È stato presentato al PalabancaEventi, nella Sala Panini, il nuovo libro del ricercatore storico Claudio Oltremonti, Intorno al delitto Matteotti, che propone una rilettura inedita di uno dei più drammatici episodi della storia italiana. L’iniziativa è stata promossa dall’Associazione Luigi Einaudi in collaborazione con la Banca di Piacenza.
Ad aprire l’incontro i saluti del presidente dell’associazione, Danilo Anelli, seguiti dal dialogo tra l’autore e Antonino Coppolino, che ha voluto ricordare un aspetto meno noto di Giacomo Matteotti: «Non fu soltanto un oppositore del regime fascista, ma anche un raffinato giurista e profondo conoscitore della procedura penale». Coppolino ha citato il saggio Giacomo Matteotti. Il giurista di Giovanni Canzio, presidente onorario della Corte Costituzionale, sottolineando come Matteotti sostenesse la libertà di parola nei processi, fosse favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati e considerasse il pubblico ministero una parte del processo.
Momento particolarmente toccante l’intervento iniziale di Oltremonti, che ha voluto ricordare Corrado Sforza Fogliani: «Una persona con cui condividevo la passione per la storia e che mi avrebbe aiutato nelle ricerche. Nel 2019 favorì il mio viaggio a Washington per recuperare documenti fondamentali per un altro volume».
L’autore, che si definisce “ricercatore appassionato di storia” più che storico, ha spiegato come l’analisi di documenti inediti rinvenuti negli archivi di Londra e Parigi e alla Biblioteca nazionale svizzera consenta di ipotizzare un movente diverso rispetto alla tradizionale interpretazione politica dell’omicidio Matteotti, fino ad oggi ricondotta al celebre discorso del 30 maggio 1924 in Parlamento. «Dalla mia inchiesta – ha spiegato Oltremonti – emerge piuttosto una pista affaristica, e sembrerebbe che Mussolini non sia stato direttamente coinvolto».
Secondo questa ricostruzione, il delitto maturò nell’ambiente degli interessi economici che gravitavano intorno al fascismo, legati in particolare al business petrolifero e ai finanziamenti al Corriere Italiano. Da una parte operava il gruppo formato da Filippo Naldi, Filippo Filippelli, Tullio Benedetti e Gabriello Carnazza, sostenuto finanziariamente dalla Banca Latina controllata da Max Bondi e vicino alla convenzione petrolifera con la Sinclair. Dall’altra, il gruppo del Nuovo Paese, con Carlo Bazzi, Massimo Rocca e Giorgio Cavallotti, sostenuto dall’American Foreign Oil Corporation, che conduceva una dura campagna contro la ratifica parlamentare dell’accordo per favorire l’alternativa del petrolio messicano.
«Lo scontro tra questi due gruppi – ha spiegato Oltremonti – può aver generato una dinamica di azione e reazione culminata nell’uccisione di Matteotti: il tentativo di far saltare la convenzione Sinclair attraverso le informazioni fornite al deputato socialista avrebbe provocato la reazione del gruppo opposto per impedirgli di scatenare lo scandalo in Parlamento».
Il ruolo di Piacenza
Nel quadro ricostruito nel volume compare anche Piacenza, con un ruolo tutt’altro che marginale. All’epoca, infatti, il territorio – in particolare Gropparello – era considerato “il Texas italiano” per la presenza di giacimenti petroliferi, con il pioniere cavaliere Luigi Scotti. Mussolini era favorevole allo sfruttamento da parte di società estere più strutturate, elemento che alimentò ulteriormente lo scontro tra i gruppi d’affari.
Non solo: dopo l’omicidio Matteotti, Naldi e Filippelli, indicati come possibili mandanti, fuggirono da Roma e scesero proprio alla stazione ferroviaria di Piacenza. Naldi aveva anche acquistato il castello di Vigoleno, utilizzato come sede di rappresentanza per i suoi affari.
Per approfondire tutti i dettagli di questa nuova e complessa ricostruzione, l’appuntamento è con la lettura del libro, una copia del quale è stata consegnata a tutti i partecipanti all’incontro.



