resto della mia idea, cioè che chi guida non debba bere. E’ così in qualunque altro paese europeo».
Torniamo alle difficoltà di lavorare fuori dai centri urbani, in collina, in montagna. A suo giudizio è possibile fare qualcosa per salvare attività come la sua, per impedire che scompaiano presidi fondamentali della nostra cultura eno-gastronomica.
«Si è perso troppo tempo! La politica se ne è sempre fregata, a tutti i livelli, dai governi ai comuni. Spero di sbagliarmi ma temo che sia molto difficile tornare indietro».
- La trattoria di Pigazzano negli anni ’70