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Beppe Gabbiani, il piacentino che corse contro Lauda in F1, ricorda il fuoriclasse austriaco

Sono stati in tanti, in questi giorni, ad aver offerto un ricordo di Niki Lauda, la leggenda della Formula 1, il pilota austriaco tre volte campione del mondo (due volte alla guida della Ferrari e una con la McLaren). Un uomo sopravvissuto ad uno spaventoso incidente ed alle fiamme che gli causarono indelebili cicatrici, alcune visibili, altre meno evidenti ma forse ancor più gravi.

Lauda, fra alti e bassi, fu anche imprenditore aeronautico con la linea aerea charter Lauda Air (poi ceduta alla Austrian Airlines) e successivamente con la Niki e con Lauda Motion (acquisita lo scorso anno a Ryanair).

Una vita costellata da tanti successi e qualche sconfitta (imprenditoriale), una corsa mozzafiato interrotta da ostacoli improvvisi che però non lo hanno mai fermato.

Ad averlo conosciuto in questa sua duplice veste di pilota d’auto e d’aereo c’è anche un piacentino doc Beppe Gabbiani che ha avuto l’onore di gareggiare contro di lui nei GP d’America-Est e del Canada, allora debuttante assoluto in Formula 1.

Gabbiani come si è trovato a passare, improvvisamente, dalla Formula 2 alla massima categoria?

Fui chiamato a sostituire Vittorio Brambilla, rimasto gravemente ferito, nel 1978, a Monza durante la partenza nell’incidente in cui perse la vita Ronnie Peterson. Ho pilotato la Surtees (con motore Ford Cosworth)  nelle ultime due gare del campionato di Formula 1, negli Stati Uniti ed in Canada. Nel giro di un anno e mezzo, dal 19 marzo ‘77 all’ottobre 78 ho fatto la Formula 3 Europea, la Formula 2 con la Ferrari e la Formula 1.

Visto che anche io venivo dai kart come Patrese e che a lui avevano un po’ addossato la responsabilità per l’incidente di Monza mi dissero che noi “kartisti” eravamo un po’ troppo esuberanti e mi raccomandarono di stare calmo. In Canada, nonostante la pioggia, feci tempi ottimi.

Proprio in quell’occasione conobbi Niki che correva con la Brabham. Con lui c’era John Watson e debuttava Nelson Piquet.

Come se lo ricorda Lauda?

Mi ricordo una persona diversa da come molti lo dipingevano. Era molto riflessivo. Ovviamente aveva grandi qualità motoristiche. Allora forse ci voleva più l’uomo di quanto ci voglia oggi. La macchina era, come sempre, molto importante ma il pilota poteva davvero fare la differenza. Non c’era la telemetria pronta a guardare il “micron” di qualsiasi spostamento. Lui nel mettere a punto le auto era incredibile.

Fuori dall’abitacolo era più piacevole di tanti altri che magari venivano descritti come più aperti di lui. Parlava con tutti.

Non “se la tirava” insomma?

No, esatto non se la tirava. E’ chiaro che selezionava con chi stare e con chi parlare. Io ero un ragazzino. Avevo 20 anni, lui otto di più … che all’epoca sembravano davvero tanti. Era già all’apice della sua carriera ed era uscito dall’inferno. Era molo maturo. Al contrario io ero ancora un debuttante, un ragazzino “acerbo”. Lui era il gotha della Formula 1. Eppure non si negava.

Secondo me lui, con Fangio, è l’essenza della Formula 1.

Piloti d’eccellenza ce ne sono tanti altri: Prost, Senna, Hamilton. Senna sarà ricordato per la sua irruenza e spavalderia nei sorpassi. Aveva attorno a sé … un’aurea magica.

Anche Niki era speciale: aveva il coraggio di parlare vis-à-vis con Enzo Ferrari e dirgli magari che la macchina aveva qualche difetto, che non andava come doveva. Pochi ne erano capaci.

Perché come era l’inventore della Rossa di Maranello?

Io ho corso un anno con la Ferrari e vi assicuro che quando l’ingegnere parlava con te, ti si gelava il sangue nelle vene.

