«I principi e il metodo derivanti dagli insegnamenti di Einaudi sono fondamentali per orientarci in un contesto economico e sociale che ci vede come Occidente piuttosto disorientati». Un concetto che il presidente dell’Associazione bancaria italiana ha scandito più volte durante il suo apprezzato intervento (per lucidità e concretezza) svolto questa sera (lunedì 12 novembre) a Palazzo Galli in occasione della presentazione del IV volume sulle Libertà economiche (edizioni Libro Aperto) a cura di Corrado Sforza Fogliani. Un testo che raccoglie gli interventi di Luigi Einaudi all’Assemblea Costituente.
Davanti a una platea numerosa (che ha riempito la Sala Panini e la Sala Verdi videocollegata) Antonio Patuelli (presentato dal presidente del Consiglio d’amministrazione della Banca di Piacenza Giuseppe Nenna) ha sottolineato la necessità – in un mondo occidentale disorientato – di avere una bussola per evitare di perdersi. E gli insegnamenti del primo Presidente della Repubblica eletto (maggio 1948) sono attualissimi e utilissimi allo scopo. «Come Occidente – ha esemplificato il presidente dell’Abi – abbiamo per assurdo risentito, dopo la caduta dei Muri, della mancanza del conflitto Est/Ovest. C’è stato un calo ideale, ci siamo persi seguendo umori e mode». A parere di Patuelli il mondo occidentale è più avanti rispetto ad altri, «ma deve proseguire difendendo i suoi principi. Altrimenti il rischio è di diventare come quelli che giocano a mosca cieca, che vanno a tentoni, non sanno da dove vengono e dove vogliono andare». Ecco allora arrivare in soccorso i principi einaudiani, a partire dalla distinzione tra Stato, società civile e religiosità. Ed i volumi sulle Libertà economiche editi da Libro Aperto sono un utile strumento per rinfrescare la nostra memoria con questi principi di cui trasudano i suoi discorsi all’Assemblea Costituente, come Presidente della Repubblica e come Governatore della Banca d’Italia.
«Per le nostre banche – ha proseguito il presidente Abi – avere una solida base culturale è importante. Ricordo che il mio professore Nicola Matteucci mi esortava a leggere Minghetti, sopratutto un libretto dove parlava della morale applicata all’economia, sostenendo che se un’operazione economica è contraria all’etica, non deve essere fatta, anche se non va contro la legge. L’etica dunque viene prima della norma, un concetto presente in Einaudi». Antonio Patuelli ha insistito sull’attualità del pensiero di Einaudi, soprattutto in questo momento così complesso della vita economica: «Appena sono diventato presidente dell’Abi – ha raccontato – ho fatto ristampare “La difficile arte del banchiere”, dove ci insegna che come uomini di banca dobbiamo essere indipendenti da tutto e offrire un servizio asettico a 360°. Come Abi, garantiamo l’assoluta indipendenza del mondo bancario rispetto, per esempio, alla politica. Sull’attuale manovra cerchiamo di dare una valutazione che non sia una fotografia troppo istantanea, ma che guardi oltre».
L’illustre relatore ha quindi fatto una disamina dell’attuale situazione economica italiana: «Il bilancio dello Stato è in deficit da 45 anni. Quindi non c’è solo un problema di rapporto deficit/Pil, ma di stock del debito pubblico, che è sempre cresciuto. In questa maniera non possiamo andare avanti molti anni. Dobbiamo avere una visione alta. Il debito pubblico non è solo un problema dello Stato o delle banche, che sono degli intermediari che devono tutelare i depositanti. E che non vanno penalizzate: vedi il tentativo, stoppato, di tassare del 15% i costi e la riforma dell’Ace, questa ancora nel testo della manovra, un istituto giuridico che dava un incentivo alle società che mettevano cifre a riserva patrimoniale. Istituto sostituito da un marchingegno che non favorisce la patrimonializzazione». Patuelli all’inizio del suo intervento aveva fatto i complimenti alla Banca di Piacenza per la grande vivacità culturale e per farsi promotrice di attività che restano, come la Salita al Pordenone.
Il presidente del Comitato esecutivo Corrado Sforza Fogliani ha ringraziato il presidente Abi e ha ricordato di aver conosciuto Einaudi «quando avevo 23 anni» e di averlo sempre considerato il suo maestro. «La più grande rivoluzione sociale per l’emancipazione di un popolo – ha concluso Sforza – è l’uguaglianza dei punti di partenza, sempre sostenuta da Einaudi».