Oltre centomila persone in tutta l’Emilia-Romagna verranno sottoposte nelle prossime due o tre settimane ai cosiddetti test sierologici per creare una mappatura sempre più precisa delle condizioni di salute dell’intera popolazione, a partire dal personale di prima linea – medici, infermieri, operatori delle case di riposto, poliziotti – per poi proseguire con tutti coloro che lavorano in filiere essenziali, e altri ancora. Lo ha dichiarato ieri pomeriggio (mercoledì 8 aprile) il presidente della Regione Stefano Bonaccini nel corso della conferenza stampa che ha tenuto on-line sulla sua pagina Facebook.
«Siamo ancora nel pieno dell’emergenza da coronavirus e la guardia non può essere abbassata – commenta la consigliera regionale del Pd Katia Tarasconi nonché questore dell’Ufficio di Presidenza – ma se vogliamo iniziare a pianificare il prossimo futuro, questi test sierologici sono un tassello fondamentale perché è fondamentale sapere chi è entrato in contatto con il virus e ha sviluppato anticorpi, oltre naturalmente sapere chi è potenzialmente contagioso e chi invece non lo è».
Un tema sul quale si è dibattuto molto negli ultimi giorni, soprattutto nel Piacentino, ed è prioritario – secondo Tarasconi – chiarire alcuni aspetti di assoluta rilevanza tenendo conto anche del parere che il professor Giovanni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità il quale ha parlato di caratteristiche non soddisfacenti per quanto riguarda i test sierologici al fine del rilascio del “passaporto dell’immunità”. Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, ha spiegato che i test sierologici non risolvono il problema e che rimane comunque necessario effettuare il tampone al fine della certificazione della presenza o meno del virus.
«Ieri la Confindustria ci ha chiesto una road-map – dice Tarasconi – per una riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico del Paese. Ha chiesto alla politica, a noi amministratori, di concretizzare la “Fase 2”. Deve essere chiaro a tutti che la salute e la tutela della popolazione è una priorità assoluta, ma altrettanto chiaro deve essere il principio che il nostro motore economico non si può fermare ed è indispensabile trovare un punto di mediazione. La buona politica è mediazione. Ed è per questo motivo, come sottolineato dagli stessi industriali, che le imprese potranno riaprire solo in un assetto di assoluta sicurezza, tutelando tutte le persone, chi non potrà garantirlo non potrà riaprire». E ancora: «Ad oggi vedo un’unica via, quella dettata dal nostro Presidente, e cioè effettuare uno screening sierologico che possa determinare immunizzati, paucisintomatici e soggetti i quali non siamo mai venuti a contatto con il virus. Il tampone genetico, da effettuarsi dopo gli esami sierologici qualitativi e quantitativi relativi agli anticorpi IgG ed IgM, deve essere la certificazione che determini la malattia o lo stato di buona salute. Ci mancano ancora i protocolli sanitari, le nostre Ausl ci stanno lavorando ma sono indispensabili per siglare una grande alleanza fra sanità pubblica e privata. Mettiamo in campo tutte le nostre forze migliori per trovare il giusto compromesso fra sicurezza in campo sanitario e salvaguardia della nostra economia. Inutile perdersi alla ricerca dell’assetto perfetto di screening, oggi non esiste, cerchiamo il migliore». La prospettiva, dunque, è quella di poter reintrodurre al lavoro chi risulta sano e con gli anticorpi, mantenendo l’isolamento per chi non lo è.
Pensare al futuro e pianificare, dunque, ma con la piena consapevolezza che il presente è ancora drammatico e che eventuali sottovalutazioni da parte della cittadinanza e delle istituzioni rischierebbero di far precipitare di nuovo la situazione; e una seconda ondata di contagi, con conseguente congestione del sistema sanitario che finora ha avuto una buona tenuta seppur con grande sforzo, sarebbe tragica. Ne è convinta Katia Tarasconi che ricorda come Piacenza sia la seconda città italiana per incidenza di vittime da Covid-19 in rapporto alla popolazione e, purtroppo, la prima in Emilia-Romagna per numero assoluto di decessi. «Siamo in trincea e la nostra priorità è la tutela della salute pubblica. Non dobbiamo abbassare la guardia».