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Pablo: quando il Black Friday era tutto l’anno

Un rubinetto da cucina, una tavoletta grafica ed un rasoio elettrico.
Tutto a prezzi (quasi) stracciati.

Se non fosse la settimana del Black Friday sembrerebbe quasi di aver fatto un salto indietro nel tempo e di aver spalancato le porte di Pablo.

Chi ha superato l’adolescenza nei primi anni del Duemila si ricorderà senza dubbio di quel capannone di periferia dove si vendeva davvero di tutto. Da scarpe griffate cadute dal camion con un numero dal 44 in su, a consolle di videogiochi usati – ma non troppo – passando per giacche mimetiche taglia XXXL. Senza dimenticare qualche gingillo di dubbia utilità che appariva però improvvisamente irresistibile.
Tutto (o quasi) a prezzi popolari. Con Pablo che dall’oggi al domani era costretto a chiudere i battenti sparendo per qualche mese. E scatenando la fantasia di chi si ritrovava l’ingresso sbarrato: c’era chi lo voleva finito dietro le sbarre, chi fantasticava sul suo secondo lavoro di contrabbandiere. Magari impegnato alla frontiera a caccia di un paio di sciarpe di Gucci.

Il Black Friday è un po’ come Pablo: un giorno in cui si spendono soldi che non si pensava di avere in cose che non si pensava nemmeno di volere.

Del resto, quando gli americani sbarcano in Europa senza carri armati di solito si fanno sentire: dopo Mc Donald’s e Halloween da un paio d’anni è tempo di sconti all’impazzata.

Pablo c’era 365 giorni l’anno (salvo sorprese), il Black Friday dura giusto 24 ore. 24 ore in cui si scorre compulsivamente ed ossessivamente la home page di Amazon. A caccia dell’offertona.

Da Pablo non si parlava di straordinari: apriva quando gli pareva, chiudeva quando era stanco di vedere maneggiare la barca all’ingresso. Non c’erano nemmeno migliaia di impiegati nella logistica pronti a scioperare proprio nel giorno più scontato dell’anno.

I sindacati sostengono che la misura fosse colma come gli scaffali dell’hub di Castel San Giovanni. C’è chi sostiene la causa degli impiegati della logistica, chi li maledice perché con Pablo non c’era da aspettare nemmeno i tempi di consegna.

Quel che resta è la porta chiusa di Pablo ed un picchetto davanti ad uno dei depositi più grandi d’Europa. E magari una stufetta elettrica nel carrello di Amazon: in attesa che qualcuno infili un paio di guanti e la impacchetti a dovere prima di procedere alla spedizione.
Proprio come un carico di diritti che tarda ad arrivare, magari perché ha sbagliato destinazione.

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