A meno di un anno dalla chiusura del Punto di Vendita ad insegna Gulliver di viale Sant’Ambrogio, si è definita, nel Tribunale di Piacenza, la vertenza aperta dalla FISASCAT-Cisl per conto dei 5 lavoratori trasferiti nelle province di Alessandria e Pavia.
Il sindacato che ha intrapreso la strada giudiziale impugnando i trasferimenti e successivamente i licenziamenti, oggi può sostenere di non essersi sbagliato a considerare pretestuosi i trasferimenti in punti vendita lontani oltre 70 Km dalla sede di lavoro originaria.
“La FISASCAT – si legge in un comunicato – non poteva accettare, nonostante la chiusura del punto vendita, che il personale dopo anni di fedele servizio, venisse messo nelle condizioni di dare le dimissioni, perchè recarsi al lavoro sarebbe stato antieconomico considerati i rapporti di lavoro a part-time; la spesa del viaggio e il tempo impiegato avrebbero inciso pesantemente sull’aspetto economico e la vita familiare. Ricordiamo che Gulliver è presente sul territorio di Piacenza e Voghera, con altri punti vendita, nei quali ancora oggi come a febbraio 2018, è in cerca di personale. Il 4 febbraio 2019 si è chiusa la vertenza avviata dalla FISASCAT, con il deposito della sentenza di condanna al reintegro di tutto il personale ricorrente e di risarcimento delle mensilità perse dalla data di licenziamento al reintegro. L’azienda è stata altresì condannata per condotta antisindacale per aver negato ogni confronto volto a trovare soluzioni condivise e meno traumatiche per le persone coinvolte, comunicando solo a pochi gg dalla chiusura, i trasferimenti”
“I lavoratori del commercio, occupati nella grande distribuzione presente con punti vendita su tutto o parte il territorio nazionale – continua il comunicato – quotidianamente subiscono pressioni volte a far accettare qualunque condizione di lavoro, con particolare riguardo a mansioni, turni domenicali e festivi, pena il rischio del trasferimento ad altra sede di lavoro, che inevitabilmente si trova in province difficilmente raggiungibili e dove quella stessa posizione professionale, appare impossibile da reperire sul territorio. Compito del sindacato è di non soprassedere su queste forme di ricatto che si infilano nelle pieghe di una normativa che, in caso di mala fede, annulla le garanzie del lavoratore”