Io ed Elio De Angelis avevamo firmato il contratto per la Formula 2 e tutte le mattine, alle 9, dovevamo essere là. Lui era già sul posto alle 8, con la sua guardia del corpo. Arrivava con una Fiat 131 famigliare, azzurra, con quattro cerchi Cromodora. Era vestito da “man in black” con occhiali scuri, camicia bianca e cravatta nera. C’era il direttore Tecnico Mauro Forgieri ma era l’ingegnere che, spesso, decideva chi doveva girare. Magari la gara prima eravamo andati piano. Ci faceva girare un giorno intero e lui stava li,  fino alla fine e commentava: “stai girando forte ma non fai tutti i giri uguali”.

C’erano 49 fotocellule e lui voleva che a tutte le fotocellule si facesse lo stesso tempo. Insomma era uno incredibile ma Niki non si faceva problemi. Se doveva dirgli che la sua macchina “non andava così tanto” glielo diceva e basta.

Ci accennava che lo ha conosciuto Lauda anche nella vesta di pilota d’aerei

Ho volato con lui quando aveva la Lauda Air e spesso pilotava in prima persona i voli commerciali. Un uomo che nella sua vita è riuscito a fare tutto. Un uomo che si è rimesso in gioco, non più bambino. Dopo l’incidente che ha avuto è stato capace di rimettersi a correre e di vincere il Mondiale. Un grande!

Lo ha più rivisto?

Me lo ricordo anche agli inizi degli anni 2000 a Cuba. Fulvio Maria Ballabio aveva creato un “Circus” con ex piloti di Formula 1. Andavamo in varie città e piste del mondo a correre con giovani piloti del posto. Io, Arnoux, Laffite, Rosberg, Pirro, Boutsen, Agostini, Clay Regazzoni e tanti altri. A Cuba ci raggiunse anche Lauda.

Corse anche lui?

No. Lui venne con uno dei suoi aerei, come pilota di charter, ma poi si unì al gruppo di ex colleghi. Io ero un po’ il pupillo di Regazzoni (che correva anche se già paralizzato). Loro due si conoscevano molto bene e così ci fu l’occasione di passare del tempo assieme ed ho avuto l’opportunità di conoscere il Lauda “vero”, una persona “normale”, di compagnia ed anche un tipo “goliardico” a tratti.

In che lingua comunicavate?

Niki parlava un po’ tutte le lingue ma l’italiano lo padroneggiava comunque bene. Come anche Keke Rosberg che da buon finlandese avrà parlato una decina di lingue.

Comunque Lauda è stato un grandissimo ed infatti in Mercedes continuavano a contare su di lui. Nonostante tutti i computer le sue indicazioni continuavano, anche oggi, ad essere preziose. Una sua frase o anche solo il suo sguardo restavano fondamentali per portare ad un cambio di strategia. 

Non era uno “normale” ma un “fuori quota”. Lo è stato fin da ragazzo.

Era davvero così bravo al volante?

Non sto dicendo solo sotto l’aspetto della guida. Forse non era il più grande “talento assoluto” dell’epoca ma la sua capacità al volante, unita alla sua intelligenza, ne facevano un pilota straordinario. Ha avuto la “sfacciataggine” di fermarsi e perdere un Mondiale. Questo ti dimostra l’uomo. Uno capace di ammettere “non ce la faccio più, ho paura e mi fermo”. Ha rinunciato al quarto titolo. La verità è che (se avesse voluto) ne avrebbe potuti vincere molti di più.

Basta pensare alla sua capacità di tornare in pista dopo così poco tempo rispetto ad un incidente come il suo, dove è uscito bruciato e non solo all’esterno, salvato per miracolo da Arturo Merzario che lo strappò alle fiamme. Lo avevano dato per morto ed invece, dopo 42 giorni dall’incidente del Nürburgring, si ripresentò in pista e concluse al quarto posto il Gran Premio di Monza!

Uno così non potrà che mancarci!

(Foto Cortesia di Beppe Gabbiani)

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