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Nel Piacentino recuperati 375 reperti archeologici frutto di scavi clandestini

Operazione del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bologna. Tre persone denunciate

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Importante operazione del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Bologna, che al termine di un’articolata indagine avviata in provincia di Piacenza ha portato al recupero di 375 reperti archeologici e alla denuncia di tre cittadini piacentini.
L’attività investigativa ha preso avvio da una segnalazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Parma e Piacenza, che ha collaborato con i militari del TPC e con quelli della Compagnia Carabinieri di Fiorenzuola d’Arda. Le verifiche hanno consentito di individuare tre persone che, con l’ausilio di metal detector, avevano effettuato ricerche illecite nel sottosuolo alla ricerca di oggetti di interesse archeologico.
Sulla base degli elementi raccolti, la Procura della Repubblica di Piacenza ha disposto una serie di perquisizioni domiciliari, svolte dai militari del TPC e della Compagnia di Fiorenzuola con il supporto dei funzionari archeologi della Soprintendenza. Le operazioni hanno dato esito positivo: sono stati sequestrati 309 monete antiche e 66 manufatti vari – tra cui anelli, fibule, pesi, spilloni e tintinnaboli – tutti giudicati di interesse archeologico in base al primo esame condotto dai tecnici del Ministero della Cultura.
Nel corso delle perquisizioni sono stati inoltre rinvenuti sette metal detector e due pale da scavo, utilizzati per le ricerche clandestine. I tre soggetti sono stati denunciati a piede libero per ricerche archeologiche non autorizzate e furto di beni culturali appartenenti allo Stato.
La normativa italiana in materia è particolarmente severa: gli articoli 88, 89 e 175 del Codice dei beni culturali e del paesaggio vietano qualsiasi attività di ricerca o raccolta di reperti archeologici senza autorizzazione della Soprintendenza, mentre l’art. 518 bis del Codice penale punisce il furto di beni culturali di proprietà dello Stato.
Il Nucleo TPC di Bologna ha sottolineato come il contrasto a questi fenomeni rappresenti una delle principali linee d’azione dell’Arma, anche attraverso un costante monitoraggio delle piattaforme online, dove alcuni appassionati, spinti dall’interesse collezionistico, finiscono per oltrepassare i confini della legalità.
Un comportamento che provoca danni irreparabili al patrimonio culturale, poiché i reperti, una volta sottratti al loro contesto originario, perdono il loro valore storico e la capacità di raccontare la storia dei territori e delle comunità a cui appartengono.

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