L’omaggio al grande patriota piacentino Giuseppe Manfredi a cent’anni dalla morte e un approfondimento sulla fine della Grande Guerra (4 novembre 1918) con la vittoria italiana, di cui purtroppo il Nostro non potè gioire appieno perché già sul letto di morte (mancherà, a 90 anni, due giorni dopo): è quanto avvenuto questa mattina – sabato 17 novembre – per iniziativa del Comitato di Piacenza dell’Istituto per la storia del Risorgimento. Due i momenti della giornata celebrativa. Dapprima nella Basilica di San Francesco si è reso omaggio alla tomba di Giuseppe Manfredi (alla presenza delle autorità e dei soci dell’Istituto) con l’intervento del gen. Eugenio Gentile, vicepresidente del Comitato piacentino dell’Istituto stesso, che ha ripercorso la lunga e intensa vita del patriota, magistrato e statista, sottolineandone l’importante ruolo per la rinascita di Piacenza, con il 1859 come anno in cui la sua azione ebbe la maggiore evidenza. «Credeva negli italiani – ha concluso il gen. Gentile – e non è un caso che sia sepolto nella chiesa dove, per la prima volta, i piacentini espressero il 10 maggio del 1848 la volontà di essere italiani». L’intervento del gen. Gentile era stato preceduto dai saluti del vicesindaco di Piacenza Elena Baio e del sindaco di Cortemaggiore (dove Manfredi era nato) Gabriele Girometta, ringraziati dal presidente del Comitato di Piacenza dell’Istituto per la storia del Risorgimento Corrado Sforza Fogliani. Presenti anche l’on. Tommaso Foti e i discendenti del patriota piacentino, con il capofamiglia Carlo Emanuele Manfredi.
E’ seguito il convegno a Palazzo Galli della Banca di Piacenza (che ha collaborato all’organizzazione dell’evento), introdotto dal presidente Sforza Fogliani che ha nell’occasione voluto ricordare anche un altro Manfredi, Giuseppe Salvatore, «il primo presidente dell’Istituto per la storia del Risorgimento. A lui si deve il fatto che Piacenza sia una delle pochissime città ad avere un Museo del Risorgimento, perché fu lui che raccolse i primi reperti e i primi documenti». Aldo G. Ricci, direttore emerito dell’Archivio Centrale dello Stato, ha illustrato la figura di Giuseppe Manfredi soprattutto nelle sue vesti di senatore e presidente del Senato stesso. «Ha un elemento che lo contraddistingue – ha osservato il dott. Ricci -: è l’unico personaggio, di tutto rispetto e grande patriota, che è stato presente nella storia risorgimentale e dell’Italia unitaria dal 1848 al 1918». Il relatore ha quindi ricordato il suo fondamentale apporto alla Piacenza Primogenita e i diversi ruoli istituzionali che ricoprì, fino all’elezione al Parlamento Subalpino. Poi un passo indietro e la decisione di intraprendere la carriera di magistrato. La sua azione fu apprezzata e venne nominato senatore e in seguito presidente della Camera Alta. In quella veste tenne parecchi discorsi, che il dott. Ricci ha diviso in tre tipologie: quelli legati ad eventi luttuosi, quelli riferiti a vicende belliche e i discorsi istituzionali. «Dall’esame dei suoi interventi – ha concluso Aldo G. Ricci – si impara a conoscere il Manfredi uomo politico, fedele al Regno e legato alle tradizioni, ma aperto alle innovazioni».
Il presidente Sforza Fogliani ha quindi passato al parola agli altri relatori – chiamati a trattare, sotto diversi aspetti, la fine della Grande Guerra nel Piacentino – non prima di aver sottolineato il fattore fondamentale che ci consentì di vincere il conflitto: «La disfatta austriaca fu militare ma anche economica. L’Italia, invece, riuscì a far fronte alle spese di guerra perché la classe dirigente liberale aveva provveduto a risolvere il problema del debito pubblico. La lira a inizio ‘900 faceva aggio sull’oro».
Augusto Bottioni ha trattato dei campi di concentramento di Gossolengo e Rivergaro per i prigionieri di guerra italiani rientrati dagli imperi d’Austria e Germania, prigionieri verso cui si nutriva diffidenza e che vennero lasciati nei campi in condizioni precarie. Poi – grazie anche a campagne di stampa – arrivarono pasti caldi e coperte e la situazione migliorò. Paolo Brega ha invece ricordato la figura del deputato di Castel San Giovanni Nino Mazzoni, socialista riformista con alle spalle un’attività sindacale nel settore agricolo, voce critica sulla guerra e le sue conseguenze e, da giornalista, attento ai problemi delle censura. Paola Castellazzi ha passato in rassegna i titoli dei giornali piacentini (Libertà, Nuovo Giornale e La Trebbia) sulla fine della Grande Guerra, salutata con toni trionfalistici. Fausto Ersilio Fiorentini ha trattato delle ripercussioni della guerra sulla vita della Chiesa piacentina negli ultimi anni del magistero del vescovo Giovanni Maria Pellizzari, utilizzando come fonte il Bollettino ufficiale del Capitolo della Curia, una sorta di Gazzetta ufficiale della Chiesa. Luigi Montanari ha illustrato l’attività piacentina della Lega nazionale proletaria fra mutilati, invalidi, vedove e genitori di Caduti in guerra, mentre il ten. col. Massimo Moreni ha sottolineato il ruolo determinante (attraverso i ponti di barche approntati in condizioni ambientali difficilissime) dei Pontieri nella vittoria finale. In particolare, Moreni ha parlato del 4° Reggimento Genio Pontieri di Piacenza sul Piave: dalla battaglia del Solstizio a quella di Vittorio Veneto. Valeria Poli ha passato in rassegna il programma di opere pubbliche apprestato dal sindaco Enrico Ranza per il dopoguerra, opere che per la maggior parte rimasero solo sulla carta. Della costituzione dello Stabilimento militare di San Lazzaro Alberoni, delle attività di supporto alle unità automobilistiche del Regio Esercito e di quelle di smobilitazione al termine della prima guerra mondiale ha parlato David Vannucci. Un’attività dalla quale è poi derivata la vocazione di Piacenza per la logistica.
Robert Gionelli ha infine presentato gli Atti del convegno 2017 “La terza guerra d’indipendenza e il quartier generale di Piacenza-Fiorenzuola”, pubblicazione che è stata consegnata ai presenti.
Convegno a Palazzo Galli sul patriota Giuseppe Manfredi
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