Il sistema commerciale piacentino sta attraversando una fase che potrebbe rivelarsi decisiva. Le proiezioni dell’Ufficio Studi Confcommercio indicano che, senza un’azione incisiva di rigenerazione urbana, Piacenza rischia di vedere ridursi del 20,4% la propria densità commerciale nel giro di dieci anni. Oggi si contano 8,6 attività di vicinato e ambulanti ogni mille abitanti; nel 2035 potrebbero scendere a 6,6.
Un dato che colpisce ancora di più se si considera il contesto demografico: la popolazione è attesa in crescita (+3,9%), ma i servizi a disposizione rischiano di diminuire. Un paradosso che mette a rischio la vivibilità quotidiana dei quartieri e la stessa identità urbana.
Il problema, inoltre, non riguarda solo Piacenza. L’intera fascia territoriale a cavallo tra Emilia e Lombardia orientale mostra segnali di forte sofferenza. Le previsioni sono persino più critiche per le città vicine: Cremona potrebbe perdere quasi il 30% della sua densità commerciale (da 6,9 a 4,8 imprese ogni mille abitanti), Lodi il 25,5% (da 6,4 a 4,5), Reggio Emilia il 23,2% (da 6,1 a 4,5) e Parma il 21,4% (da 6,9 a 5,2). In media, per quest’area, la contrazione stimata tra 2024 e 2035 è del 26,8%.
Non si tratta di un semplice spostamento delle attivitĂ verso aree piĂą appetibili, ma di una vera e propria riduzione del numero di negozi, con effetti che travalicano la dimensione economica.
«La desertificazione commerciale non è solo un problema di fatturati – avverte Raffaele Chiappa, presidente di Confcommercio Piacenza. – Ogni serranda che chiude per sempre significa un pezzo di comunità che si perde, un presidio in meno per la sicurezza, un servizio che scompare per chi vive quotidianamente i quartieri».
Le ricadute sono molteplici: sul piano sociale, quartieri più vuoti e sensazione di isolamento; su quello della sicurezza, maggiore vulnerabilità e spazi che rischiano di diventare focolai di degrado; sul versante economico, una rete imprenditoriale indebolita, con ripercussioni sul lavoro e sull’attrattività turistica di centri storici sempre meno vitali.
Il quadro nazionale conferma la tendenza: dal 2012 al 2024 in Italia hanno chiuso quasi 118mila negozi in sede fissa e circa 23mila attività ambulanti. Le cause? Consumi interni che crescono troppo lentamente, nuove abitudini di acquisto, l’avanzata del commercio online (+114,9% nello stesso periodo) e l’espansione della grande distribuzione. I settori più colpiti sono stati i distributori di carburante (-42,2%), gli articoli culturali e ricreativi (-34,5%) e il commercio non specializzato (-34,2%).
Eppure, lo scenario non è immutabile. «Il futuro è ancora nella nostra disponibilità », sottolinea Chiappa. «Se interveniamo con politiche fiscali più giuste, agevolazioni per l’accesso al credito, sostegno alla transizione digitale e una strategia condivisa tra tutti gli attori del territorio, questa tendenza può essere invertita». Le simulazioni di Confcommercio mostrano infatti che adeguate politiche urbane potrebbero ridurre significativamente la perdita prevista.
Su questi temi si concentrerà “Cities – Città e Terziario: Innovazione, Economia, Socialità ”, progetto nazionale che sarà protagonista del convegno “inCittà . Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, in calendario a Bologna il 20 e 21 novembre a Palazzo Re Enzo. L’iniziativa punta sulla riattivazione dei circa 100mila negozi sfitti in Italia, sulla valorizzazione degli spazi pubblici, su una mobilità più sostenibile, sulla digitalizzazione delle imprese tradizionali e su nuovi partenariati pubblico-privati.
Per Piacenza e i territori confinanti, Chiappa indica alcune priorità : «Occorrono patti locali per far ripartire i locali inutilizzati, incentivi coordinati, supporto all’apertura di nuove attività nei quartieri più colpiti, una logistica urbana più efficiente e piattaforme di welfare territoriale che creino sinergie tra imprese e residenti».
Una visione condivisa anche dal presidente nazionale Carlo Sangalli: «Cities nasce per offrire soluzioni concrete contro la desertificazione. Rigenerare i negozi vuoti e valorizzare la funzione sociale del commercio di prossimità è fondamentale per restituire vitalità ai centri urbani».
Il futuro dei territori, conclude Chiappa, dipende da un impegno collettivo: «Ogni acquisto in un negozio di quartiere è un voto per la città che vogliamo. Rischiamo davvero, entro il 2035, di ritrovarci con centri urbani svuotati. Ma con decisione e visione possiamo costruire città più vive, più sicure e più coese. Piacenza ha tutte le carte in regola per guidare questa rinascita. Il tempo per agire c’è, ma non sarà eterno: il prossimo decennio sarà decisivo per capire se conserveremo la nostra anima commerciale o se la lasceremo svanire. Sta a noi scegliere. E quella scelta va fatta ora».



