Sono sempre più numerose le voci che si alzano contro l’ennesimo pezzo di territorio piacentino che potrebbe presto essere concesso alla grande distribuzione. Cittadini ed associazioni di categoria si domandano che senso abbia permettere l’apertura di nuovi supermercati in una città dove certamente non manca l’offerta.
Anziché imporre con forza e con tutti i possibili mezzi giuridici una moratoria l’amministrazione comunale accetta, più o meno passivamente, l’arrivo di ulteriori grandi superfici di vendita ed intanto in centro storico continuano a chiudere negozi. Basti l’esempio della bellissima via Calzolai dove continuano a moltiplicarsi le serrande abbassate.
Negozi sfitti ci sono un po’ ovunque nel cuore della città da via Sant’Antonino a via Garibaldi a via Cavour e qualche locale (almeno temporaneamente) vuoto si trova pure in via Venti.
Se è vero che a soffrire è tutto il commercio tradizionale (messo alle corde dall’online, dai prezzi stracciati di merce cinese importata e distribuita da grosse piattaforme di vendita) non solo quello piacentino è altrettanto vero che la continua apertura di supermercati non aiuta.
Confagricoltura: “Piacenza non ha alcun bisogno di altre strutture commerciali”
A parlare di veri e propri danni all’economia locale sono gli agricoltori di Confagricoltura che per bocca del loro direttore Marco Casagrande dicono: «concordiamo con chi esprime le proprie perplessità sul realizzare nuovi supermercati in città. Il nostro mercato è saturo e Piacenza non ha alcun bisogno di altre strutture commerciali che rischiano, nel giro di una decina d’anni, di diventare fatiscenti. Il cambio di destinazione d’uso da tessuto produttivo ad aree di vendita è un’operazione di maquillage che non migliorerà la città, anzi, in prospettiva danneggerà l’economia locale, perché non è supportato da una progettualità di lungo periodo».
Secondo il direttore di Confagricoltura Piacenza, i nuovi insediamenti si rivolgerebbero al medesimo bacino di consumatori che riguarda anche i piccoli negozi e le botteghe artigiane. «Sebbene i piccoli negozi facciano un servizio differente rispetto alla Gdo – riflette Casagrande – saranno nell’immediato danneggiati da queste nuove aperture, ed avendo margini già ridottissimi rischiano di non sopravvivere. Così si uccide un’altra categoria. Venendo al nostro comparto, nessuno di noi vuole criminalizzare la Gdo, ma quando si aprono punti vendita in eccesso o si acquistano strutture in crisi mantenendole aperte su un mercato saturo, come ha fatto un noto gruppo della Do acquisendo alcuni punti vendita di una grande catena del Gd estera, in un primo momento può essere che si verifichi un vantaggio per i consumatori, perché la competizione esasperata porta all’abbassamento dei prezzi. Questo decremento viene però scaricato sui fornitori e quindi a ritroso lungo la filiera sino ai produttori, ai quali viene chiesto un importante contributo. Determinando una situazione di prezzi ormai diventata insostenibile, ai nostri figli stiamo preparando un tessuto economico impoverito e minori occasioni di occupazione».
«I bilanci delle aziende agricole non hanno alcun margine, sottolinea Confagricoltura Piacenza, per assecondare le politiche speculative altrui. Oltretutto stride l’incoerenza di grandi gruppi della Gdo. Questi sono i primi a promuovere a suon di spot le eccellenze italiane e poi continuano ad aprire punti vendita sul mercato saturo del suolo nazionale e non all’estero dove sarebbe invece più opportuno portare le nostre eccellenze creando indotto e seguendo la nostra vocazione all’export, a cui è veramente legato il futuro del nostro Paese. E’ una miopia talmente grave – conclude Casagrande – che pur di promuovere le vendite sul mercato interno vengono utilizzate vere e proprie menzogne, come quella della pubblicità del carrello che combatte l’agricoltura cattiva, fatta da un grande gruppo che margina e guadagna proprio con i prodotti dell’agricoltura convenzionale, ma, soprattutto, che ha gli scaffali pieni di prodotti monouso e di plastica cercando di favorire, nell’esposizione dei prodotti, quelli che danno più marginalità e non certo quelli più sostenibili».
Anche Confedilizia contro nuovi supermercati
Confedilizia Piacenza si trova spesso su posizioni diverse rispetto a Confagricoltura in particolare sul tema del Consorzio di Bonifica ma in questo caso sottoscrive appieno la posizione degli agricoltori.
«Come esprimiamo il nostro pieno disaccordo con la posizione di Confagricoltura a proposito del Consorzio di bonifica (della quale è in Consiglio sostenitrice, nonostante le somme esose che anche i suoi iscritti pagano per l’irrigazione ed anche senza avere alcun beneficio), così esprimiamo invece pieno appoggio alla posizione assunta dall’organizzazione agricola a proposito della proliferazione dei supermercati. Riteniamo che evitare lo spreco di territorio non sia soltanto – come per la Regione ed il Comune di Piacenza – un espediente per aumentare gli oneri di costruzione piuttosto che per lo scopo addotto (perché comunque si arriva a buoi già scappati dato che oggi nessuno più costruisce). Riteniamo, infatti, che sia spreco del territorio e doppiamente dannoso, anche riempire il tessuto urbanizzato di scatoloni per supermercati e per abitazioni, quando lo sfitto (e l’inoccupato) raggiunge a Piacenza proporzioni ignote ad ogni altro centro urbano delle nostre proporzioni. Occorre che prima di autorizzare altre superstrutture commerciali ed abitative, il Comune faccia un esame di coscienza per interrogarsi sul fatto che ne abbia forse già autorizzati anche troppi e comunque se sia il caso di altri autorizzarne, tenendo presente che il Psc, comunque, non è (nonostante cortine fumogene allo scopo diffuse) prescrittivo e non attribuisce alcuna potestà edificatoria (come sarebbe, invece, per il solo Poc) ed assumendo anche informazioni per chiedere lumi in Regione, essendo a tutti i professionisti noto che, dal 2018, i nuovi strumenti urbanistici vincolanti sono solo il Pug e gli Accordi operativi».